gbmovie
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martedì 6 maggio 2014
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banalità
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La sagra della banalità. Tutto prevedibile.
La barista si innamora del meccanico. Fa carriere e apre un bar.Fa dei figli col meccanico.Si ammala. Si amano.
Continua l'assenza di sceneggiatori decenti in Italia
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paola bis
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giovedì 10 aprile 2014
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allacciamo le cinture per non partire mai
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Piazzetta Carducci, il barocco pugliese alle luci della notte, giovani aitanti e una zia stravagante. Ozpetek ritorna a Lecce dove le mine, questa volta, decidono di allacciare le cinture prima di buttarsi nel vortice della vita. Così, dopo una statica presentazione dei protagonisti, estranei ed incattiviti (banalmente gli unici degni di nota sotto una pensilina), lentamente la vicenda inizia attorno a un bar dove, tra progetti e risate, il regista prova a raccontare la piccola Italia che sognava e ragazzi ancora capaci di odiarsi e innamorarsi, pur nell’estrema diversità. Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca), bellezza delicata e corpo possente, si respingono e si intrecciano, si detestano ma si cercano, fino a quando la condivisione della debolezza di lui (una presunta dislessia) fa crollare ogni fragile difesa di lei.
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Piazzetta Carducci, il barocco pugliese alle luci della notte, giovani aitanti e una zia stravagante. Ozpetek ritorna a Lecce dove le mine, questa volta, decidono di allacciare le cinture prima di buttarsi nel vortice della vita. Così, dopo una statica presentazione dei protagonisti, estranei ed incattiviti (banalmente gli unici degni di nota sotto una pensilina), lentamente la vicenda inizia attorno a un bar dove, tra progetti e risate, il regista prova a raccontare la piccola Italia che sognava e ragazzi ancora capaci di odiarsi e innamorarsi, pur nell’estrema diversità. Elena (Kasia Smutniak) e Antonio (Francesco Arca), bellezza delicata e corpo possente, si respingono e si intrecciano, si detestano ma si cercano, fino a quando la condivisione della debolezza di lui (una presunta dislessia) fa crollare ogni fragile difesa di lei.
Trascorrono 13 anni, tempo scandito dal taglio dei capelli della Smutniak e da un nuovo bar alla moda, gli amici di sempre e l’amore che si è sgretolato sotto il peso di responsabilità e rancori.
Un prima e un dopo. Ingredienti da melodramma e stereotipi cari al regista sono le uniche rassicurazioni per chi osserva un film dove lo scorrere del tempo non implica un reale sviluppo narrativo. Un film che cerca (e forse trova) l’empatia con lo spettatore solo attraverso il calvario della malattia, mentre il tema chiave dell’incomunicabilità rimane solo evocato e perisce inesorabilmente per i colpi inferti da una sceneggiatura debole, priva di attesa e di coinvolgimento.
Ogni tentativo di raccontare il passaggio da un amore muto e carnale ad un amore che si da le spalle, che trova una chance solo nel dolore, fallisce. Ozpetek, esitando di fronte all’incombere del male (fisico e mentale), scade troppo spesso nel siparietto comino o indugia sui corpi nudi senza riuscire a toccare il dramma di un corpo violato dalla malattia, di un cuore che non sente risposte. Un seno, una mano, un volto raccontano solo se stessi non riuscendo a rimandare ad altro, a un dialogo sopito da anni e che ora cerca una strada per ripartire.
Forse, inconsciamente consapevole dell’impossibilità a chiudere un film così incerto, il regista nel finale si rifugia in un flashback dove a far sperare è la voce di Rino Gaetano che, chiudendo gli occhi, è l’unica capace di farci immaginare il lento ritorno di un amore che “il vento crudele ti aveva rubato”.
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andrea lisi
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giovedì 10 aprile 2014
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...ma le allacciate davvero le cinture?
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Ebbene sì, ho visto qualche settimana fa l'ultimo film di Özpetek osannato dalle mie parti (anche) perchè girato a Lecce (mia città di residenza)... Non mi ha convinto del tutto. La prima parte l'ho trovata poco coinvolgente, senz'altro interlocutoria e preparatoria, ma dai dialoghi artefatti e da una recitazione di Francesco Arca improponibile (capisco che a Ferzan appassionino certi particolari, ma... ;)). Dopo il film si riprende un po' e nel finale certamente commuove e fa pensare. E la bella interpretazione di Paola Minaccioni senz'altro rigenera in parte un film che si riallaccia a un bel po' di temi cari a Özpetek, ma senza stupire più e con meno verve rispetto al passato.
