“Se non sono abbastanza nero, né abbastanza bianco, né abbastanza uomo, allora che cosa
sono?”
Proprio là dove sembra impossibile, nell’America retrograda dei primi anni '60, tra misoginia, omofobia e odio razziale, nasce un rapporto di amicizia, lealtà e rispetto reciproco che va al di là del colore della pelle, delle tendenze sessuali e dell’inflessione dialettale.
Ispirato da una storia vera, Green book è un film on the road che concilia gli opposti. Tony Lip (Viggo Mortenssen) è un buttafuori italoamericano del Bronx dagli atteggiamenti mafiosi che si guadagna da vivere per lui e per la famiglia grazie alla sua innata capacità di raccontare balle. Riceve un’offerta di lavoro che mai avrebbe pensato di accettare: essere l’autista di un nero per una tournée nel profondo Sud. Don Shirley (Mahershala Ali) è un tormentato pianista di musica classica imprigionato in un cono d’ombra: la sua educazione è quella di un bianco aristocratico e nulla lo accomuna, al di là del colore della pelle, alla condizione degli afroamericani, confinati nell’ignoranza e nella povertà. Il rifiuto di un’etichetta, il suo essere né bianco né nero, e al contempo il bisogno di appartenere a una comunità che lo rappresenti come individuo, rivestono un ruolo fondamentale nella scelta di affrontare il viaggio. Sulla consapevolezza dei rischi e delle situazioni spiacevoli con cui si dovrà confrontare, prevale il desiderio di cambiare la mentalità delle persone. Ma è davvero necessario far parte di qualcosa per essere accettati?
Peter Farrelly, noto per le sue commedie demenziali, arriva dritto al punto con ironia sagace, grazie alla chimica travolgente che si crea tra Ali e Mortenssen. Quest’ultimo ancora una volta da prova di grande versatilità: Re esiliato nel Signore degli anelli, padre alternativo dai metodi educativi estremi in Capitan Fantastic e, questa volta, con grande naturalezza, tipico italoamericano del Bronx.
"Green book è una storia del passato ancora molto attuale - ha detto Viggo Mortensen sul palco della Festa del cinema di Roma - non dice al pubblico cosa pensare, non è un’imposizione, ma un invito a riflettere sulla banalità dei pregiudizi e delle prime impressioni".
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antonio montefalcone
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sabato 9 febbraio 2019
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'...vinci quando mantieni alta la tua dignità'
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Ancora un'altra (interessante) storia del passato per interrogarsi sul nostro presente. Il 1962 in America. In un paese profondamente razzista che adottava il 'Negro Motorist Green Book' un manuale per automobilisti afroamericani, costretti a guidare solo su alcune strade e a soggiornare solo nei locali a loro assegnati. Uomini trattati come bestie e senza dignità, che vedeva ancora lontano il percorso per l'uguaglianza e parità di diritti civili. Il film, godibile, brillante, appassionante, racconta l'improbabile amicizia tra un artista e l'uomo di strada, agli antipodi su tutto, ma non incapaci di reciproca comprensione e di un forte legame affettivo. La pellicola trae la sua forza proprio dal disegno e caratterizzazione di questi personaggi, dal loro viaggio insieme (anche allegorico, verso il rispetto e la condivisione delle proprie differenze), dall'immersione nel profondo sud statunitense attraverso ipocrisie, discriminazioni varie e distanze che non riesce a colmare.
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Ancora un'altra (interessante) storia del passato per interrogarsi sul nostro presente. Il 1962 in America. In un paese profondamente razzista che adottava il 'Negro Motorist Green Book' un manuale per automobilisti afroamericani, costretti a guidare solo su alcune strade e a soggiornare solo nei locali a loro assegnati. Uomini trattati come bestie e senza dignità, che vedeva ancora lontano il percorso per l'uguaglianza e parità di diritti civili. Il film, godibile, brillante, appassionante, racconta l'improbabile amicizia tra un artista e l'uomo di strada, agli antipodi su tutto, ma non incapaci di reciproca comprensione e di un forte legame affettivo. La pellicola trae la sua forza proprio dal disegno e caratterizzazione di questi personaggi, dal loro viaggio insieme (anche allegorico, verso il rispetto e la condivisione delle proprie differenze), dall'immersione nel profondo sud statunitense attraverso ipocrisie, discriminazioni varie e distanze che non riesce a colmare. La sceneggiatura, scritta dal regista con Brian Currie e Nick Vallelonga, è basata sulla storia vera del pianista Donald Shirley. Ma sono i suoi due interpreti principali, i bravissimi Viggo Mortensen e Mahershala Ali, a conferire vera magia a quest'opera in sé molto ben riuscita e tra le migliori dell'anno. Il regista Peter Farrelly (questa volta senza il fratello Bobby) abbandona i toni da commedia demenziale e realizza un film pieno di sentimento e umanesimo. Ritmo fluido, tante risate e importanti spunti di riflessione traspaiono in maniera intelligente e diretta da una messinscena di misurata leggerezza, tutta in funzione della vera anima di ciò che racconta, che rappresenta e vuole esprimere. Insomma, un film divertente e formativo, da non perdere: una lezione di grammatica della comicità al servizio di un'altra sublime lezione, ancora più nobile e utile, quella di umanità e civiltà...
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