luigi
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domenica 16 aprile 2006
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film bellissimo nella sua essenzialità
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E' probabile che quasto film sia stato uno dei migliori visti negli ultimi tempi.
Dalle prime inquadrature, che fanno intuire il tempo e l'azione, con un sottofondo musicale volutamente etnico..che chiarisce subito da che parte sta il regista.
Tutti i personaggi vivono nel terrore, tranne, ed questo è il pezzo forte del film, l'unico bambino ostaggio che ha come fedele amico un passatempo terrificante, un video gioco peggiore della rapina stessa.
Siamo tutti cattivi, oppure le apparenze, alla fine smentite dai fatti, rendono giustizia, mettendo tutte le cose a posto.
Film godibile, per tutti.
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antonello villani
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sabato 15 aprile 2006
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poliziesco che strizza l'occhio a philippe marlowe
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Spike Lee in forma smagliante. L’ennesimo film girato a New York -set ideale per le sue storie a base di violenza e conflitti razziali- è un poliziesco vecchia maniera che strizza
l’occhio ai Philippe Marlowe degli anni ‘50: il detective con qualche cosa da farsi perdonare cerca di sventare una rapina
organizzata nei minimi particolari da una banda che depista l’intero corpo di polizia. Così il regista afroamericano lascia al suo passaggio una miriade di falsi indizi, gioca in contropiede con il ladro gentiluomo che ad eliminare gli ostaggi non ci pensa nemmeno, mischia le carte con tranelli e indovinelli per poi ricomporre il puzzle con un finale da antologia. Ritmo e azione non sono alle stelle, eppure “Inside man” mette da parte ogni velleità da action movie preferendo il gioco psicologico tra guardie e ladri: Clive Owen, nella parte del capobanda, mette in piedi un colpo perfetto senza spargimenti di sangue ma con parecchi diamanti e un documento compromettente; Denzel Washington, nel ruolo del negoziatore, giunge alla verità grazie al fiuto del perfetto poliziotto eludendo le trappole disseminate da affaristi senza scrupoli; comprimari eccellenti Jodie Foster, cinica ed arrivista come non mai, Christopher Plummer e Willem Dafoe.
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Spike Lee in forma smagliante. L’ennesimo film girato a New York -set ideale per le sue storie a base di violenza e conflitti razziali- è un poliziesco vecchia maniera che strizza
l’occhio ai Philippe Marlowe degli anni ‘50: il detective con qualche cosa da farsi perdonare cerca di sventare una rapina
organizzata nei minimi particolari da una banda che depista l’intero corpo di polizia. Così il regista afroamericano lascia al suo passaggio una miriade di falsi indizi, gioca in contropiede con il ladro gentiluomo che ad eliminare gli ostaggi non ci pensa nemmeno, mischia le carte con tranelli e indovinelli per poi ricomporre il puzzle con un finale da antologia. Ritmo e azione non sono alle stelle, eppure “Inside man” mette da parte ogni velleità da action movie preferendo il gioco psicologico tra guardie e ladri: Clive Owen, nella parte del capobanda, mette in piedi un colpo perfetto senza spargimenti di sangue ma con parecchi diamanti e un documento compromettente; Denzel Washington, nel ruolo del negoziatore, giunge alla verità grazie al fiuto del perfetto poliziotto eludendo le trappole disseminate da affaristi senza scrupoli; comprimari eccellenti Jodie Foster, cinica ed arrivista come non mai, Christopher Plummer e Willem Dafoe. Il regista de “La 25sima ora” non perde occasione per parlare di discriminazioni razziali con l’indiano sospettato per il colore della pelle e conclude con alcuni monologhi non “politically correct”; l’undici settembre è ancora vivo nella coscienza americana, ma la sceneggiatura ad incastro fa dimenticare qualche caduta di stile. Insomma, il crimine non paga ed il castigo arriva anche dopo mezzo secolo dal misfatto. Perché la tragedia dell’Olocausto continua a tormentare un banchiere senza scrupoli che si è venduto l’anima per arricchirsi sulla pelle dei deportati: la storia insegna, Spike Lee impara. E il suo film è una lezione di cinema che difficilmente si dimentica.
Antonello Villani
(Salerno)
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stefanonor
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giovedì 13 aprile 2006
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tecnicamente eccellente ma...
