loland10
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mercoledì 6 settembre 2017
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la spiaggia con gli elmetti
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“Dunkirk” (id., 2017) è il decimo lungometraggio del regista inglese Christopher Nolan.
In quest’ultimo film di Nolan si sente il respiro e l’afflato di una nazione, la stima e il coraggio di un popolo, la paura e l’odore del nemico.
Una pellicola che si costruisce in tre paradigmi, e tre fasi temporali non uguali come gli ambienti relativi. Cielo, acqua e terra, un’ora, un giorno e una settimana. Incastri di tempi, visi, luci, oscurità, ordini, proiettili, fughe, sguardi, visiere, livelli, adunate, elmetti, polveri e rientri.
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“Dunkirk” (id., 2017) è il decimo lungometraggio del regista inglese Christopher Nolan.
In quest’ultimo film di Nolan si sente il respiro e l’afflato di una nazione, la stima e il coraggio di un popolo, la paura e l’odore del nemico.
Una pellicola che si costruisce in tre paradigmi, e tre fasi temporali non uguali come gli ambienti relativi. Cielo, acqua e terra, un’ora, un giorno e una settimana. Incastri di tempi, visi, luci, oscurità, ordini, proiettili, fughe, sguardi, visiere, livelli, adunate, elmetti, polveri e rientri. E’ il suo cinema di cambi di prospettiva, di storie sovrapposte, di luoghi mescolati, di realtà circondate.
Come in un battere continuo, incessante, assillante e senza sosta, la macchina da presa avvinghia e ridesta il sonoro e lo score di Hans Zimmer. Una perpetuazione continua, un’ascesa-discesa acustica, un’asfissiante sonorità dove i corpi tutti sparano forme e fuochi e le parole diventano suoni inutili e aspirate.
Tutto diventa sonorità e ogni movimento di macchina una saetta contro qualcuno mentre ciò che vedi è spento, smorto, senza destino. I tempi dell’alta marea scandiscono tutti i momenti con ansia vitale e ferrea resistenza alla morte. L’acqua che divide la costa francese da quelle delle scogliere. Siamo a casa: quasi non ci credono le pattuglie che rientrano.
Siamo sulla spiaggia di Dunkerque (Dunkirk) nel maggio del 1940 dove centinaia di migliaia di soldati inglesi sono sotto la minaccia costante del nemico nazista. L’ordine è la ritirata: tutto avviene in un dispiegamento di forze di mare tra mezzi militari e civili. Il ritorno in Patria è ‘festa’ nonostante il forzato arretramento e Churchill ammanta di gloria i soldati con un celebre discorso alla Camera dei deputati.
Stile e riprese ineccepibili, pochissime parole e virtuosismo immagini, asciutto film di guerra dove il nemico è fuori schermo: seguire i bellissimi contorsionismi del regista è quello che rimane. Un film dove l’intelligenza e l’arguzia di un popolo vengono ‘posti in alto’ in ciascuna sequenza, in ogni istante e in qualsiasi viso ( ripreso sempre da molte angolature con un gioco chiaroscuro tra cielo plumbeo e spiaggia ingrigita dal nemico dietro ogni vuoto d’aria o di recinto della città.
Incipit: le prime inquadrature rimangono fortemente e al momento che ‘aspetti’ con impeto e violenza arrivano pallottole e sangue che scavano lo schermo e aprono la fuga del soldato Tommy lasciando i corpi dei suoi amici. Nulla può, corre e s’arrampica fino ad arrivare alla piaggia. Un’immagine desolante con migliaia di elmetti (tutti ordinati e in schiera) che aspettano il proprio destino. Dal campo lungo verso una via della città vuota (con colori pastosamente spenti e ariosamente abbassati) dove un gruppo di militari arieggia passeggiando fino allo sguardo lontano oltre l’orizzonte (se è possibile) di un ragazzo che si trova tra tante migliaia ad aspettare.
Il film sulla ‘perfezione stilistica’ e di ambienti, di foghe e di sonori, di introspezione e di fisicità morenti, è il film d'impasse narrativa dove il luoghi temporali si mescolano, i volti affogano e le maree visive si imbattono in una spiaggia nuda e piena di battiti.
‘Giusto che io sia in marina e tu militare’: ecco la durata della marea come l'arrivo della prossima sono dibattito minimo tra tre o sei ore. Il tempo stringe e il fuoco nemico è sempre in agguato. Alla fine l'aereo di Ferrier sta per 'scendere' sulla spiaggia, una bella panoramica e si vede la città (virtualmente ricostruita o qualche eccesso di modernismo che non è dell’epoca…). Era meglio evitare l’eroismo eccessiv. Poi gli ultimi dieci minuti debordano alquanto e far leggere ad alta voce ...il discorso di Churchill....da un giornale ‘offerto’ da un bambino mentre il treno (tra ali di folla e birre spumeggianti) porta a casa i ‘patrioti’…. appare retrò e la retorica va oltre i personaggi … e sprizza da ogni poro…
Diversità: poche parole e riprese corrette. Non è poco...ci mancherebbe. Ma il (vero) capolavoro presume una logica (im)perfetta e che piaccia al di là di come si vuole dire. Cioè inattaccabile.
