luca_graziani
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domenica 13 gennaio 2019
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green book. la banalità del pregiudizio
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“Se non sono abbastanza nero, né abbastanza bianco, né abbastanza uomo, allora che cosa
sono?”
Proprio là dove sembra impossibile, nell’America retrograda dei primi anni '60, tra misoginia, omofobia e odio razziale, nasce un rapporto di amicizia, lealtà e rispetto reciproco che va al di là del colore della pelle, delle tendenze sessuali e dell’inflessione dialettale.
Ispirato da una storia vera, Green book è un film on the road che concilia gli opposti. Tony Lip (Viggo Mortenssen) è un buttafuori italoamericano del Bronx dagli atteggiamenti mafiosi che si guadagna da vivere per lui e per la famiglia grazie alla sua innata capacità di raccontare balle.
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“Se non sono abbastanza nero, né abbastanza bianco, né abbastanza uomo, allora che cosa
sono?”
Proprio là dove sembra impossibile, nell’America retrograda dei primi anni '60, tra misoginia, omofobia e odio razziale, nasce un rapporto di amicizia, lealtà e rispetto reciproco che va al di là del colore della pelle, delle tendenze sessuali e dell’inflessione dialettale.
Ispirato da una storia vera, Green book è un film on the road che concilia gli opposti. Tony Lip (Viggo Mortenssen) è un buttafuori italoamericano del Bronx dagli atteggiamenti mafiosi che si guadagna da vivere per lui e per la famiglia grazie alla sua innata capacità di raccontare balle. Riceve un’offerta di lavoro che mai avrebbe pensato di accettare: essere l’autista di un nero per una tournée nel profondo Sud. Don Shirley (Mahershala Ali) è un tormentato pianista di musica classica imprigionato in un cono d’ombra: la sua educazione è quella di un bianco aristocratico e nulla lo accomuna, al di là del colore della pelle, alla condizione degli afroamericani, confinati nell’ignoranza e nella povertà. Il rifiuto di un’etichetta, il suo essere né bianco né nero, e al contempo il bisogno di appartenere a una comunità che lo rappresenti come individuo, rivestono un ruolo fondamentale nella scelta di affrontare il viaggio. Sulla consapevolezza dei rischi e delle situazioni spiacevoli con cui si dovrà confrontare, prevale il desiderio di cambiare la mentalità delle persone. Ma è davvero necessario far parte di qualcosa per essere accettati?
Peter Farrelly, noto per le sue commedie demenziali, arriva dritto al punto con ironia sagace, grazie alla chimica travolgente che si crea tra Ali e Mortenssen. Quest’ultimo ancora una volta da prova di grande versatilità: Re esiliato nel Signore degli anelli, padre alternativo dai metodi educativi estremi in Capitan Fantastic e, questa volta, con grande naturalezza, tipico italoamericano del Bronx.
"Green book è una storia del passato ancora molto attuale - ha detto Viggo Mortensen sul palco della Festa del cinema di Roma - non dice al pubblico cosa pensare, non è un’imposizione, ma un invito a riflettere sulla banalità dei pregiudizi e delle prime impressioni".
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[+] '...vinci quando mantieni alta la tua dignità'
(di antonio montefalcone)
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samanta
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martedì 19 febbraio 2019
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un buttafuori eccezionale
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Il titolo è dato da una guida turistica che negli USA degli anni '60 indicava negli stati segregazionisti del Sud i luoghi pubblici (alberghi, ristoranti ecc.) che erano riservati ai "negri" ovvero vi potevano anche accedere.
La trama [Spoiler] è basata su una storia reale: l'amicizia tra Tony Vallelonga, discendente di immigrati siciliani e il dottor Don Shirley pianista afro americano nella New York del 1962. Tony (Viggo Mortensen ingrassato e imbolsito, quanto sono lontani i temii di Re Aragorn e del Signore degli anelli!) fa il buttafuori in un noto Night Club il Capocabana, frequentato anche da boss mafiosi ed anche Tony è un pò mafioso, è sposato con un adorabile moglie Dolores (interpretata dalla brava Linda Cardellini: Avengers, Hunter Killer) e ha 2 figli, vive modestamente e oltretutto 2 mesi prima di Natale perde il lavoro, perchè il locale è temporaneamente chiuso per lavori.
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Il titolo è dato da una guida turistica che negli USA degli anni '60 indicava negli stati segregazionisti del Sud i luoghi pubblici (alberghi, ristoranti ecc.) che erano riservati ai "negri" ovvero vi potevano anche accedere.