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Ebbene sì, ho visto qualche settimana fa l'ultimo film di Özpetek osannato dalle mie parti (anche) perchè girato a Lecce (mia città di residenza)... Non mi ha convinto del tutto. La prima parte l'ho trovata poco coinvolgente, senz'altro interlocutoria e preparatoria, ma dai dialoghi artefatti e da una recitazione di Francesco Arca improponibile (capisco che a Ferzan appassionino certi particolari, ma... ;)). Dopo il film si riprende un po' e nel finale certamente commuove e fa pensare. E la bella interpretazione di Paola Minaccioni senz'altro rigenera in parte un film che si riallaccia a un bel po' di temi cari a Özpetek, ma senza stupire più e con meno verve rispetto al passato. Ciò che sinceramente mi ha infastidito un po' del film è che di Lecce in verità c'è poco. è solo un luogo come tanti dove inserire una scena teatrale molto costruita che si sarebbe potuta svolgere da qualsiasi altra parte...e, a parte il sindaco, poco altro c'è di veramente salentino nel film. qualche immagine da cartolina, ma nulla che possa ricordare davvero accenti e abitudini del tacco dell'italia. Mi hanno convinto molto di più altri film di Ferzan Özpetek, oltre alle Fate ignoranti, Mine vaganti, Magnifica presenza (che ho rivisto volentieri su sky un paio di giorni fa) e persino Saturno Contro... Lo sapete cosa mi ha conquistato davvero del film? Aver ripreso nella colonna sonora l'interpretazione (bellissima) di Rino Gaetano di "Mano a Mano" di Cocciante! Ecco in questo Ferzan è unico! :)
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paride86
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martedì 8 aprile 2014
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non riuscito
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E' molto strano l'ultimo film di Ozpetek: parte in quarta, poi si arena nella fase centrale - quella della malattia - poi riparte con un lungo flashback.
Detto questo bisogna riconoscere la gravura di Kasia Smutkiak che, oltre ad essere dotata, è anche bella. Non si può dire lo stesso di Francesco Arca: totalmente fuori luogo, un camionista prestato al cinema.
In conclusione: Ozpetek ha sfornato un filmetto dimenticabile che nulla aggiunge al suo curriculum. Peccato, dopo la delusione di "Magnifica Presenza" mi aspettavo qualcosa di più. Tra l'altro non ho ancora capito cosa c'entri il titolo "Allacciate le cinture" con la storia che viene raccontata.
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andrea lisi
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domenica 6 aprile 2014
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...ma le allacciate davvero le cinture?
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Ebbene sì, ho visto qualche settimana fa l'ultimo film di Özpetek osannato dalle mie parti (anche) perchè girato a Lecce (mia città di residenza)...
Non mi ha convinto del tutto. La prima parte l'ho trovata poco coinvolgente, senz'altro interlocutoria e preparatoria, ma dai dialoghi artefatti e da una recitazione di Francesco Arca improponibile (capisco che a Ferzan appassionino certi particolari, ma... ;)).
Dopo il film si riprende un po' e nel finale certamente commuove e fa pensare. E la bella interpretazione di Paola Minaccioni senz'altro rigenera in parte un film che si riallaccia a un bel po' di temi cari a Özpetek, ma senza stupire più e con meno verve rispetto al passato.
Ciò che sinceramente mi ha infastidito un po' del film è che di Lecce in verità c'è poco.
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Ebbene sì, ho visto qualche settimana fa l'ultimo film di Özpetek osannato dalle mie parti (anche) perchè girato a Lecce (mia città di residenza)...
Non mi ha convinto del tutto. La prima parte l'ho trovata poco coinvolgente, senz'altro interlocutoria e preparatoria, ma dai dialoghi artefatti e da una recitazione di Francesco Arca improponibile (capisco che a Ferzan appassionino certi particolari, ma... ;)).
Dopo il film si riprende un po' e nel finale certamente commuove e fa pensare. E la bella interpretazione di Paola Minaccioni senz'altro rigenera in parte un film che si riallaccia a un bel po' di temi cari a Özpetek, ma senza stupire più e con meno verve rispetto al passato.
Ciò che sinceramente mi ha infastidito un po' del film è che di Lecce in verità c'è poco. è solo un luogo come tanti dove inserire una scena teatrale molto costruita che si sarebbe potuta svolgere da qualsiasi altra parte...e, a parte il sindaco, poco altro c'è di veramente salentino nel film. qualche immagine da cartolina, ma nulla che possa ricordare davvero accenti e abitudini del tacco dell'italia.
Mi hanno convinto molto di più altri film di Ferzan Özpetek, oltre alle Fate ignoranti, Mine vaganti, Magnifica presenza (che ho rivisto volentieri su sky un paio di giorni fa) e persino Saturno Contro...
Lo sapete cosa mi ha conquistato davvero del film? Aver ripreso nella colonna sonora l'interpretazione (bellissima) di Rino Gaetano di "Mano a Mano" di Cocciante! Ecco in questo Ferzan è unico! :)
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adala
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sabato 5 aprile 2014
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bellisdimo
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Ho visto il film ieri, oltre che bellissimo, è molto profondo, x 2 ore ho seguito il film senza mai distrarmi, questo significa 5 stelle anche x gli attori. La kasia è stata straordinaria. Trovo che tutti i film di Ozpetek siano toccanti, profondi e reali. Questo anche x mie amiche. Abbiamo pensato subito la stessa cosa alla fine del film.
