Titolo originale | Im Keller |
Anno | 2014 |
Genere | Documentario |
Produzione | Australia |
Durata | 82 minuti |
Regia di | Ulrich Seidl |
Attori | Fritz Lang (II), Alfreda Klebinger, Manfred Ellinger, Inge Ellinger, Josef Ochs Alessa Duchek, Gerald Duchek, Cora Kitty, Peter Vokurek, Walter Holzer. |
MYmonetro | 2,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento lunedì 28 marzo 2022
Uno spaccato di quotidianità del popolo austriaco.
CONSIGLIATO SÌ
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C'è chi scende in cantina per estrarre da una scatola di cartone, come da una bara, una bambola del tutto simile a un neonato morto, da cullare e abbracciare in segreto. C'è chi ci va per bere con gli amici e suonare musica, tra "confortanti" memorabilia hitleriani; chi per sparare al nemico jihadista, tra una strofa del "Trovatore" e una di Beniamino Gigli; per dominare il proprio schiavo sessuale o per farsi frustare fino a non potersi più sedere, mentre magari impiega del resto del tempo, quello speso alla luce del sole, a favore della campagna contro la violenza sulle donne.
Benvenuti In the Basement, nel sotterraneo, regno fisico e figurato dell'Es, profondità segreta dell'animo, retroscena per antonomasia, sottratto allo sguardo di chi cammina al di sopra con il godimento tipico della clandestinità. Una stanza tutta per sé, insomma, che sembra fatta apposta per solleticare l'interesse di Ulrich Seidl, il quale non deve far altro che inanellare i quadri di questa galleria degli orrori per ottenere una non fiction in perfetta continuità di temi e intenti con la sua fiction.
I primi termini ad ingarbugliarsi torbidamente, infatti, sono proprio questi. Perché è evidente che è proprio la crudezza della realtà ciò che l'austriaco mira a illuminare da sempre nel suo cinema narrativo, e perché non si può certo chiamare documentario questo catalogo di umanità in posa, selezionato col lanternino, materiale perfetto per un casting dei suoi e cibo succulento per chi concepisce il film come il terreno dell'esibizione.
Seguono a catena le altre, studiate, ambiguità: quel che è scioccante - o estremamente doloroso- è anche irresistibilmente ridicolo, quel che non si vorrebbe guardare calamita lo sguardo, ciò che appare indigesto (per la suddetta crudità) scivola in realtà quotidianamente nei nostri stomaci mediatici.
Ma se c'è una costante sintomatica, in queste memorie dal sottosuolo, è che sono appunto memorie, fantasmi, corpi, arredi e oggetti imbalsamati in un tempo passato che non è quello che scorre in superficie (emblematici, in questo senso, il ricordo del gusto della cotoletta di facocero, l'hobby del trenino elettrico, l'elegia della tavernetta démodé). Il film intero, in fondo, non fa eccezione: pur comprendendone sia il gusto provocatorio che la serietà intellettuale e creativa, In the Basement ci sembra testimoniare un uguale stato di imbalsamazione concettuale del cinema di Seidl, proprio quando avevamo sperato in un sussulto di novità.