Anno | 2012 |
Genere | Docu-fiction, |
Produzione | Italia |
Durata | 77 minuti |
Regia di | Paolo Taviani, Vittorio Taviani |
Attori | Cosimo Rega, Salvatore Striano, Giovanni Arcuri, Antonio Frasca, Juan Dario Bonetti Vincenzo Gallo, Rosario Majorana, Francesco De Masi (II), Gennaro Solito, Vittorio Parrella, Pasquale Crapetti, Francesco Carusone, Fabio Rizzuto, Fabio Cavalli, Maurilio Giaffreda. |
Uscita | venerdì 2 marzo 2012 |
Tag | Da vedere 2012 |
Distribuzione | Sacher |
MYmonetro | 3,63 su 13 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 12 gennaio 2015
Una docufiction che segue i laboratori teatrali realizzati dentro il Carcere di Rebibbia dal regista Fabio Cavalli, autore di versioni di classici shakespeariani interpretate dai detenuti. Ha vinto 2 Nastri d'Argento, Il film ha ottenuto 8 candidature e vinto 5 David di Donatello, Il film è stato premiato al Festival di Berlino, In Italia al Box Office Cesare deve morire ha incassato 766 mila euro .
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CONSIGLIATO SÌ
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Nel teatro all'interno del carcere romano di Rebibbia si conclude la rappresentazione del "Giulio Cesare" di Shakespeare. I detenuti/attori fanno rientro nelle loro celle.
Sei mesi prima: il direttore del carcere espone il progetto teatrale dell'anno ai detenuti che intendono partecipare. Seguono i provini nel corso dei quali si chiede ad ogni aspirante attore di declinare le proprie generalità con due modalità emotive diverse. Completata la selezione si procede con l'assegnazione dei ruoli chiedendo ad ognuno di imparare la parte nel proprio dialetto di origine. Progressivamente il "Giulio Cesare" shakesperiano prende corpo.
I fratelli Taviani erano certamente consapevoli delle numerose testimonianze, in gran parte documentaristiche, che anche in Italia hanno mostrato a chi non ha mai messo piede in un carcere come il teatro rappresenti un strumento principe per il percorso di reinserimento del detenuto. Quando poi si pensa a una fusione di fiction e documentario la mente va al piuttosto recente e sicuramente riuscito film di Davide Ferrario Tutta colpa di Giuda. I Taviani scelgono la strada del work in progress utilizzando coraggiosamente l'ormai antinaturalistico (e televisivamente poco gradito) bianco e nero. L'originalità della loro ricerca sta nella cifra quasi pirandelliana con la quale cercano la verità nella finzione. Questi uomini che mettono la loro faccia e anche la loro fedina penale (sovrascritta sullo schermo) in pubblico si ritrovano, inizialmente in modo inconsapevole, a cercare e infine a trovare se stessi nelle parole del bardo divenute loro più vicine grazie all'uso dell'espressione dialettale. Frasi scritte centinaia di anni fa incidono sul presente nel modo che Jan Kott attribuiva loro nel saggio del 1964 dal titolo "Shakespeare nostro contemporaneo". Ogni detenuto 'sente' e dice le battute come se sgorgassero dal suo intimo così che (ad esempio) Giovanni Arcuri è se stesso e Cesare al contempo e la presenza del regista Cavalli e dell'ex detenuto e ora attore Striano nel ruolo di Bruto non stonano nel contesto. Ciò che purtroppo diventa dissonante (anche se non inficia alle radici il valore dell'operazione) è la pretesa di far 'dire di sé' ai detenuti. Nei momenti in cui dovrebbero uscire dalla parte per rientrare in se stessi si avverte che è proprio allora che stanno recitando un copione che parla delle loro tensioni o delle loro attese. La ricerca della verità nella finzione si trasforma in finzione che pretende di palesare delle verità. Non era necessario. Shakespeare aveva già splendidamente ottenuto il risultato.
