CRISTINA BATTOCLETTI
Parla il creativo di Disney e Pixar alla vigilia dell'uscita di La principessa e il ranocchio, che segna il ritorno al 2 D, dopo il successo del tridimensionale Up. «Faccio film sperando che rimangano immortali, come Bambi e Dumbo».
I suoi sono film e non cartoni e su questo non transige. John Lasseter, responsabile creativo dei Walt Disney and Pixar Animation Studios e principale consigliere creativo della Walt Disney Imagineering, è molto serio e fermo su questo punto. Anche se deve far morire il sorriso dell'interlocutore,che sorge spontaneo di fronte alla camicia hawaiana indossata sotto un completo distinto e agli elefanti che si accapigliano in corse pazze lungo la sua cravatta. «Facciamo film che richiedono una cura certosina, che hanno come obiettivo una qualità eccelsa». Lasseter, mente della Pixar che ha rivoluzionato il mondo dei cartoon –e lo scriviamo sottovoce –, parla a pochi giorni dall'uscita di La principessa e il ranocchio, che sarà sugli schermi negli Stati Uniti il 10 dicembre e in Italia il 18. Una scommessa non da poco, un ritorno al 2D, dopo lo strabiliante successo del tridimensionale Up, che al botteghino, solo in Italia, ha guadagnato fino a oggi 16 milioni di euro, 675 in tutto il mondo. E che segna soprattutto un ritorno al disegno a mano: una vera sfida per chi ha creato la sua fortuna al computer.
Forte del Leone d'oro alla carriera ricevuto lo scorso settembre a Venezia, dove è stato proiettato in anteprima mondiale il trailer del nuovo film, Lasseter è quasi spazientito dalle domande sul matrimonio tra Disney e Pixar, avvenuto grazie all'acquisizione nel 2006 da parte di Disney dell'azienda nata dal connubio tra George Lucas e lo stesso Lasseter nell'84. Nega un ritorno alla vecchia scuola disneyana (quella di Biancaneve e i sette nani del '37 per intenderci), anche se con La principessa e il ranocchio si vira sui disegni disneyani primigeni, rotondi e antichi, con ambientazioni d'antan,quasi un sopravvento sulla modernità grintosa di Toy story (1995), Monsters & Co. (2001), incredibili (2004), Ratatouille (2007), solo per citare alcuni capolavori Pixar.
«Pixar sarà sempre Pixar – ribadisce con orgoglio e la stanchezza di chi ripete un concetto già snocciolato centinaia di volte –.Non c'è una mente e un braccio esecutivo. Disney e Pixar sono rimasti due gruppi distinti, che brillano per la loro eccellenza e ognuno è molto fiero della propria eredità». Poi si rilassa e non nasconde una certa soddisfazione per essere oggi la mente di quello che sin da bambino considerava un mito. «Ai miei tempi – spiega sottolineando i suoi 53 anni a gennaio – non c'erano videocassette o canali via cavo e io aspettavo il sabato mattina per vedere alla tivù i cartoni della Disney. Rimanevo incollato fino a quando non finivano e poi mi mettevo a disegnare. A 13 anni ho letto un libro in cui si raccontava la fortuna di Walt Disney e in testa ha cominciato a rodermi un tarlo: "Ma allora si può vivere disegnando cartoni animati. È fantastico, lo voglio fare anch'io!"».
Lasseter, nato e cresciuto a Hollywood, trova buona sponda nella madre, insegnante d'arte, e intraprende la sua carriera diplomandosi al California institute of the arts. Entra subito alla Disney e lì comincia a capire la potenzialità del computer nell'animazione. L'84 è l'anno della rivoluzione: lascia la Disney e con George Lucas, creatore della saga di Star Wars , inizia una collaborazione che porterà alla creazione della casa cinematografica Pixar. E oggi La principessa e il ranocchio – che trae ispirazione dalla favola dei fratelli Grimm Il principe ranocchio –ancora prima di uscire ha già suscitato polemiche. Racconta la storia della bella principessa Tiana, che accetta di baciare un ranocchio, sedicente principe, per liberarlo dalla sua condizione anfibia, a cui è stato condannato dal vodoo di un malvagio stregone. Scatta il bacio, ma è la povera principessa a trasformarsi in rana. Perché i due si liberino dall'incubo ci vorranno centinaia di saltate nelle paludi della Louisiana, dove il film è ambientato, con parecchi pericoli e tante gag, in mezzo alla musica jazz, realizzata dal premio Oscar Randy Newman.
La pietra dello scandalo è stato il colore della pelle di Tiana, principessa creola di New Orleans. La comunità afroamericana si è scagliata contro la Disney accusandola di razzismo. Tiana, infatti, passa per la condizione di serva, ma la major ha prontamente ricordato le omologhe vicissitudini di Cenerentola, Biancaneve, Belle di La bella e la Bestia, Aurora di La bella addormentata nel bosco, che erano pallide come un cencio. E poi Tiana è una donna moderna, forte, che lavora. «Volevo un personaggio femminile tenace – sottolinea Lasseter –. Mi sono ispirato a mia moglie. E poi è un tempo perfetto perché un'afroamericana sia protagonista, ora che Obama è diventato presidente. E di questa scelta, che è avvenuta prima del voto, sono fiero». L'unica cosa che conta è quello che c'è sotto la pelle, dirà una vecchietta alla rana principessa.
Il film sarà sempre su due registri di lettura, uno per il pubblico adulto e uno per quello infantile, come è già accaduto nel passato e nel recente Up : mentre i piccoli ridono per le porte sbattute, i capitomboli, il cane che si mette a parlare, i grandi appena si riprendono dalla tristezza di una nascita mancata o dalla morte della compagna di vita del protagonista. Ma Lasseter ci tiene a precisare: «Noi non pensiamo mai a due livelli di comprensione del film. Non raccontiamo fiabe più adulte perché pensiamo che i bambini di oggi crescano più in fretta. I bambini sono sempre bambini e ognuno dentro di noi custodisce una parte infantile. Quello che conta per me è creare una storia senza tempo, come Bambi o Dumbo, i miei cartoni preferiti. Vogliamo parlare di Pinocchio quando urla straziato "Mamma! Mamma!"? Ancora mi mette i brividi. Devi far provare al pubblico grosse emozioni e quelle non moriranno mai».
Da Il Sole-24 Ore, 6 Dicembre 2009