francesco spinucci
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venerdì 2 marzo 2007
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i labirinti narrativi non hanno vie d'uscita
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La rappresentazione cinematografica è un artificio complesso, al quale, attraverso un duro lavoro di taglia e cuci in fase di montaggio, viene conferita una coerenza temporale che ne rende possibile la comprensione. Nelle opere di David Lynch l'impressione è che il regista non si preoccupi più di tanto di questo aspetto, al quale è strettamente vincolata la fruizione dello spettatore: le sequenze temporali vengono scomposte e ricomposte secondo criteri personali, e il risultato che si offre al pubblico è interpretabile secondo paradigmi differenti. Inland Empire non rispetta la struttura compositiva imposta dal buon senso, anzi si prende gioco di essa, evidenziandola in modo caricaturale ogni qual volta vi faccia ricorso.
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La rappresentazione cinematografica è un artificio complesso, al quale, attraverso un duro lavoro di taglia e cuci in fase di montaggio, viene conferita una coerenza temporale che ne rende possibile la comprensione. Nelle opere di David Lynch l'impressione è che il regista non si preoccupi più di tanto di questo aspetto, al quale è strettamente vincolata la fruizione dello spettatore: le sequenze temporali vengono scomposte e ricomposte secondo criteri personali, e il risultato che si offre al pubblico è interpretabile secondo paradigmi differenti. Inland Empire non rispetta la struttura compositiva imposta dal buon senso, anzi si prende gioco di essa, evidenziandola in modo caricaturale ogni qual volta vi faccia ricorso. Anche i continui riferimenti meta-fisici e meta-cinematografici, quando non svolgono un ruolo decisivo nella tessitura della trama, sono utilizzati in qualità di espedienti narrativi con una certa sfacciataggine, talvolta, a mio avviso, con l'intento di fuorviare l'attenzione del malcapitato spettatore,per disorientarne l'interpretazione. L'incalzare della violenza audiovisuale, nelle inquadrature e nei cambi-scena, spesso si sostituisce ad una spiegazione logica degli eventi che si susseguono, apparentemente senza giustificazione. I protagonisti di Inland Empire (Nikki/Laura Dern e Devon/Justin Theroux) sono due attori coinvolti loro malgrado in un incubo multiplanare composto principalmente di quattro elementi: la vita reale; il remake del regista Jeremy Irons in cui devono recitare Nikki e Devon; il film originale mai portato a termine per la morte degli attori; la storia popolare zingaro-polacca che ha ispirato i film e che si dice porti sventura. Questi piani temporali e spaziali, che per i primi minuti del film ci illudiamo di poter tenere separati tra di loro, a un certo punto sembrano moltiplicarsi ed intrecciarsi in legami che non verranno mai chiariti: i personaggi si scambiano di ruolo, vengono ipnotizzati,sognano, muoiono. Gli innesti visivi che esibiscono le allucinazioni dei personaggi, ed il sottofondo sonoro costantemente cupo, vibrante, tragico, anche nei rari momenti di esultanza dei protagonisti indirizzano l'attenzione del pubblico verso ramificazioni della storia che non portano da nessuna parte. Siamo in presenza di un labirinto narrativo completamente interiore, provvisto di molteplici vie d'accesso ma privo di vie d'uscita. Nonostante sullo sfondo rimanga la sensazione di una burla del regista ai danni dei suoi pedanti seguaci (maniaci dell'assurdo,intellettualoidi e retori del paradosso),Inland Empire si presenta come un problematico coagulo di senso, di materia visiva e sonora, dal fascino innegabile: poichè siamo al cospetto di una spirale indisciplinata, e non di una narrazione lineare o circolare, è bene tenere all'erta i sensi e ben desta l'immaginazione produttiva.
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n
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lunedì 12 febbraio 2007
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non ci siamo
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Lo seguivo fino a "Mulholland Drive", che ho trovato bellissimo, ma qui non ci siamo proprio. La scatolina blu è diventato un frullatore e la realta non è più capovolta ma schizzata qua è la sui muri della cucina. Troppo anche per i più volenterosi.
