Blood Diamond - Diamanti di sangue

Nell'ultimo lavoro di Edward Zwick, gia autore di polpettoni hollywoodiani in varie salse, si assiste ad un tentativo di fusione tra il reportage impegnato e il film d'azione senza pretese. Il connubio è riuscito solo in parte, e spesso si salta senza preavviso dal versante documentaristico a quello del "bulli pupe e pallottole". Il tema dei drammi africani e delle loro complesse relazioni con interessi "bianchi" è evidentemente diventato di moda nella produzione cinematografica attuale (The constant gardener, Hotel Rwanda), con esiti altalenanti. In Blood Diamond viene presentata una sceneggiatura fragile, con buoni attori ad interpretare personaggi spesso inconsistenti; il mercenario cinico, con la futura redenzione già stampata in fronte, il padre nero, che affronta i fucili senza paura e senza cervello, e ovviamente la giornalista d'assalto buonacoraggiosamoralmenteimpeccabile che nei film è sempre anche bellissima (metterci una donna normale, o ancora meglio un uomo, avrebbe ridotto gli incassi?) Tra le pallottole che aumentano, l'amore che sboccia e la bontà che inevitabilmente cresce nel petto del protagonista si arriva al culmine della mielosità: finito di affrontare i cattivi (neri e soprattutto bianchi) c'è giusto il tempo dell'estrema telefonata alla bella lontana, seguita dal rapido finale risolutivo, che ondeggia tra il ridicolo (la scena della consegna del diamante) al fantascientifico (la standing ovation dei bianchi per il buon nero). Da questo punto di vista il film sarebbe da bocciare senza appello. Quello che risolleva i giudizi è senza dubbio l'altra chiave di lettura; il fatto stesso di aver provocato le proteste di grandi corporation dimostra come sia stato centrato l'obiettivo. Più che dal sordido sfruttamento degli uomini e dalle colpe dei bianchi si resta impressionati dalla cieca e irrazionale violenza dei ribelli, e dalla sua imposizione a bambini giovanissimi. Le scene che mostrano le gesta dei gruppi ribelli sono talmente efficaci e shoccanti che sembra di assistere ad un altro film, tanto sono realistiche e lontane da imbellettature cinematografiche. Peccato che non si vada oltre, lasciando senza risposta le atroci domande che si pongono allo spettatore e tornando improvvisamente al filmetto "african adventure" con il suo tesoro nascosto, i nemici da evitare e ovviamente gli innumerevoli paesaggi da cartolina. Ricordiamoci poche immagini, e le riflessioni che ci propongono gli sguardi dei soldati bambini, scordandoci tranquillamente il resto. Infine una nota su Di Caprio: ottima performance, ma a mio parere la statuetta poteva arrivare più facilmente con "The departed". Voto 6,5