Camorristi, spacciatori, detenuti condannati per omicidio, un paio di ergastolani rinchiusi nel carcere romano di Rebibbia. Questi sono gli attori che rappresentano il "Giulio Cesare" di Shakespeare, che interpretano i ruoli di Bruto, Cassio, Decio, Marco Antonio, dello stesso Cesare. Nel farlo, rappresentano anche la propria vita, le proprie scelte, i propri errori.
Nel 1989 Nanni Loy realizzò “Scugnizzi”, film incentrato sull’allestimento di un musical presso il San Carlo di Napoli con la partecipazione di ragazzi del riformatorio di Nisida. Le prove e le scene dello spettacolo si intrecciavano con le storie personali dei protagonisti (molti attori erano presi dalla strada) mediante l’alternarsi di piani temporali diversi, fino [...] Vai alla recensione »
L’ultima opera dei fratelli Taviani è indubbiamente un riuscito film-documento (modernamente definito con l’ennesimo anglicismo traslato dalla Tv: docufiction) che, impalcato sul parziale libero adattamento di Fabio Cavalli (presente lui stesso nel film) del dramma scespiriano “Giulio Cesare”, affronta con efficacia il terribile tema della reclusione.
Mi sento un uomo fortunato: in due giorni ho letto un magico libro italiano ("Mr Gwyn" di Baricco) e visto uno stufacente film di due ultraottantenni sempre italiani (appunto "Cesare deve morire"). Ho bevuto due distillati del miglior vino artistico italiano e sto ancora gustandomi con il pensiero ogni singola goccia, brivido dopo brivido.
Coraggioso Orso d'oro al Festival di Berlino - coraggioso perchè il film dura poco più di un'ora, perchè la pellicola è in bianco e nero, perchè gli attori sono dilettanti e perchè "profanare" Shakespeare facendolo recitare in dialetto è una magia riuscita a pochi - arriva in sala l'ultima fatica dei fratelli Taviani [...] Vai alla recensione »
"Chesta è 'na cosa mia!", dice Bruto/Salvatore Striano, rivolgendosi rabbioso al suo regista, quando il racconto che sta interpretando inizia a coinvolgerlo troppo. Mentre Marco Antonio/Antonio Frasca, preda dello stesso malore (frutto dei rischi insiti in una recita giocata in prima persona) risponde con un mutismo assordante, che lascia intuire spazi bui di un'anima che ha conosciuto l'inferno di [...] Vai alla recensione »
Quando si parla di sperimentalismo, non necessariamente bisogna pensare ad una sorta di salto a occhi chiusi nel vuoto, ad un viaggio verso ''territori'' inesplorati in qualunque ambito artistico, anzi molte volte con questo termine possiamo riferirci alla fusione e la conseguente ripresa di stili, modi di rappresentazione più o meno illustri del passato, tesi però [...] Vai alla recensione »
Il buon cinema è talvolta paragonabile alla grande cucina, nel senso che un cuoco dotato di tutti gli attributi non ha necessità di caviale, tartufo bianco o aragosta per preparare un pranzo con i fiocchi; allo stesso modo, un (due) regista in stato di grazia non ha bisogno di trame complicate per realizzare un’opera d’arte; “Cesare deve morire” ne è [...] Vai alla recensione »
Favoloso film del fratelli Taviani, come dimostra il meritatissimo Orso d'Oro che si sono aggiudicati a Berlino. Tratta della rappresentazione del "Giulio Cesare" di Shakespeare da parte dei detenuti del carcere di Rebibbia, i quali riescono ad attualizzarlo a tal punto, da rivedersi negli stessi personaggi che interpretano. Questo parallelismo tra rappresentazione e realtà viene [...] Vai alla recensione »
I fratelli Taviani, acclamati autori del cinema italiano contemporaneo, riesumano il Giulio Cesare di W. Shakespeare trasportandolo all'interno degli ambienti inospitali e decadenti del carcere di Rebibbia in un film estremamente originale, che ha il principale merito di far scoprire l'arte ai detenuti rendendoli consapevoli del patrimonio culturale che hanno perduto e sottolineando l'importanza [...] Vai alla recensione »
Con una frase memorabile termina il docu-dramma dei fratelli Taviani (meritatissimo orso d'oro al festival di Berlino del 2012) intitolato "Cesare deve morire": siamo in una cella,precisamente nella cella dove alloggia un certo Cosimo Rega,delinquente di primissimo ordine che,dopo aver recitato la parte di Cassio nel Giulio Cesare di Shakespeare dice :"Da quando ho conosciuto l'arte [...] Vai alla recensione »
Gli nuoce la mancanza di narrazione. Le scene sono a se stanti e risentono della solita teatralità, tipica delle opere tratte da testi classici. Si decanta più che recitare. Non poco gli attori (improvvisati) riescono a contenere il fenomeno grazie ad una semplicità che li fa convincenti, molto più di tanti professionisti.
