Recruiting for Jihad

Film 2017 | Documentario, 80 min.

Titolo originaleDen Norske Islamisten
Anno2017
GenereDocumentario,
ProduzioneNorvegia
Durata80 minuti
Regia diAdel Khan Farooq, Ulrik Imtiaz Rolfsen
AttoriAdel Khan Farooq, Ubaydullah Hussain, Ulrik Imtiaz Rolfsen .
DistribuzioneCineAgenzia
MYmonetro 3,01 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

Regia di Adel Khan Farooq, Ulrik Imtiaz Rolfsen. Un film con Adel Khan Farooq, Ubaydullah Hussain, Ulrik Imtiaz Rolfsen. Titolo originale: Den Norske Islamisten. Genere Documentario, - Norvegia, 2017, durata 80 minuti. distribuito da CineAgenzia. - MYmonetro 3,01 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento martedì 16 ottobre 2018

Un film, nato per esplorare l'ideologia jihadista, che si trasforma in una riflessione sulla libertà d'informazione.

Consigliato sì!
3,01/5
MYMOVIES 3,00
CRITICA
PUBBLICO 3,01
CONSIGLIATO SÌ
Scheda Home
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Cinema
Un'opera per riflettere su pratiche ancora poco sdoganate senza i filtri del documentario classico.
Recensione di Martina Ponziani
venerdì 5 ottobre 2018
Recensione di Martina Ponziani
venerdì 5 ottobre 2018

In Norvegia una cellula di fondamentalisti islamici recluta ragazzi per la Jihad, i cosiddetti "foreign fighters". La grande capacità persuasiva ed il forte carisma del loro leader Ubaydullah Hussain, cittadino norvegese di origini pakistane, porta molti adepti a partire per la Siria e a perdere la vita in nome di Allah. Il documentarista Ulrik Imtiaz Rolfsen e il giornalista Adil Khan Farooq seguono questa pratica, dall'indottrinamento all'adesione alla Guerra Santa, guidati proprio da Ubaydullah Hussain che li guida durante l'intero processo.

Messe per un attimo da parte le (ottime) scelte stilistiche, un'opera come questa è importante per cominciare a ragionare su tematiche ancora ermetiche.

Come si riesce a convertire un diciottenne norvegese all'islamismo estremo? Cosa porta a lasciare il proprio paese di origine per combattere una guerra potenzialmente mortale?

L'abilità retorica di un gruppo unita a dei fragili ideali europei riesce nell'obiettivo di colpire coscienze e corpi che si trasformano in armi di una battaglia lontana, geograficamente e culturalmente, da loro. I due registi questo lo mostrano mettendosi in prima persona sullo schermo, non nascondendo lo sdegno e al tempo stesso avvalendosi della furbizia di assecondare il gioco dei fondamentalisti. Lo spettatore ha quindi la possibilità di entrare a contatto direttamente con delle pratiche di propaganda ancora poco sdoganate e di interagire con testimonianze non filtrate dal classico metodo dell'intervista. L'approccio alla Michael Moore riduce quindi le distanze e porta alla luce non solo il soggetto dell'indagine, ma anche le difficoltà di portarla a termine.

Interessanti, infatti, parallelamente alle pratiche dei foreign fighters, tutte le fasi relative al sequestro del materiale girato subito dai due registi. I servizi segreti norvegesi ne hanno per molto tempo bloccato la diffusione, portando i realizzatori in tribunale. Questa parte capovolge le prospettive e i protagonisti, aprendo nuove frontiere di discussione sulla libertà di divulgazione e di espressione. Da questo il risultato finale del documentario ne potrebbe uscire un po' indebolito e l'impressione iniziale è quella del caos di chi ha dovuto tenere le redini del progetto. Ma è proprio questa difficoltà a far emergere la complessità dell'argomento, non escludendo nessuna voce.

Quello che in definitiva pare quindi ancora più evidente è come sia centrale in questo tipo di dinamiche il ruolo dei media e degli operatori culturali: il labile confine tra fare informazione e fomentare un certo tipo di posizioni estreme diventa ancora più scivoloso e rende necessaria una riflessione che va ben oltre la valenza filmica dell'opera.

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