giajr
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giovedì 21 gennaio 2016
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un frammento di storia da non dimenticare!
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Tom Hanks ha scelto bene, il film mostra prima di tutto un'ottima ricostruzione storica degli accadimenti tedeschi negli anni della guerra fredda e la nascita del famigerato muro di Berlino. Gli anni '50 anch'essi fedelmente illustrati attraverso il parallelismo tra il cliché americano (quello della famiglia perfetta e la mogliettina fedele, alla Doris Day) e quello sovietico.
Il quadro sei servizi segreti che ricorda l'atmosfera del film sciarada, quello con Audrey Hepburn, ve lo ricordate? Ed al contempo la rappresentazione della goliardia che avevano i giovani soldati americani che venivano ingaggiati dei servizi segreri della Cia.
Un ottimo film che racconta, non dimentichiamolo, una storia tutta vera.
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luigi chierico
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martedì 19 gennaio 2016
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scontato
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Ci vuole proprio coraggio a portare sullo schermo una storia di spionaggio fritta e rifritta,direi scontata dal principio alla fine.Come dire un giallo di cui si conosce il finale.Il coraggio lo ha avuto il regista Steven Spielberg.Per riuscire nel tentativo di compiere la difficile impresa si è avvalso di un solo attore:il grande magnifico Tom Hanks,magistrale nell’interpretazione del protagonista Avv.James B.Donovan.Un attore che ne ha fatta di strada dal romantico ed epico film Forrest Gump,una carriera costellata da premi e capolavori.Come non citare il grandioso film Philadelphia? e di recente nel film Saving Mr Banks,la storia di Walt Disney per ottenere il diritto di portare sullo schermo Mary Poppins? Il film quindi è soltanto Tom Hank,è lui che parla,si muove,combatte e recita,gli altri delle comparse a fargli da contorno,compresa la spia su cui tutta la storica vicenda si sviluppa e che viene portata alla conoscenza del pubblico più giovane.
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Ci vuole proprio coraggio a portare sullo schermo una storia di spionaggio fritta e rifritta,direi scontata dal principio alla fine.Come dire un giallo di cui si conosce il finale.Il coraggio lo ha avuto il regista Steven Spielberg.Per riuscire nel tentativo di compiere la difficile impresa si è avvalso di un solo attore:il grande magnifico Tom Hanks,magistrale nell’interpretazione del protagonista Avv.James B.Donovan.Un attore che ne ha fatta di strada dal romantico ed epico film Forrest Gump,una carriera costellata da premi e capolavori.Come non citare il grandioso film Philadelphia? e di recente nel film Saving Mr Banks,la storia di Walt Disney per ottenere il diritto di portare sullo schermo Mary Poppins? Il film quindi è soltanto Tom Hank,è lui che parla,si muove,combatte e recita,gli altri delle comparse a fargli da contorno,compresa la spia su cui tutta la storica vicenda si sviluppa e che viene portata alla conoscenza del pubblico più giovane.Un pubblico che ignora quel che si svolse in 5 anni:1957 arresto della spia Rudolf Abel in America,1960 data in cui fu abbattuto l’aereo pilotato dal tenente Francis Gary Powers arrestato dai russi,1961 anno in cui fu creato il muro di Berlino tra Est,sotto la Russia ed ovest indipendente,1962 il famoso scambio sul ponte Glienickel dove fu consegnato agli americani lo studente statunitense arrestato a Berlino Est dalla G.D.T.Poiché questa è storia al regista non resta null’altro da aggiungere,la trama del film è nota a chi l’ha vissuta,non al mondo dei giovani minori di 25 anni,loro non erano ancora nati quando il muro veniva abbattuto nel 1989.
