Inside Man |
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Un film di Spike Lee.
Con Denzel Washington, Clive Owen, Jodie Foster, Christopher Plummer, Willem Dafoe.
continua»
Poliziesco,
durata 129 min.
- Gran Bretagna, USA 2006.
uscita venerdì 7 aprile 2006.
MYMONETRO
Inside Man ![]() ![]() ![]() ![]() ![]() |
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BIN LADEN METTE CASA SUL CENTRAL PARK
di A.L.Feedback: 0 |
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martedì 18 aprile 2006 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Se si prescinde dai documenti di riconoscimento individuali indispensabili per gli adempimenti burocratici, il concetto di identità, come tutti quelli comprensivi di aspetti diversi e contrastanti di una stessa realtà, elude qualsiasi definizione troppo schematica: il modo di reagire ad eventi o a fenomeni storicamente determinanti è tratto fondamentale dell’appartenenza a una comunità nazionale nel suo continuo formarsi e rimodellarsi, sotto il profilo psicologico di massa e politico, di fronte alle evoluzioni o regressioni imposte dai tempi e la capacità di prenderne coscienza misura la reattività e la forza propositiva di una civiltà e di un Paese. Il senso più profondo dell’ultima fatica di Spike Lee, “Inside man” è di fatto imprescindibile dalla sua dichiarata americanità: gli esiti più interessanti del cinema statunitense recente, “Crash”, “Le tre sepolture”, “Transamerica”, “I segreti di Brockeback Mountain” e altri, testimoniano la volontà di restituire vitalità a modelli e stereotipi, rielaborandoli in una cultura rispettosa della tradizione ma aperta alla necessità di andare oltre traumi e sensi di colpa in direzione del futuro. A differenza del cinema italiano, che quasi sempre sceglie la famiglia come osservatorio privilegiato sul mondo, quello a stelle e strisce rivive il proprio passato nella prospettiva di un oggi già domani, ponendosi al centro di scenari ed orizzonti assai più vasti e complicati delle quattro mura domestiche. Ed il grado di consapevolezza del processo sociale ed etico di formazione di una America post-11 settembre caratterizza “Inside Man” che continua, con meno ambizioni, la strada intrapresa da “La 25.ma ora”, grandiosa sintesi dell’anima della metropoli capitale morale dell’Occidente. La situazione è quella classica del poliziesco, sottogenere rapina in banca, con i suoi personaggi tipo, il poliziotto e il capo bandito, specularmente simili nel loro eroismo disincantato alla Chandler, con gli scheletri nascosti in una casetta di sicurezza, il classico anello, simbolo del potere del male nella città corrotta. Niente di originale fin qui, tanto meno nello scoprire un legame fra alta finanza e violenza: lo si sa da tempo che “ Se scorre il sangue è il momento di comprare.”. Lo spirito della pellicola però sta sotto la superficie, uomo talpa dietro l’immagine, e se volessimo indicarla in una parola chiave essa sarebbe caos: i rapinatori mettono in funzione un altoparlante, attraverso cui una voce parla una lingua incomprensibile, e solo dopo lunghe ricerche, compare una ragazza che in cambio della cancellazione delle multe per divieto di sosta, svela che si tratta di uno dei tanti discorsi al popolo di Hoxha, il dittatore albanese, l’ultimo “rivoluzionario” europeo. Una efficace raffigurazione della confusione contemporanea, dove si fanno guerra assurdamente in un cosmopolitismo ingovernabile idiomi ed ideologie ridicolmente anacronistiche: la giungla urbana è resa esplosiva dall’egoismo delle fiere solitarie, ciascuna con il proprio territorio da ampliare e difendere, il bambino di colore tenta di uccidere il poliziotto razzista, l’avvocatessa chic azzanna sorridendo, giustiziere e malvagio si scambiano i ruoli, Bin Laden mette casa sul Central Park. E nel ritrovato Far West ai pistoleri coraggiosi non resterà che riscoprire il proprio cuore puro e restituire al demonio l’ anello.
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