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jl
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martedì 23 aprile 2019
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laggiù nel profondo sud
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“L’amicizia non incontra barriere” è questo il messaggio del film diretto da Peter Farrelly in grado di raccontare il legame che si venne a creare nel corso dell’inverno del 1962 fra un uomo di colore, cresciuto vivendo per la propria arte, e il New Yorkese di origini italiane Tony ‘Lip’ Vallelonga, dedito al lavoro di buttafuori e amico di persone ben poco raccomandabili. L’amicizia che ne scaturì, unì Shirleye Lip per oltre cinquant’anni, facendo ricredere entrambi sul senso vacuo dei rispettivi preconcetti. Preconcetti che sono racchiusi nel green book del titolo, ovvero la guida stradale con l’elenco di locali e alberghi idonei per persone di colore e dalla quale queste ultime non potevano assolutamente prescindere se volevano viaggiare.
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“L’amicizia non incontra barriere” è questo il messaggio del film diretto da Peter Farrelly in grado di raccontare il legame che si venne a creare nel corso dell’inverno del 1962 fra un uomo di colore, cresciuto vivendo per la propria arte, e il New Yorkese di origini italiane Tony ‘Lip’ Vallelonga, dedito al lavoro di buttafuori e amico di persone ben poco raccomandabili. L’amicizia che ne scaturì, unì Shirleye Lip per oltre cinquant’anni, facendo ricredere entrambi sul senso vacuo dei rispettivi preconcetti. Preconcetti che sono racchiusi nel green book del titolo, ovvero la guida stradale con l’elenco di locali e alberghi idonei per persone di colore e dalla quale queste ultime non potevano assolutamente prescindere se volevano viaggiare.
Basato su una sceneggiatura scritta a sei mani, fra le quali spiccano quelle di Nick Vallelonga, figlio di Tony Lip e presente con un breve cameo. Il film di Farrelly sa distinguersi per la capacità di vedere oltre l’ostacolo del semplice razzismo, riuscendo a far capire come anche un animo semplice come quello di Tony Vallelonga possa ricredersi davanti all’evidenza dei fatti che gli si presentarono di fronte. Nessuno dei due protagonisti è poi giudicato e alla fine del tutto immune da critiche di comportamento, non certo il debordante Viggo Mortensen nel ruolo di un italo - americano zotico e privo di sovrastrutture mentali e che per un amico potrebbe veramente uccidere. Ma nemmeno Mahershala Ali, alias Don Shirley, pieno di vizi, di segreti e di atteggiamenti che lo allontanarono dalle ‘proprie origini’ e dalla ‘sua gente’. Film fra i migliori di questo primo scorcio d’anno anche se è forse nelle scene maggiormente incentrate sul razzismo che si perde nei più classici stereotipi. Cinque comunque le meritatissime candidature agli Oscar fra cui un Viggo Mortensen debitamente appesantito abile nel calarsi nel ruolo che a oggi meglio ha saputo sfaccettare.
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greyhound
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lunedì 29 aprile 2019
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l'amicizia che da luce all'anima
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Green Book. Con questo nome ancora negli Anni ’60 del secolo scorso veniva indicato un piccolo manuale consigliante ai cittadini afroamericani i luoghi sicuri (ma soprattutto permessi dal nemmeno troppo strisciante sentimento segregazionista) che si sarebbero potuti incontrare lungo le strade del sud degli Stati Uniti.
In realtà l’argomento razzismo è solamente lo spunto che il regista e gli sceneggiatori utilizzano alfine d’illustrare vicende ancora più complesse: una su tutte l’ostracismo da parte di una larga fetta della società statunitense nei confronti dei diversi. O più correttamente chi, dal punto di vista etnico o da quello sessuale, fosse così percepito rispetto alla maggioranza Wasp (White, Anglo-Saxon and Protestant).
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Green Book. Con questo nome ancora negli Anni ’60 del secolo scorso veniva indicato un piccolo manuale consigliante ai cittadini afroamericani i luoghi sicuri (ma soprattutto permessi dal nemmeno troppo strisciante sentimento segregazionista) che si sarebbero potuti incontrare lungo le strade del sud degli Stati Uniti.