La trama [Spoiler] è basata su una storia reale: l'amicizia tra Tony Vallelonga, discendente di immigrati siciliani e il dottor Don Shirley pianista afro americano nella New York del 1962. Tony (Viggo Mortensen ingrassato e imbolsito, quanto sono lontani i temii di Re Aragorn e del Signore degli anelli!) fa il buttafuori in un noto Night Club il Capocabana, frequentato anche da boss mafiosi ed anche Tony è un pò mafioso, è sposato con un adorabile moglie Dolores (interpretata dalla brava Linda Cardellini: Avengers, Hunter Killer) e ha 2 figli, vive modestamente e oltretutto 2 mesi prima di Natale perde il lavoro, perchè il locale è temporaneamente chiuso per lavori. Riesce a rimediare perchè trova il posto di autista e guardia del corpo del dottor Shirley (Mahershala Alì) rinomato pianista afroamericano che deve tenere concerti con 2 violencellisti russi in alcuni Stati del Middle West e poi in una serie di Stati del Sud in luoghi rinomati, il pianista è un uomo molto raffinato che vive in un ambiente lussuoso, veste elegante e parla in modo ricercato, trai due malgrado le differenze razziali, sociali, culturali nascerà una profonda amicizia, dopo una serie di contrasti e di disavventure in un Sud che praticava l'apartheid (per intenderci Shirley suonava in ambienti lussuosi ma per fare la pipì non poteva andare nella toilette riservata ai bianchi e avrebbe dovuto farla nel cortile).
E' un film che da una parte ha una vena più che brillante, comica, i duetti e i diverbi tra i due sono non solo comici e esilaranti, ma sono da manuale e denotano una scenggiatura attenta, dall'altra parte ha anche momenti sentimentali(ma non si scivola sul piagnucoloso) e alcune volte anche drammatici, quando ad esempio i 2 vengono arrestati perche Tony ha picchiato un agente che maltrattava il pianista che non aveva rispettato il coprifuoco riservato la sera agli afroamaricani.
Il film è diretto da Peter Farelly (Scemo § più scemo, Comic Movie) con sicurezza, amalgamando le diverse tonalità con armonia creando una pellicola divertente e insieme coinvolgente in tematiche serie come il razzismo, le diversità sociali e soprattutto che cosia sia una vera amicizia.
Ottima e di gran livello la recitazione di Viggo Mortensen che ormai ha raggiunto la piena maturità professionale, buona anche se più contenuta. la recitazione di Mahershala Alì (Moonlight), gradevoli la musica degli anni '60 e il panorama tanto diverso dei vari States attraversati in automobile dai 2 protagonisti.
In conclusione uno spettacolo che merita di essere visto confermando che una storia valida, ben recitata e diretta è molto meglio di una con tanti effetti speciali, nella realtà l'amicizia tra i 2 durò fino alla loro morte nel 2013.
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paolo stravalaci
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lunedì 4 febbraio 2019
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esilarante e riflessivo
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Questo è un film straordinario, nel quale a mio avviso anche volendo essere pignoli, è impossibile trovare difetti. Green Book parla della discriminazione razziale degli anni 60 in America, e racconta la vera storia di una coppia che all'apparenza pare essere la peggiore assortita a causa delle loro differenze caratteriali. Donald Shirley talentuoso pianista, distaccato, colto, raffinato, e Tony "Lip" Vallelunga, italoamericano (siciliano) buttafuori, un po rozzo, abituato ad un linguaggio volgare e ai bassifondi della città newyorkese. Quest'ultimo diventa il suo autista, e ben presto il loro rapporto professionale, diventa sempre più forte e confidenziale.
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Questo è un film straordinario, nel quale a mio avviso anche volendo essere pignoli, è impossibile trovare difetti. Green Book parla della discriminazione razziale degli anni 60 in America, e racconta la vera storia di una coppia che all'apparenza pare essere la peggiore assortita a causa delle loro differenze caratteriali. Donald Shirley talentuoso pianista, distaccato, colto, raffinato, e Tony "Lip" Vallelunga, italoamericano (siciliano) buttafuori, un po rozzo, abituato ad un linguaggio volgare e ai bassifondi della città newyorkese. Quest'ultimo diventa il suo autista, e ben presto il loro rapporto professionale, diventa sempre più forte e confidenziale. Entrambi sono uno l'opposto dell'altro, ma si compensano, e durante le tappe del viaggio verso il sud degli States del tour americano, nasce un legame fra loro, in cui l'incompatibilità, la freddezza, ed il distacco iniziale, lasciano posto ad una complicità ed un sentimento benevolo nonché di amicizia. Viggo Mortensen protagonista assoluto, attore poliedrico ingrassato di 20kg si cimenta in un ruolo molto convincente, logorroico, indolente e guascone, assoluto trascinatore, mentre Mahershala Ali si esalta nei panni di un personaggio misterioso, schivo, meticoloso, il quale nasconde sotto la sua corazza, fragilità e sofferenze per essere rifiutato dalla società, in quanto nero. Il film diverte, alcune scene sono letteralmente da morire dal ridere, coinvolge fin dall'inizio, ma soprattutto emoziona, con un finale commovente, senza perdere mai contatto con l'ossatura tipica della comicità di una commedia. Questo lavoro spero davvero possa vincere tutti e 4 gli oscar per cui è nominato, ma soprattutto auguro a Mortensen e Ali di poter ricevere entrambi la statuetta d'oro, in quanto raramente ho visto 2 attori (protagonista e non) così incisivi, eccellere in un film. In conclusione Peter Farrely ha realizzato una piccola gemma, mai banale nella regia, regalando allo spettatore risate e commozione. Non so se definirlo un capolavoro, ma è un film che mi ha lasciato dentro molto, fra i migliori in assoluto che ho visto negli ultimi 12 mesi.
