
Ex carcerati, agenti e personaggi famosi criticano il sistema penitenziario americano in un documentario che ha il formato di un manuale per detenuti.
di Francesca Ferri
Sii gentile, stai zitto, chiama l'avvocato: come salvarsi in un sistema guasto in cui un innocente può finire in galera. Ex carcerati, agenti e personaggi famosi criticano il sistema penitenziario americano in un documentario che ha il formato di un manuale per detenuti. Sopravvivere in carcere, prodotto da David Arquette, diretto da Matthew Cooke e raccontato da Susan Sarandon, che rimane un'invisibile voce fuori campo, dà voce ad attori e musicisti che hanno avuto esperienze personali del sistema di giustizia penale. Tra questi, Danny Trejo, attore di successo che, dopo aver trascorso gli anni '60 entrando e uscendo dalle prigioni californiane, ha scalato Hollywood. Secondo quanto racconta il documentario, Trejo venne arrestato perché colpì alla testa un poliziotto durante le rivolte del Cinco de Mayo a San Quentin nel 1968.
Nel mosaico di voci e punti di vista, la narrazione infine si concentra su due condannati, Reggie Cole e Bruce Lisker, che hanno trascorso decenni dietro le sbarre a causa di ambiziosi e male addestrati poliziotti che si sono affrettati nel giudizio, protetti da un sistema che avrebbe coperto i loro errori.
Cole è afroamericano, mentre Lisker è bianco non per caso. Cooke vuole sottolineare le iniquità della giustizia americana di fronte a cui tutti possono diventare vittime di un sistema che facilmente imbroglia le carte se non ci si può permettere un'adeguata difesa legale. Luce impietosa, montaggio veloce e immagini ruvide accompagnate da video musicali di vecchi gruppi punk rock fanno del documentario una cruda narrazione dell'atrocità delle ingiustizie di un sistema che lascia carta bianca a polizia e magistratura.