In realtà l’argomento razzismo è solamente lo spunto che il regista e gli sceneggiatori utilizzano alfine d’illustrare vicende ancora più complesse: una su tutte l’ostracismo da parte di una larga fetta della società statunitense nei confronti dei diversi. O più correttamente chi, dal punto di vista etnico o da quello sessuale, fosse così percepito rispetto alla maggioranza Wasp (White, Anglo-Saxon and Protestant).
Il modo migliore per esplicarlo all’interno della pellicola è attraverso il viaggio dei due protagonisti, Tony Vallelonga (interpretato da un fantastico Viggo Mortensen) e Don Shirley; l’uno immigrato italiano apparentemente inserito nel tessuto sociale e l’altro cittadino ben accolto in ragione delle sue abilità musicali, ma respinto a causa del colore della sua pelle.
Le otto settimane di convivenza forzata permettono a entrambi di conoscere più approfonditamente il proprio compagno di viaggio, le sue debolezze e specificità, consentendo loro di migliorarsi sotto molteplici punti di vista. Da una parte il rude Tony imparerà a elevare la propria persona, lo stile di vita e il comportamento, mentre dall’altra Shirley comprenderà come al cospetto di alcuni individui, nel corso della vita, è possibile e persino doveroso dismettere la corazza che protegge dall’esterno e dai pericoli connessi a ciò che è “altro da sé”.
Tre le scene da ricordare, che non a caso aiutano a comprendere la complessità del viaggio interiore dei personaggi e il loro conseguente e progressivo avvicinarsi. La prima si ha nella strada del Kentucky in cui Shirley osserva ed è a propria volta osservato da contadini afroamericani: loro quasi schiavi impegnati a coltivare i campi, lui in attesa che il proprio autista bianco ripari l’auto. Pochi metri e una staccionata li dividono, ma si ha come l’impressione che siano migliaia di miglia.
La seconda, d’impatto emotivo altrettanto potente, è quella in cui vi è un confronto diretto tra i due viaggiatori riguardo la loro condizione sociale. Shirley grida a Tony tutto il suo dolore e il senso di esclusione da parte della società, sviluppatosi in una molteplicità di campi (etnico, di status sociale e di preferenze sessuali) tale da opprimerlo e renderlo un individuo sostanzialmente infelice e impossibilitato nell’essere compreso da qualcuno altro.
Infine, l’ultimo momento da sottolineare lo si trova quando i due si ritrovano a dormire nello stesso albergo e nella stessa stanza per la prima volta. Shirley comprende che, probabilmente, colui che gli sta accanto è un soggetto diverso da altri che precedentemente ha incontrato nel corso della propria esistenza, mentre Tony può appieno provare ciò che significhi essere un escluso. In ogni caso è qui che viene espressa una frase calzante per la trama del film ma applicabile anche a ulteriori situazioni di vita, ossia che “…il mondo è pieno di persone sole che non hanno il coraggio di fare il primo passo.”
In definitiva Green Book è una pellicola da vedere indubbiamente, in modo da riflettere non solo riguardo la condizione di alcuni soggetti presenti all’interno di una società considerata avanzata, ma anche semplicemente per percepire e quasi toccare la potenza che l’amicizia e i sentimenti portano con loro.
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marcobrenni
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domenica 12 maggio 2019
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brillante e politically correct
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Peter Farrelley è stato bravissimo a dirigere film brillanti come "Scemo più scemo" , "Tutti pazzi per Mary" ecc. cioè film di grande successo di pubblico, grazie a storie paradossali raccontate e montate con abilità e umorismo. Con Greenbook ha voluto compiere un passo più in là, unendo ambiziosa critica sociale, difesa dei diritti umani, lotta alla discriminazione razziale con l'umorismo intelligente, in modo da risultare degno per gli Oscar: nominations che effetivamente ha ricevuto!
