Anno | 2023 |
Genere | Documentario |
Produzione | Italia |
Durata | 52 minuti |
Regia di | Ermanno Cavazzoni, Sergio Maifredi |
MYmonetro | Valutazione: 3,00 Stelle, sulla base di 1 recensione. |
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Ultimo aggiornamento mercoledì 6 settembre 2023
Nella vita è già tutto scritto o il destino è un caso? Ascoltando le vite degli altri, un ex professore in disgrazia ritrova il suo posto nel mondo.
CONSIGLIATO SÌ
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Un ex professore di filosofia in piena crisi esistenziale parte per Genova dove si imbatte nel Boschetto, un'abbazia che ospita la Comunità di Don Orione, in cui vengono accolte persone in difficoltà e senza casa. Gente che vive ai margini della società e cerca in quel luogo un rifugio dalla disperazione, un modo per sopravvivere, magari nell'attesa di un'occasione per ricominciare. Parlando con alcuni ospiti e con il gestore della comunità, l'anziano protagonista entra in contatto con un universo di piccole storie cariche di dolore e speranza, ritrovando forse il senso perduto della vita e la serenità per andare incontro al proprio destino.
Esplorando la comunità del Boschetto, il film di Ermanno Cavazzoni e Sergio Maifredi riflette con profonda levità e qualche eccesso di vaghezza sul senso dell'esistenza e del destino.
Nel dialogo iniziale, il protagonista Ermanno Cavazzoni, docente di Estetica all'Università di Bologna e scrittore di lunga data (nonché sceneggiatore dell'ultimo film di Fellini, La voce della luna, tratto dal suo romanzo Il poema dei lunatici) spiega la visione di Platone dell'aldilà: ognuno di noi, prima di (ri)nascere, vede tutte le vite possibili e sceglie una tra queste; poi la dimentica, e viene al mondo. In base alle esperienze precedenti, l'anima decide dunque di reincarnarsi di volta in volta in una diversa forma di essere vivente.
Il breve incipit offre subito la chiave di lettura per approcciarsi a una docufiction che è un viaggio attraverso un'umanità variegata e viva, nonostante tutto: dalla contessa ultra-novantenne caduta in disgrazia alla donna Rom, dall'ex maresciallo dei carabinieri al macchinista ghanese che ha girato il mondo sulle navi perdendo progressivamente la vista.
Cavazzoni, assieme al regista Sergio Maifredi, ci accompagna con profonda levità, e con le suggestive musiche di Michele Sganga, tra i chioschi e le stanze di questa sorta di limbo terreno che può condurre alla rinascita e all'accettazione di sé.
C'è chi rimane per un breve periodo, chi per tutto il tempo che resta. Ma ciò che conta è prendere la vita come viene, nella consapevolezza della caducità dell'esistenza e che forse essere vivi equivale ad essere felici.
In un mondo che ci vorrebbe sempre più performanti, l'elogio della mediocrità e della sconfitta può rappresentare quasi una boccata d'ossigeno, un semplice e prezioso tesoro da riscoprire tra le antiche mura dell'abbazia e tra le pieghe di quelle vite stropicciate, nascoste, 'non calcolate' appunto.
L'ispirazione per il titolo del film deriva da un verso della poesia di Wislawa Szymborska, premio Nobel per la letteratura, Una vita all'istante, che viene letta nel finale, ricordandoci come la vita sia uno spettacolo senza prove. Sul palcoscenico dell'esistenza si va direttamente in scena, ciascuno con il proprio copione sconosciuto, tra gli infiniti destini possibili.