| Titolo originale | The Hand That Rocks the Cradle |
| Anno | 2025 |
| Genere | Horror, Thriller |
| Produzione | USA |
| Regia di | Michelle Garza Cervera |
| Attori | Raúl Castillo, Riki Lindhome, Mary Elizabeth Winstead, Maika Monroe, Martin Starr Shannon Cochran, Elena Campbell-Martinez, Roxy Rivera, Rafael Sigler. |
| MYmonetro | Valutazione: 2,50 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 23 ottobre 2025
Una versione moderna dell'omonimo classico.
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CONSIGLIATO NÌ
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Caitlin è una tipica madre benestante americana, lavora in uno studio d'avvocati, ha una grande casa nei sobborghi, un marito, due figlie. Polly è un po' più giovane, non ha una casa o un lavoro e si rivolge a lei per risolvere un contenzioso col padrone di casa. Da lì a poco, le due si rincontrano e Caitlin assume Polly come babysitter delle sue figlie. Ciò che inizialmente sembra normale, però, poco alla volta s'incrina e strani eventi che accadono nella casa insospettiscono Caitlin. Chi è la ragazza improvvisamente entrata nella sua vita? O, forse, chi è veramente Caitlin e cosa c'è nel suo passato che potrebbe giustificare l'astio di Polly nei suoi confronti?
Il remake del celebre e omonimo film del 1992 punta tutto sull'interscambiabilità fra le due protagoniste, giocando anche visivamente sull'alternarsi dei concetti di colpa e vendetta, vittima e colpevole.
La regista messicana Michelle Garza Cervera aveva già mostrato qualcosa del genere nel suo lungo d'esordio, Huesera (in Italia visto al Torino Film Festival nel 2022), nel quale la maledizione di una giovane donna incinta era il frutto soprattutto di una condizione psichica instabile che anche le immagini - ad esempio triplicando la sua figura negli specchi - rendeva esplicitamente. Secondo uno schema più volte ripetuto, dopo i buoni risultati del suo primo film, Cervera è stata chiamata a Hollywood e qui incaricata di un remake straight-to-platform (Hulu, da noi visibile su Disney+) in cui le possibilità creative sono ridotte ai minimi termini, ma rispettando la moda dei film di genere "di prestigio" c'è comunque spazio per soluzioni creative.
Per prima cosa, naturalmente, c'è il film originale, La mano sulla culla (1992), diretto da Curtis Hanson, scritto da Amanda Silver e interpretato da Rebecca De Mornay e Annabella Sciorra, diventato col tempo una specie di cult e qui rispettato almeno inizialmente nelle sue premesse di thriller-horror sulla fragilità della famiglia americana e le sue illusioni di sicurezza.
Chiusa nei confini narrativi di una trama rimasta in buona parte identica (per quanto più essenziale e con numero di personaggi ridotto), Cervera si concentra - come già l'originale, in cui Hanson mostrava una mano da artigiano poi affinatasi nel successivo L.A. Confidential - sugli spazi della casa e sulla relazione mentale e fisica tra le due protagoniste. Caitlin e Polly (rispettivamente Mary Elizabeth Winstead e Maika Monroe), divise da non troppi anni di differenza, simili per portamento e colore dei capelli, potrebbero essere sorelle, come verso la fine una delle due dice, se non addirittura la stessa persona. Idealmente, sono l'una la proiezione ideale dell'altra (e non sono casuali, dunque, le riprese della crocchia alla Vertigo di Caitlin nella prima sequenza), come del resto il film mostra in più di un'occasione sovrapponendo le loro figure in innumerevoli riflessi su vetri o specchi.
Il risultato è una progressiva frantumazione della condizione psichica femminile e la trasformazione di una vicenda sull'ipocrisia del controllo della famiglia americana e sulla vendetta di una squilibrata in una disamina dei riflessi di un trauma. Tipico del cinema (americano) contemporaneo, insomma.
Concettualmente l'insistenza su vetri e specchi rielabora un tema visivo già presente nel primo La mano sulla culla (dove nella scena più famosa una serra di vetro crollava addosso a una persona), ma questa nuova versione scritta da un uomo, Micah Bloomberg, ribadisce attraverso la frammentazione del volto e del corpo la condizione di vittima della donna: non solo Caitlin e Polly sono entrambe colpevoli e innocenti, ma la loro vicenda, che nel finale riafferma secondo copione lo status quo della vita americana, innesca una catena infinita del trauma che coinvolgerà in futuro altre donne.
Se, insomma, nei primi anni '90 il tema della sicurezza dominava nel thriller-horror (pensiamo anche a Uno sconosciuto alla porta, di poco precedente), ora a contare è la condizione psichica più di quella sociale o familiare. E il cinema digitale, con le sue superfici riflettenti e i suoi spazi orizzontali e indistinti (che Cervera sfrutta in modo scolastico ma in fondo efficace), si adegua mostrandoci i riflessi di una storia, più che il suo cuore.