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Giovanni e Margherita potevano fare di più Valutazione 2 stelle su cinque

di Asfissio


Feedback: 209 | altri commenti e recensioni di Asfissio
martedì 19 maggio 2015

GIOVANNI e MARGHERITA, nomi veri dei due attori protagonisti del film vero-finto di Moretti. La regista, senza neanche lei capirne il senso, invita l’attore a stare accanto al personaggio. Inizio vero-falso della ripresa di un film impegnato con la Buy, in psicoanalisi permanente, ancora non ci ha detto, e forse neanche lei lo sa, “se ci fa o c’è”.
Moretti si ostina come attore, nonostante l’alter ego già nella Buy, contro  coloro che lo vorrebbero fuori dal set. Gli altri attori mostrano, ostentano, scegliendo il + al - :madre, amante, produttore, figlia, tutti tendono alla didascalia mimica e alla retorica dei gesti e delle espressioni più del necessario.
Il film a differenza di Habemus Papam non parte con personalità e si oscilla tra Loach e Allen. Quando arriva Turturro si tira un sospirone e ci sia rilassa. Il personaggio di Turturro svela con tenerezza il suo dramma: di non ricordare le battute, ed il suo conflitto arriva forte e chiaro mentre i personaggi di Giovanni e Margherita subiscono invece il dramma di una morte annunciata reagendo solo esteriormente: la Margherita con l’auto contro il muro e gli attacchi di panico a cui ci ha abituati e Giovanni lasciando il lavoro, smarrito. Esteriorità. Il rapporto con la loro madre è quanto di più amorevole. A parte qualche piccola disaccordo non c’è un conflitto che riveli. Nessuno scontro che scuota e ci faccia entrare dentro questa borghesia piatta, incolore, scontata, umana nella sua vita ordinaria e senza clamori. Tolto l’americano gli altri non sprizzano neanche simpatia o tenerezza. Sotto il sommerso, niente. Si ignorano i conflitti tra i personaggi che evidentemente sono assenti o di nessun rilievo. Una semplice morte: forse questo era un titolo più adatto. Sono tutti dei borghesi dalle vite agiate e pare non abbiano mai avuto grandi problemi emotivi nella loro vita ed è per questo che non sanno neanche uscirne fuori. Lui non viene licenziato ma decide lui di farlo, lei non sembra più credere all’impegno politico del suo lavoro: forse è la loro identità ad essere messa in discussione, autocritica: termine caro a Moretti. Ma se così fosse allora si poteva dirlo con personaggi più interessanti e motivazioni forti come è stato fatto in altri film: quando appunto un personaggio insignificante viene a trovarsi per la prima volta di fronte ad una tragedia come quella della scomparsa di una persona amata, un evento o catastrofe annunciata.
Se fosse così allora era il caso di rigirare il coltello anche per l’altro tema: la sinistra borghese rimessa in discussione dal privato di coloro che fino a ieri credevano fosse anche pubblico: invece il privato è il privato e resta il privato.
Ma a Moretti non  appartiene quel raptus omicida vendicativo verso una sinistra colpevole di aver abbandonato, dimenticato, i suoi figli o di averli ingannati. Moretti tira un sasso che non rompe nessun vetro-testa e pudicamente, riservato com’è, nella sua natura mite e civile, sottrae la mano o meglio la tiene giù lungo il corpo.
Moretti mi è simpatico, nonostante se ne dica o dicano: la sua burberia e scostanza sono sincere come il film, ma si poteva alzare il tiro, ooh, se si poteva! (asfissio)
 GIOVANNI e MARGHERITA, nomi veri dei due attori protagonisti del film vero-finto di Moretti. La regista, senza neanche lei capirne il senso, invita l’attore a stare accanto al personaggio. Inizio vero-falso della ripresa di un film impegnato con la Buy, in psicoanalisi permanente, ancora non ci ha detto, e forse neanche lei lo sa, “se ci fa o c’è”.
Moretti si ostina come attore, nonostante l’alter ego già nella Buy, contro  coloro che lo vorrebbero fuori dal set. Gli altri attori mostrano, ostentano, scegliendo il + al - :madre, amante, produttore, figlia, tutti tendono alla didascalia mimica e alla retorica dei gesti e delle espressioni più del necessario.
Il film a differenza di Habemus Papam non parte con personalità e si oscilla tra Loach e Allen. Quando arriva Turturro si tira un sospirone e ci sia rilassa. Il personaggio di Turturro svela con tenerezza il suo dramma: di non ricordare le battute, ed il suo conflitto arriva forte e chiaro mentre i personaggi di Giovanni e Margherita subiscono invece il dramma di una morte annunciata reagendo solo esteriormente: la Margherita con l’auto contro il muro e gli attacchi di panico a cui ci ha abituati e Giovanni lasciando il lavoro, smarrito. Esteriorità. Il rapporto con la loro madre è quanto di più amorevole. A parte qualche piccola disaccordo non c’è un conflitto che riveli. Nessuno scontro che scuota e ci faccia entrare dentro questa borghesia piatta, incolore, scontata, umana nella sua vita ordinaria e senza clamori. Tolto l’americano gli altri non sprizzano neanche simpatia o tenerezza. Sotto il sommerso, niente. Si ignorano i conflitti tra i personaggi che evidentemente sono assenti o di nessun rilievo. Una semplice morte: forse questo era un titolo più adatto. Sono tutti dei borghesi dalle vite agiate e pare non abbiano mai avuto grandi problemi emotivi nella loro vita ed è per questo che non sanno neanche uscirne fuori. Lui non viene licenziato ma decide lui di farlo, lei non sembra più credere all’impegno politico del suo lavoro: forse è la loro identità ad essere messa in discussione, autocritica: termine caro a Moretti. Ma se così fosse allora si poteva dirlo con personaggi più interessanti e motivazioni forti come è stato fatto in altri film: quando appunto un personaggio insignificante viene a trovarsi per la prima volta di fronte ad una tragedia come quella della scomparsa di una persona amata, un evento o catastrofe annunciata.
Se fosse così allora era il caso di rigirare il coltello anche per l’altro tema: la sinistra borghese rimessa in discussione dal privato di coloro che fino a ieri credevano fosse anche pubblico: invece il privato è il privato e resta il privato.
Ma a Moretti non  appartiene quel raptus omicida vendicativo verso una sinistra colpevole di aver abbandonato, dimenticato, i suoi figli o di averli ingannati. Moretti tira un sasso che non rompe nessun vetro-testa e pudicamente, riservato com’è, nella sua natura mite e civile, sottrae la mano o meglio la tiene giù lungo il corpo.
Moretti mi è simpatico, nonostante se ne dica o dicano: la sua burberia e scostanza sono sincere come il film, ma si poteva alzare il tiro, ooh, se si poteva! (asfissio)
 

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