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Non c'è dubbio che Spike Lee sia stato, è e sarà sempre un ottimo regista. Da questo dato di fatto bisogna però distaccarsi nel giudicare questo Film. Il tema è stato già affrontato, l'intreccio è stato già visto, i colpi di scena già sfruttati, ma nonostante tutto, proprio per quanto detto all'inizio (e per le ottime interpretazioni dei protagonisti, tra cui spicca come al solito l'inossidabile Denzel!), il regista riesce comunque a darci un film molto godibile (vedi interrogatorio del sik senza turbante) con addirittura alcuni spunti pregievoli (ricorrendo a preziosismi stilistici), che tengono abbastanza desta l'attenzione dello spettattore. Nel complesso il film è buono ma forse non troppo originale.
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Non c'è dubbio che Spike Lee sia stato, è e sarà sempre un ottimo regista. Da questo dato di fatto bisogna però distaccarsi nel giudicare questo Film. Il tema è stato già affrontato, l'intreccio è stato già visto, i colpi di scena già sfruttati, ma nonostante tutto, proprio per quanto detto all'inizio (e per le ottime interpretazioni dei protagonisti, tra cui spicca come al solito l'inossidabile Denzel!), il regista riesce comunque a darci un film molto godibile (vedi interrogatorio del sik senza turbante) con addirittura alcuni spunti pregievoli (ricorrendo a preziosismi stilistici), che tengono abbastanza desta l'attenzione dello spettattore. Nel complesso il film è buono ma forse non troppo originale. Sicuramente ci piaceva di più lo Spike Lee di denuncia di qualche anno fa.
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[+] se non hai visto nessuna denuncia cambia avvocato
(di zeroincondotta)
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ten
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giovedì 13 aprile 2006
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afro amerikano è cool, ma...
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mangiare in sala( nachos, pop corn, junk in genere )ti permette di sopportare anche sceneggiature pietose ( le majors fatturano più al bancone che al botteghino ).Con superspike, digiuno !
Dedicato ad una platea smart, affresca murales cinematografici spacciando vero piacere fra il pubblico e accompagnandoti, con mano chirurgica, a ragionare come denzel-frazier.Uscendo dal cinema, con i pop corn da mangiare,ancora inside la testa del negoziatore, ti chiedi però: perchè frazier, non trovando il capo ( con il quale aveva avuto un corpo a corpo scaligero)tra i liberati non pensa a cercarlo dentro? I sacchi contenenti i residui dello scavo non sono rivelatori? Come faceva Clive a conoscere con precisione da mossad la cassetta 392?
Forse prelusione a un sequel?
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(di guido19)
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nigel mansell
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giovedì 13 aprile 2006
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il grande spike
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Eccezionale l'attacco con musica che ti schianta sulla poltrona, forse un pò troppo in vista il marchio Chevrolet del furgone e poi gli altri del gruppo GM: a qualche compromesso deve pur scendere anche Spike.
Denzel tiene ottimamente la scena nella parte dell'eroe/antieroe, scontata la sua riabilitazione morale dopo la presunta sottrazione di danaro, ma comunque godibile nell'economia del film. Splendida nei suoi cinquantanni o giù di lì la Foster: è sempre una bellissima donna, ne sono innamorato sin da quando la vedevo bambina vendere bibbie porta a porta.
La trama tiene sul filo sino al termine del film, e il tempo vola.
Le inquadrature di Manhattan sono splendide e fanno dimenticare la ferita mortale di New Yok, poi la camera diventa mobile e nervosa nelle fasi concitate dell'azione, è poi geniale il primo piano fisso su Denzel, tutto scorre intorno mentre il protagonista indignato corre verso la banca per protestare per la presunta eliminazione dell'ostaggio; mi è poi piaciuto l'avvicinamento svolazzante a mezz'aria dell'obbiettivo al palazzo dove si fa la conoscenza del personaggio interpretato dalla Foster.
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Eccezionale l'attacco con musica che ti schianta sulla poltrona, forse un pò troppo in vista il marchio Chevrolet del furgone e poi gli altri del gruppo GM: a qualche compromesso deve pur scendere anche Spike.
Denzel tiene ottimamente la scena nella parte dell'eroe/antieroe, scontata la sua riabilitazione morale dopo la presunta sottrazione di danaro, ma comunque godibile nell'economia del film. Splendida nei suoi cinquantanni o giù di lì la Foster: è sempre una bellissima donna, ne sono innamorato sin da quando la vedevo bambina vendere bibbie porta a porta.