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eugenio
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lunedì 21 gennaio 2019
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una sodale amicizia tra le strade d’america
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Non sbaglia un colpo l’ultimo film di Peter Farrelly. Commedia, dramma, attenzione alle tematiche discriminatorie, amicizia e un profondo senso di umiltà contraddistinguono Green book, tratto da una storia vera, grazie anche alla verve di una coppia consolidata dalla riuscita interpretazione.
La locandina ci mostra sin da subito due interpreti assai famosi: Viggo Mortensen (nel film Tony Vallelonga), pesantemente ingrassato alla guida di una luccicante e sfavillante Cadillac con sguardo sprezzante alla James Dean e Mahershala Ali (Doc Shirley), impettito e imperturbabile come silente passeggero dietro, l’attore di Moonlight per intenderci.
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Non sbaglia un colpo l’ultimo film di Peter Farrelly. Commedia, dramma, attenzione alle tematiche discriminatorie, amicizia e un profondo senso di umiltà contraddistinguono Green book, tratto da una storia vera, grazie anche alla verve di una coppia consolidata dalla riuscita interpretazione.
La locandina ci mostra sin da subito due interpreti assai famosi: Viggo Mortensen (nel film Tony Vallelonga), pesantemente ingrassato alla guida di una luccicante e sfavillante Cadillac con sguardo sprezzante alla James Dean e Mahershala Ali (Doc Shirley), impettito e imperturbabile come silente passeggero dietro, l’attore di Moonlight per intenderci.
Nulla di strano. E allora che significa il titolo?
E’ necessario il contesto: l’italo americano Tony Vallelonga (detto Tony the lip ovvero Tony Labbro per via della sua innata capacità di dire “stupidaggini” per usare un eufemismo) lavora come buttafuori in un celebre night-club, il Capocabana che per lavori di ristrutturazione dovrà chiudere per due mesi. Dovendo sfamare la sua numerosa famiglia, accetta grazie al suo giro di conoscenze, l’incarico di autista di un pianista di grande talento (Doc Shirley), dai gusti elitari (la scena del trono nel ricco appartamento di New York è da antologia) durante la sua lunga tournee negli Stati Uniti.
L’iniziale empasse tra i due, profondamente e caratterialmente diversi, uno colto e educato oltre che raffinato (Doc), l’altro ignorante, dai modi spicci e rudi, oltre che impulsivi, si tramuterà, nel viaggio che diviene esperienza di profonda maturazione e cambiamento, una sodale quanto duratura amicizia.
Detta così la trama sembra facile facile, oltre ogni intento didascalico. In realtà Green book va oltre.
Le strade, le lunghe highways americane dove si svolge gran parte del film, sono quelle dell’inizio degli anni ’60, di quel mondo intollerante e ancora pesantemente razzista. E il Green book è la guida, assai indecente oggi, che per trent'anni segnalava alle persone di colore alberghi e ristoranti dove erano accettati, estrema forma di discriminazione autorizzata, spacciata per pubblicazione di cortesia, una lista di posti (qualcuno decente, molti sotto il livello della decenza) dove le persone considerate di levatura “nel mondo negro”, potevano trovarsi e ambientarsi.
E suona strano appunto in questo contesto vedere un bianco arrabbiato e annoiato davanti e un nero dietro nel macrocosmo di un’auto che è specchio dell’America d’allora, di occhi stupiti di automobilisti che si domandavano cosa ci facesse un nero elegante seduto e composto trasportato dietro come un pascià, che non nascondeva un tenore alto borghese ma che finiva per dormire nei “ripostigli” per converso, degli alberghi migliori dedicati al rozzo autista. Un mondo diametralmente spezzato dall’incomprensione, che distrugge ogni intento di integrazione e di cui il film indugia quasi per caso, in scene di spietata incomprensione: come al ristorante in cui viene negata al protagonista della serata la possibilità di mangiare con “i bianchi”, fino alle stesse con il popolo nero, quello di cui Doc condivide la pelle ma da cui è amaramente escluso.