Nel film si sente la voglia di calcare i contrasti per rendere il tutto più saporito: il musicista nero Doc Shirley, del tutto improbabile nel suo stile principesco-educatissimo impettito, degno di un alto Lord inglese che impartisce lezioni di stile e educazione a un robusto buttafuori da bar bianco assunto come suo autista che è il suo esatto opposto: un tizio risoluto alquanto grezzo, cafone e pure squattrinato, ma per contrasto anche padre e marito premuroso.
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Peter Farrelley è stato bravissimo a dirigere film brillanti come "Scemo più scemo" , "Tutti pazzi per Mary" ecc. cioè film di grande successo di pubblico, grazie a storie paradossali raccontate e montate con abilità e umorismo. Con Greenbook ha voluto compiere un passo più in là, unendo ambiziosa critica sociale, difesa dei diritti umani, lotta alla discriminazione razziale con l'umorismo intelligente, in modo da risultare degno per gli Oscar: nominations che effetivamente ha ricevuto!
Nel film si sente la voglia di calcare i contrasti per rendere il tutto più saporito: il musicista nero Doc Shirley, del tutto improbabile nel suo stile principesco-educatissimo impettito, degno di un alto Lord inglese che impartisce lezioni di stile e educazione a un robusto buttafuori da bar bianco assunto come suo autista che è il suo esatto opposto: un tizio risoluto alquanto grezzo, cafone e pure squattrinato, ma per contrasto anche padre e marito premuroso. Trai due si istaura sin da subito il meccanismo dialettico hegeliano Servo/Padrone che finirà inevitabilmente per rovesciarsi nell'opposto laddove l'impettito padrone nero diverrà dipendente dal proprio rozzo servo bianco, divenuto indispensabile. È qui che sta il divertente paradosso: di solito il cinema ci ha abituato ai bianchi (padroni) che impartiscono lezioni ai neri (servitori) e mai l'esatto opposto. In questo rovescaimento, Farrelley ha un guizzo innovativo geniale, praticamente inedito. Prendendo a pretesto la storia vera del brillante pianista nero Dr. Doc Shirley (abbastanza ignoto in Europa), ci ha tuttavia aggiuntomolto del suo, tant'è che i familgiari di Shirely musicista, nonché che dell'autista Tony Vallelunga, all'uscita del film si sono lamentati per la poca veridicità dei personaggi - e non solo caricaturale. Il regista ha preso al volo tutti gli ingredienti politcally correct attuali, come la non discriminazione razziale (mai risolta del tutto), i pregiudizi omofobi (mai risolti nemmeno quelli), il servilismo verso le autorità e la corruzione (tuttora sempre esistenti) ecc. Alla fine non manca nemmeno la scena finale più scontata del cinema americano che vuole tutti riuniti attorno al tacchino di Natale, in perfetta sintonia e amicizia (sic).
Insomma: riscoperta della Hollywood ottimista d'un tempo, assieme alla fiducia nella famiglia e istituzioni americane, con la risoluzione (apparente) dei conflitti razziali, con un entusiastico "embrassons nous" finale. Nonostante certa scontatezza, va detto che c'è molto sano umorismo anche critico, ottima regia, ottimo ritmo di narrazione con due protagonisti d'eccezione come Mortensen e Mahershala Alì. Farrell ha centrato il bersaglio riuscendo a entusiasmare e persino a commuovere; ma poi, in perfetto stile americano, finisce subito per rovesciare la commozione in una risata risolutoria ove ogni problema sembra risolto. Egli ci insegna che restando classici e di qualità, .... non si sbaglia mai.
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pedro
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mercoledì 29 luglio 2020
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godetevi questo film
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Certamente un film straordinario.
Non importana se non fedele alla lettera ai fatti. Non importa che Mortensen non abbia ricevuto, anche lui, l’Oscar che meritava (certamente di più del vincitore malek). Almeno ha vinto come miglior film...l’avessero dato all’enormemente sopravvalutato Roma...fortuna che con green book non hanno avuto paura di fare un torto alle mistificazioni terzomondiste di Cuaron (poi, invero, non hanno resisitito, e Roma è, per loro, la miglior pellicola non in inglese del 2019...).