La trama tiene sul filo sino al termine del film, e il tempo vola.
Le inquadrature di Manhattan sono splendide e fanno dimenticare la ferita mortale di New Yok, poi la camera diventa mobile e nervosa nelle fasi concitate dell'azione, è poi geniale il primo piano fisso su Denzel, tutto scorre intorno mentre il protagonista indignato corre verso la banca per protestare per la presunta eliminazione dell'ostaggio; mi è poi piaciuto l'avvicinamento svolazzante a mezz'aria dell'obbiettivo al palazzo dove si fa la conoscenza del personaggio interpretato dalla Foster.
Spike Lee ha dimostrato che può ottenere il massimo in qualsiasi genere di pellicola e non è assolutamente vero che un regista per essere un grande debba per forza fare film per un pubblico ristretto.
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[+] una confezione di gran spettacolo.
(di no_data)
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paolo pizzato
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mercoledì 12 aprile 2006
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spike? furbo, ma non basta
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E no caro Spike, non basta mettere in bocca ai tuoi protagonisti una citazione da "Quel pomeriggio di un giorno da cani" e raccontare di una rapina in banca per diventare Lumet. Non basta neppure per fare un buon film. Perché un buon film è scrittura (in buona parte), è equilibrio, credibilità delle situazioni, ed è anche casting. E in tutte queste componenti, caro Spike - te lo dice con rammarico chi ha molto amato "La 25ª ora" e "Summer of Sam" - tu non centri l'obbiettivo. Non lo centri con la scrittura, verbosa per un buon tratto di pellicola e mai incisiva (il dialogo "razzista" tra il poliziotto di strada e il detective Denzel Washington è risibile e decisamente fuori contesto, per non parlare delle lamentazioni dell'impiegato di banca indiano cui è stato sottratto il turbante), non lo centri con la credibilità delle situazioni (e dai! Può una squadra di imbianchini entrare nella sede di una banca che si presume superprotetta senza che nessuno della sicurezza chieda niente vedendoli arrivare?), non lo centri con l'equilibrio (buona la scelta dei tempi, lo riconosco, ma il montaggio è un irritante esercizio di stile tutto giocato sul disvelamento del colpo di scena finale, con in più la seppiata fotografia degli interrogatori post rapina, che non si capisce bene a che serva) e lo fallisci clamorosamente con il cast.
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E no caro Spike, non basta mettere in bocca ai tuoi protagonisti una citazione da "Quel pomeriggio di un giorno da cani" e raccontare di una rapina in banca per diventare Lumet. Non basta neppure per fare un buon film. Perché un buon film è scrittura (in buona parte), è equilibrio, credibilità delle situazioni, ed è anche casting. E in tutte queste componenti, caro Spike - te lo dice con rammarico chi ha molto amato "La 25ª ora" e "Summer of Sam" - tu non centri l'obbiettivo. Non lo centri con la scrittura, verbosa per un buon tratto di pellicola e mai incisiva (il dialogo "razzista" tra il poliziotto di strada e il detective Denzel Washington è risibile e decisamente fuori contesto, per non parlare delle lamentazioni dell'impiegato di banca indiano cui è stato sottratto il turbante), non lo centri con la credibilità delle situazioni (e dai! Può una squadra di imbianchini entrare nella sede di una banca che si presume superprotetta senza che nessuno della sicurezza chieda niente vedendoli arrivare?), non lo centri con l'equilibrio (buona la scelta dei tempi, lo riconosco, ma il montaggio è un irritante esercizio di stile tutto giocato sul disvelamento del colpo di scena finale, con in più la seppiata fotografia degli interrogatori post rapina, che non si capisce bene a che serva) e lo fallisci clamorosamente con il cast. E qui, Spike mio, permettimi di essere impietoso. Jodie Foster, ad esempio, mi vuoi spiegare che centra con l'economia del film? Come "cattiva" è risibile, e come "eminenza grigia" (ma non troppo data l'età) che "risolve problemi" al massimo strappa divertiti sorrisi. Ma il vero infortunio è Chistopher Plummer; scegliere di utilizzare uno con una faccia così per fare l'uomo nero (in tutti i sensi) è davvero quanto di più scontato ci possa essere. Alzi la mano chi non ha pensato subito, considerato che il buon Christopher ha ben più di qualche primavera sulle spalle, che i suoi innominabili segreti avessero a che fare con la Seconda Guerra Mondiale. Credimi Spike, ho provato una sorta di inconsolabile tristezza dinanzi a questo cast strampalato (bravo Owen, sufficiente Washington, sprecato Dafoe, che è un ottimo professionista e non un carattere, il resto non vale la pena di citarlo), mentre il pensiero correva al meraviglioso outsider Adrien Brody di "Summer of Sam"; con lui sì che aveva senso parlare di razzismo. Capisco Spike che il razzismo sia un tema che senti profondamente e di cui intendi ragionare ogni volta che ne hai la possibilità. Devo però farti presente - con la massima umiltà, sia chiaro - che si tratta di un tema delicato e difficile, che merita rispetto, e non mi pare che in questo film tu ne abbia avuto molto. Se si banalizza una cosa grande come questa non si rende un buon servizio alla sacrosanta causa antirazzista, non credi? Dì la verità Spike, questa volta non morivi dalla voglia di lavorare, eh? Ti aspetto al prossimo giro, un po' meno fiducioso di prima ma, te lo prometto, non prevenuto.