E chi si aspettava dai F.lli Taviani a 80 passati(e dopo qualche film un pò sottotono),un film così potente e fresco,sperimentale come neanche un regista trentenne saprebbe fare! Andatelo a vedere a tutti i costi e soprattutto in sala,solo lì vi arriveranno tutte le magnifiche emozioni che suscita. Ringraziamo F.Cavalli per il suo impegno civile,per far nascere in questi uomini [...] Vai alla recensione »
“Fine pena mai” il sottotitolo all’inizio del film, film che finisce con questa frase: “da quando ho conosciuto l’arte questa cella è diventata una prigione”. Film di rara potenza e freschezza espressiva, esercizio durissimo di trasposizione di dolore e speranza, dove la seconda prevale sulla prima, il cinema italiano matura un debito enorme con questi due registi ultraottantenni per un film su un [...] Vai alla recensione »
Film importante, doloroso, coraggioso, vitale, che va ben al di là della resa cinematografica, comunque di buon livello. I Taviani non gridano, lasciano che a raccontare sia il teatro, la preparazione, la possibilità di partecipare e, ignorando ogni artificio retorico, arrivano ai valori assoluti senza bisogno di alcuno sciopero della fame.
Gli nuoce la mancanza di narrazione. Non c'è crescita drammatica, ma tante scene teatralizzate, secondo la solita abitudine di decantare invece di recitare, tipica della messa in scena di testi classici. Non poco si salva grazie agli attori, più bravi, qui, di tanti professionisti. Regia rigida, manierata, ma sincera e d'effetto, Meglio la scenografia.
C'è un modo per arrivare al cuore delle questioni, anche quando si tratta di argomenti, come il carcere, intorno ai quali circola più immaginario che conoscenza. Il modo è la poesia. Nel 2007 Alessandro Angelini indagava i tormenti di un educatore penitenziario alle prese con il proprio padre detenuto (L'aria salata). Due anni dopo Davide Ferrario sbirciava dall'esterno [...] Vai alla recensione »
Cesare è morto e continuerà a morire, ma l’opera di Shakespeare vive perché è interprete di sentimenti universali ed analisi potente, per chi sappia leggerla, della psiche umana. A presentare una rilettura del “Giulio Cesare” del grande commediografo inglese sono i fratelli Taviani, collocandola in un contesto singolare di cui molto si parla in queste [...] Vai alla recensione »
Se questo film all’estero verrà ascoltato non in lingua originale, ma doppiato, perderà la possibilità di lettura dello spessore dei “non attori”: un doppiaggio toglierebbe a tutti – tranne ad uno – quella incapacità di recitare da attori in quanto essi non lo sono. E’ proprio attraverso questa evidente difficoltà che il netto scollament [...] Vai alla recensione »
I fratelli Taviani portano Shakespeare nel carcere di massima sicurezza a Rebibbia, improvvisano un provino per i detenuti, realizzano un cast e la tragedia può essere allestita. L'operazione, non nuova, del coinvolgimento di detenuti nella recitazione, viene qui condotta in modo intelligente, rovesciando gli schemi consueti: non più gli attori che recitano un testo, ma un autore, [...] Vai alla recensione »
Gli ottantenni fratelli Taviani dimostrano che si può essere più giovani dei giovani, se si hanno idee da proporre e se si sa come proporle! Questa pellicola non è solo arte, ma svolge anche una funzione sociale fondamentale: per chi è in carcere, scavando dentro le profondità di sé stessi in un processo di evoluzione, e per gli spettatori, trasmettendo il messaggio che persino l'individuo più distruttivo [...] Vai alla recensione »