Ma a prescindere da tali considerazioni,tutti i film di spionaggio finiscono con lo scambio delle spie,è lungo farne l’elenco.E così anche in questo si potrebbe cantare l’area del Don Giovanni:”Andiam…andiam là ci darem la man…vorrei…non vorrei.. andiam ..andiam” Non si può negare che almeno questa volta la storia sia stata rispettata e di tanto va dato merito al bravo regista che per oltre due ore è riuscito a tener viva l’attenzione degli spettatori di ogni età, la lunga proiezione non stanca sebbene la vicenda sia breve e senza suspense. Forse andava sottolineato il tanto diverso comportamento tra America e Russia. L’America senza prove inoppugnabili condanna Rudolf Abel, per abilità dell’avv. James B, Donovan,a 30 anni,con una reazione spropositata della popolazione che avrebbe voluto una condanna a morte. Una reazione tipicamente americana con lancio di pietre e colpi di pistola, sempre queste a portata di mano per chiunque.La Russia condanna invece il tenente Francis Gary Powers solo a 3 anni e 7 ai lavori forzati per aver sorvolato e fotografato il suo territorio.Contrariamente ad altri film non vi è una particolare fotografia, resta magnifica e memorabile l’abbattimento dell’aereo americano ed il salvataggio in extremis del suo pilota. Una scena veramente bella, ma troppo poco per un film di 140 minuti. La bravura di Tom Hanks e del regista Steven Spielberg sono appena sufficienti a far meritare uno stentato ottimo,piuttosto che un sufficiente.
Dulcis in fundo il regista poteva evitarci la trovata originalissima,si fa per dire, del barattolo di marmellata di arance, acquistato dall’Avv. Donovan, al ritorno dalla missione in Russia,non a Londra dove lo credeva l’ignara moglie,ma all’angolo di casa.Si può darla da bere a tutto il mondo che una spia non sia una spia,ma non si può imbrogliare la propria moglie con un barattolo di marmellata.
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jaylee
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domenica 17 gennaio 2016
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giustizia e pace, centimetro dopo centimetro
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Torna sugli schermi Steven Spielberg dopo 3 anni: allora fu con Lincoln, stavolta con il Ponte Delle Spie. E se il primo era un biopic che molto parlava della Costituzione degli Stati Uniti e di quanto sia stato faticoso mantenere unito il popolo americano sotto di essa, questo invece racconta di come sia facile mettere da parte quelle regole universali che differenziano una democrazia da una dittatura.
Torna con Spielberg Tom Hanks (al loro quarto film assieme), che interpreta l’avvocato James Donovan, specializzato (fino ad allora) in negoziazioni assicurative: siamo nel 1957, guerra fredda, e riceverà un duplice incarico dal Governo degli Stati Uniti, prima dovrà difendere una spia sovietica arrestata su suolo americano, Rudolf Abel, successivamente dovrà negoziare (senza un coinvolgimento diretto degli USA) con i sovietici lo scambio con un pilota abbattuto in Unione Sovietica.
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Torna sugli schermi Steven Spielberg dopo 3 anni: allora fu con Lincoln, stavolta con il Ponte Delle Spie. E se il primo era un biopic che molto parlava della Costituzione degli Stati Uniti e di quanto sia stato faticoso mantenere unito il popolo americano sotto di essa, questo invece racconta di come sia facile mettere da parte quelle regole universali che differenziano una democrazia da una dittatura.
Torna con Spielberg Tom Hanks (al loro quarto film assieme), che interpreta l’avvocato James Donovan, specializzato (fino ad allora) in negoziazioni assicurative: siamo nel 1957, guerra fredda, e riceverà un duplice incarico dal Governo degli Stati Uniti, prima dovrà difendere una spia sovietica arrestata su suolo americano, Rudolf Abel, successivamente dovrà negoziare (senza un coinvolgimento diretto degli USA) con i sovietici lo scambio con un pilota abbattuto in Unione Sovietica. Arrivato in Germania Orientale, dove risiede la famiglia di Abel, la faccenda si complicherà: uno studente americano è stato pretestuosamente arrestato per spionaggio, e le autorità della DDR vogliono scambiarlo con Abel.