Fionn Whitehead(Tommy), Tom Glynn-Carney (Peter), Harry Styles (Alex), Barry Keoghan (George), Cillian Murphy (Shivering), Aneurin Barnard (Gibson) e tutti gli altri contro due attori ‘teatrali’ (di rango) come Kenneth Branagh (Bolton) e Mark Rylance (Mr. Dawson): difficile scegliere ma certo il volto di Tommy che guarda per noi la spiaggia di Dunkirk e ci porta con lui nell’accerchiamento rimane fortemente impresso.
La musica di Zimmer spreme ogni cambio di ripresa e ogni scena a tempo; e che dire se un film del genere fosse stato esente da ogni commento di note e imprimere il ricordo solo dei rumori di fondo o corpi in movimento? Semplice domanda. Nolan ci da (e si da) sicurezza con un uso della macchina senza sconti: gli schemi e le angustie di sue pellicole precedenti già contraddistinguono uno stile. E i rimandi di altri film e/o di altri registi ci sono con intelligenza e parsimonia distribuita.
Voto: 8/10 (****).
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yanquiuxo
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venerdì 22 settembre 2017
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fanboy di nolan, calmatevi
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Dunkirk è un film che ha diversi pregi. Mi sento di considerare il primo di questi l'assenza del nemico su schermo, scelta azzeccatissima che enfatizza molto la tensione e rimane la cosa che mi ha colpito di più in tutto il film. L'introduzione può passare tranquillamente come una delle sequenze cinematografiche più belle girate da Nolan, forse proprio la migliore che è riuscito a mettere in piedi; ti cala nell'atmosfera del film che è lì che aspetta di accoglierti precisissima e studiata a tavolino (la lunga scia di case che delimitano la spiaggia, non si vedrà più fin quasi alla fine, creando un senso di claustrofobia non facile da far percepire girando in un luogo così grande).
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Dunkirk è un film che ha diversi pregi. Mi sento di considerare il primo di questi l'assenza del nemico su schermo, scelta azzeccatissima che enfatizza molto la tensione e rimane la cosa che mi ha colpito di più in tutto il film. L'introduzione può passare tranquillamente come una delle sequenze cinematografiche più belle girate da Nolan, forse proprio la migliore che è riuscito a mettere in piedi; ti cala nell'atmosfera del film che è lì che aspetta di accoglierti precisissima e studiata a tavolino (la lunga scia di case che delimitano la spiaggia, non si vedrà più fin quasi alla fine, creando un senso di claustrofobia non facile da far percepire girando in un luogo così grande).
Fin qui tutto bene, anche nella presentazione dei personaggi che sembrano lì lì per essere approfonditi e descritti, ma questo purtroppo non accade mai. L'esperimento di Nolan di creare un war movie basato solo sull'azione e la tensione che il comparto tecnico può fornire, lo porta fuori strada nella sceneggiatura, presentando una narrazione frammentata che sembra voler creare un senso di confusione voluto proprio per calare lo spettatore nel caos delle vicende, ma che verso la metà inizia a confondere un po troppo e risulta poco azzeccato visto l'approfondimento dei personaggi praticamente assente. Si passa da una situazione all'altra in cui l'interesse è sempre minore. Nolan da quasi per scontato che tutti gli spettatori siano disposti ad affezionarsi all'idea di veder salvare dei presunti protagonisti verso i quali purtroppo non c'è empatia. Difatti, la scelta dell'anonimato tra i soldati è un'altra delle ricerche stilistiche di Nolan, il quale però sceglie di non rischiare troppo e di prendere la via di mezzo: troppi dialoghi avrebbero forse guastato la tensione puramente tecnica che il regista voleva rendere? Bene, allora perché non eliminarli del tutto? Sarebbe stata una scelta azzardata, discutibile per molti, ma avrebbe forse funzionato meglio che scrivere una manciata di battute poco ispirate per riempire quello che altrimenti sarebbe stato un ''vuoto''. Vuoto tra virgolette perché il silenzio nei war movie è fondamentale quanto il rumore e un perfetto equilibrio di azione, pura mimica facciale e dialoghi minimali scritti a favore del terrore nel cuore degli uomini, sarebbero stati un espediente narrativo originale e interessante, nonché efficace sia nel costruire altra tensione, sia nel definire con il minimo indispensabile le personalità dei soldati. Qui invece si ha l'impressione che il lavoro sui dialoghi sia stato lasciato a metà per paura di fare il passo più lungo della gamba. Sappiamo che ci sono dei protagonisti per ognuna delle tre sequenze, o almeno così ci sembra perché Nolan ci da abbastanza per pensarlo, ma non abbastanza per esserne convinti e quindi aver paura insieme a loro. Parliamoci chiaro: non stiamo parlando di un videogioco di guerra in cui l'azione è vista in prima persona e i personaggi di sfondo possono liberamente essere lasciati nell'anonimato. Qui si parla di cinema e un esercizio di pura tecnica senza un minimo di contesto e di contenuto non rende il film buono, sopratutto se si vuole adottare un determinato stile narrativo: o lo si fa o non lo si fa. Nolan è al centro dei due poli perché sa bene di star girando un film destinato a un pubblico di massa. Si ferma quindi a metà strada tra il cinema d'autore e il l'intrattenimento da Blockbuster, cosa che purtroppo lo sta limitando e ciò si vede già da Interstellar e in piccolissime scintille anche in Inception. Spendo un altro paio di parole sulla colonna sonora, a volte fondamentale altre volte superflua dato che accompagna quasi tutta la pellicola.