Mettere assieme degli spezzoni a casaccio, per quanto singolarmente pregevoli, non è né destrutturazione né "stream of consciousness". E' soltanto un divertissement narcisistico ed un tantinello truffaldino. E sarebbe andata ancora bene se il tutto fosse stato contenuto in limiti temporali accettabili. Eraserhead, che aveva, quello sì, una fotografia meravigliosa e delle immagini di una bellezza struggente (altro che digitale...), durava 90 minuti.
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Lo seguivo fino a "Mulholland Drive", che ho trovato bellissimo, ma qui non ci siamo proprio. La scatolina blu è diventato un frullatore e la realta non è più capovolta ma schizzata qua è la sui muri della cucina. Troppo anche per i più volenterosi.
Mettere assieme degli spezzoni a casaccio, per quanto singolarmente pregevoli, non è né destrutturazione né "stream of consciousness". E' soltanto un divertissement narcisistico ed un tantinello truffaldino. E sarebbe andata ancora bene se il tutto fosse stato contenuto in limiti temporali accettabili. Eraserhead, che aveva, quello sì, una fotografia meravigliosa e delle immagini di una bellezza struggente (altro che digitale...), durava 90 minuti...
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elio
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mercoledì 14 marzo 2007
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stiamo solo morendo...
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Per non sapere più che posizione prendere nel cinema. Come riuscire a stare nello spazio fisico determinato dalle file di poltrone, nel buio della sala, e nello spazio immateriale della mente, di cui quel buio pulviscolare, ferito dal raggio di proiezione è un'eco. Lynch mette in crisi, ma non per sadismo o per amor di virtuosismo, quel patto che regolava la nostra fruizione di quel mondo narrativo... attori, storie, luci, scenografia, tecnica, reale, finzionale...
come suggerisce da anni Slavoj Zizek siamo vittime di un'epidemia dell'immaginario in cui non c'è piu spazio per il simbolico, per le corrispondenze fra cose e parole, per un linguaggio binario e razionale. è l'oscena vitalità del Reale che ha invaso le nostre vite, la sua a-morfa presenza.
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Per non sapere più che posizione prendere nel cinema. Come riuscire a stare nello spazio fisico determinato dalle file di poltrone, nel buio della sala, e nello spazio immateriale della mente, di cui quel buio pulviscolare, ferito dal raggio di proiezione è un'eco. Lynch mette in crisi, ma non per sadismo o per amor di virtuosismo, quel patto che regolava la nostra fruizione di quel mondo narrativo... attori, storie, luci, scenografia, tecnica, reale, finzionale...
come suggerisce da anni Slavoj Zizek siamo vittime di un'epidemia dell'immaginario in cui non c'è piu spazio per il simbolico, per le corrispondenze fra cose e parole, per un linguaggio binario e razionale. è l'oscena vitalità del Reale che ha invaso le nostre vite, la sua a-morfa presenza. Una mano che ispeziona con fini conoscitivi ed edonistici il nostro corpo... ci infila su per lo sfintere una non più prorogabile esigenza conoscitiva. Lynch ha solo mostrato, stavolta senza mezzi termini, la svolta ontologica cui l'uomo sta andando incontro... reale, irreale, ribaltamento, spezio, tempo, luoghi, identità... è finita l'epoca delle categorie intellettive kantiane. siamo entrati nell'Ulisse di Joyce. non lo leggiamo più. ci siamo dentro. Ma non c'è nulla di cui preoccuparsi: "stiamo solo morendo". Ringraziamo questo essere umano dai buffi capelli che ci fa sentire meno soli, mentre ci addentriamo nel deserto del reale.
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bobtheheat
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sabato 24 febbraio 2007
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lynch torna a fare il cineasta, please.