In effetti, più che un film, si tratta di due film, il primo un thriller legale, il secondo un film di spionaggio ma visto dalla parte dei negoziatori. La prima parte ci ricorda molto lo sviluppo de Il Buio Oltre La Siepe, con l’avvocato di solidi principi democratici che difende un imputato che tutti vorrebbero vedere sulla sedia elettrica, incluso il giudice, il governo che lo ha nominato, e persino i suoi familiari, ed anche lo stesso Abel avviserà Donovan (di cui riconosce il valore morale) di essere più cauto. A differenza del film con Gregory Peck (che, nel 1965, aveva acquisito i diritti per portare sullo schermo la storia di Donovan, ma poi non se ne fece niente), in realtà Abel è realmente colpevole, il che naturalmente rende ancora più estremo e lampante come il diritto alla difesa sia uno dei principi inderogabile della giustizia in uno stato di democrazia.
A dire la verità, ci piace molto di più la seconda parte, con Donovan che, umilmente ma senza mai arretrare si trova a negoziare con burocrazie assurde, giochi di potere e persino con i propri committenti; un centimetro alla volta, senza mai arrendersi all’arroganza, alla freddezza, alla rabbia, senza mai perdere di vista l’unico principio universale che tutti gli uomini riconoscono come vero in cuore loro: la vita umana è importante e va preservata. Intelligente e empatico, scava con arguzia ma anche calore e con decisione, scavalcando gli interessi personali di ciascuna parte, trovando alleati e sponde dove apparentemente non ce ne sono.
Il Film di Spielberg è ovviamente ben girato (come potrebbe essere diversamente?) e ha tra i suoi punti di forza le splendide ricostruzioni d’epoca, soprattutto quelle della ex DDR; e sono molto belle le musiche di Thomas Newman (che per la seconda volta in 40 anni lavora con Spielberg al posto del fedele John Williams), oltre che naturalmente le interpretazioni degli attori principali: solida quella di Tom Hanks (ormai il nuovo James Stewart del cinema USA da qualche anno), molto sottile quella di Mark Rylance (Abel), candidato all’Oscar. CI sembra che stavolta il problema sia la discontinuità del ritmo in una trama così spezzata in due tronconi, a volte veramente la tensione narrativa scende troppo di ritmo, e per quanto è comprensibile come Spielberg abbia voluto creare i presupposti per il rapporto di “amicizia” tra i due protagonisti, l’armonia globale del film avrebbe giovato di una prima parte più asciutta, inclusa tutta la parte sul background di pilota e studente (gli ostaggi americani) che alla fine appesantiscono senza aggiungere niente. Una tendenza che in molto cinema USA sta prendendo piede. Film candidato all’Oscar come miglior film, Il Ponte delle Spie rimane comunque un buon film, ma saremmo stupiti se portasse a casa la statuetta a danno degli altri concorrenti. (www.versionekowalski.it)
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lorenzopud
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sabato 16 gennaio 2016
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una buona "americanata"
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Spielberg e Tom Hanks. Bastano questi due grandissimi nomi del cinema mondiale per invogliarti ad andare questo film che scorre via veloce (a dispetto della durata tutt'altro che breve) fino al finale sempre incerto.
Belle scene, bella ambientazione (a tutti viene una certa voglia di tornare a Berlino, dopo avere visto il film), buona prova (ma non memorabile) di Tom Hanks, un film che, come in "The sniper", è tratto da un fatto vero.
Però, seppur tratto da un fatto vero, ho trovato un esagerato patriottismo americano nel film, un Hanks da "santo subito" troppo perfetto per essere umano ed il mancato approfondimento su questioni legali (legate all'imprigionamento, quasi senza processo, della spia russa) o diplomatiche che sarebbe stato interessante fare.
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Spielberg e Tom Hanks. Bastano questi due grandissimi nomi del cinema mondiale per invogliarti ad andare questo film che scorre via veloce (a dispetto della durata tutt'altro che breve) fino al finale sempre incerto.
Belle scene, bella ambientazione (a tutti viene una certa voglia di tornare a Berlino, dopo avere visto il film), buona prova (ma non memorabile) di Tom Hanks, un film che, come in "The sniper", è tratto da un fatto vero.