Sì, perché malgrado le apparenze, il ricco è Tony. Spaccone ma dall’animo buono, prenderà posizioni contro le ingiustizie, salvando più di una volta il solitario Don, più dalla solitudine affettiva (ho un fratello, se vuole cercarmi, sa dove mi trovo) che cerca di annegare nelle frustrazioni dell’alcool, finendo da questo profondamente cambiato, persino nella poesia, nelle lettere scritte alla lontana amata moglie.
Così, per oltre due ore, viaggiamo insieme a Tony e Don per tutta l’America. Condividiamo con loro i gusti, la passione di Tony per le cosce di pollo del Kentucky Fried Chicken e la musica black, non condivisa assolutamente da Don, i dialoghi a fiume, quasi monologhi di Tony e il silenzio di Don, sullo sfondo di violenze di razza, espletate in fenomeni di inquietante costume.
Si vince facile in Green Book. Una commedia godibilissima che non nasconde momenti di tragedia sociale, che suscita polemiche oggi in un periodo di riscatto dei diritti umani durante il trumpismo. E, cosa rara, la retorica del “nero” che soccombe al “bianco”, o meglio del “nero” discriminato dal “bianco”, non è pesantemente esacerbata ma tratteggiata in tratti ironici mai privi della giusta intensità.
Si sor(ride), ci si indigna, ci si lamenta e perché no, qualche lacrimuccia alla fine scende. Per poi tramutarsi in sorriso.
Profumo di Oscar, capace di conquistare anche gli spiriti più arcigni.
Nelle sale dal 31 gennaio.
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carlosantoni
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giovedì 31 gennaio 2019
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tra razzismo e conflitto sociale, scherzandoci su.
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Mi è piaciuto e ne consiglio senz’altro la visione… anche se a mio parere non merita quel clamoroso 4,17 di preferenze su 5 che oggi gli viene accreditato! È un film costruito bene e altrettanto bene è recitato, soprattutto dall’eccellente Mortensen. Un po’ troppo sopra le righe, direi, il modo assolutamente snob, per non dire principesco, in cui è descritto e interpretato il personaggio di Donald Shirley.
A caldo ho pensato che se avessi dovuto paragonarlo a un film precedente (mia moglie aveva suggerito “Quasi amici”) lo avrei paragonato ad un film di successo di appena un anno fa: “Tre manifesti, Ebbing, Missouri”.
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Mi è piaciuto e ne consiglio senz’altro la visione… anche se a mio parere non merita quel clamoroso 4,17 di preferenze su 5 che oggi gli viene accreditato! È un film costruito bene e altrettanto bene è recitato, soprattutto dall’eccellente Mortensen. Un po’ troppo sopra le righe, direi, il modo assolutamente snob, per non dire principesco, in cui è descritto e interpretato il personaggio di Donald Shirley.
A caldo ho pensato che se avessi dovuto paragonarlo a un film precedente (mia moglie aveva suggerito “Quasi amici”) lo avrei paragonato ad un film di successo di appena un anno fa: “Tre manifesti, Ebbing, Missouri”. Non perché le sceneggiature dei due film abbiano granché in comune, ma per la natura dei temi trattati e, soprattutto, per la modalità di raccontarli, comune a entrambi, e cioè la commedia. In entrambi i film si parla di gravi, quando non gravissimi, problemi sociali e familiari, ma lo si fa senza mai abbandonare il sapore della commedia. Entrambi i film affrontano i temi di una società americana che, al di là delle descrizioni di regime alla Spielberg, continua ad essere profondamente antidemocratica, anzi decisamente razzista e abbrutita, flagellata dalla povertà e dalla diseguaglianza sociale. Quella che con eufemismo viene da sempre definita “America profonda”, soprattutto gli Stati del Midwest e del Sud, è un’America semplicemente retrograda, oscurantista, fascistoide, razzista, violenta, decisamente ingiusta, e il film ne mette bene in mostra le caratteristiche. Ma lo fa con continui scatti d’ironia, un’ironia che non attenua la serietà degli assunti che stanno al fondo delle due storie, ma anzi direi che, per contrappasso, li esaltano.