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mauro
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lunedì 10 aprile 2006
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e' la seconda volta che spike lee mi frega!
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Dopo un' ora di sala cinematografica io e la mia compagna siamo usciti.
Il film è di una monotonia incredibile.
Il continuo svolazzare delle macchie da ripresa non ridà smalto ad una trama alquanto impossibile.
Inoltre, l'accesso dei terroristi in una delle Banche più prestigiose degli USA è imbarazzante: provate voi a vestirvi di bianco e ad entrare in una qualsiasi banca italiana: vediamo se nn vi fermano per chiedervi dove state andando!!!!
Auguri
Mauro
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darko
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lunedì 10 aprile 2006
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una rapina che rapina non è
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Film politico travestito da film di genere che affronta il tema della rapina in banca. A segnalare questo è già il motto del film ("Sembrava la rapina in banca perfetta, ma non si giudica mai un crimine dalla sua copertina").
Il cineasta afroamericano Spike Lee in INSIDE MAN - sua 40esima regia, fra film e lavori tv - si prende tutto lo spazio e il tempo che vuole per raccontare una storia difficile e rischiosa a proposito del Potere e quello che ci può essere di più tremendo e diabolico quando scaturirisce da un rapina che in realtà rapina non è.
A capitanare questo piccolo gioiello che svecchia un po' Spike Lee dopo due o tre filmettini un po' così, sono tutti attori di primo rango: il gigantesco Denzel Washington, Jodie Foster, Christopher Plummer e Clive Owen.
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Film politico travestito da film di genere che affronta il tema della rapina in banca. A segnalare questo è già il motto del film ("Sembrava la rapina in banca perfetta, ma non si giudica mai un crimine dalla sua copertina").
Il cineasta afroamericano Spike Lee in INSIDE MAN - sua 40esima regia, fra film e lavori tv - si prende tutto lo spazio e il tempo che vuole per raccontare una storia difficile e rischiosa a proposito del Potere e quello che ci può essere di più tremendo e diabolico quando scaturirisce da un rapina che in realtà rapina non è.
A capitanare questo piccolo gioiello che svecchia un po' Spike Lee dopo due o tre filmettini un po' così, sono tutti attori di primo rango: il gigantesco Denzel Washington, Jodie Foster, Christopher Plummer e Clive Owen.
Sinistramente il film ha la sua ambientazione incentrata sempre negli stessi luoghi, eppure grazie alla regia dinamica di Lee è riuscito ad eludere la prevedibile noia che avrebbe potuto insinuarsi in un film che dura la bellezza di quasi 2 ore e mezzo. Invece no, imparando dai grandi Lee ha destrutturato un po' la fabula di INSIDE MAN e confondendo e distraendo tantissimo il pubblico è riuscito a costruire un film in cui la tensione non si disperde mai. Un altro grande pregio del film è che il "mistero" centrale della vicenda viene lasciato piuttosto intatto. Il tutto è raccontato molto per sottintesi: di conseguenza uno spettatore disattento e voglioso di facili spiegazioni può rimanerne deluso. Ma per chi ha sempre amato gli intrighi politici, questo è un film assolutamente da non perdere. Godibilissimo anche dal lato estetico.
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