Titolo originale | Rester Verticale |
Anno | 2016 |
Genere | Drammatico |
Produzione | Francia |
Durata | 98 minuti |
Regia di | Alain Guiraudie |
Attori | Laure Calamy, Damien Bonnard, India Hair, Christian Bouillette, Raphaël Thierry Basile Meilleurat, Sébastien Novac, Baptiste Roques, Adrien Marsal, Tangi Belbeoc'h, Jakez André, Mathieu Milella, Charles Bénéat, Mathieu Philibert, Klet Beyer, Erwan Chapel, Johan Floch, Grégory Hairon, Joan Jacq, Stéphane Leucart, Thierry Machard, Estelle Bourget, Jean-Michel Gerbeau, Stéphanie Finot, Emmanuel Vergnault, Fernando Jesus de Abreu, Rui Miguel Dias Jorge, Emmanuelle Fitamant, David Turner (IV), Ilia Squiban, Abel Bonazzi Saint-Blancat. |
Tag | Da vedere 2016 |
MYmonetro | 3,09 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento sabato 14 maggio 2016
L'incontro tra il regista Leo e Marie, una pastora dallo spirito libero. Una storia d'amore che dovrà affrontare il pericolo dell'abbandono. Il film ha ottenuto 1 candidatura a Cesar,
CONSIGLIATO SÌ
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Léo incontra un giovane di bell'aspetto e gli propone di venire via con lui per entrare nel mondo del cinema. Dopo il rifiuto del giovane, Léo si imbatte in una pastorella e nel suo gregge: l'amicizia tra i due sfocia ben presto in relazione sessuale, ma la nascita di un figlio li allontana anziché consolidare la loro unione. Intanto Léo torna spesso a visitare il giovane e il suo anziano e pittoresco coinquilino, apparentemente senza una ragione precisa.
Dopo lo choc di Lo sconosciuto del lago, che ha prepotentemente iscritto il nome di Alain Guiraudie tra gli autori odierni più stimati dalla critica, non poteva che esserci uno Staying Vertical. Ovvero una meditazione del regista, fortemente sessualizzata già dal doppio senso insito nel titolo, su se stesso e sul proprio metodo. Un ripensamento del proprio ruolo (di) creativo che si trasforma in creazione, quanto mai teorica e caratterizzata da molteplici livelli di lettura.
Analogamente, per certi versi, a quanto compiuto da Miguel Gomes con la trilogia de Le mille e una notte, o da Kitano Takeshi con la trilogia sulla crisi del filmmaker, Guiraudie gioca con i registri del surreale e del grottesco, entrando e uscendo in prima persona dalla storia di un cineasta che si rifiuta di lavorare, ma che forse finisce per vivere nella sua stessa creazione, che si fa carne anziché inchiostro.
La linea di demarcazione tra narrazione e piano allegorico non viene mai tracciata in Staying Vertical: è fluida come i gusti sessuali dei protagonisti di questa pochade grottesca, che ruotano attorno a Léo, leone nel nome e lupo nell'animo. Lupo tra le pecore, in quanto elemento di disturbo e di pericolo all'interno della società, ma anche pecora tra i lupi, in quanto ultimo baluardo di un'umanità che non si piega alle sventure. Guidato dall'istinto e portato ad agire prima di pensare, Léo pare scardinare famiglie e convenzioni come l'ospite del Teorema pasoliniano, prima di subire un grottesco contrappasso. Il sorprendente gioco teorico si traduce in arditi cambi di registro, che contemplano anche il comico tra le loro sfumature: si veda la sequenza del titolo di giornale, talmente irresistibile da stemperare anche il voyeurismo estremo di sequenze destinate a destabilizzare molti sguardi. Il cinema fluido di Guiraudie contro una società sempre più rigida: come un lupo che agita il gregge. Un istinto anarcoide che merita il giusto ecosistema.