In entrambi i film, come dicevo, si parla di razzismo, e di degrado sociale (oltre a un rapido ma non casuale accenno all’omofobia). “Green Book” ha, rispetto all’altro film citato il merito di mettere a confronto, e in competizione, due forme di conflitto così presenti anche oggi nel panorama americano, e ormai apertamente anche nel nostro: il conflitto etnico e il conflitto di classe. Qui, la trovata paradossale e luminosa è che il ricco, il colto, il padrone, l’uomo di successo, è il “negro”, mentre il bianco è servo, rozzo, incolto, sottoproletario. Quale delle due contraddizioni confliggenti è principale? Il film – saggiamente direi – non ce lo dice, mentre ci suggerisce che, comunque sia, entrambi i conflitti descrivono una democrazia che non è tale, una legalità che non è tale, soprattutto una giustizia che non è tale. Il pregio della sceneggiatura è porre le due questioni, quella della discriminazione razziale e quella di classe, in rapporto dialettico, cosicché il bianco sottoproletario e razzista finisce strada facendo per comprendere, per sentire, che il suo padrone “negro” è un uomo come lui, anzi spesso più debole di lui; e il padrone nero, colto e poliglotta, musicista affermatissimo, capisce che nella società in cui vive non c’è solo conflitto etnico, come sempre aveva pensato, ma vero e proprio conflitto di classe: tanto che a volte i termini sono così confusi da impedire una descrizione univoca della gerarchia sociale. Protagonista e coprotagonista finiranno per conoscersi davvero, per volersi bene, e per superare le rispettive originarie barriere culturali.
Lo Happy End in classico clima prenatalizio è un auspicio, credo, che può apparire un po’ troppo dolciastro, ma in fondo non dimentichiamoci che si trattava di una commedia!
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taty23
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giovedì 24 gennaio 2019
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amicizia, confronto e ritrovare sè stessi
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l film “Green Book” e il racconto della storia di Tony “Lip” Vallelonga.
Siamo agli inizi degli anni 60, Tony Lip(Viggo Mortensen), soprannome datogli perché riesce a far fare alla gente quello che vuole, fa il buttafuori al Copacabana, uno dei posti più in voga nella New York di quel periodo.
Quando il locale chiude per dei lavori di ristrutturazione, Tony dovrà trovare un impiego alternativo per provvedere alla famiglia.
Verrà ingaggiato come autista dal pianista “Doc” Don Shirley(Mahershala Ali) che dovrà accompagnare in una tournée di concerti nel sud degli Stati Uniti.
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l film “Green Book” e il racconto della storia di Tony “Lip” Vallelonga.
Siamo agli inizi degli anni 60, Tony Lip(Viggo Mortensen), soprannome datogli perché riesce a far fare alla gente quello che vuole, fa il buttafuori al Copacabana, uno dei posti più in voga nella New York di quel periodo.
Quando il locale chiude per dei lavori di ristrutturazione, Tony dovrà trovare un impiego alternativo per provvedere alla famiglia.
Verrà ingaggiato come autista dal pianista “Doc” Don Shirley(Mahershala Ali) che dovrà accompagnare in una tournée di concerti nel sud degli Stati Uniti.
Dopo i primi scontri e qualche incomprensione, tra i due si svilupperà una forte amicizia e un grande rispetto.
Guida di viaggio
Tratto da una storia vera, il film “Green Book” porta sullo schermo una comedy drama che affronta la tematica interrazziale, attraverso lo sguardo di due personaggi agli antipodi.
Non è la prima volta che il cinema utilizza il viaggio come chiave di lettura. In “Green Book” il viaggio viene utilizzato come espediente narrativo per raccontare un percorso interiore, che i due protagonisti intraprendono. Un continuo confronto con pregiudizi personali e situazioni al di fuori della loro confort zone.
Emblematico è il nome della guida, che dà il titolo al film, un elenco di hotel dove vengono accettate le persone di colore come Don Shirley.
Viggo Mortensen è a suo agio nel ruolo del protagonista; un italo americano di bassa estrazione sociale a tratti goffo, irriverente, leggermente stereotipato, ma con un forte senso della famiglia e fedele ai suoi ideali.
Invece Mahershala Ali fa suo il personaggio di Doc e lo caratterizza, cucendosi addosso l’immagine del pianista virtuoso, che vive in una prigione personale, fatta di solitudine e bisogno di accettazione e rimanendo in balia tra due mondi.
Da citare l’interpretazione di Linda Cardellini nel ruolo della moglie di Tony, un personaggio dolce, ma nello stesso tempo forte e deciso.
Alla regia di “Green book” troviamo Peter Farrelly. Alla sua prima prova in un film di questo tipo, confeziona un prodotto che va oltre il fattore della razza, del colore e dei preconcetti.
La struttura narrativa funziona per la gran parte del tempo, bilanciando scene emotivamente forti a scene più leggere ed emozionali.
Una pellicola con una forte connotazione americana che sottolinea un periodo storico pieno di conflitti interculturali.