Ma la cosa che veramente mi provoca un fastidio incredibile, sono le persone attaccate alla figura del Nolan regista, che vogliono farlo passare come uno dei più grandi autori di sempre e che non sbaglia mai un colpo. Non mi riferisco a commenti o recensioni lette su questo sito, quanto più a opinioni trovate nel web: molti di questi sono volgari, si esprimono con argomentazioni nulle e pretendono anche di aver ragione. Ragazzi, calmatevi, nessuno dice che Nolan sia un buono a nulla, semplicemente è un regista criticabilissimo (come tutti gli altri, ognuno hai i suoi punti deboli) e il semplice fatto di voler essere a tutti i costi perfettamente in linea con la sua visione, non vi da il diritto di sputare sulle opinioni altrui considerandole un'accozzaglia di stupidaggini che mirano a buttare giù un Dio intoccabile. A voi ha emozionato il finale estremamente patriottico o l'atterraggio di un Tom Hardy poco presente e privo di valori se non un forzato eroismo? Bene. A me come a molti altri tutto ciò ha infastidito e lasciato con uno sbadiglio e un ricordo sbiadito di un film che aveva le potenzialità di essere un'opera magnifica ma alla quale è mancato coraggio. Stateci, gente.
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stramonio70
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venerdì 22 settembre 2017
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il primo vero passo falso di christopher nolan
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Finora ho amato tutti i film diretti da Christopher Nolan, in particolar modo "The prestige" ed "Inception" che sono tra i miei preferiti. Questo però è il primo che mi ha veramente deluso su tutti i fronti: sceneggiatura quasi inesistente, dialoghi scarni, personaggi senza nessuno spessore, musiche ridondanti, montaggio frammentato tipico del regista ma fuori luogo per un film di questo tipo. Sembra volutamente girato come se fosse un documentario ma questa non è un'attenuante. Mi dispiace ammetterlo ma dopo mezz'ora che lo guardavo ho cominciato seriamente ad annoiarmi ed ho faticato ad arrivare alla fine. Sicuramente è un film che non rivedrò una seconda volta.
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Finora ho amato tutti i film diretti da Christopher Nolan, in particolar modo "The prestige" ed "Inception" che sono tra i miei preferiti. Questo però è il primo che mi ha veramente deluso su tutti i fronti: sceneggiatura quasi inesistente, dialoghi scarni, personaggi senza nessuno spessore, musiche ridondanti, montaggio frammentato tipico del regista ma fuori luogo per un film di questo tipo. Sembra volutamente girato come se fosse un documentario ma questa non è un'attenuante. Mi dispiace ammetterlo ma dopo mezz'ora che lo guardavo ho cominciato seriamente ad annoiarmi ed ho faticato ad arrivare alla fine. Sicuramente è un film che non rivedrò una seconda volta. Ovviamente non è un completo disastro: si salvano le bellissime riprese sulla spiaggia e quelle aeree ma con il budget e le cineprese a disposizione questo era il minimo che si potesse fare. Per concludere credo che Dunkirk non meriti assolutamente di entrare nella lista dei migliori film di guerra. Volete un elenco di film bellici superiori a questo? Eccovelo: Orizzonti di gloria, Il giorno più lungo, Quell'ultimo ponte, Apocalypse now, Platoon, Full metal Jacket, Vittime di guerra, Il pianista, Schindler's list, Salvate il soldato Ryan... basta mi fermo qui perché voglio non infierire oltre.
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[+] un altro incompetente
(di gio_29)
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(di bizantino73)
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woody62
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mercoledì 27 settembre 2017
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poderoso dramma bellico
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“Una settimana, un giorno, solamente un'ora, a volte vale una vita intera. Il tempo passa in frettae ti ruba quello che hai”. Mai le parole di Edoardo Bennato furono più profetiche. Il film “Dunkirk” narra in modo non lineare proprio la settimana trascorsa in attesa dai soldati bloccati sulla spiaggia, sotto il fuoco tedesco; il giorno della battaglia aerea tra piloti inglesi e tedeschi; l’ora del viaggio in mare del battello privato - uno tra i tantissimi destinati al miracoloso salvataggio di oltre 300.
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“Una settimana, un giorno, solamente un'ora, a volte vale una vita intera. Il tempo passa in frettae ti ruba quello che hai”. Mai le parole di Edoardo Bennato furono più profetiche. Il film “Dunkirk” narra in modo non lineare proprio la settimana trascorsa in attesa dai soldati bloccati sulla spiaggia, sotto il fuoco tedesco; il giorno della battaglia aerea tra piloti inglesi e tedeschi; l’ora del viaggio in mare del battello privato - uno tra i tantissimi destinati al miracoloso salvataggio di oltre 300.000 soldati inglesi, francesi e belgi.Tre prospettive diverse, ma tutte convergenti nel raccontare il terrore dell’incertezza, l’abisso della paura nell’attesa di conoscere il proprio futuro. Il capolavoro di Christopher Nolan, ci rimanda ad altri grandi classici del genere (vedi su tutti “Il giorno più lungo” del 1962 sullo sbarco in Normandia, e soprattutto la meravigliosa rilettura spielberghiana di “Salvate il soldato Ryan” del 1998), ma qui siamo di fronte ad una spettacolare proposta visiva ed emotiva che nei tre ambienti (la spiaggia, il mare, l’aria) riesce a coinvolgere ed appassionare. Ciò grazie anche alla colonna sonora del maestro Zimmer che, per gran parte del film è piuttosto un cupo e inquietante rumore di fondo. Solo alla fine il tema musicale si apre in una solenne e nel contempo malinconica melodia che ben accompagna non la vittoria, ma una “non sconfitta”. Di rilievo la scelta narrativa di Nolan che non mostra mai il “nemico” se non in rari casi - quando attaccano gli aerei tedeschi e alla fine del film, in uno spettacolare crepuscolo, quando il pilota dello Spitfire dopo aver compiuto la propria missione, atterra sulla spiaggia senza carburante e viene prelevato da soldati tedeschi. Ottimo il cast fatto di tanti giovani che interpretano al meglio la tragedia umana – con le complesse conseguenze psicologiche e violente - di chi sa di poter morire da un momento all’altro. Addirittura superbe sono le immagini delle battaglie aeree, di un realismo eccezionale, come superba è nel complesso la fotografia di Van Hoytema. Insomma un film da non perdere di cui sentiremo parlare nella prossima notte degli Oscar.