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Per molti e' gia' un cult. Ma in realta' e' solo una provocazione, una burla (assai poco divertente) di (un troppo presuntuoso) Mister Lynch ai danni della quasi totalita' degli spettatori. "INLAND EMPIRE" e' infatti, e' bene dirlo senza esitazione, un film (troppa grazia) appetibile (molto?) solo ed esclusivamente per i numerosi fans del suo Autore. Ma per alcuni suoi grandi estimatori (vedi il sottoscritto) e per la quasi totalita' del resto degli spettatori, e' soprattutto un "lungo ed interminabile video" di circa tre ore (poteva...doveva...durare la meta'...come pure una giornata intera...tanto per come e' montato e scritto...) di una noia mortale, che non regala mai un brivido e una vera emozione.
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Per molti e' gia' un cult. Ma in realta' e' solo una provocazione, una burla (assai poco divertente) di (un troppo presuntuoso) Mister Lynch ai danni della quasi totalita' degli spettatori. "INLAND EMPIRE" e' infatti, e' bene dirlo senza esitazione, un film (troppa grazia) appetibile (molto?) solo ed esclusivamente per i numerosi fans del suo Autore. Ma per alcuni suoi grandi estimatori (vedi il sottoscritto) e per la quasi totalita' del resto degli spettatori, e' soprattutto un "lungo ed interminabile video" di circa tre ore (poteva...doveva...durare la meta'...come pure una giornata intera...tanto per come e' montato e scritto...) di una noia mortale, che non regala mai un brivido e una vera emozione. Tanto che si arriva alla fine del film (sempre che ci si arrivi, in molti non a caso hanno abbandonato la sala) completamente stremati. Lasciamo stare i discorsi sulla comprensibilita' della (presunta) trama. Non e'(o almeno non e' certo solo) questo il punto. E' un'operazione inutile.Neanche "Mulholland Drive" aveva una trama lineare e/o immediatamente comprensibile, ma aldila' della sua immediata o meno decifrabilita' , aveva una carica di seduzione ed un fascino indiscutibile, creava dall'inizio alla fine un interesse del tutto speciale. Niente di tutto cio' invece in "INLAND EMPIRE" , dove e' la confusione e non il mistero a regnare sovrana. L'universo onirico del film e' allucinante ma mai intrigante. Il film e' , ripeto, un scherzo di cattivo gusto , quasi un' irritante masturbazione del Suo Autore. Un bluff ancor piu grande di "Cuore Selvaggio". La quasi totalita' dei dialoghi sono imbarazzanti. I personaggi (nonostante l'impegno della protagonista Laura Dern) inesistenti o quasi. La scelta del digitale porta poi a risultati opposti a quelli ottenuti recentemente da Michael Mann e Dion Beebe con "Collateral" e "Miami Vice", cioe' ad immagini di qualita' mediocre, costantemente fuori fuoco, spesso quasi inguardabili. Sotto questo punto di vista, assolutamente nessuna traccia in INLAND EMPIRE (...eh si deve scriver maiuscolo...si sa...) di quella straordinaria creativita' e di quelle sequenze quasi pittoriche che avevano contraddistinto alcuni (veri) grandi film dello spesso geniale (ma non questa volta) David Lynch, segnatamente "Elephant man", "Velluto Blu" e non ultimo una "Storia vera".Il regista durante le interviste ai tempi del Festival di Venezia per la consegna del Leone alla Carriera (avrebbero dovuto premiarlo in un'altra occasione,ai tempi di "Una Storia vera"...) aveva confessato di aver raggiunto attraverso la meditazione trascendentale e quant'altro...grandi risultati...Ma a guardare il film sembrerebbe proprio che, almeno durante la sua lavorazione la "serenita' interiore" sia stata raggiunta da Lynch con ben altro...Lynch aveva inoltre raccomandato gli spettatori di "farsi lasciare guardare dal film...Cosa che ho cercato invano di fare.Niente,il vuoto.Ma ricordo bene pero' che ad un certo punto del film (nel film) una comparsa (spazientita) domanda alla compagna di scena : perche' ci racconti questa storia? Ecco caro Lynch, ti vorrei rivolgere la stessa domanda o quasi: perche' hai voluto raccontarci "questa" (non) storia? Perche' non hai saputo farci vedere neanche una delle tante sequenza sensuali ed ipnotiche presenti nel tuo superlativo "Mulholland Drive" ? E perche' soprattutto non torni in futuro ...a filmare....una storia semplice.... con personaggi veri ed indimenticabili, come ai tempi del tuo capolavoro "Una storia vera"?
