Echoes of the Rainbow

La modernizzazione di Hong Kong vista con gli occhi di un bambino. Un punto di vista ingenuo su qualcosa che non lo è per niente. Il contrasto che il regista Alex Law sceglie come premessa per raccontare la storia di una famiglia povera alle porte degli anni Settanta è il filtro con il quale si deve guardare Echoes of a Rainbow. I problemi sociali dell'epoca non vengono chiariti o affrontati in modo approfondito ma se pensiamo che a viverli e a riportarli è una creatura di pochi anni, ancora immatura e incosciente, accettiamo le regole e ci immergiamo nel film.
Tutto ruota attorno alle vicende di una famiglia che vive nella difficoltà quotidiana di fare i conti con la povertà, la corruzione di politici e cittadini, la siccità e il cattivo tempo. Ci imbattiamo in due genitori agguerriti, fermi a tentare di sopravvivere in modo dignitoso. I figli, uno campione di corsa ad ostacoli, l'altro ('la voce narrante') un piccolo ribelle che sogna di diventare astronauta, rappresentano la nuova generazione disorientata, impaurita dalla irrefrenabile crescita economica che dispensa denaro in modo antidemocratico e dal conseguente disorientamento sociale.
È un peccato che il film scelga uno stile troppo patinato per delineare i tratti di un gruppo di persone così legate alla realtà. Questo stile si giustifica, in parte, con il fatto che a narrarci il tutto è un infante, ancora lontano dalle preoccupazioni degli adulti. Ma non possiamo affermare che il risultato sia soddisfacente. Malgrado la bravura degli interpreti e una regia curata ed estetizzante, la narrazione scorre incontrando continuamente qualche intoppo di sceneggiatura. Troppe incursioni sdolcinate e stucchevoli rendono il film arduo da guardare. L'arcobaleno del titolo brilla solo a momenti, illumina alcune sequenze, prima di sparire e lasciare i protagonisti al buio di una vita di stenti. Andrà meglio la prossima volta, sembra suggerirci il piccolo oratore. E lo speriamo anche noi spettatori. 