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barbara genise
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domenica 21 aprile 2019
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riso amaro
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Film sulla discriminazione e segregazione razziale ce ne sono tantissimi....la nostra letteratura cinematografica è piena di pellicole di denuncia attraverso racconti e storie tristissime che colpiscono e mortificano il genere umano.
Eppure questa pellicola è stata per me sconvolgente....due anime che hanno tutto all'opposto...carattere, temperamento, preferenze sessuali, colore della pelle, struttura fisica, esperienze....due anime, dicevo, che non avrebbero nulla da dirsi nè da scambiarsi, due finestre sul mondo diametralmente opposte, senza alcun minimo punto di contatto, se non una miccia appiccata dal destino, o dalla casualità di cui si nutre il destino stesso, talvolta.
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Film sulla discriminazione e segregazione razziale ce ne sono tantissimi....la nostra letteratura cinematografica è piena di pellicole di denuncia attraverso racconti e storie tristissime che colpiscono e mortificano il genere umano.
Eppure questa pellicola è stata per me sconvolgente....due anime che hanno tutto all'opposto...carattere, temperamento, preferenze sessuali, colore della pelle, struttura fisica, esperienze....due anime, dicevo, che non avrebbero nulla da dirsi nè da scambiarsi, due finestre sul mondo diametralmente opposte, senza alcun minimo punto di contatto, se non una miccia appiccata dal destino, o dalla casualità di cui si nutre il destino stesso, talvolta.
Siamo nel profondo Sud dell'America di John e Bob Kennedy, anno 1962, nei luoghi dove la discriminazione razziale è feroce, il pregiudizio e la segregazione sono cultura imperante e incontrovertibile, una vera e propria forma mentis.
Il grande musicista di piano Donald Shirley, di colore, sceglie, si scoprirà poi appositamente, di tenere una serie di concerti di musica classica proprio laggiù, dove la vita di un uomo di colore non vale nulla ed è segregata dal resto del genere umano.
Sceglie a questo punto di assumere come autista di questo tour concertistico Tony Vallelonga, detto Tony Lip, un Italoamericano di origini siciliane, che ha imparato a vivere nei quartieri del Bronx, che si adatta a fare di tutto, per sopravvivere, che ha ben chiara l'arte di arrangiarsi e di saper convivere con malviventi e persone di ogni genere, riuscendo anche a farsi una famiglia, ad avere una moglie di cui è innamorato profondamente, a tenere alti, insomma, i valori della sua terra d'origine.
In particolare l'importanza dei legami affettivi.
Ma la cosa sconcertante, stridente e destabilizzante, la cosa che conferma ogni volta la follia decorticata del genere umano, ( e non è un caso che il regista sia di origine ebree), è il contrasto tra il personaggio Shirley, onorato e riverito, applauditissimo nelle affollatissime serate "sold out" dei suoi concerti, e l'essere umano Shirley, costretto a non poter cenare al ristorante attiguo alla sala concertistica perchè "nero", a cambiarsi in uno sgabuzzino delle cucine, rivelando un'ambiguità e una frantumazione cerebrale che ci permette di farne un parallelo con la Shoah; le due aberrazioni mentali si rivelano appaiate, simili, mortificano e fanno soffrire ancor di più lo spettatore, che rimane sospeso tra gli esilaranti e conmmoventi episodi di una relazione di amicizia ed empatia, e la vergogna profonda e terribile per il genere umano, quella ferita sanguinante che in ogni epoca ed in ogni latitudine, non ha mai occasione di rimarginarsi e di riabilitare noi e i nostri simili....
Non avevo mai provato una vergogna così intensa e struggente, quasi fisica, al di là dell'atmosfera leggera, appositamente e magistralmente strutturata per tenere vivo il sorriso e l'empatia divertita dello spettatore . "CASTIGAT RIDENDO MORES"., recita un proverbio latino.
Splendidi gli attori protagonisti, ognuno immerso magnificamente nella sua identità, nel suo vissuto e nella sua sensibilità....scriverei per ore su questa pellicola, che mi ha raggiunto con forza nel profondo dell'animo, e che ritengo un vero capolavoro.
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francesco zennaro
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domenica 3 febbraio 2019
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il pollo fritto che abbattè le barriere razziali
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L'AMICO DI UN KENNEDY CHE NON POTÈ UTILIZZARE LA TOILETTE.
IL POLLO FRITTO CHE ABBATTÈ TUTTE LE BARRIERE RAZZIALI.
Immagina di essere un pianista. Un celebre pianista, richiesto e acclamato in tutti gli Stati Uniti d'America.
E, cosa non da tutti, di conoscere uno dei Kennedy. Si, proprio quei Kennedy lì!
Immagina ora che, dovendo cenare, non ti lascino entrare nel ristorante dove stanno cenando i tuoi estimatori danarosi.