Però, seppur tratto da un fatto vero, ho trovato un esagerato patriottismo americano nel film, un Hanks da "santo subito" troppo perfetto per essere umano ed il mancato approfondimento su questioni legali (legate all'imprigionamento, quasi senza processo, della spia russa) o diplomatiche che sarebbe stato interessante fare.
Un buon film, ma i capolavori sono ben altri.
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no_data
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venerdì 15 gennaio 2016
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la guerra fredda vista dall'uomo comune
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E' sicuramente un film che colpisce emotivamente, non solo per la vicenda ispirata ad una storia vera, ma per il clima e l'atmosfera che si respira.
Spielberg, come il suo solito, sottolinea il ruolo privilegiato degli Stati Uniti, dimostrando come anche gli individui singolarmente presi abbiano il senso estremo del patriottismo. Uno splendido Tom Hanks impersona l'avvocato che riesce a dirimere una trattativa delicata, basata essenzialmente su una prova di nervi lunga e rischiosa, dove si staglia una Berlino cupa e fredda non solo nel clima, ma soprattutto nella testa. La spia russa, con il suo disincantato isolamento, riesce a regalarci frasi memorabili, ma soprattutto ci apre la mente sulla difficoltà e sulla diffidenza che i sovietici gli avrebbero riservato al suo rientro.
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E' sicuramente un film che colpisce emotivamente, non solo per la vicenda ispirata ad una storia vera, ma per il clima e l'atmosfera che si respira.
Spielberg, come il suo solito, sottolinea il ruolo privilegiato degli Stati Uniti, dimostrando come anche gli individui singolarmente presi abbiano il senso estremo del patriottismo. Uno splendido Tom Hanks impersona l'avvocato che riesce a dirimere una trattativa delicata, basata essenzialmente su una prova di nervi lunga e rischiosa, dove si staglia una Berlino cupa e fredda non solo nel clima, ma soprattutto nella testa. La spia russa, con il suo disincantato isolamento, riesce a regalarci frasi memorabili, ma soprattutto ci apre la mente sulla difficoltà e sulla diffidenza che i sovietici gli avrebbero riservato al suo rientro.
Una storia che si conclude sul ponte dove avviene lo scambio, uno scambio anche fortemente emotivo tra i due protagonosti.
Qualche anno dopo il presidente Kennedy, a Berlino sarà protagonista di un memorabile discorso.
Era l'estate del 1963, Kennedy pronunciò nella città divisa uno dei suoi migliori discorsi. Un' autentica sfida alla potenza sovietica.
« Duemila anni fa l'orgoglio più grande era poter dire civis Romanus sum (sono un cittadino romano). Oggi, nel mondo libero, l'orgoglio più grande è dire 'Ich bin ein Berliner.' Tutti gli uomini liberi, dovunque essi vivano, sono cittadini di Berlino, e quindi, come uomo libero, sono orgoglioso delle parole 'Ich bin ein Berliner!' »
Fondamentalmente Donovan vede Abel e Powers come patrioti che scommettono sui loro Paesi. Convinti come sono che non saranno abbandonati. In realtà, tutto è finalizzato che non trapelino notizie riservate, l'interesse nazionale quindi soprattutto. Risplende giocoforza il ruolo di Donovan che a Berlino deve confrontarsi con un ambiente molto ostile. Durante lo scambio dei prigionieri sul ponte Glienicke, ci sono poi dei momenti dove si fatica a capire chi siano i buoni e chi i cattivi, Spielberg ci lascia con un senso di indefinito, ma con la scena in sottofondo in cui Abel, non viene abbracciato, ma fatto sistemare sul sedile posteriore.
Film di forte impatto, con una colonna sonora parsimoniosa, quasi l'intento fosse quello di farci percepire il suono di una città in sofferenza.
Film da vedere assolutamente e da approfondire attraverso la conoscenza della storia personale dei protagonisti nella vita reale.
"Lei mi ricorda un uomo per cui non provavo per niente ammirazione. Veniva sempre a casa dei miei genitori e mio padre diceva sempre di guardarlo ma io non lo guardavo mai. Un giorno vennero a casa guardie partigiane di confine e presero a botte mio padre e mia madre e anche quel signore lì. Io lo guardavo, quei due uomini gli diedero un pugno, ma lui si rialzò. Un calcio, ma si rialzò. Allora le guardie sorprese lo lasciarono vivere e dissero una frase in russo che tradotto significava "uomo tutto di un pezzo".
