giulio andreetta
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venerdì 19 giugno 2020
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la corsa della rivincita
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Ottima prova registica per Matteo Rovere, che si conferma uno dei giovani registi più interessanti della sua generazione. Un film assolutamente stupendo per chi, come me, è appassionato di motori e automobilismo in generale. Pellicola inubbiamente allegorica, è un bellissimo racconto che mette in scena l'ansia di riscatto sociale da una condizione di marginalità e tossicodipendenza. Ho trovato convincente, anche se non a un livello di eccezionalità, la performance attoriale di Stefano Accorsi, che mi sembra indulgere in un'espressione un poco caricaturale della sua parte.
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Ottima prova registica per Matteo Rovere, che si conferma uno dei giovani registi più interessanti della sua generazione. Un film assolutamente stupendo per chi, come me, è appassionato di motori e automobilismo in generale. Pellicola inubbiamente allegorica, è un bellissimo racconto che mette in scena l'ansia di riscatto sociale da una condizione di marginalità e tossicodipendenza. Ho trovato convincente, anche se non a un livello di eccezionalità, la performance attoriale di Stefano Accorsi, che mi sembra indulgere in un'espressione un poco caricaturale della sua parte. Indubbiamente Loris, interpretato da Accorsi, risulta essere un personaggio dai mille risvolti e sfaccettature, in grado forse di stupire lo spettatore non abituato a simili camaleontiche metamorfosi. La sceneggiatura è stata concepita a partire dalla testimonianza reale di Antonio Dentini (alla cui memoria è dedicato il film), un meccanico che ha raccontato la vicenda di Carlo Capone, al quale si ispira liberamente la figura di Loris. Ottima prova dell'attrice esordiente Matilda De Angelis, che offre un ritratto estremamente realistico e sincero di una giovane adolescente, con mille difficoltà da affrontare ma piena di talento, buona volontà e spirito di abnegazione. E' anche un film che esalta i legami familiari, raccontati senza moralismi e false ipocrisie, e allo stesso tempo è una pellicola che tenta di affrontare il tema della libertà e dell'affrancamento dalle convenzioni borghesi da parte del protagonista. In conclusione, anche considerando l'ottima fotografia, specie nelle riprese delle scene automobilistiche mi pare che si possa affermare che ci troviamo di fonte ad uno dei migliori film italiani prodotti negli ultimi anni.
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mimmo fvcg
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giovedì 21 maggio 2020
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ottimo
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Gran bel film , uno straordinario Stefano Accorsi , bravissima Matilda De Angelis e il piccolo Giulio Pugnaghi ,buona l'interpretazione nella parte della tossica (fidanzata di Loris) di Roberta Mattei una storia che appassiona dall'inizio alla fine
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mimmo
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domenica 17 maggio 2020
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splendido
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Gran bel film , uno straordinario Stefano Accorsi , bravissima Matilda De Angelis e il piccolo Giulio Pugnaghi ,buona l'interpretazione nella parte della tossica ,fidanzata di Loris di Roberta Mattei una storia che appassiona dall'inizio alla fine
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franzone
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domenica 24 novembre 2019
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spassoso
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Divertente. Metà del lavoro lo fa Accorsi
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dimitris
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sabato 14 settembre 2019
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finale veloce come il vento
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Cari ragazzi mo sorprende che nessuno abbia capito il finale, Loris è chiaramente morto ma ha vinto la gara a costo della vita, quindi la casa è tornata ai fratelli ma non essendoci più un maggiorenne che potesse avere la patria potestà Nico vive ancora con la famiglia affidataria. L'ultima scena va interpretata in una chiave di lettura meno pragmatica e serve a rendere il finale meno amaro facendo vedere un Loris cazzone come quando era in vita. Amen
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fabio
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giovedì 16 agosto 2018
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passioni, riscatto e nostalgia
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La prova che il cinema italiano è vivo e sa ancora divertire, far sognare e riflettere.
Film che ricorda subito "Radiofreccia". Il mondo è quello dei motori e sullo sfondo c'è l'Emilia Romagna.
Le storie dei protagonisti si intrecciano in un legame più profondo: quello con la vita e il suo pulsare ora accelerato ora lento.
Viene da chiedersi: c'è ancora un mondo di periferia fatto così oppure si è estinto?
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fabio
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venerdì 22 giugno 2018
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piacevole sorpresa
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C'è ancora la capacità in Italia di fare buon cinema? Fortunatamente sì. Questo film ne è la prova. Ottimi interpreti e regia. Si respira davvero la vita: il cuore che batte come un motore, la gioia e il dolore in un mondo a parte. Alla periferia di tutto si intrecciano le storie dei protagonisti. Senza velleità o moralismi, con la capacià potente dell'immagine di raccontare senza pregiudizi.
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daniela
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sabato 27 gennaio 2018
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finalmente un bel film italiano!!!
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Solitamente non amo il cinema italiano... un film che ha avuto la capacità di farmi ricredere... finalmente.
Benvenuto Matteo Rovere, credibili ed emozionanti tutti gli interpreti (Accorsi del quale non sono solitamente una fan... la fresca e brava DeAngelis e il sempre bravo Graziosi).