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theblue90
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venerdì 15 settembre 2017
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un'occasione mancata
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Andate pure al cinema, perché ci sono delle scene abbastanza belle; ma andateci senza troppe aspettative. Il film a parer mio è discreto, ma non è certo il capolavoro o l'esperienza sensoriale che altri hanno voluto far intendere. L'impressione generale è quella di un lungometraggio preparato in un tempo minore di quello che sarebbe stato necessario, con un mix di idee e di spunti che avrebbero richiesto più cura e più minuti nel montaggio finale (106 minuti totali, per me, sono pochi). Il pregio più grande del film costituisce pure il suo più grande limite: le riprese grandangolari, lo sfruttamento orizzontale del campo visivo, uniti ad una palette cromatica tendente al blu, contribuiscono alla spettacolarizzazione di talune scene, ma generano nello spettatore la sensazione che ogni singolo fotogramma sia stato girato pensando non già alla guerra, ma al cinema, allo spettatore medesimo.
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Andate pure al cinema, perché ci sono delle scene abbastanza belle; ma andateci senza troppe aspettative. Il film a parer mio è discreto, ma non è certo il capolavoro o l'esperienza sensoriale che altri hanno voluto far intendere. L'impressione generale è quella di un lungometraggio preparato in un tempo minore di quello che sarebbe stato necessario, con un mix di idee e di spunti che avrebbero richiesto più cura e più minuti nel montaggio finale (106 minuti totali, per me, sono pochi). Il pregio più grande del film costituisce pure il suo più grande limite: le riprese grandangolari, lo sfruttamento orizzontale del campo visivo, uniti ad una palette cromatica tendente al blu, contribuiscono alla spettacolarizzazione di talune scene, ma generano nello spettatore la sensazione che ogni singolo fotogramma sia stato girato pensando non già alla guerra, ma al cinema, allo spettatore medesimo. E questo è male. Parlando dei dialoghi: sapevo che ne avrei trovati molti meno rispetto ai passati film di Nolan, e avevo appreso la notizia con gioia. Purtroppo, però, ne ho trovati più di quelli che immaginavo, e quelli che vi sono risultano essere abbastanza banali. Alcune scelte di montaggio possono lasciare perplessi, e va evidenziato anche che il film, onde evitare qualsiasi tipo di limitazione o indicazione sui divieti ai minori, è oltremodo corretto: si possono ammirare soldati che saltano per aria e non riuscire a scorgere, al contempo, neppure una goccia di sangue. Anche questo non aiuta. Il finale è in assoluto il momento peggiore del film, dimostrazione che Nolan ha preso, impacchettato e infiocchettato il lungometraggio con il più spavaldo spirito statunitense (il fatto che non si veda un nazista per tutto il film, salvo un paio di secondi in una scena finale, contribuisce all'idea statunitense della lotta dei "giusti" contro un male indefinito e senza volto). Insomma, un'occasione mancata.
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goldy
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domenica 17 settembre 2017
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il silenzio dei soldati e il fragore
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I registi di oggi sono frenati dalla paura di essere accusati di essere retorici e cadono nell'eccesso opposto cancellando le pulsioni emotive dello spettatore che chiede sempre e comunque di essere coinvolto. Qui si esclude qualsiasi elemento concreto, non ci sono i tedeschi nemici e rimane una rappresentazione oggettiva della guerra come ha già fatto Malick. Ma non si può partire da un evento vero più del vero, che è stato vissuto da milioni di persone senza contestualizzarlo come si deve. Un elemento di concretezza che chiede di far capire allo spettatore come sono andate le cose, e perchè sono andate così è d'obbligo. Nel migliore dei casi si ricorderà il film per la tensione che crea, per il frastuono insopportabile (ma i soldati aspettavano in un silenzio spettrale) dimenticando completamente la portata dell'evento storico.