Come qualcuno ha scritto, nella recensione ufficiale e nella definizione “commedia” hanno toppato...pazienza. Nessuna commedia, qualche situazione simpatica, ma in realtà un film drammatico con uno dei più sensati messaggi antirazzisti.
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Certamente un film straordinario.
Non importana se non fedele alla lettera ai fatti. Non importa che Mortensen non abbia ricevuto, anche lui, l’Oscar che meritava (certamente di più del vincitore malek). Almeno ha vinto come miglior film...l’avessero dato all’enormemente sopravvalutato Roma...fortuna che con green book non hanno avuto paura di fare un torto alle mistificazioni terzomondiste di Cuaron (poi, invero, non hanno resisitito, e Roma è, per loro, la miglior pellicola non in inglese del 2019...).
Come qualcuno ha scritto, nella recensione ufficiale e nella definizione “commedia” hanno toppato...pazienza. Nessuna commedia, qualche situazione simpatica, ma in realtà un film drammatico con uno dei più sensati messaggi antirazzisti. Fossero più spesso di questa qualità...il mondo forse non sarebbe migliore, ma il cinema si.
Godetevi questo film.
NOTA: se l’avete visto in lingua originale vi farà certamente ridere l’italiano di mortensen e compaesani...come abbia fatto don shirley capire quell’italiano resterà un mistero della storia dle cinema.
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fabio 3121
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domenica 21 marzo 2021
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l''autista tony lip e il pianista don shirley
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il film è basato sulla storia vera del pianista nero Don Shirley (Mahershala Ali) che nel 1962 dovendo affrontare una tournè nel sud degli Stati Uniti ha bisogno di un autista per 2 mesi e lo trova in un buttafuori di nightclub italoamericano Tony Lip (Viggo Mortensen). All'inizio tra i 2 uomini, durante il viaggio in auto, il rapporto non è molto cordiale stante i diversi modi di fare. A Tony Lip la casa discografica del pianista consegna una guida "Green Book" dove sono indicati i motel dove i "colored" possono alloggiare. Don Shirley insieme a due altri musicisti bianchi formano un trio e si esibiscono nelle principali città americane in teatri e case private di bianchi ricchi e facoltosi.
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il film è basato sulla storia vera del pianista nero Don Shirley (Mahershala Ali) che nel 1962 dovendo affrontare una tournè nel sud degli Stati Uniti ha bisogno di un autista per 2 mesi e lo trova in un buttafuori di nightclub italoamericano Tony Lip (Viggo Mortensen). All'inizio tra i 2 uomini, durante il viaggio in auto, il rapporto non è molto cordiale stante i diversi modi di fare. A Tony Lip la casa discografica del pianista consegna una guida "Green Book" dove sono indicati i motel dove i "colored" possono alloggiare. Don Shirley insieme a due altri musicisti bianchi formano un trio e si esibiscono nelle principali città americane in teatri e case private di bianchi ricchi e facoltosi. Molti saranno gli episodi di razzismo che dovrà subire il povero pianista una volta terminate le sue acclamate esibizioni ricche di virtuosismi. Grazie al tuttofare Tony Lip, uomo rozzo ma che vive la strada, il pianista, omosessuale che soffre di solitudine e che beve ogni sera una bottiglia di whisky, sarà salvato da un'aggressione prima in un bar e successivamente in centro benessere. Alla fine tra l'autista e il pianista, che aiuta Tony a scrivere lettere d'amore alla moglie, si instaurerà una sincera e forte amicizia che culminerà nella cena di Natale a casa di Tony Lip con ospite Don Shirley. La pellicola tratta un tema serio e drammatico dei pregiudizi razziali nei confronti degli uomini di colore che erano riservati negli anni '60 in America attraverso una ottima sceneggiatura che porta lo spettatore a sensibili riflessioni. Davvero bella la ricostruzione degli ambienti dell'epoca sia per la scenografia che per i costumi. La vera forza del film sta nella magistrale interpretazione dei 2 protagonisti assolutamente credibili nelle rispettive parti. Oltre a Mahershala Ali avrebbe meritato il premio Oscar anche il bravissimo Viggo Mortensen. In definitiva, meritato l'Oscar quale miglior film. Voto: 8/10.