Splendido film dei fratelli taviani che recuperano il filone "teatro nel carcere". L'originalità, però, sta nel testo scelto e nella bravura degli attori, carcerati, che interpretano il "Giulio Cesare" di Shakespeare e lo fanno esprimendosi nel loro dialetto di provenienza. La musica e il gioco del bianco e nero alternato al colore compongono con le interpretazioni [...] Vai alla recensione »
I fratelli Taviani sono venuti di persona all'Odeon di Firenze per presentarlo.Accolti da una vera ovazione, tributata prima dello spettacolo a questi ragazzi ottantenni di San Miniato. Un tributo ad una carriera artistica di prim'ordine, culminata con l'Orso d'Oro di questi giorni per “Cesare deve morire”. Dopo la visione si rimane così colpiti che l'unico [...] Vai alla recensione »
Shakespeare recitato dai detenuti del "Fine pena mai" di Rabibbia porta via, dietro di sé e con sé, l'ovazione berlinese nonché il prestigioso Orso D'Oro. Ed è anche questo il nostro cinema: forse poco calligrafico, se si vuole di nicchia, ma (neo)realistico fino all'inverosimile, dal tocco amaro ma ironico, capace di mirare lo sguardo su chi ha lo sguardo fermo dietro le inferriate delle carceri. Vai alla recensione »
Prima di tutto, voglio consigliare questo film a tutti quelli che amano il cinema. Regia impeccabile e con evidente esperienza (non devo dirlo io, lo so), ma sopratutto ottimi attori (non professionisti!). I personaggi principali di quest'opera forte e marziale di Shakespeare sono stati affidati agli giusti interpreti che forse per il loro vissuto riescono a portare in scena con grande credibilità [...] Vai alla recensione »
Non è un film facile "Cesare deve morire", specialmente per chi non conosce la tragedia di Shakespeare e abbia difficoltà a capire i dialetti meridionali. Già, i famigerati sottotitoli che per becera ipocrisia non vengono infilati laddove sarebbero necessari, per timor d'essere tacciati di "razzismo". Ma al di là delle difficoltà linguistiche [...] Vai alla recensione »
questo è un film fatto con pochissimi mezzi ed è riuscitissimo...voglio solo dire a chi fa cinema in italia che questo è l'esempio rampante di cosa manca al cinema italiano ,sono le idee, cosa che i fratelli taviani ancora hanno...il film è assolutamente da vedere....
I veri registi si vedono quando si mettono alla prova con l'impossibilità della rappresentazione. Rendere possibile la trasposizione cinematografica di una tragedia storica come il "Giulio Cesare" di Shakespeare recitata da detenuti è qualcosa che rasenta una doppia impossibilità. Eppure, la magistrale regia dei Taviani, la teatralità innata degli artisti-detenuti di questo film, la fotografia impressionant [...] Vai alla recensione »
Il film dei fratelli Paolo e VittorioTaviani, premiato con l'Orso d'oro al festival del cinema di Berlino e con i David di Donatello, rientra a buon diritto tra quelli più significativi dell'odierna cinematografia italiana. Realizzato con lo stile della docu-fiction, è stato girato interamente nei laboratori teatrali creati all'interno del carcere Rebibbia [...] Vai alla recensione »
Film molto molto bello che riesce a colpire e lasciare un segno. Molto bravi gli attori: dei "veri uomini" che, sostituiti da attori più esperti, non sarebbero riusciti a rendere questo film così di effetto,crudo e ,malinconico. Ho trovato l'attore protagonista (Bruto) molto bravo ed interpreta il suo personaggio con foga e passione.