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I registi di oggi sono frenati dalla paura di essere accusati di essere retorici e cadono nell'eccesso opposto cancellando le pulsioni emotive dello spettatore che chiede sempre e comunque di essere coinvolto. Qui si esclude qualsiasi elemento concreto, non ci sono i tedeschi nemici e rimane una rappresentazione oggettiva della guerra come ha già fatto Malick. Ma non si può partire da un evento vero più del vero, che è stato vissuto da milioni di persone senza contestualizzarlo come si deve. Un elemento di concretezza che chiede di far capire allo spettatore come sono andate le cose, e perchè sono andate così è d'obbligo. Nel migliore dei casi si ricorderà il film per la tensione che crea, per il frastuono insopportabile (ma i soldati aspettavano in un silenzio spettrale) dimenticando completamente la portata dell'evento storico. L'esaltazione poi dei tre piani narrativi sottolineata dai cinefili quando manca l'essenziale e cioè: l'abbozzo di una trama, la non caratterizzazione dei personaggi , la conseguente mancanza di tensione drammatica, il senso di epicità che l'evento lascia dietro di sé , francamente mi rimbalza. Occorre avere l'umiltà di nutrire cuori e sentimenti . Se manca questo aspetto rimane un bell'esercizio di perizia cinematografica.
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francescom94
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venerdì 1 settembre 2017
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la guerra senza fronzoli: nolan e il terrore
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Dunkirk è la decima fatica di quel regista britannico tanto osannato quanto contestato. Dopo Memento (2000), Inception (2009) ed Interstellar (2014), Nolan confeziona un prodotto totalmente immersivo, narrativamente atipico, tecnicamente inoppugnabile, in grado di appagare vista, udito ed intelletto dello spettatore. Il fil rouge che lega Dunkirk ai tre film di cui sopra? Ovviamente il Tempo.
Procediamo con ordine.
Il contesto storico:
Operazione Dynamo. La Patria che si riprende i suoi trecentotrentamila Figli legittimi. È la storia di una vittoria (strategica) nella sconfitta (sul campo). È la storia della più grande evacuzione militare di sempre messa in atto dalla combinazione Marina - Civili tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940.
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Dunkirk è la decima fatica di quel regista britannico tanto osannato quanto contestato. Dopo Memento (2000), Inception (2009) ed Interstellar (2014), Nolan confeziona un prodotto totalmente immersivo, narrativamente atipico, tecnicamente inoppugnabile, in grado di appagare vista, udito ed intelletto dello spettatore. Il fil rouge che lega Dunkirk ai tre film di cui sopra? Ovviamente il Tempo.
Procediamo con ordine.
Il contesto storico:
Operazione Dynamo. La Patria che si riprende i suoi trecentotrentamila Figli legittimi. È la storia di una vittoria (strategica) nella sconfitta (sul campo). È la storia della più grande evacuzione militare di sempre messa in atto dalla combinazione Marina - Civili tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940.
Nove giorni infernali, interminabili. Unico obiettivo: tornare a casa.
Lo spazio e il tempo:
il molo, il mare, il cielo. Rispettivamente: sette giorni, un giorno, un'ora dall'evacuazione. Il carissimo Christopher estrapola tre precisi momenti e si addossa totalmente (e nuovamente) la responsabilità dell'intreccio narrativo non convenzionale, costringendo lo spettatore al gusto della concentrazione e al malessere psicologico, senza ricorrere a spargimenti di sangue.
I soldati, ragazzi innocenti, fragili.
Lo script è scarno: appena settantasei pagine. A Dunkerque non servono le parole. A Dunkerque non esistono fantomatici eroi retorici Spielberghiani, non c'è tempo per i triangoli amorosi alla Micheal Bay. La pellicola è un costante richiamo all'istinto ultimo dell'essere umano: la sopravvivenza individuale, egoistica, anche a spese dei propri compagni se necessario.
Mors tua, vita mea.
La cinepresa di Nolan indugia ossessivamente sui loro volti da cui traspaiono stati d'animo contrastanti: tristezza, coraggio, rassegnazione, pazzia, ma soprattutto terrore. Terrore nei confronti di un nemico che vola e naviga ma che mai si espone in prima linea, che mai scopre il suo volto. È impersonale: è la Germania all'apice del potere, è la Wehrmacht all'ennesima potenza.
Hans Zimmer. Colonna sonora: il ticchettio di un orologio automatico che scandisce l'inesorabile scorrere del Tempo. I picchi nei momenti clou. Elettrizzante, esasperante, ossessiva. Perfetta.
Nolan. E i suoi 106 minuti di suspance.
Il suo sapiente utilizzo della cinepresa e la maestosità dell'IMAX, la riduzione all'osso degli effetti speciali, l'assenza di sangue, il sodalizio con Zimmer e Hoytema. Parola d'ordine: osare. Perché sono loro tre, da un paio d'anni a questa parte, i veri protagonisti.
Cinema d'Autore nudo e crudo, non per tutti. Il suo capolavoro? Sarà il Tempo a dircelo.
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(di filippo1974)
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[+] una settimana, un giorno, un'ora in dunkirk
(di antoniomontefalcone)
[ - ] una settimana, un giorno, un'ora in dunkirk
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fabal
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domenica 3 settembre 2017
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dunkirk, una dimensione sospesa
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Colpi di artiglieria e raffiche di mitra introducono il cielo plumbeo di Dunkirk alla fine di maggio del ’40, dove quasi 400.000 soldati inglesi e francesi sono rimasti accerchiati dall’avanzata tedesca . La gigantesca spiaggia di sabbia finissima contraddice immediatamente lo stretto molo in cui le truppe ammassate cercano il reimbarco, disposte in file fittissime che avanzano a una lentezza esasperante, sotto il fuoco degli Junker 87 e le loro micidiali sirene. E’ necessario un salvataggio dalla spiaggia, o a Dunkirk si rischia il massacro: per questo motivo anche le imbarcazioni civili salpano dai porti della Gran Bretagna per attraversare la Manica e recuperare quanti più compatrioti possibili, affinché avvenga il cosiddetto “miracolo di Dunkirk”.