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giuseppe del sole
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venerdì 4 aprile 2014
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la luce del salento questa volta non basta.
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C'è della maniera in questo film.
Mestiere, molto.
Sicurezza dei propri mezzi, e fiducia che questi bastino.
La storia stenta a decollare e serve il dolore, non senza un pizzico di retorica, a richiamare l'attenzione, e il "trucco" scenico del montaggio con cui il cuore della storia è posto alla fine, dopo il prima e dopo il dopo (13 anni sulla torta), ci svela l'arcano: trattasi invero della storia di un amore.
L'amore vero, che nasce nel letame (e non nei diamanti, cfr F. De Andrè) e resiste, ed anzi si rafforza (si legittima - direbbero i cronisti di calcio) nelle avversità più dolorose.
E qui ritroviamo il Nostro: la bellezza formale dei corpi maschili, il disfacimento femminile, il destino del cuore, il dramma.
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C'è della maniera in questo film.
Mestiere, molto.
Sicurezza dei propri mezzi, e fiducia che questi bastino.
La storia stenta a decollare e serve il dolore, non senza un pizzico di retorica, a richiamare l'attenzione, e il "trucco" scenico del montaggio con cui il cuore della storia è posto alla fine, dopo il prima e dopo il dopo (13 anni sulla torta), ci svela l'arcano: trattasi invero della storia di un amore.
L'amore vero, che nasce nel letame (e non nei diamanti, cfr F. De Andrè) e resiste, ed anzi si rafforza (si legittima - direbbero i cronisti di calcio) nelle avversità più dolorose.
E qui ritroviamo il Nostro: la bellezza formale dei corpi maschili, il disfacimento femminile, il destino del cuore, il dramma.
E la luce del Salento, tutta compresa negli occhi di Egle.
Il sole, da queste parti, è vita forte.
E' vita che vince, sempre.
E allora ti ricordi che gli vuoi un bene pazzo a Ferzan, ed il fatto che abbia scelto la tua terra è importante, per lui, ma anche per te.
E allora gli metti le tre stelle, che sono solo stelle d'amore.
E di ringraziamento, anche, per la bellissima canzone di Rino Gaetano che non conoscevi, anche quando pensavi di conoscerle (quasi) tutte.
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[+] bellissima recensione
(di max.antignano)
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simonk92
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giovedì 3 aprile 2014
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alla scoperta della malattia
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Il film narra la storia di Elena ( Kasia Smutniak ) una ragazza che vive una vita normale : amici , amore , lavoro , progetti , famiglia ecc.
La prima parte del film è una commedia ( come molti film di Ozpetek ) . La seconda parte ,invece, narra la scoperta improvvisa della protagonista di avere una grave malattia.
Da qui in poi il film diventa quasi un film drammatico. Quasi perchè nonostante la drammaticità degli eventi, il regista vuole raccontare tutto ciò con leggerezza e in modo ironico.
Da sottolineare le musiche azzeccate e l'interpretazione di Kasia Smutniak ( sempre più brava ed eclettica come attrice ).
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c.bianchi
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giovedì 3 aprile 2014
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pessimo!
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E' un film davvero volgare nell'abuso di sentimentalismo da fiction. Veramente televisivo. Attori stonati e a disagio. Meglio a questo punto il cinepanettone. O la Defilippi.
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buxter
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martedì 1 aprile 2014
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pura vita
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La grande bellezza, La migliore offerta, Allacciate le cinture: 3 ottimi film in poco meno di un anno per l'acciaccato cinema italiano, niente male.
Il film di Ozpetek m'è piaciuto moltissimo (sono un Ozpefan lo ammetto), all'altezza dei suoi migliori tipo Le fate e Saturno.
Amore e dolore sconfinato, riso e pianto scorrono con grande fluidità in questa storia normale, felice e tragica, come quella di milioni di noi.
Chi di noi non ha riso anche solo per un istante nel giorno del funerale di un carissimo amico pur avendo la morte nel cuore?
Non è ipocrisia, è semplicemente normale.
Gli attori si muovono benissimo e non debordano mai nella ricerca del protagonismo fuori luogo, guidati dalla felicissima mano invisibile del regista.
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La grande bellezza, La migliore offerta, Allacciate le cinture: 3 ottimi film in poco meno di un anno per l'acciaccato cinema italiano, niente male.
Il film di Ozpetek m'è piaciuto moltissimo (sono un Ozpefan lo ammetto), all'altezza dei suoi migliori tipo Le fate e Saturno.
Amore e dolore sconfinato, riso e pianto scorrono con grande fluidità in questa storia normale, felice e tragica, come quella di milioni di noi.
Chi di noi non ha riso anche solo per un istante nel giorno del funerale di un carissimo amico pur avendo la morte nel cuore?
Non è ipocrisia, è semplicemente normale.
Gli attori si muovono benissimo e non debordano mai nella ricerca del protagonismo fuori luogo, guidati dalla felicissima mano invisibile del regista.
Tra tutti il personaggio di Antonio il "burino", quello meno allineato, l'innamorato folle, infedele ma sincero.
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