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angelo
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lunedì 12 febbraio 2007
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oniriche immersioni nell'inconscio.
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La glorificazione del riscatto, il rapporto ricchezza-povertà, l'integrazione razziale, il vivere l'altro, l'immedesimarsi, la punizione, la redenzione, il senso di colpa, il cinema, il cinemarte, il metafisico, la vita del caso e l'essere tutti, la fuga di Lynch da Lynch, il punto di congiunzione tra l'essere e avere, Lolita di Kubrick, la perdizione, quello che siamo e quello che vorremmo essere, la stella cadente tra i diseredati, la prostituta immanente nell'animo umano, la fertilità del male noncurante, la strada giusta ingiusta, l'errore, ad un passo dalla fertilità del male, chiudere la porta della coscienza alla realtà, esame di coscienza, svegliati che la vita è altra, dislivelli finanziari, Lynch parte offesa, il pianto della sostanza e la vacuità delle luci da palcoscenico, sto facendo una cazzata per insegnare alle grandi produzioni, che differenza passa tra il vendere il proprio corpo e il glorificarsi del nulla, il giudizio universale, chi è meglio (?), stai solo morendo come tutti.
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La glorificazione del riscatto, il rapporto ricchezza-povertà, l'integrazione razziale, il vivere l'altro, l'immedesimarsi, la punizione, la redenzione, il senso di colpa, il cinema, il cinemarte, il metafisico, la vita del caso e l'essere tutti, la fuga di Lynch da Lynch, il punto di congiunzione tra l'essere e avere, Lolita di Kubrick, la perdizione, quello che siamo e quello che vorremmo essere, la stella cadente tra i diseredati, la prostituta immanente nell'animo umano, la fertilità del male noncurante, la strada giusta ingiusta, l'errore, ad un passo dalla fertilità del male, chiudere la porta della coscienza alla realtà, esame di coscienza, svegliati che la vita è altra, dislivelli finanziari, Lynch parte offesa, il pianto della sostanza e la vacuità delle luci da palcoscenico, sto facendo una cazzata per insegnare alle grandi produzioni, che differenza passa tra il vendere il proprio corpo e il glorificarsi del nulla, il giudizio universale, chi è meglio (?), stai solo morendo come tutti...
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aleximon
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sabato 28 luglio 2007
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e' molto più difficile la semplicità.
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Basta. Non se ne può più. Schizzi di pensiero su una tela lunga quasi tre ore. E' troppo. Ci vuole coraggio. Il coraggio di dire che il mistero della mente va semmai affrontato con classe di "leopardiana" memoria, confermando che il naufragar c'è dolce nel mare dei Grandi Temi.
Come possiamo lasciarci andare alla corrente se lasciamo affiorare migliaia di scogli taglienti (Inland Empire)?, che se non riescono a confonderci disorientarci ingannarci, possono però farci fare il più grande, mostruoso, infinito sbadiglio della nostra vita.
David Lynch ha semplicemente chiuso gli occhi e cominciato a girare, poi ad occhi sempre chiusi è passato alla sala di montaggio. Infine, ad occhi ben serrati, si è sincerato che il suo lavoro fosse impeccabile.
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Basta. Non se ne può più. Schizzi di pensiero su una tela lunga quasi tre ore. E' troppo. Ci vuole coraggio. Il coraggio di dire che il mistero della mente va semmai affrontato con classe di "leopardiana" memoria, confermando che il naufragar c'è dolce nel mare dei Grandi Temi.
Come possiamo lasciarci andare alla corrente se lasciamo affiorare migliaia di scogli taglienti (Inland Empire)?, che se non riescono a confonderci disorientarci ingannarci, possono però farci fare il più grande, mostruoso, infinito sbadiglio della nostra vita.