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dandy
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lunedì 25 settembre 2023
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"occhi sulla strada".
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Per la prima volta senza il fratello Bobby,il regista si ispira alla vera storia di Frank Villalonga(dopo gli anni '60 caratterista noto come Tony Lip,apparso nel Padrino,L'anno del dragone,Amore all'ultimo morso e noto principalmente per aver interpretato Carmine Lupertazzi nella serie dei Soprano)girando un sorprendente road movie che può sembrare come hanno detto alcuni una versione maschile di "A spasso con Daisy".Che sorprende per come usa i classici stereotipi ribadendo con piacevole intelligenza un concetto tanto ovvio quanto universale:amicizia e comprensione possono svilupparsi nei contesti più inverosimili e a dispetto di varie differenze(sociali,culturali,razziali e sessuali).
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Per la prima volta senza il fratello Bobby,il regista si ispira alla vera storia di Frank Villalonga(dopo gli anni '60 caratterista noto come Tony Lip,apparso nel Padrino,L'anno del dragone,Amore all'ultimo morso e noto principalmente per aver interpretato Carmine Lupertazzi nella serie dei Soprano)girando un sorprendente road movie che può sembrare come hanno detto alcuni una versione maschile di "A spasso con Daisy".Che sorprende per come usa i classici stereotipi ribadendo con piacevole intelligenza un concetto tanto ovvio quanto universale:amicizia e comprensione possono svilupparsi nei contesti più inverosimili e a dispetto di varie differenze(sociali,culturali,razziali e sessuali).E attraverso il viaggio dei protagonisti e il loro incontro-scontro sa analizzare tutte le contraddizioni dell'epoca a cominciare dal falso perbenismo e dell'integrazione solo apparente degli afoamericani (e italoamericani)in certi ambienti.Azzeccato nell'affrontare ogni cosa con leggerezza e con una bella alchimia tra Mortensen(ingrassato di 20 chili)ed Ali funziona egregiamente sia come commedia lieve che come film impegnato.Nick Villalonga,figlio di Frank,è uno degli sceneggiatori.Tre Oscar(film,sceneggiatura e miglior attore non protagonista ad Ali)su 5 nominations.Andrebbe visto anche in originale,dove Mortensen parla varie volte italiano.Il titolo si riferisce alla guida su come muoversinegli States durante il periodo della segregazione.Sia Villalonga che Shirley sono scomparsi nel 2013.
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goldy
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sabato 2 febbraio 2019
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il pregiudizio ? troppo lento a morire
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E’ uno di quei film che se riproposto sui canali TV indurrà a fermarsi perché sa farsi amare e per ri-gustare certe situazioni anche se non sempre divertenti.
Le tematica , quella della discriminazione razziale versione USA è tra le più rappresentate sugli schermi ed è quindi difficile riproporla con spunti innovativi. Il film ci riesce, ribaltando i ruoli, eliminando la violenza gratuita , proponendo situazioni paradossali davvero difficili da credere veritiere. Eppure vere, incredibilmente vere.
Arrendiamoci davanti all’evidenza che il radicamento di comportamenti improntati al pregiudizio sono in grado di impossessarsi degli individui senza incontrare ostacoli che li facciano riflettere.
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E’ uno di quei film che se riproposto sui canali TV indurrà a fermarsi perché sa farsi amare e per ri-gustare certe situazioni anche se non sempre divertenti.
Le tematica , quella della discriminazione razziale versione USA è tra le più rappresentate sugli schermi ed è quindi difficile riproporla con spunti innovativi. Il film ci riesce, ribaltando i ruoli, eliminando la violenza gratuita , proponendo situazioni paradossali davvero difficili da credere veritiere. Eppure vere, incredibilmente vere.