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lapo10
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giovedì 14 dicembre 2017
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bella sorpresa
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Non amo i motori e le gare automobilistiche, perciò quando il film di Matteo Rovere uscì nella primavera del 2016 non lo considerai affatto. Il tam tam e le recensioni positive dei mesi successivi mi hanno obbligato a rivedere la mia decisione. Ed è stato un bene. La curiosità, che via via è cresciuta, è stata piacevolmente ripagata da una storia in grado di catturare il mio modesto interesse per l'argomento. Segno che una buon soggetto può fare miracoli. La musa ispiratrice del regista Matteo Rovere, per una volta, non è stata una bella donna ma il pilota di rally italiano Carlo Capone, uno che correva forte agli inizi degli anni 80 con la Lancia. Ma come spesso succede nel mondo delle competizioni, Capone, che era una cavallo di razza difficile da domare, si scontrò con i vertici della scuderia, di fatto, mettendo fine alla sua carriera, subito dopo aver vinto l'Europeo di Rally.
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Non amo i motori e le gare automobilistiche, perciò quando il film di Matteo Rovere uscì nella primavera del 2016 non lo considerai affatto. Il tam tam e le recensioni positive dei mesi successivi mi hanno obbligato a rivedere la mia decisione. Ed è stato un bene. La curiosità, che via via è cresciuta, è stata piacevolmente ripagata da una storia in grado di catturare il mio modesto interesse per l'argomento. Segno che una buon soggetto può fare miracoli. La musa ispiratrice del regista Matteo Rovere, per una volta, non è stata una bella donna ma il pilota di rally italiano Carlo Capone, uno che correva forte agli inizi degli anni 80 con la Lancia. Ma come spesso succede nel mondo delle competizioni, Capone, che era una cavallo di razza difficile da domare, si scontrò con i vertici della scuderia, di fatto, mettendo fine alla sua carriera, subito dopo aver vinto l'Europeo di Rally. La morte prematura della figlia e la successiva separazione dalla moglie, unite all'amaro ricordo delle gare, fecero cadere il campione in uno stato di profonda e cronica depressione che, solo per un breve periodo, fu mitigato dal ritorno alle corse come coach. Questa sfortunata figura del nostro sport è diventata Loris De Martino, il protagonista di "Veloce come il vento". Giovane asso del volante, diventato tossico ed emarginato, Loris, dopo 10 anni di assenza da casa, torna per il funerale del padre, scopre che la sorella gareggia nella scuderia di famiglia, e conosce il fratellino più piccolo di cui ignorava l'esistenza. A causa di quest'ultimo, che altrimenti sarebbe affidato ai servizi sociali, e di una madre irreperibile, i tre sono costretti ad una convivenza forzata nella casa dei genitori. Giulia, che ha talento da vendere, è giovane ed inesperta, e la mancanza di soldi la costringe a chiedere aiuto all'odiato fratello più grande. Se non vince il campionato non riuscirà a ripianare il debito contratto per partecipare al campionato italiano GT e perderà la casa di famiglia. Inizia così la difficile collaborazione tra il vecchio campione e la giovane promessa... Loris è un gigantesco Stefano Accorsi che da vita ad un personaggio riuscitissimo. Capello lungo ed untuoso, tatuaggi a profusione su un corpo asciutto, denti ingialliti, unghie sporche, volto sfatto e movenze animalesche sono i segni epidermici di un uomo che non sa come gridare il proprio disappunto per una vita finita male. Forse un incidente ed una frattura al polso, che un inutile tutore ci ricordano, hanno messo fine alla sua carriera, e la droga è stata solo il rifugio per un sogno spezzato. Lo scontro con Giulia però, lo risveglia dal torpore mettendo in luce la sua dimenticata quanto strampalata ed irriverente vitalità. La sceneggiatura ci catapulta nel mondo delle corse e si incanala nei binari classici del genere sportivo seguendo le prodezze ed i drammi esistenziali della diciassettenne Giulia (una brava Matilda De Angelis) per poi uscire dal circuito sicuro e rettilineo del genere e percorre la tortuosa pista delle relazioni umane e famigliari opponendo alla protagonista un nuovo punto di vista, quello di Loris che diventa così punto focale della storia. Il cambio di rotta rende il film molto più interessante ed originale, e ci evita il classico epilogo alla Rocky. Ottima la regia di Rovere che dirige con leggerezza, con ritmo veloce ed improvvise decelerazioni per approfondire gli aspetti umani della storia con garbo, ironia e siparietti ben congegnati. Segnalo inoltre la splendida fotografia di Michele D'Attanasio che avviluppa i protagonisti nei loro abitacoli di una luce metallica e fredda come la mente e i nervi dei grandi piloti che possono sbagliare una curva ma vendono cara la pelle nella successiva. Questo film, in fondo, vuole ricordarci, che si può cadere e farsi male ma non è mai troppo tardi per rialzarsi e rimettersi in pista. Una discreta lezione per il nostro Paese che stenta a rimanere in carreggiata.
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lucananni93
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lunedì 7 agosto 2017
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in equilibrio tra cinema hollywoodiano e realismo italiano
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Veloce come il vento funziona, sempre. Non ha cali di tono, la trama scorre liscia e coinvolge lo spettatore fin dalle prime inquadrature. La storia è semplice e ricalca le parabole della ricerca del successo e del sacrificio in stile Rocky, ma aggiunge un'atmosfera di realismo che raramente si viene a sentire nel cinema hollywoodiano. Fotografia patinata in pista e realistica al di fuori, sembra sempre ricordarci l'alternanza di questi due mondi e di come interagiscono fra di loro. Regia schietta e lineare con predilezione per la camera a mano. Assolutamente consigliato per dimostrare che il cinema italiano, quando ci si mette, è capace di prendere un genere non suo e di ampliarlo e renderlo più profondo.
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