Sul ponte il vero regalo per Donovan sarà proprio il ricordare quella storia...e l'appellativo" di "UOMO TUTTO DI UN PEZZO"!
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maramaldo
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mercoledì 13 gennaio 2016
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c'era una volta la guerra fredda
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Splendida affabulazione. Fiction di gran classe, voglio dire, che si avvale di scenari d'epoca sapientemente costruiti. Prendetelo così - come ho fatto io e tant'altri - Il Ponte delle Spie. Spensieratamente, altrimenti non vi salvate dall'essere assaliti da sospetti di tendenziosità e di mistificazione che di solito gravano su Spielberg storico (se, poi, s'impicciano i Coen...).
Stavolta abbiamo pure la riprovazione, una specie di scherno sprezzante, riservato a tutti.
Ai Comunisti. Bizantini e commedianti, i migliori. In genere, tetri e brutali, ti comunicano l'angoscia che si provava nel cadere nelle loro mani.
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Splendida affabulazione. Fiction di gran classe, voglio dire, che si avvale di scenari d'epoca sapientemente costruiti. Prendetelo così - come ho fatto io e tant'altri - Il Ponte delle Spie. Spensieratamente, altrimenti non vi salvate dall'essere assaliti da sospetti di tendenziosità e di mistificazione che di solito gravano su Spielberg storico (se, poi, s'impicciano i Coen...).
Stavolta abbiamo pure la riprovazione, una specie di scherno sprezzante, riservato a tutti.
Ai Comunisti. Bizantini e commedianti, i migliori. In genere, tetri e brutali, ti comunicano l'angoscia che si provava nel cadere nelle loro mani. Memorabile l'episodio di quando, appena entrato in una spettrale Berlino Est, l'avvocato Donovan viene spogliato del bel cappotto ad opera di emaciati giovinastri: spieghereste meglio l'economia socialista?
E ce n'è per gli Americani. Una chicca di perfidia: quel militare, venuto sul Ponte a riconoscere il pilota U2, pletorico, sulla faccia animalesca il rictus di una falsa cordialità: allusione? simbolo? Per il resto, cinismo ed ipocrisia ai piani alti. Il probo e leale Donovan è visto come mosca bianca, un Forrest Gump cresciuto, appena infurbito dal mestiere. Della gente comune vengono mostrati esemplari di individui immaturi, manovrati dai media, inclini al linciaggio, forcaioli isterici quando in preda a paure come il terrore dei rossi o l'idea di perdere a loro favore il monopolio della bomba atomica che permetteva agli USA di spadroneggiare nel mondo senza tante remore. Ecco, vorrei aggiungere una pregiudiziale che mi è servita per tentare di decifrare l'attitudine di Spielberg verso le spie atomiche. I segreti del nucleare furono un dono di scienziati venuti appositamente nella Terra della Libertà per realizzare l'ordigno salvo, poi, provare rimorsi quando ne scoprirono l'orrenda efficacia e non sugli auspicati obiettivi; altri scienziati, poi, pensarono bene di adoperarsi affinchè anche la Patria dei Lavoratori ne venisse a conoscenza sicchè oggi, grazie ad altri volenterosi, possiamo dire che sono patrimonio anche di un piccolo popolo.
Messa così, si può capire come, nonostante le movenze del racconto e la superba performance di Tom Hanks, il protagonista non è l'avvocato buono. Fulcro della vicenda è Abel, la spia. Il detenuto Abel, freddo, impassibile, sfuggente; lo frequenti e lo scopri intelligente, ironico, sensibile, un artista. Spielberg ci affeziona a lui. Per ammantarlo di simpatia ci fa temere per la sua sorte quando viene consegnato ai suoi. Una piccola forzatura (non la sola). Ad Abel, in patria, non andò male; anzi, si guadagnò un francobollo celebrativo come Sorge la spia, pardon, "l'agente segreto più grande del Novecento".