Arrendiamoci davanti all’evidenza che il radicamento di comportamenti improntati al pregiudizio sono in grado di impossessarsi degli individui senza incontrare ostacoli che li facciano riflettere. Nel profondo Sud degli States impossibile provare un abito in un negozio per un uomo di colore, ie neppure cenare in un ristorante di bianchi. .
Propone riflessioni che è bene reiterare regolarmente nel tempo perché il pregiudizio è lento, molto lento, troppo lento a morire .. Per sconfiggere la stupidità non servono grandi proclami e il film riesce a farlo facendo parlare la realtà e sa raggiungere qualsiasi tipo di spettatore con grazi, con intelligenza, con ironia, con verità.
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anna
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lunedì 11 febbraio 2019
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capolavoro
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Un fllm che ami dalla prima inquadratura. Mortensen, ingrassato, è credibile nella parte del cinico, grezzo, italoamericano in canottiera, che ti immagini con le dita sempre appiccicose. Mahershala Ali, che interpreta il suo datore di lavoro, è la sua antitesi. Raffinato, etereo, un genio solitario e malinconico dalle dita affusolate e dai sorrisi tirati.
Un'accoppiata improbabile e divertente, non fosse per la sottile inquietudine che pervade anche le inquadrature più pacifiche e familiari, E' questo, il segreto del film. Un ritmo che si distende e poi accelera, per rallentare nuovamente grazie a una fotografia e a un montaggio magistrali. Sceneggiatura con frasi già da antologia ("Il mondo è pieno di persone sole che non osano fare il primo passo", e altre ancora.
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Un fllm che ami dalla prima inquadratura. Mortensen, ingrassato, è credibile nella parte del cinico, grezzo, italoamericano in canottiera, che ti immagini con le dita sempre appiccicose. Mahershala Ali, che interpreta il suo datore di lavoro, è la sua antitesi. Raffinato, etereo, un genio solitario e malinconico dalle dita affusolate e dai sorrisi tirati.
Un'accoppiata improbabile e divertente, non fosse per la sottile inquietudine che pervade anche le inquadrature più pacifiche e familiari, E' questo, il segreto del film. Un ritmo che si distende e poi accelera, per rallentare nuovamente grazie a una fotografia e a un montaggio magistrali. Sceneggiatura con frasi già da antologia ("Il mondo è pieno di persone sole che non osano fare il primo passo", e altre ancora... lascio a voi scoprirle). Episodi che stringono l'anima, perché drammaticamente noti a chi ha semplicemente sfiorato, con lo studio o con un viaggio in quei luoghi, la realtà della segregazione razziale sommersa e palpitante, negli ipocriti Usa degli anni '60. Tratto da una storia vera.
Da vedere comunque, per capire di quante lacrime e sangue sia lastricata la storia moderna americana.
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carloalberto
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giovedì 18 marzo 2021
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se non fosse per viggo....
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Dall’autore di Scemo & più scemo cos’altro ci si poteva aspettare se non una commediola melensa e politicamente corretta che esalta i buoni sentimenti in perfetto stile hollywoodiano con quel tipico tono dolciastro e paternalistico ed un lieto fine natalizio prevedibile e sentimentaloide con la famigliola di italo americani, ignorante ma dal cuore grande, che, dopo un attimo di titubanza, accoglie calorosamente la star di colore bistrattata durante una tournèe nel profondo sud degli anni sessanta ancora profondamente razzista e segregazionista.
Astutamente il soggetto si rifà ad una storia realmente accaduta per acquisire credibilità e rendere la favoletta esopica più convincente e verosimile.
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Dall’autore di Scemo & più scemo cos’altro ci si poteva aspettare se non una commediola melensa e politicamente corretta che esalta i buoni sentimenti in perfetto stile hollywoodiano con quel tipico tono dolciastro e paternalistico ed un lieto fine natalizio prevedibile e sentimentaloide con la famigliola di italo americani, ignorante ma dal cuore grande, che, dopo un attimo di titubanza, accoglie calorosamente la star di colore bistrattata durante una tournèe nel profondo sud degli anni sessanta ancora profondamente razzista e segregazionista.
