“You haven’t seen war until you’ve seen it through the eyes of Quentin Tarantino”: così è stato lanciato il teaser USA di “Bastardi senza Gloria”, forse la frase migliore per esprimere in poche parole l’essenza di una pellicola da cui il regista ha preteso molto e che pretende, da parte del proprio pubblico, un attenzione particolare. Non si esagera, infatti, sostenendo che il creatore di “Le Iene” e “Kill Bill”, con questo nuovo lungometraggio, abbia fatto un salto di qualità, un miglioramento, derivatogli da una cinefilia - prossima alla maniacalità - presente nella perfezione del dettaglio, nei lunghi e interminabili dialoghi, APPARENTEMENTE futili e autocelebrativi; nell’utilizzo delle lingue straniere come strumento di oppressione e/o di disappunto (si veda il dialogo iniziale fra il colonnello SS Hans Landa - un magistrale Christoph Waltz - e un contadino francese); nelle tracce musicali, i cui evidenti richiami alla solita (grandissima!) coppia Leone/Morricone veicolano il plurilinguismo e una possibile futuribilità dello spaghetti-western, genere elettivo tarantiniano: il solo titolo (“Inglorious Basterds”) è un suo omaggio all’omonima versione inglese di “Quel maledetto treno blindato” di E. G. Castellari (1978). Ben altre, però, sono le novità racchiuse in quest’opera: il recupero di un background storico, sul quale, però, viene plasmata una vicenda mai accaduta, per quanto sia paradossalmente verosimile: 8 soldati ebreo-americani (i “Bastardi”), guidati da un sadicissimo Brad Pitt, vanno a caccia di Nazisti, gli stessi contro cui medita vendetta la giovane Shoshanna Dreyfuss (ça va sans dìre). E’ questo, dunque, il preambolo narrativo di una “catarsi cine-storica”, dove la finzione scenica si fa forcipe delle nostre passioni, come il bisogno di infliggere al Leviatano nazista quanto l’Ebraismo ha da essa subito; dar vita (anche solo per 2h e ½) a un inverosimile gioco delle parti, dove il Boia diventi la Vittima e la Vittima il Carnefice. La gradita, reiterata presenza della Settima Arte nella strumentazione di un “cinéma” dell’epoca; la reciproca Non-Tolleranza fra l’UFA di Goebbels e la Hollywood di Louis B. Mayer; le più celebri pellicole del tempo, come “L’inferno bianco di Pitz Palü”(G.W.Pabst,1929) con la collaborazionista Leni Riefensthal e “Il monello”(1921) di e col più noto Charlie Chaplin, lo stesso che nel ‘40 sfidò apertamente il Terzo Reich con il suo “Grande Dittatore”. Ora è Tarantino a sfidare il Fuhrer e ovviamente a suo modo, a suon di scalpi, esplosioni e sparatorie; un repertorio già noto, con cui, però, questo novello “Anti-Spielberg” (vi ricordate Schindler’s List?) ha suscitato tanti plausi quante polemiche. Ma d’altronde come si dice? “Bene o male, purché se ne parli”.
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