Mi domando quanti riconoscimenti potrebbero ambire quegli scagnozzi della CIA, dipinti come squallidi figuri, qualche ceffo di tagliagole, preoccupati di scansare gli sgambetti dei colleghi. Abel, invece, (e son tutte cose dette nel film) è altrimenti motivato, è un combattente. E non una semplice spia per amor di patria. Una benemerita spia atomica, trafugando i segreti degli yankee contribuì all'equilibrio del terrore.
A parte il discorso su Abel, v'è nel film un fugace accenno ai Rosenberg, "Julius and Ethel" come titola la ballata che Bob Dylan dedicò loro. Non cantarono, proprio come Abel. Stoicamente si accomodarono sulla sedia senza fare una piega o ...un nome. Serietà e coraggio: ecco cosa ammira Spielberg in questi individui. Libero da propensioni ideologiche (figuriamoci... con la sua intelligenza) mostra di voler credere almeno in questi valori. E sembra condividerne con Abel una certa nostalgia tanto che la loro sintesi gliela fa dire due volte: essere tutto d'un pezzo.
Come si dice in russo? e in ucraino?
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robert eroica
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martedì 12 gennaio 2016
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il ponte delle spie
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IL PONTE DELLE SPIE - 1957. Un avvocato idealista di New York accetta di difendere una spia russa su pressione del Governo degli Stati Uniti. Prende un po’ troppo sul serio l’incarico e dopo aver ottenuto una sentenza favorevole all’imputato, si offre di trattare lo scambio di prigionieri sia con l’Urss sia con la Germania dell’Est. A Berlino Est, in epoca di Guerra Fredda, correrà i suoi bravi rischi per portare a termine la missione. 140 minuti sono davvero tanti per raccontare il clima di un’epoca scomparsa (il rischio del conflitto nucleare si è tramutato oggi in un armamentario di orrori ben più barbaro, e per un concorso di colpe in cui gli americani entrano a piedi pari, e questo la dice lunga sul progresso di questi anni, ma questo è un altro discorso…).
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IL PONTE DELLE SPIE - 1957. Un avvocato idealista di New York accetta di difendere una spia russa su pressione del Governo degli Stati Uniti. Prende un po’ troppo sul serio l’incarico e dopo aver ottenuto una sentenza favorevole all’imputato, si offre di trattare lo scambio di prigionieri sia con l’Urss sia con la Germania dell’Est. A Berlino Est, in epoca di Guerra Fredda, correrà i suoi bravi rischi per portare a termine la missione. 140 minuti sono davvero tanti per raccontare il clima di un’epoca scomparsa (il rischio del conflitto nucleare si è tramutato oggi in un armamentario di orrori ben più barbaro, e per un concorso di colpe in cui gli americani entrano a piedi pari, e questo la dice lunga sul progresso di questi anni, ma questo è un altro discorso…). Quindi primo punto a sfavore: manca davvero un’urgenza narrativa. Secondo appunto: la sceneggiatura dei fratelli Coen (!!!!) che ci fa temere per il prossimo loro “Ave, Cesare” con Clooney, in arrivo tra poche settimane. Una sceneggiatura, si diceva, col pilota automatico, senza sorprese, con dosi indigeribili di americanismo un tanto al chilo. Terzo neo: la regia di Spielberg che non ci prova nemmeno ad aggiustare la rotta, ma anzi la asseconda con uno stile narcolettico che sembra fermo a trentacinque anni fa. Va bene che a lui piacciono “gli uomini normali alle prese con fatti straordinari” ma occorrerebbe dinamizzare la messa in scena ogni tanto e creare un minimo di suspense, qui invece del tutto assente. Quarto: rivogliamo il Tom Hanks di Forrest Gump, non questo manichino dalle psicologie incerte, alle prese con delegati russi e tedeschi doppiati in italiano come la peggiore delle barzellette. Voto: 3
Robert Eroica
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tot�96
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lunedì 11 gennaio 2016
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un film carino, niente di più
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Un film girato e interpretato magistralmente, peccato che come film storico sia molto di parte, cadendo nei soliti clichè hollywoodiani. La sceneggiatura in particolare è davvero poco originale piena di frasi già fatte e dialoghi poco coinvolgenti, davvero poche le frasi memorabili ( fratelli cohen si ripetono fino alla nausea). Tutto sommato il film non emoziona più di tanto e non fa neanche riflettere uscito dal cinema, però si fa seguire coinvolgendo abbastanza. Un film carino niente di più, assolutamente uno dei lavori più medriocri che ha fatto spielperg.