Astutamente il soggetto si rifà ad una storia realmente accaduta per acquisire credibilità e rendere la favoletta esopica più convincente e verosimile.
Se non fosse per la straordinaria, come sempre, interpretazione di Viggo Mortensen il film sarebbe da archiviare tra i b-movies o tra i film tv che ogni anno il sistema pseudo culturale a stelle e strisce produce per rassicurare il popolo americano che il bene alla fine trionfa sempre sul male grazie alla parte sana del paese, in una sorta di autoassoluzione collettiva dai crimini del passato e dalle perduranti ingiustizie.
Mentre tenta maldestramente di attaccare i pregiudizi razziali affrontando imprudentemente temi drammatici ed epocali con i toni della commedia, Farrelly indugia, senza rendersi conto della contraddizione, sullo stereotipo dell’italiano amico dei gangster, mangione, caciarone, sbruffone e mezzo imbroglione, insomma il solito pulcinella, che ha fatto la fortuna di molto cinema americano d’autore da Coppola a Scorsese.
La questione razziale, a mio avviso, merita un altro approccio e chi sostiene che si può trattare qualsiasi argomento, anche il più tragico, come quello della segregazione, figlia dell’aberrante mentalità schiavista, con ironia e leggerezza, dovrebbe riflettere su come reagirebbe se qualcuno osasse fare lo stesso prendendo spunto dai suoi drammi personali. Ma questo è l’atteggiamento vincente in questo momento storico ed il film, infatti, ha vinto diversi Oscar, come del resto La vita è bella di Benigni, che con altrettanta leggera e garbata ironia affrontò la tragedia indicibile ed irrappresentabile dell’Olocausto.
Questa è l’epoca in cui il sentimento del tragico è stato abolito. Una grossa fetta della società civile, regredendo alla prima infanzia, così come nega la vecchiaia e la morte come parte della vita, preferisce esorcizzare gli abomini esecrabili, orrendi ed ineffabili che hanno costellato la storia recente dell’Occidente e che dovrebbero destare una violenta reazione emotiva di sdegno e di rivolta e di condanna, facendoci sopra una commedia brillante e per certi aspetti anche divertente.
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jackbeauregard
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martedì 5 febbraio 2019
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godibile
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Tratto da una storia veramente accaduta, è un film fatto con tutti i crismi delle produzioni americane di qualità. Attori bravissimi (Viggo Mortesen nella parte dell'italo-americano sarebbe da risentire in lingua originale, credo che diventerebbe ancora più spassoso) e situazioni giocoforza divertenti, anche se non si ride mai a cuor leggero.
(Considerazione a parte: il razzismo oggi ha assunto forme così subdole che viene quasi voglia di rimpiangere quando invece era palesemente manifesto, come con certe leggi degli Stati del sud degli USA. Almeno così si poteva combattere chiaramente, mentre adesso ci si maschera spesso in un finto politically correct).
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Tratto da una storia veramente accaduta, è un film fatto con tutti i crismi delle produzioni americane di qualità. Attori bravissimi (Viggo Mortesen nella parte dell'italo-americano sarebbe da risentire in lingua originale, credo che diventerebbe ancora più spassoso) e situazioni giocoforza divertenti, anche se non si ride mai a cuor leggero.
(Considerazione a parte: il razzismo oggi ha assunto forme così subdole che viene quasi voglia di rimpiangere quando invece era palesemente manifesto, come con certe leggi degli Stati del sud degli USA. Almeno così si poteva combattere chiaramente, mentre adesso ci si maschera spesso in un finto politically correct).
Comunque, tornando al film, si tratta per un quarto di un road movie, ma con itinerario già prefissato in partenza, per metà di un incontro-scontro tra 2 persone di estrazione sociale, culturale ed etnica completamente diversa, ma entrambe molto comunicative, e per un altro quarto di musica e di razzismo di vario livello sociale (si va da quello becero dei bar per soli bianchi o dei poliziotti, a quello più raffinato, ma molto più sottile e perfido, dell'alta società sudista). Il tutto miscelato in 2 ore e 10 minuti molto godibili che non stancano neanche per un istante.
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