E, nemmeno, che ti lascino andare a far pipì nella toilette di un luogo pubblico.
Solo perchè sei un negro, uno "sporco negro", come si usava dire a quei tempi, prima che i termini "nero" e "di colore" prendessero il sopravvento.
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L'AMICO DI UN KENNEDY CHE NON POTÈ UTILIZZARE LA TOILETTE.
IL POLLO FRITTO CHE ABBATTÈ TUTTE LE BARRIERE RAZZIALI.
Immagina di essere un pianista. Un celebre pianista, richiesto e acclamato in tutti gli Stati Uniti d'America.
E, cosa non da tutti, di conoscere uno dei Kennedy. Si, proprio quei Kennedy lì!
Immagina ora che, dovendo cenare, non ti lascino entrare nel ristorante dove stanno cenando i tuoi estimatori danarosi.
E, nemmeno, che ti lascino andare a far pipì nella toilette di un luogo pubblico.
Solo perchè sei un negro, uno "sporco negro", come si usava dire a quei tempi, prima che i termini "nero" e "di colore" prendessero il sopravvento.
Cose che possono (potevano) accadere solo ai negri/neri senza arte nè parte, pensi tu (come me), e invece no.
Capitava anche a chi poteva sollevare la cornetta di un telefono e chiamare il fratello del Presidente degli Stati Uniti d'America. Era il 1962, l'anno prima che J.F.Kennedy venisse assassinato
Questo film, come molti al suo livello, ha diversi piani di lettura. O, meglio, è un grattacielo di "piani di lettura".
1° piano: bianco e nero.
Ovvero, l'ingiustizia razziale or ora appena descritta: tappeti rossi e ovazioni adulatorie quando devi farli divertire ma, per mangiare e/o urinare, cercati un altro posto che non sia questo. Anche se dista mezz'ora di auto.
Anche a Jesse Owens, il quattro volte medaglia d'oro alle olimpiadi di Berlino '36, capitò la stessa sorte. Ovvero, l'ingresso secondario di un hotel.
2° piano: due uomini diametralmente opposti. Anzi, no!
Il bianco e il nero sono agli antipodi su tutto: colore, cultura, educazione, carattere, filofofia di vita e molto altro ancora.
Ma, viaggiando insieme per migliaia di chilometri, i loro atteggiamenti non solo si intrecciano ma, addirittura, talvolta si scambiano, confondendosi.
L'accomodante nero diventa ribelle (rifiutandosi di suonare al concerto di Natale), il ribelle bianco diventa accomodante e più malleabile.
Il risultato finale sarà uno schiaffo epocale al razzismo americano.
3° piano: la solitudine.
Il pianista nero è un uomo solo, mentre il suo tuttofare bianco è pieno di parenti.
La solitudine porta - anche l'integerrimo pianista - ad attaccarsi alla bottiglia di liquore; porta anche a cercare conforto (sessuale) in una persona appena conosciuta in giro, anche se dello stesso sesso.
4° piano: la comicità dei due.
Quando la comicità è data non da battute e gags ma da un altro "quid", può raggiungere livelli inauditi.
Già l'inizio del viaggio tra i due è un botta e risposta magistrale, che gioca sulle differenze abissali (che poi verranno smussate e, talvolta, invertite nei ruoli).
La pietra rubata, il bicchiere di carta gettato dalla macchina, le lettere alla moglie dell'uno dettate dall'altro.
E Il pollo fritto? Vera apoteosi della comicità.
E l'arrivo dello Steinway al posto del pianoforte scalcagnato?
Si piange dalle risate, si piange dalla commozione.
Eccoci giunti al 5° piano di lettura filmica, ma devo interrompermi qui, per non annoiare il cortese lettore.
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kimkiduk
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lunedì 4 febbraio 2019
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grande film
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Film fantastico, divertente ma non solo.
Interpretato da un Viggo Mortensen straordinario che se la vedrà (penso) con Bale per la statuetta come miglior attore protagonista.
La storia (vera) scorre tra la caratterizzazione dell'italiano broccolino tipico e la condanna del razzismo negli Usa, reso a volte ridicolo, a volte spietato, a volte ironico.
Certo è che quel viaggio deve essere stato davvero memorabile negli anni 60' negli stati del sud (soprattutto Mississipi, Alabama e Cord Carolina).
La fatica di essere "diverso" per i bianchi ma anche per i neri deve essere stata veramente dura, io penso anche molto più dura di quella rappresentata nel film.
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Film fantastico, divertente ma non solo.
Interpretato da un Viggo Mortensen straordinario che se la vedrà (penso) con Bale per la statuetta come miglior attore protagonista.