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Colpi di artiglieria e raffiche di mitra introducono il cielo plumbeo di Dunkirk alla fine di maggio del ’40, dove quasi 400.000 soldati inglesi e francesi sono rimasti accerchiati dall’avanzata tedesca . La gigantesca spiaggia di sabbia finissima contraddice immediatamente lo stretto molo in cui le truppe ammassate cercano il reimbarco, disposte in file fittissime che avanzano a una lentezza esasperante, sotto il fuoco degli Junker 87 e le loro micidiali sirene. E’ necessario un salvataggio dalla spiaggia, o a Dunkirk si rischia il massacro: per questo motivo anche le imbarcazioni civili salpano dai porti della Gran Bretagna per attraversare la Manica e recuperare quanti più compatrioti possibili, affinché avvenga il cosiddetto “miracolo di Dunkirk”. Quasi i tre quarti dei soldati riusciranno a rimpatriare, a bordo di yacht, pescherecci, barche a vela o qualsiasi cosa che galleggi. A proteggere dal cielo questa disperata operazione le strette virate degli Spitfire guidati dai piloti della R.A.F.
Sempre ambizioso e mai banale Nolan, anche in un film dove l’obbligo del realismo storico rischierebbe di ingabbiarlo. Qui si parla di guerra e di guerra vissuta, e la licenza del visionario, per forza di cose, non può essere quella diInception o Interstellar, capolavori che dalla meditazione sullo spazio – tempo avevano spinto il genere sci-fi oltre i limiti del cinema tradizionale. Ma Dunkirk è storia, è tecnica militare, è geografia ben delimitata: il cinema di guerra può essere infedele, poco credibile o persino offensivo se quella realtà storica da cui prende spunto venisse troppo distorta da una licenza poetica irrispettosa.
Eppure Nolan accontenta tutti. E lo fa con una sintesi perfetta.
Fin da subito - e per subito intendo dai primissimi fotogrammi – Dunkirk appare in una dimensione sospesa, su cui domina un cielo plumbeo e una persistente foschia che potrebbe ben circondare una città invisibile. O potrebbe, chissà, rappresentare l’atmosfera di un incubo notturno di un reduce, in cui lo scenario leggermente sfumato, distorto, e soprattutto frammentato passa in secondo piano rispetto a un sonoro aggressivo fatto di boati, raffiche improvvise, corazze metalliche continuamente perforate.
Senza che nulla di tutto ciò vada minimamente a intaccare l’intrinseco realismo che si pretende da Dunkirk; un realismo anch’esso inedito, crudo ed elegante allo stesso tempo, che non si compiace del macabro e non cede alla tentazione dell’iper-realismo che ha reso celebre i primi minuti di Salvate il soldato Ryan, mostrando quegli arti mozzati e corpi squartati, quel sangue a fiumi, divenuti poi una costante nel cinema più recente. Ma poiché di cruento ne vediamo ormai fin troppo e non solo nei film di guerra -per l’abuso dell’hard boiled nel thriller, losplatter nell’horror e così via – saggiamente Nolan non indugia su strazianti scene di soldati feriti e corpi martoriati.
Preferisce, invece, affidarsi al panico del suono, in cui un esercito nemico che non vediamo mai spara da oltre la città invisibile, senza che né i soldati protagonisti né gli spettatori capiscano mai la provenienza dei colpi. Tranne quando, con ancor più prepotenza sonora, la picchiata degli Stuka è invece precisa, inesorabile. Oppure quando il siluro di un U Boot causa un naufragio notturno e vediamo corpi, alla disperata ricerca di salvezza, muoversi in un mare nero.
Altro tratto peculiare dell’opera di Nolan è il carattere assolutamente non romanzato della narrazione: Dunkirk non sceglie di focalizzarsi su un protagonista del quale si sviscera giovinezza, famiglia, l’immancabile storia d’amore che precede la partenza per la guerra. No: l’inizio, pienamente in medias res, senza fronzoli o introduzioni particolari (se non poche righe scritte su sfondo nero), rende superfluo anche il racconto degli antefatti o di qualsiasi cornice politica: perché l’intento dichiarato è quello di catapultare lo spettatore in una dimensione sensoriale, visiva e soprattutto sonora, dove non c’è tempo per qualsiasi riflessione sul mondo esterno. Significativo, (e positivo) il fatto che non ci siano scene di bureau a interrompere la narrazione, con ufficiali dietro la scrivania armati solo di telefoni o cartine geografiche.
Dunkirk racconta invece tre storie parallele, ognuna accompagnata dalla propria orchestra sensoriale e visiva, sulla spiaggia, in cielo e per mare. Storie in cui le uniche concessioni alla retorica le fa l’anziano patriota a bordo del suo yacht.
