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Rassegna stampa di Lina Wertmüller

Lina Wertmüller (Arcangela Felice Assunta Wertmuller von Elgg Spanol von Braucich) è un'attrice italiana, regista, scrittrice, sceneggiatrice, musicista, assistente alla regia, è nata il 14 agosto 1928 a Roma (Italia) ed è morta il 9 dicembre 2021 all'età di 93 anni a Roma (Italia).

BARBARA PALOMBELLI

In una strada che prende il nome da una principessa Savoia, all’ultimo piano di quello che a Roma si definisce un palazzo signorile, c’è il suo rifugio. In cima a una scala c’è una scaletta più piccola, di legno, una voce inconfondibile risponde al campanello. Quasi sospesa fra i tetti, il cielo, le cime dei pini e il Pincio, qui lavora Lina Wertmüller, «sveglia dalle sei» tiene a precisare, per distinguersi subito dall’ambiente apparentemente pigro e indolente dei cinematografari. La trovo al lavoro, il pc acceso e quasi sommerso nelle carte. È piena di progetti, energie, passioni, amori e violente furie. «La politica? È terribile. Ti mettono un’etichetta, ti piazzano sullo scaffale e poi ti usano. Sono sempre stata di sinistra, ma non amo le caselle, non ho mai avuto tessere e questo fa irritare. Mi hanno dato della craxiana, come fosse un insulto. Bettino Craxi era un uomo intelligente, coraggioso, è stato l’unico ad alzarsi in Parlamento e a confessare la verità sui finanziamenti ai partiti. Contro di lui sono stati usati ventiquattro pesi e ventiquattro misure e, finalmente, adesso qualcuno ha iniziato a rivedere il giudizio. Detto questo, l’arroganza socialista esisteva, eccome. Penso a Gianni De Michelis che aveva sempre l’aria di quello che si vanta di andare a mignotte, o in discoteca: questo ha danneggiato moltissimo il senso comune degli iscritti, quelli della base. La verità è che a unire la sinistra non sono mai state le grandi solidarietà interne, in fondo chi ci ha unito è sempre stato il nemico. Avere un odio comune tiene stretti, com’era successo in guerra. Abbiamo combattuto contro il fascismo, contro l’occupazione nazista. Mio padre Federico, che era giornalista e antifascista, fu costretto a cambiare mestiere, a diventare avvocato, dopo che si era messo contro due gerarchi. Purtroppo, anche in tempo di pace, abbiamo continuato a demonizzare per unirci. Prima il diavolo era la Dc, nella persona di Giulio Andreotti, poi il povero Craxi, adesso il Male che unisce è incarnato nella persona di Silvio Berlusconi. Mi chiedo: se non ci fosse lui, se un giorno tornasse al cinema e alla Tv, come faremmo a tenere insieme la sinistra? Dovremmo trovare in fretta un altro avversario o scioglierci!»

FRANCESCO TROIANO

Il suo vero nome è Arcangela Felice Assunta Wertmuller von Elgg Spanol von Braucich, s'iscrive ai corsi di regia dell'Accademia Pietro Sharoff nel 1951 e, dopo il diploma, lavora in teatro con Garinei e Giovannini ed è aiuto regista di Giorgio De Lullo. Nelle medesime vesti, collabora con Fellini per Otto e mezzo (1963); nel frattempo, si dedica all'attività radiofonica ed alla regia televisiva ("Canzonissima"). Esordisce dietro la macchina da presa con I basilischi (1963); nel 1965 dirige per il grande schermo il film ad episodi Questa volta parliamo di uomini e per la televisione Il giornalino di Gian Burrasca, fortunato adattamento dell'omonimo romanzo di Vamba. Successivamente ha firmato per il cinema altri diciassette lungometraggi, dei quali meritano menzione Mimì metallurgico ferito nell'onore (1972), Film d'amore e d'anarchia (1973), Travolti da un'insolito destino nell'azzurro mare d'agosto (1974), Pasqualino settebellezze (1975): interpretati dal duo Giancarlo Giannini/Mariangela Melato e segnati da toni grotteschi, parossistici, essi definiscono - nel bene e nel male - uno stile inconfondibile di regia apprezzato anche all'estero. Del prosieguo della sua carriera di cineasta, caratterizzata da esiti diseguali, possono esser ricordati Fatto di sangue fra due uomini per causa di una vedova, si sospettano moventi politici (1978), Scherzo del destino in agguato dietro l'angolo come un brigante da strada (1983), Un complicato intrigo di donne, vicoli e delitti (1985), Sabato, domenica e lunedì (1990), Ninfa plebea (1997).

Courtesy of Francesco Troiano

GIAN PIERO BRUNETTA

I basilischi, primo suo film a soggetto, è del 1963. La tenue traccia narrativa si sovrappone e ordina una serie di scene intercambiabili, in cui, con la stessa freschezza e immediatezza, la regista comunica l'impressione di condurre la sua inchiesta su un mondo sconosciuto e in parallelo di scoprire il modo di rappresentarlo.
Il contatto con il proprio oggetto è così diretto e immediato che non si avverte il fatto che - rispetto alla maggior parte degli altri autori - la regista stia facendo il suo apprendistato cinematografico nel momento in cui dirige il primo film. Anche questo rientra nel clima della grande avventura che il cinema sta vivendo in quegli anni.
Se per il primo film la parentela più diretta è quella con Fellini (con cui del resto Lina Wertmüller aveva lavorato), il secondo lavoro, Questa volta parliamo di uomini, del 1965, trova evidenti influenze contigue nella commedia e nel film a episodi. Attraverso quattro episodi la regista descrive, in termini ironico-grotteschi, gli ultimi bagliori di una società maschilista, i cui riti, i cui comportamenti sembrano sopravvivere per forza d'inerzia.

News

La prima regista a essere candidata all'Oscar si è spenta a Roma a 93 anni.
La regista riceverà il premio insieme a David Lynch e Geena Davis.
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