Rilettura "civile" del dramma shakespeariano in cui lo svolgimento dell'azione si intreccia e lega con l'impegno. Bravissimi gli attori non professionisti. Quando ci si chiede come possano rendersi in forma di cinema la poesia e l'impegno civile..arriva un Film a dimostrare che è possibile ma che è anche necessario perché l'Arte non muoia.
Grandioso film, con una grandissima potenza narrativa che coinvolge lo spettatore in un vortice di emozioni che tiene in fibrillo. Bravissimi gli attori, ragia sapiente e decisa. Musiche di altissimo livello, capaci di esprimere perfettamente lo stato emotivo che pervade il film. Orso d'oro meritatissimo!
La prima volta che entro in un carcere da visitatore e spettatore e vedere recitare i detenuti della sezione di massima sicurezza 41 bis del Carcere di Rebibbia a Roma,con la messa in scena del Giulio Cesare di Shakespeare nel nuovo film dei fratelli Taviani “Dalle sbarre al palcoscenico”"Cesare deve morire",mi ha veramente colpito. Prima di tutto per la bravura degli attori ,che sono stati preparati [...] Vai alla recensione »
La potenza che sprigiona da questo film è quasi palpabile, una fisicità che ti travolge. Ancora una volta il cinema, ci conferma che per trasmettere emozioni non bisogna essere necessariamente professionisti, l'autenticità paga. Si dirà che non c'è nulla di nuovo in ciò che si racconta, infatti, la differenza sta nel come lo si fa. Bello
Che bello vedere un film italiano come questo, che riesce a farti stare incollata alla sedia, ad emozionarti per l'intensità espressiva dei protagonisti, che ci fanno intravedere il loro dolore personale, ma solo intravedere: bastano poche inquadrature per capire cosa pensano, dove vivono e cosa hanno fatto per essere in carcere...bastano i loro occhi a farli uscire dal carcere per entrare a teatro. [...] Vai alla recensione »
I fratelli Taviani portano Shakespeare nel carcere di massima sicurezza a Rebibbia, improvvisano un provino per i detenuti, realizzano un cast e la tragedia può essere allestita. L'operazione, non nuova, del coinvolgimento di detenuti nella recitazione, viene qui condotta in modo intelligente, rovesciando gli schemi consueti: non più gli attori che recitano un testo, ma un autore, [...] Vai alla recensione »
Bellissima tensione drammatica mai sopra le righe. Film tra i più belli da me visti almeno negli ultimi due anni.
"Da quando ho conosciuto l'arte questa cella è diventata una prigione". Questa frase viene detta alla fine della rappresentazione teatrale all'interno della prigione di Rebibbia, dove i carcerati, anche alcuni ergastolani, hanno recitato "Cesare deve morire" di W. Shakespeare. E' un messaggio forte. I carcerati, che prima accetavano supinamente la loro realtà, [...] Vai alla recensione »
Nel teatro all'interno del carcere di Rebibbia, sezione di massima sicurezza, si svolge la rappresentazione del "Giulio Cesare". Un dramma di Shakespeare e dei detenuti che lo interpretano e si identificano con i personaggi recitando in ogni mometo libero e adattando le frasi del testo ai loro caratteri, ai vari dialetti di provenienza.
Un esemplare esempio di grande cinema nostrano sperimentale.. ricorda abbastanza (con le rispettive proporzioni) il "Riccardo III Un Uomo un Re" di Al Pacino. Ben fotografato, diretto, recitato da detenuti "attori" del carcere di Rebibbia con un sconvolgente coinvolgimento emotivo collettivo. Orso d'Oro al Festival di Berlino 2012 meritatissimo.
