Puro e semplice divertissement. Tarantino si conferma abile ladro di immagini, citazionista senza sosta, innamorato del cinema. Il cinema che però hanno fatto gli altri. In questo film dai toni fumettistici, sempre sopra le righe fino al grottesco e con una inquietante estetizzazione della violenza (vero marchio di fabbrica di questo regista) si cerca fantasiosamente di riscrevere la Storia. Fin qua niente di male. Al cinema ci siamo abituati e prima di Tarantino ci hanno provato anche molti altri. Ma se questi si sono spesi a scrivere storie o a tratteggiare personaggi originali, il buon Quentin si è limitato a saccheggiare atmosfere e idee partorite da altri. Nel suo cinema l'altalena continua dei registri espressivi gli permette di ammiccare a questo o a quell'altro mostro sacro (in questo film si va dal Ford dell'inizio passando per Hitchcock, Lubitsch, Pabst, Eisenstein, Clouzot, Pechkinpak, Leone...) e per un cinefilo è certamente divertente, ma niente più. E' come se al cinema di Tarantino mancassero i toni alti. Ho sempre come la sensazione di aver visto il film di un ragazzino che scimmiotta il cinema adulto, quello dei Grandi. Indubbiamente conosce tempi e ritmi, sa usare la musica come pochi, le sue sceneggiature sono spesso brillanti e piene di ironia (qui basta la battuta finale autoreferenziale per capire cosa intendo), ma resta comunque sempre un vuoto di senso. Ammiccare per oltre due ore verso il pubblico cinefilo dopo un po' stanca. Gli riconosco comunque un grande amore verso il Cinema che in questa pellicola viene addirittura adottato come il luogo capace di cambiare la Storia. Sappiamo bene che non è andata così e altrettanto bene sappiamo che mai andrà così, ahimè. Ma a questo "ragazzino" un po' pazzo possiamo concedere di sognare e farci sognare a modo suo anche quello che non avverrà mai.
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