La storia (vera) scorre tra la caratterizzazione dell'italiano broccolino tipico e la condanna del razzismo negli Usa, reso a volte ridicolo, a volte spietato, a volte ironico.
Certo è che quel viaggio deve essere stato davvero memorabile negli anni 60' negli stati del sud (soprattutto Mississipi, Alabama e Cord Carolina).
La fatica di essere "diverso" per i bianchi ma anche per i neri deve essere stata veramente dura, io penso anche molto più dura di quella rappresentata nel film.
C'è poco da dire di questo film perchè tutto scorre benissimo, non annoia mai, fa ridere e pensare e soprattutto, per noi italiani, fa capire come siamo stati noi stessi una comunità di immigrati con tutte le difficoltà a vivere in un paese nuovo, affascinante, ostile ed ospitale allo stesso tempo e soprattutto pieno di contraddizioni.
La storia è bella da rileggere anno dopo anno, perchè a volte si ripete in maniera stupefacente, come se la memoria non esistesse.
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lucio di loreto
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lunedì 11 febbraio 2019
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farrelly aggiunge riflessioni sociali alla immancabile dose di ironia
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Peter, spesso in combutta con Bobby, ci ha sempre abituato e deliziato col genere più demenziale che ci sia, nel senso migliore e rispettoso del termine, dando in ogni film una situazione quasi estrema di commedia con battute forti, esilaranti e al limite del trash, senza mai toccare o avvicinarsi al volgare, dimostrando insieme al fratello di avere uno step ahead rispetto agli altri registi sui generis. In Green Book Farrelly compie un gigante passo verso la celebrità ed il mito, aiutato da una coppia d’assi in stato di grazia, portandoci a fare una passeggiata in Cadillac DeVille nel profondo Sud americano attorno agli albori dei mitici sixties, quando Dylan cantava la protesta e si ballava la furia di Elvis ma dove il razzismo e la segregazione dominavano un po' ovunque!! Passare da “Scemo e più scemo” ai Golden Globes e la notte degli Oscar il passo è estremo, ma tant’è!! Certo, forse uno “scomodo passato” è la causa dell’assenza al Dolby Theatre della nomination più ambita (la regia) ma fa lo stesso.
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Peter, spesso in combutta con Bobby, ci ha sempre abituato e deliziato col genere più demenziale che ci sia, nel senso migliore e rispettoso del termine, dando in ogni film una situazione quasi estrema di commedia con battute forti, esilaranti e al limite del trash, senza mai toccare o avvicinarsi al volgare, dimostrando insieme al fratello di avere uno step ahead rispetto agli altri registi sui generis. In Green Book Farrelly compie un gigante passo verso la celebrità ed il mito, aiutato da una coppia d’assi in stato di grazia, portandoci a fare una passeggiata in Cadillac DeVille nel profondo Sud americano attorno agli albori dei mitici sixties, quando Dylan cantava la protesta e si ballava la furia di Elvis ma dove il razzismo e la segregazione dominavano un po' ovunque!! Passare da “Scemo e più scemo” ai Golden Globes e la notte degli Oscar il passo è estremo, ma tant’è!! Certo, forse uno “scomodo passato” è la causa dell’assenza al Dolby Theatre della nomination più ambita (la regia) ma fa lo stesso. La storia – vera – tra un buttafuori italo americano dai modi bruschi e violenti e un raffinato pianista afroamericano lascia al telespettatore un senso di grande bellezza nonostante, sulla carta, i temi e gli standard siano canonici nel movie business e nella Hollywood di oggi. Il tutto grazie a Viggo Mortensen e Mahershala Ali, probabilmente il meglio a cui il director potesse attingere oggi. I due, nella trama distanti anni luce per cultura, stile di vita e formazione sociale, formeranno minuto dopo minuto un’accoppiata talmente vicina e indissolubile da lasciare chi guarda col terrore nel momento della “separazione”!! Green Book (realmente una guida per afroamericani di metà secolo scorso) è un film meraviglioso che ci porta nella piena ipocrisia dell’America “bene” di quegli anni, dove il genio di colore veniva visto come un fenomeno da baraccone da esibire ed invitare nei salotti vip, in ambasciate o stanze dei bottoni, ma che a fine performance non poteva nemmeno accomodarsi a mangiare al ristorante e utilizzare un bagno “comune”. Lo stesso Tony di Mortensen esordisce buttando due bicchieri da cui hanno bevuto due operai “neri” a casa sua. I due complementeranno i propri pregi e difetti diventando l’uno più aggraziato, umano e marito dalla scrittura fine, l’altro aprendo il suo mondo a parte (distante dai razzisti bianchi e dai “negri” da strada) a un più comune stile di vita cedendosi in maniera totale all’affetto maccheronico del suo inseparabile partner!!
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