Ormai è risaputo, il teatro in carcere abbassa sensibilmente la recidiva. Così è stato per buona parte del cast di CESARE DEVE MORIRE. Uno per tutti Salvatore Striano che dopo quell'Orso d'Oro ha fatto tanta strada nel cinema, nel teatro e ha scritto tre libri liberamente ispirati alla sua vita. I Fratelli Taviani hanno voluto scommettere sui detenuti e hanno vinto!
Sull'opera di Shakespeare non si può dire nulla di male, e farla recitare ai carcerati è sicuramente un'idea interessante e, in un certo senso, terapeutica. Tuttavia ha senso considerare cinema la sua illustrazione? Non si tratta, in realtà, di un percorso che inizia e finisce nel carcere di Rebibbia? "Cesare deve morire" è in realtà un documentario [...] Vai alla recensione »
Dato che siamo in democrazia in cui ritengo che oltre al diritto di espressione c'è anche il dovere pur necessariamente non obbligatorio, manifesto il mio pensiero pur consapevole della sua limitatezza ed ingenuità per evitare di cadere nella trappola degli alunni a scuola che dichiarano di aver capito per non fare brutta figura quando probabilmente non ha capito neanche l'insegnante [...] Vai alla recensione »
Un film decisamente lento, anche per chi apprezza parecchio il teatro. In più si son dimenticati che siamo in Italia, e quindi, se la metà del film non la capisco perchè è parlata con pesante cadenza ( o dialetto) del sud Italia, questo andrebbe scritto nella locandina o dovrebbero mettere i sottotitoli.
Ma perché i critici devono sempre sproloquiare su questi film? Forse perché permettono di fare tanti bei discorsi che sembrano colti? A differenza dei critici io pago il biglietto, quindi pretendo un film vero, non un prodotto da festival, luogo artificioso dove si uccide il cinema per far vivere di rendita un ammasso di "organizzatori culturali".
Lettura in prospettiva dell'Orso ai Taviani. L'intenzione della coppia di registi è importante e virtuosa. Niente di nuovo naturalmente nell'impiegare attori non attori. Ma poi c'è la formula. E quella dei fratelli non era semplice, era piena di trappole. Affidi un testo che fa parte del più alto incanto per il mondo, il Giulio Cesare di Shakespeare, ai detenuti di Rebibbia. Il pericolo poteva essere la goliardia o l'accademia: il classico esercizio che si affida al più dotato degli allievi di un Centro Sperimentale.
Il film ha vinto il massimo premio al festival di Berlino, e noi italiani molto contenti, tanto più che è da un bel po' che il nostro cinema viene ignorato, e non per spudorata cattiveria. Brontolii invece dai giornali tedeschi e si temeva che potessero avere ragione: per fortuna no, edè con gran sollievo che si può dichiarare che Cesare deve morire ci restituisce i grandi Taviani, vuoi con berretto [...] Vai alla recensione »
Shakespeare a Rebibbia, interpretato dai detenuti della sezione alta sicurezza. Il “Giulio Cesare” sembra scritto per loro, che conoscono la violenza. Che conoscono il potere. Orso d’Oro a Berlino, il film dei fratelli Taviani sembra il punto zero di molti gangster movies che raccontano l’avvicendamento delle cupole, l’eliminazione di capi scomodi, i tradimenti.
I Taviani e il teatro di Shakespeare. Trasformato in cinema - in un grande cinema - con la trovata geniale di far rappresentare uno dei suoi drammi più celebri, il “Giulio Cesare”, da detenuti di un carcere romano, quello di Rebibbia. Si comincia a colori. Con la ricerca fra i detenuti di quelli che potrebbero recitare in uno spettacolo che dovrà svolgersi tra le mura del carcere.
