Titolo originale | Gang de qin |
Anno | 2010 |
Genere | Commedia |
Produzione | Cina |
Durata | 105 minuti |
Regia di | Zhang Meng, Jae-yong Kwak |
Attori | Wang Qian-Yuan, Hailu Qin . |
MYmonetro | 2,75 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento martedì 7 febbraio 2012
Quando la moglie chiede il divorzio e l'affidamento esclusivo della figlia, Chen acconsente alla separazione ma, non avendo intenzione di perdere la bambina, pretende che sia la figlia stessa a decidere con chi andare a vivere.
CONSIGLIATO SÌ
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Cina, anni Ottanta. Chen Guilin è il padre di una bambina che vorrebbe imparare a suonare il pianoforte. Tra il lavoro in fabbrica e le serate trascorse a suonare la fisarmonica in una band locale, cerca di trasmettere alla figlia la passione per la musica. Quando la moglie chiede il divorzio, la bimba, contesa tra i due genitori, decide di andare a vivere assieme a chi le regalerà un pianoforte. Allora Chen, senza soldi né prospettive, assieme ai suoi scapestrati amici, si ingegna per costruirne uno.
Zhang Meng realizza un film eclettico, dove generi e stili si mescolano insieme, accompagnati da una colonna sonora che tocca le punte più commoventi della musica classica ma anche quelle più vivaci e leggere di origine balcanica. Dall'alto al basso, dal rock sperimentale alla musica tradizionale, la storia di Chen ondeggia dall'inizio alla fine, senza convinzione. Lo spunto - l'idea ambiziosa di fabbricare un pianoforte 'in casa' - non è originale ma promette un'evoluzione narrativa forte che potrebbe coinvolgere emotivamente lo spettatore. E invece, nel momento in cui il protagonista si adopera per avviare il suo progetto, la storia affievolisce lo slancio e si avvia alla conclusione, sfilacciando con rigore l'intreccio.
L'unico oggetto filmico a crescere e prendere forma è il pianoforte, fatto con pochi mezzi, senza denaro ma tanta pazienza. I personaggi di contorno, dai compagni della band musicale all'amante, rimangano secondari, non cambiano, non maturano né mostrano la loro interiorità. Rimangono freddi e scombussolati. E anche la bimba, così presente nelle prime scene, scompare del tutto per poi tornare a imporsi solo alla fine.
Disorganico nel montaggio e presuntuoso nello stile, il film ruba senza pudore gli aspetti più riconoscibili del cinema di Kusturica (le corse in squallide periferie e l'invadenza della musica turbo-folk), ma rimanda anche alle atmosfere di Departures, soprattutto nella scena madre del protagonista intento a suonare sotto una fioccata di neve. Resta la bellezza intrinseca di un padre disposto a tutto pur di realizzare il sogno della figlia, ma è troppo poco per un film di un'ora e quaranta.