David Lynch ha semplicemente chiuso gli occhi e cominciato a girare, poi ad occhi sempre chiusi è passato alla sala di montaggio. Infine, ad occhi ben serrati, si è sincerato che il suo lavoro fosse impeccabile. Applausi.
Mi metto nei panni degli attori che si sono visti consegnare questo copione. Avrei voluto essere testimone delle loro reazioni...
Che bello, avranno pensato, entrerò nel mito insieme a Laura Palmer. Poi alla duecentododicesima pagina di una lacrima salatissima avrà stemperato dalle guance il loro entusiasmo.
Concludendo, David sei in debito con me di tre ore della mia vita.
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[+] dubito che gli attori abbiano letto il copione...
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stefano guarnieri
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domenica 21 ottobre 2007
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lynch esplora l'impero delle nostre menti...
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Volti ammantati di nebbia,che si disvela per mostrarci una donna che piange mentre guarda le immagini che scorrono velocemente su una televisione. Animali ambigui,che mettono in scena una farsa di cui un'immaginario pubblico ne applaude la quotidianità stranita. Una vicina,visionaria, che auspica la sovrapposizione del tempo, la possibilità che "oggi fosse domani", che il tempo si accartocciasse attorno ad un polo, conducendo la protagonista a riflettersi e rivedersi nel presente e nel domani contemporaneamente.
Lynch offre più di una semplice esperienza cinematografica, ci offre una esperienza di vita. La stessa vita che da ormai più di un secolo si interseca col cinema, ne diviene succube e padrona allo stesso tempo.
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Volti ammantati di nebbia,che si disvela per mostrarci una donna che piange mentre guarda le immagini che scorrono velocemente su una televisione. Animali ambigui,che mettono in scena una farsa di cui un'immaginario pubblico ne applaude la quotidianità stranita. Una vicina,visionaria, che auspica la sovrapposizione del tempo, la possibilità che "oggi fosse domani", che il tempo si accartocciasse attorno ad un polo, conducendo la protagonista a riflettersi e rivedersi nel presente e nel domani contemporaneamente.
Lynch offre più di una semplice esperienza cinematografica, ci offre una esperienza di vita. La stessa vita che da ormai più di un secolo si interseca col cinema, ne diviene succube e padrona allo stesso tempo.
Impossibile non rifarsi al film Blow-up di Antonioni, di cui Casetti così chiaramente ne metteva in luce i meccanismi, rifacendosi a sua volta alle parole di Sartre in Essere e Nulla. Siamo di fronte ad un cinema in cui il soggetto vede, ma allo stesso tempo fa vedere, mostra gli angoli bui dell'umana esperienza, ed è allo stesso tempo visto. Un soggetto che è anche oggetto, in cui i ruoli sono contingenti alle situazioni. In cui la complessità della vita, del vedere e dell'essere visto, dell'esperienza sensoriale, si mostra in tutta la sua complessità.
Disvelare è compito del cinema. Disvelare, far riflettere e interpretare è INLAND EMPIRE. Viene messa in scena la complessità della vita, in cui il limite tra realtà e immaginazione è flebile, in cui la persona si frammenta,
si contorce, si riflette negli altri,e in cui spesso si riconosce.
Ricorrendo ad un simbolismo moderno, forte ed efficace,(lampade rosse che ricorrono da Mulholland Drive,conigli i cui connotati sono riconducibili ad animali differenti), onirico e misterioso, Lynch mette in atto la sua epopea di eroi quotidiani, che affrontano la realtà ma ne restano invischiati, in cui i volti non sono rilassati, ma sono lo specchio dell'ansia del vivere.