Un ritratto indubbiamente inedito del cinema di guerra, concreto ma non brutale. Che fa della frammentazione il suo punto di forza, scegliendo di non seguire un solo filo conduttore ma illustrando momenti, situazioni, come a mostrare che nella guerra regna il caos e non la linearità. Di quello che succede al di fuori, poco importa. Non si tratta di una scelta narrativa immunizzante da difetti, né sempre condivisibile, perché in un paio di occasioni lo switch tra spiaggia-mare-cielo spezza effettivamente la tensione e sembra fare di Dunkirk una vittima della ripetitività.
Per fortuna questa sensazione dura solo pochi frangenti e non intacca la qualità generale del film, sempre corale, in cui ogni elemento (vivo o materiale) sembra muoversi all’unisono con il mare di nebbia. Le note (poche) di Hans Zimmer non sono una vera e propria colonna sonora, ma un eco ossessivo, non raffinato, simile alla sirena di uno Stuka.
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francescom94
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venerdì 1 settembre 2017
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tempo, coraggio, fragilità: la guerra secondo nolan
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Dunkirk: decima fatica del regista britannico tanto osannato quanto contestato. Dopo Memento (2000), Inception (2009) ed Interstellar (2014), Nolan confeziona un prodotto totalmente immersivo, narrativamente atipico, tecnicamente inoppugnabile, in grado di appagare vista, udito ed intelletto dello spettatore. Il fil rouge che lega Dunkirk ai tre film di cui sopra? Ovviamente il Tempo. Procediamo con ordine.
Il contesto storico: Operazione Dynamo. La Patria che si riprende i suoi 330.000 Figli legittimi. È la storia di una vittoria (strategica) nella sconfitta (sul campo). È la storia della più grande evacuzione militare di sempre messa in atto dalla combinazione Marina - Civili tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940.
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Dunkirk: decima fatica del regista britannico tanto osannato quanto contestato. Dopo Memento (2000), Inception (2009) ed Interstellar (2014), Nolan confeziona un prodotto totalmente immersivo, narrativamente atipico, tecnicamente inoppugnabile, in grado di appagare vista, udito ed intelletto dello spettatore. Il fil rouge che lega Dunkirk ai tre film di cui sopra? Ovviamente il Tempo. Procediamo con ordine.
Il contesto storico: Operazione Dynamo. La Patria che si riprende i suoi 330.000 Figli legittimi. È la storia di una vittoria (strategica) nella sconfitta (sul campo). È la storia della più grande evacuzione militare di sempre messa in atto dalla combinazione Marina - Civili tra il 27 maggio e il 4 giugno 1940. Nove giorni infernali, interminabili. Unico obiettivo: tornare a casa.
Lo spazio e il tempo: il molo, il mare, il cielo. Rispettivamente: sette giorni, un giorno, un'ora dall'evacuazione. Il carissimo Christopher estrapola tre precisi momenti e si addossa totalmente (e nuovamente) la responsabilità dell'intreccio narrativo non convenzionale, costringendo lo spettatore al gusto della concentrazione e al malessere della tortura psicologica di stampo bellico, senza ricorrere a spargimenti di sangue.
I soldati, ragazzi innocenti, fragili. Lo script è scarno: appena settantasei pagine. A Dunkerque non servono le parole. A Dunkerque non esistono fantomatici eroi retorici Spielberghiani, non c'è tempo per i triangoli amorosi alla Micheal Bay. La pellicola è un costante richiamo all'istinto ultimo dell'essere umano: la sopravvivenza individuale, egoistica, anche a spese dei propri compagni se necessario. Mors tua, vita mea. La cinepresa di Nolan indugia ossessivamente sui loro volti da cui traspaiono stati d'animo contrastanti: tristezza, coraggio, rassegnazione, pazzia, ma soprattutto terrore. Terrore nei confronti di un nemico che vola e naviga ma che mai si espone in prima linea, che mai scopre il suo volto. È impersonale: è la Germania all'apice del potere, è la Wehrmacht all'ennesima potenza.
Hans Zimmer. Colonna sonora: il ticchettio di un orologio automatico che scandisce l'inesorabile scorrere del Tempo. I picchi nei momenti clou. Elettrizzante, esasperante, ossessiva. Perfetta. Dunkirk. Nolan e i suoi 106 minuti. Il suo sapiente utilizzo della cinepresa e la maestosità dell'IMAX, la riduzione all'osso degli effetti speciali, l'assenza di sangue, il sodalizio con Zimmer e Hoytema. Parola d'ordine: osare. Perché sono loro tre, da un paio d'anni a questa parte, i veri protagonisti. Cinema d'Autore nudo e crudo, non per tutti. Il suo capolavoro? Sarà il Tempo a dircelo
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venerdì 1 settembre 2017
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un capolavoro di emozioni, un ritorno al cinema puro.