Forse sono stati i cartelli su cui si dicono l'imputazione e la pena che stanno scontando i protagonisti a far pensare che il film di Paolo e Vittorio Taviani sia un documentario, o come si è detto anche una docu-fiction. E in effetti questa iniezione di «reale» appare superflua, in una messinscena che fonda la sua verità altrove, nell'essenza profonda della realtà e della sua rapresentazione, e in [...] Vai alla recensione »
Un film può essere solo un film, oppure può essere anche molto altro. È il caso di Cesare deve morire, che ha folgorato la giuria del festival di Berlino, in primis il suo presidente Mike Leigh, tanto per la sua riuscita estetica quanto per la sua fortissima valenza etica e sociale: l’Orso d’oro assegnato ai fratelli Taviani, registi e sceneggiatori del film (autori, è il caso di dirlo), è un omaggio [...] Vai alla recensione »
Dopo i trionfi berlinesi (Orso d’oro, meritatissimo) arriva per Cesare deve morire il momento della verità: l’incontro con il pubblico. La palla passa a voi, cari spettatori: abbiate coraggio, non fidatevi dei luoghi comuni e dei cattivi consiglieri. Vi sussurreranno: Shakespeare, girato in carcere, in bianco e nero, sai che palle! Niente di più falso!!! Innanzi tutto la durata del film (76 minuti [...] Vai alla recensione »
Grazie a Shakespeare, Paolo e Vittorio Taviani ritrovano l’ispirazione cinematografica dei loro film migliori. Girato nel carcere di Rebibbia e interpretato da pregiudicati, condannati a lunghe pene, Cesare deve morire non è un documentario né uno spettacolo teatrale trasposto sul grande schermo. È un’opera maggiore con un’intensità notevole e scene, quasi pasoliniane, che riescono a trasmettere la [...] Vai alla recensione »
Si svolge in un reparto di sicurezza del carcere romano di Rebibbia e racconta la messa in scena di una tragedia scespiriana recitata da un gruppo di detenuti, sotto la guida del regista Fabio Cavalli da dieci anni impegnato in questa attività, ma non è un documentario, e non è neppure teatro adattato per lo schermo: è un puro distillato del cinema e delle tematiche dei Taviani.
C’è un lato naïf, per non dire infantile, nel modo di fare cinema dei fratelli Taviani. La virata verso la fiaba e la sapienza contadina è un impulso che ha prodotto film di una magia rara, come La notte di San Lorenzo. La virata verso il melodramma e la semplificazione ha sfornato (soprattutto negli ultimi tempi) dei film crudi e prepotenti, come La masseria delle allodole.
Uno dopo l’altro si siedono, dicono il proprio nome e quelli del padre e della madre. Lo fanno prima con dolore e poi con rabbia, ma sempre immaginando d'essere interrogati a un posto di frontiera, mentre si separano dalla propria donna. Così, inducendoli a mostrare la loro verità profonda, Fabio Cavalli sceglie gli interpreti del “Giulio Cesare’ in una sequenza di "Cesare deve morire" (Italia.
Incredibile. Se un film vince il micidiale Festival di Berlino, per di più è in bianco e nero, ed è diretto da due mattonatori come i fratelli Taviani, è meglio restare a casa. Invece, il dramma ambientato in carcere, con i detenuti che mettono in scena il Giulio Cesare di Shakespeare, è grande cinema. E che attori: formidabili. Facciamo uno scambio Rebibbia-Cinecittà? Da Il Giornale, 2 marzo 2012 [...] Vai alla recensione »
Fresco dell’Orso d’oro di Berlino e della presentazione in pompa magna al Sacher di Moretti, «Cesare deve morire» è un documentario mixato con la fiction che tramanda la versione del «Giulio Cesare» messa in scena dai detenuti di un braccio di massima sicurezza. Si tratta, ovviamente, di un esperimento coraggioso, ancorché non del tutto inedito, che i fratelli Taviani tengono in pugno grazie all’annuale [...] Vai alla recensione »