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federico
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mercoledì 28 febbraio 2007
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non esageriamo
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Sicuramente un bel prodotto, ma stavolta Lynch ha tritato solo un pò di vecchie esperienze. Dalla critica al mondo di Hollywood e alle lesbiche di Mulholland, all'uomo coniglio di heraserhead, al sogno amaramente contraddetto dalla realtà ecc... ecc... Tutte le sue più belle idee ripescate e frullate insieme. Trama pretestuosa e compiaciuta nella sua cripticità: una prostituta dell'est si trasferisce a hollywood in cerca di fama nel mondo del cinema, ma i suoi fantasmi giovanili le rinfacciano continuamente nella maturità il suo debito con la sua coscienza. E poi Lynch ci viene a raccontare che "non esiste una spiegazione", compiacendosene e pensando che noi poveri idioti non possiamo comprendere i disegni della sua mente superiore.
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Sicuramente un bel prodotto, ma stavolta Lynch ha tritato solo un pò di vecchie esperienze. Dalla critica al mondo di Hollywood e alle lesbiche di Mulholland, all'uomo coniglio di heraserhead, al sogno amaramente contraddetto dalla realtà ecc... ecc... Tutte le sue più belle idee ripescate e frullate insieme. Trama pretestuosa e compiaciuta nella sua cripticità: una prostituta dell'est si trasferisce a hollywood in cerca di fama nel mondo del cinema, ma i suoi fantasmi giovanili le rinfacciano continuamente nella maturità il suo debito con la sua coscienza. E poi Lynch ci viene a raccontare che "non esiste una spiegazione", compiacendosene e pensando che noi poveri idioti non possiamo comprendere i disegni della sua mente superiore. Molto simile a Mulholland drive come trama. Troppo lungo, troppo compiaciuto, troppo sopra le righe... Certo siamo ben al di sopra dello standard da sala cinematografica di qs tempi, però non siamo certo ai livelli di strade perdute e mulholland drive.... Cmq da vedere. Non tra i migliori film del regista.
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giorgio camisani
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domenica 11 novembre 2007
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un’autarchica catarsi
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Un uomo ed una donna entrano in una stanza e parlano in polacco: dai loro discorsi si intuisce che si tratta di un incontro sessuale e che la donna potrebbe essere una prostituta. Una ragazza (Lost Girl, Ragazza Perduta), seduta su un letto, piange, mentre guarda alla televisione una sitcom interpretata de tre conigli antropomorfi. In un quartiere residenziale alle porte di Los Angeles, un'attrice di nome Nikki riceve la visita di un’inquietante vicina, che le preannuncia eventi nefasti riguardanti il suo prossimo film. Prima delle riprese, anche il regista informa i protagonisti che sulla storia, da cui è tratta la sceneggiatura originaria del film, incombe un’antica maledizione. Le riprese hanno inizio e Nikki sprofonda in un lungo incubo a spirale, un viaggio catartico nei meandri dello spirito, caratterizzato dalla paura e dall’inevitabilità del male, e costruito attraverso la destrutturazione di ogni possibile linearità e definibilità.
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Un uomo ed una donna entrano in una stanza e parlano in polacco: dai loro discorsi si intuisce che si tratta di un incontro sessuale e che la donna potrebbe essere una prostituta. Una ragazza (Lost Girl, Ragazza Perduta), seduta su un letto, piange, mentre guarda alla televisione una sitcom interpretata de tre conigli antropomorfi. In un quartiere residenziale alle porte di Los Angeles, un'attrice di nome Nikki riceve la visita di un’inquietante vicina, che le preannuncia eventi nefasti riguardanti il suo prossimo film. Prima delle riprese, anche il regista informa i protagonisti che sulla storia, da cui è tratta la sceneggiatura originaria del film, incombe un’antica maledizione. Le riprese hanno inizio e Nikki sprofonda in un lungo incubo a spirale, un viaggio catartico nei meandri dello spirito, caratterizzato dalla paura e dall’inevitabilità del male, e costruito attraverso la destrutturazione di ogni possibile linearità e definibilità. Si assite così ad una serie di frammentazioni e sdoppiamenti a diversi livelli: di scene, di identità dei personaggi, di luoghi (tra Hollywood e la Polonia), di tempi e di sguardi. Ed ecco il lieto fine: si torna alla Ragazza Perduta, che dopo aver sofferto e pianto per tutto il film, ora è guarita e risollevata.
