Anno | 2016 |
Genere | Biografico, |
Produzione | India |
Durata | 110 minuti |
Regia di | Krishan Hooda |
Attori | Prince Shah, Shashank Singh, Shaneel Sinha, Kirti Adarkar, Sangeeta Adhikary Nandram Anand, Varun Arora, Mukesh Bhatt, Babul Bhavsar. |
Uscita | giovedì 15 marzo 2018 |
Distribuzione | Mescalito Film |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 2,53 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
|
Ultimo aggiornamento giovedì 4 novembre 2021
Il primo biopic sul guru indiano Osho Rajneesh, professore di filosofia che abbandonò la carriera accademica per girare il mondo come maestro spirituale. In Italia al Box Office Fiore ribelle ha incassato 12,6 mila euro .
CONSIGLIATO NÌ
|
Storia del mistico Osho dalla giovinezza all'illuminazione, fino al momento in cui si metterà alla guida dei suoi primi discepoli. Bambino coraggioso e intelligente, cresciuto in un villaggio rurale dell'India, il piccolo Raja è da sempre pieno di curiosità e di domande sul mondo. La sua brama di sapere, insaziabile, si riversa tanto nei libri quanto in lunghe conversazioni con uomini giudicati santi. Sostenuto dalla sua famiglia, Raja cerca la "sua" verità sfidando le convenzioni del tempo e riuscendo a capire, solo dopo tanti anni, che il senso della vita non è nell'interrogarsi continuamente. Ma, al contrario, nell'abbracciare con coraggio il mistero.
La terra, rappresentata dalle onde di grano rigoglioso illuminato dal sole. L'acqua del fiume, le nuvole leggere nel cielo, nell'aria. E poi il fuoco, che cuoce il cibo preparato per l'arrivo di Munji il Santo.
A partire dalle prime sequenze, accompagnate solo da musica e vocalizi, Fiore Ribelle dichiara senza timore ciò che vuole essere: più che un film una sorta di preghiera animata, un cine-mantra destinato non certo ai neofiti ma a chi già conosce la storia di Osho Rajneesh. E presumibilmente ne condivide radici e cultura.
Prodotto difficile da maneggiare, e assai arduo da digerire per i palati occidentali, Fiore Ribelle mette in fila gli anni della formazione del mistico senza curarsi - apparentemente - di rispettare alcuna consuetudine formale o narrativa della tradizione classica del biopic.
Lo schema si ripete, identico e frustrante, per tutto il film: il giovane Raja viene messo di fronte a una regola - indifferente che si tratti di discutere di teologia con un "santo" o rifiutare l'autorità del maestro che gli bacchetta le mani - la mette in discussione, e il suo coraggio viene lodato.
Nessun ostacolo alla sua crescita interiore, nessun attrito con l'ambiente, il bambino impara in fretta e la sua scaltrezza è subito riconosciuta. Del resto fin da quando ha undici anni Raja è perfettamente consapevole di se stesso e delle sue possibilità: "Se entro in un fiume, il fiume mi insegnerà a nuotare - spiega - Lo so e basta". Anche le interazioni fra i personaggi, il suo rapporto con le guide spirituali, con il mentore Baba, con i nonni, si ripetono seguendo identiche sequenze: ci si incontra nella casa di qualcuno e si parla, si esce all'aperto e si parla, a volte ci si siede. E si parla.
Succede davvero pochissimo nel film. E quando accade qualcosa, più che una "svolta" narrativa si tratta di solito di un lento virare su un piano diverso del racconto, su un nuovo capitolo della giovinezza di Raja: Raja a scuola, Raja in viaggio per l'India, Raja impara a suonare. Allo spettatore occidentale è richiesta grande dedizione e pazienza, soprattutto per resistere alle conseguenze di un imponente clash culturale che rischia, fotogramma dopo fotogramma, di trasformare il serio in ridicolo, il sacro in profano, il metaforico in letterale. Succede nei dialoghi (quasi sempre sentenze, "Chi osa andare in profondità ha trovato l'unione suprema", o rivelazioni, "Abbracciamo il mistero"), accade continuamente nei testi delle canzoni che punteggiano la pellicola ("Il canto dei cuculi ha portato lacrime ai miei occhi", recita un tipico ritornello) e di cui lo spettatore occidentale difficilmente riesce a farsi una ragione. Resta la grandezza, questa sì davvero sacra, di un panorama mozzafiato, di colline e boschi, alberi e palazzi, stesi come un colorato affresco alle spalle delle figure animate. "Non sono qui per insegnarvi, sono qui per risvegliarvi", recita il cartello finale del film. L'obiettivo, almeno cinematograficamente, non sembra riuscito.