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Dunkirk di Nolan racconta una storia vera di un fatto realmente accaduto nella seconda guerra mondiale ovvero una resa, una ritirata delle truppe anglo francesi e il tentativo di riportarli in patria prima che i tedeschi invadano la città. Comincio con il dire che questo film non è per tutti e anzi è un war-movie completamente spiazzante, lo è già nella scelta di raccontare non la grande guerra ma una storia minore che in pochi conoscono ma lo è ancora di più nei contenuti, infatti questo film non ha una trama associata un fatto realmente accaduto come la maggior parte dei film di guerra ma vive di azioni ed eventi e cosa ancora più spiazzante è che non ci sono protagonisti, gli attori che vediamo in scena non interpretano personaggi costruiti a puntino ma "persone" e questo lasciatemelo dire è una delle cose più belle del film! perchè è un ritorno a cinema puro dove si andava in sala e non si andava a vedere una storia super orchestrata per emozionare ma andavi a vedere gli spettacoli di Melies che emozionavano e stupivano per quei trucchi impossibili senza raccontare, senza dire nulla ma stupendo grazie alla forza del immagine, questo film infatti fa della forza del immagine e della messa in scena il suo cuore e qui Nolan da il meglio di sè, le scene di terrore puro dei soldati le vivi anche in sala grazie al gran lavoro che è stato svolto sul suono, quando vedrete e sentirete arrivare un aereo Stuka abbasserete anche voi la testa come facevano quei soldati, la regia è fantastica e il fatto che è stato girato in 70 mm IMAX rende questo film veramente avvolgente ma sopratutto "vero" e puro rispetto al ormai imponente digitale che sta prendendo sempre più piede.
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Dunkirk di Nolan racconta una storia vera di un fatto realmente accaduto nella seconda guerra mondiale ovvero una resa, una ritirata delle truppe anglo francesi e il tentativo di riportarli in patria prima che i tedeschi invadano la città. Comincio con il dire che questo film non è per tutti e anzi è un war-movie completamente spiazzante, lo è già nella scelta di raccontare non la grande guerra ma una storia minore che in pochi conoscono ma lo è ancora di più nei contenuti, infatti questo film non ha una trama associata un fatto realmente accaduto come la maggior parte dei film di guerra ma vive di azioni ed eventi e cosa ancora più spiazzante è che non ci sono protagonisti, gli attori che vediamo in scena non interpretano personaggi costruiti a puntino ma "persone" e questo lasciatemelo dire è una delle cose più belle del film! perchè è un ritorno a cinema puro dove si andava in sala e non si andava a vedere una storia super orchestrata per emozionare ma andavi a vedere gli spettacoli di Melies che emozionavano e stupivano per quei trucchi impossibili senza raccontare, senza dire nulla ma stupendo grazie alla forza del immagine, questo film infatti fa della forza del immagine e della messa in scena il suo cuore e qui Nolan da il meglio di sè, le scene di terrore puro dei soldati le vivi anche in sala grazie al gran lavoro che è stato svolto sul suono, quando vedrete e sentirete arrivare un aereo Stuka abbasserete anche voi la testa come facevano quei soldati, la regia è fantastica e il fatto che è stato girato in 70 mm IMAX rende questo film veramente avvolgente ma sopratutto "vero" e puro rispetto al ormai imponente digitale che sta prendendo sempre più piede. gli attori svolgono tutti un lavoro eccezionale in particolare Tom Hardy che qui interpreta un soldato del aviazione inglese recitando praticamente solo con gli occhi in quanto avrà sempre il volto coperto dalla maschera da pilota e questa è stata una gran scelta eprchè Hardy riesce a trasmettere tutto solo con i suoi occhi, unica nota dolente è che se in questo cast ci sono si volti conosciuti ma che ben si prestano al contesto bellico tra questi cè anche il cantante degli One Direction Harry Styles, che non è stato malvagio anzi, riesce stranamente a reggere la scena peccato che il suo viso è troppo da modello pulito e perfettino , non da l'impressione di un ragazzo qualsiasi preso come soldato , senza contare che in alcune occasioni carica la sua recitazione e le espressioni facendo perdere un pò di credibilità ma è stato comunque diretto bene e solo in futuro vedremo se avrà modo di migliorare la sua recitazione che qui tutto sommato è accettabile. Un altro nota che sporca un pelino il film è la frammentazione temporale, Nolan è maniaco di queste cose ed è un suo stile riconoscibilissimo in tutti i suoi film ma qui a volte si perde il filo di cosa sta succedendo in quanto salta correttamente dai 3 contesti in maniera efficace, questo ilm si divide in terra, acqua e cielo dove vengono inseriti i vari personaggi, ma quando salta dal personaggio che guida l'aereo ed è giorno ad un avvenimento con lo stesso personaggio avvenuto di notte qualche ora prima per poi passare ad un altro personaggio di giorno, in alcuni momenti questi passaggi non sono chiari per lo spettatore ma non sporca un montaggio praticamente impeccabile a queste piccolissime sbavature, in fine una colonna sonora di Hans Zimmer, ormai stretto collaboratore di Nolan, che è un puro CAPOLAVORO, i temi musicali sono da pelle d'oca ed enfatizzano i momenti in maniera fantastica con questo ticchettio di orologio perenne che mantiene sempre la tensione alta e questi picchi sinistri che sottolineano l'avvicinamento del nemico. in conclusione questo sarà un film che di nuovo dividerà in due critica e pubblico, lo spettatore che vuole essere più "imboccato" criticherà questo film perchè secondo lui non parla di nulla mentre il pubblico amante del vero cinema e del cinema inteso come emozione e spettacolarità di tecnica e immagine ne rimarrà entusiasta, perchè questo è ciò che è il cinema ed è ciò che Hollywood e il pubblico sta perdendo sempre di più, ossia produrre e vedere Cinema che sa emozionare e dare qualcosa di più della battuta facile e dei cazzottoni dei cinecomics , un Cinema che non ha bisogno di una grande e cervellotica storia per emozionare perchè ricordiamocelo il cinema è "immagini in movimento" questa è MAGIA.
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