La visione di INLAND EMPIRE (da riportare in maiuscolo, come voluto espressamente da Lynch) non richiede allo spettatore di compiere eccezionali sforzi di comprensione e di interpretazione, vuole piuttosto che lo spettatore si abbandoni alla dimensione del proprio subconscio, ad uno stato mentale che si avvicini a quello onirico o meditativo, dove l’ambiguità del rimosso e dell’indeterminato possa riaffiorare con naturalezza. Se si affronta il film con questo atteggiamento interiore si potrà godere per quasi tre ore di un’esperienza estetica profonda e benefica.
Lynch decide di utilizzare per questa sua opera l’immagine digitale, più morbida, più flessibile, più facilmente modificabile rispetto alla pellicola cinematografica, facendone un uso nuovo ed inusuale. Con questo ed altri mezzi tecnici e con un’alta sensibilità artistica, il regista riesce a costruire uno sguardo costantemente soggettivo, che coincide con una coscienza chiaramente femminile (che indicherò come la “protagonista”), svincolata da un’unica identità e rappresentata a diversi livelli da Nikki, da Susan (il personaggio che Nikki interpreta all’interno del film nel film) e soprattutto dalla Ragazza Perduta. Infatti, sarà proprio quest’ultima, stimolata dal dolore per la perdita di un figlio, a rivelarsi nel finale come la più probabile autrice, protagonista e spettatrice di INLAND EMPIRE.
Per leggere la recensione completa collegati a www.filmagazine.it
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alessandro lontani
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venerdì 8 ottobre 2010
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lynch dalla mia tesa non esce più
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Inland Empire è un film sul cinema.
Sulla capacità del cinema di coinvolgere e farsi coinvolgere.
Laura Dern esce dallo schermo e l’abbraccia; ci abbraccia.
Esce e noi entriamo.
E quando entriamo portiamo dentro tutto noi, quando entriamo diventiamo parte del film. Così il film prende pieghe inaspettate, si carica delle nostre pulsioni, paure, emozioni… cambia; diventa il “nostro film”.
Lynch è entrato nella nostra testa; in quel labirinto infinito di stanze dal quale non è possibile uscire, nel quale si riesce solo ad entrare. Mi è entrato nella testa proprio mentre guardavo Inland Empire, e lo tengo chiuso dentro.
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Inland Empire è un film sul cinema.
Sulla capacità del cinema di coinvolgere e farsi coinvolgere.
Laura Dern esce dallo schermo e l’abbraccia; ci abbraccia.
Esce e noi entriamo.
E quando entriamo portiamo dentro tutto noi, quando entriamo diventiamo parte del film. Così il film prende pieghe inaspettate, si carica delle nostre pulsioni, paure, emozioni… cambia; diventa il “nostro film”.
Lynch è entrato nella nostra testa; in quel labirinto infinito di stanze dal quale non è possibile uscire, nel quale si riesce solo ad entrare. Mi è entrato nella testa proprio mentre guardavo Inland Empire, e lo tengo chiuso dentro.
Più di qualsiasi trattato di anatomia, Inland Empire ci aiuta a capire, vediamo come si muove quel intricato sistema di ingranaggi ben oliati che è il nostro cervello.
Con le sue confuse mutazioni ed improvvisi stravolgimenti, il sogno è la proiezione più vicina a questa dimensione cerebrale, ed Inland Empire è un sogno ad occhi aperti; ma il sogno è quanto di più soggettivo e personale possa esserci, per questo amo Lynch.
Lynch ti lascia libero, libero di entrare nel suo mondo, libero di conoscerlo; ma non ti da alcun indizio, nessuno strumento per farlo. Le chiavi per capirlo le trovi dentro di te.
“Oscuro, incomprensibile, confuso” perché no !!! Queste opinioni sono del tutto plausibili, anche questo produce Inland Empire!!! E Lynch ne sarebbe entusiasta.
Ma questa è una delle possibili soluzioni o meglio chiavi di lettura: la mia.
Di una cosa sono certo questo film non lo dimentico e Lynch dalla mia testa non ci esce più.
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