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giuliasal12
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lunedì 11 gennaio 2016
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un film per pochi che dovrebbe essere per tutti
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Steven Spielberg+ Tom Hanks ed è subito successo.
Il film tratta un episodio poco conosciuto al grande pubblico ma che è emblema di un'epoca delicata e, se vogliamo, attualissima come è di fatto la Guerra fredda. Pur avendo una durata considerevole il film non risulta mai pesante e i dialoghi, curatissimi, scorrono via senza difficoltà e intralci. Belle non solo le parole ma anche le facce dei personaggi, ognuno con le proprie idee e peculiarità. Insomma, la qualità c'è ed è ben visible per chi ama i film storici e sa leggere nel passato qualcosa chè è universale ed attuale in ogni epoca.
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no_data
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lunedì 11 gennaio 2016
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il filo -patriottismo di spielberg traspare netto
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non è la prima volta che il grande regista si lascia trasportare dal suo innegabile patriottismo nel confezionare i suoi film, tra l'altro quasi sempre di ottimo livello ("salvate il soldato ryan" è un altro esempio). La contrapposizione fra buoni e cattivi
appare a volte ingombrante: la scena dei maltrattamenti subiti dal pilota americano da parte dei russi, seguita immediatamente a ruota dalla scena di "democratica" cortesia e affabilità che sfoderano gli americani nei confronti della spia russa da loro detenuta è quasi irritante. Così come risultano scontati gli sguardi di disapprovazione della signora sul tram,e di tutti i passeggeri, avendo riconosciuto l'avvocato che sta difendendo la spia russa; la stessa signora che ritroveremo verso la fine del film , sempre sul tram, sempre di fronte all'avvocato(???),rivolta a lui stavolta con un leggero sorriso per il suo contributo nella liberazione dei due prigionieri americani: forse un pò puerile? Rimane comunque un film piacevole e scorrevole,cosa rara per film di spionaggio dove spesso sequele di nomi , situazioni intricate, fanno faticare nella comprensione della storia.
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non è la prima volta che il grande regista si lascia trasportare dal suo innegabile patriottismo nel confezionare i suoi film, tra l'altro quasi sempre di ottimo livello ("salvate il soldato ryan" è un altro esempio). La contrapposizione fra buoni e cattivi
appare a volte ingombrante: la scena dei maltrattamenti subiti dal pilota americano da parte dei russi, seguita immediatamente a ruota dalla scena di "democratica" cortesia e affabilità che sfoderano gli americani nei confronti della spia russa da loro detenuta è quasi irritante. Così come risultano scontati gli sguardi di disapprovazione della signora sul tram,e di tutti i passeggeri, avendo riconosciuto l'avvocato che sta difendendo la spia russa; la stessa signora che ritroveremo verso la fine del film , sempre sul tram, sempre di fronte all'avvocato(???),rivolta a lui stavolta con un leggero sorriso per il suo contributo nella liberazione dei due prigionieri americani: forse un pò puerile? Rimane comunque un film piacevole e scorrevole,cosa rara per film di spionaggio dove spesso sequele di nomi , situazioni intricate, fanno faticare nella comprensione della storia. Un ritrovato Tom Hanks appare in grande spolvero finalmente, accompagnato da un sorprendente Mark Rylance algido quanto basta per incarnare perfettamente una disincantata spia d'oltre cortina. Eccellenti scenografia e fotografia, nei dettagli tecnici, e un finale all "Good Bless America" un pò forzato.
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