andrea alesci
|
martedì 16 giugno 2015
|
l'insopportabile sguardo della schiavitù
|
|
|
|
Decide di mostrare il regista britannico Steve McQueen (Hunger, Shame), mostrare l’indicibile che scava dentro l’animo umano. Mostrare è il verbo che regge l’impianto di 12 anni schiavo, un predicato che s’avvinghia strenuamente alle sue radici etimologiche di monere: avvertire, ricordare. Ricordare con l’evidenza delle immagini quel che è stata la schiavitù dei neri.
Un colore della pelle che diventa contrasto razziale nell’America delle libertà da venire, di un Paese che attorno alla legge abolizionista di Lincoln edifica una delle più cruenti guerre civili della storia: americani che massacrano americani.
[+]
Decide di mostrare il regista britannico Steve McQueen (Hunger, Shame), mostrare l’indicibile che scava dentro l’animo umano. Mostrare è il verbo che regge l’impianto di 12 anni schiavo, un predicato che s’avvinghia strenuamente alle sue radici etimologiche di monere: avvertire, ricordare. Ricordare con l’evidenza delle immagini quel che è stata la schiavitù dei neri.
Un colore della pelle che diventa contrasto razziale nell’America delle libertà da venire, di un Paese che attorno alla legge abolizionista di Lincoln edifica una delle più cruenti guerre civili della storia: americani che massacrano americani. Un quadro terribile che nasce nelle piantagioni di Alabama, Florida, Louisiana, Mississippi, Carolina del Sud, Texas, Georgia, là dove nella metà del XIX secolo i campi di cotone, tabacco, zucchero diventano forzosamente la casa di “negri”, di uomini acquistati, scambiati, impegnati da altri uomini come loro proprietà.
In quei campi dove si ritrova d’un tratto precipitato anche Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor), uomo libero, musicista, sposato e con due figli, residente a Saratoga (New York), e negro. Rapito con l’inganno da due sedicenti opportunisti, marchiato da frustate che ne vogliono azzerare il passato e l’identità, mutato soltanto in Platt, schiavo negro proveniente dalla Georgia. Comincia così la storia vera di un uomo libero ridotto in schiavitù e raccontata nella sua eloquente brutalità dalle dettagliate inquadrature di Steve McQueen.
Scene esplicite nelle quali scorre l’abiezione verbale e fisica perpetrata dai padroni bianchi, qui sussunti nella sballata sadica figura di Edwin Epps (Michael Fassbender): con quel ghigno da pazzo e la sua ossessione per la giovane schiava Patsey (Lupita Nyong’o), ridotta allo sfinimento e continuamente vessata a causa delle crudeli gelosie della signora Epps (Sarah Paulson). E sarà proprio Platt a doverla frustare davanti a tutti su ordine del padrone Epps. Sarà lui a dover incidere sulla schiena nuda di Patsey l’insopportabile dolore della prevaricazione, l’inestinguibile peccato dell’uomo che violenta l’uomo e che il regista decide di rendere esplicito in un lancinante piano sequenza con lo scopo di svegliare tutti davanti all’abominio di chi si appropria di altri uomini e donne come fossero cose. Una volenza che per i sudisti era principio legittimato dalla legge, un comportamento istituzionalizzato che emerge in tutta la sua dissonanza nel serrato dialogo di Epps con il bracciante Bass (Brad Pitt), poi salvifico aiuto per Platt/Solomon nel riconquistare la sua libertà.
12 anni schiavo sa mostrarci i perversi meccanismi di questa malattia che ammorba l’America, scegliendo di farlo con la gravità dei pensieri distorti, con la ferocia delle azioni violente, con le atrocità subite da persone destinate soltanto a sopravvivere. Lo fa con grande potenza visiva, letteralmente portando lo spettatore fra quei campi macchiati di sangue, nelle atmosfere della Louisiana gravide d’ingiustizia; in quegli Stati avvolti dalla natura, solo elemento capace di donare attimi di una levità che ci arriva in dono nei controcampi tra primissimi piani e ondeggianti panoramiche alla Terrence Malick.
Camminiamo così ad occhi spalancati dentro un film che vuole renderci terribilmente consapevoli di quel che è stata (e di quel che in molti Paesi ancora è) la schiavitù: seguendo l’incredibile vera vicenda di Solomon Northup: uomo libero, per dodici anni sopravvissuto da schiavo, infine ritornato a vivere.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a andrea alesci »
[ - ] lascia un commento a andrea alesci »
|
|
d'accordo? |
|
il gabbiano
|
giovedì 30 aprile 2015
|
ennesimo film denuncia senz'anima
|
|
|
|
Steve McQueen, dopo aver esposto in maniera cruda le sofferenze e le debolezze dell'essere umano nei suoi precedenti successi "Hunger" e "Shame", capisce che per ambire all'Oscar deve dirigere qualche fim incentrato su tematiche delicate e/o patriottiche, per le quali l'Academy sembra avere sempre una perversa considerazione. E infatti il romanzo autobiografico di Solomon Northup, musicista nero rapito e ridotto schiavitù per 12 anni nella spietata America ottocentesca, è proprio quello spunto che il regista cerca per imbastire, con il suo solito stile, un (ennesimo) film denuncia sulla schiavitù, con l'intento di sensibilizzare il pubblico e soprattutto i giudici dell'Academy, che senza grandi soprese gli hanno conferito la statuetta come miglior film 2014.
[+]
Steve McQueen, dopo aver esposto in maniera cruda le sofferenze e le debolezze dell'essere umano nei suoi precedenti successi "Hunger" e "Shame", capisce che per ambire all'Oscar deve dirigere qualche fim incentrato su tematiche delicate e/o patriottiche, per le quali l'Academy sembra avere sempre una perversa considerazione. E infatti il romanzo autobiografico di Solomon Northup, musicista nero rapito e ridotto schiavitù per 12 anni nella spietata America ottocentesca, è proprio quello spunto che il regista cerca per imbastire, con il suo solito stile, un (ennesimo) film denuncia sulla schiavitù, con l'intento di sensibilizzare il pubblico e soprattutto i giudici dell'Academy, che senza grandi soprese gli hanno conferito la statuetta come miglior film 2014. Ciò che rende accattivante la pellicola sono le più che apprezzabili recitazioni degli interpreti (su tutti Michael Fassbender) e il fatto che questa Odissea di sventure del povero Northup sia la versione cinematografica di una storia realmente accaduta, cosa che fa certamente riflettere lo spettatore. Per il resto un film molto lento e con pochi acuti, acceso solo dalle scene cruente, messe con l'intento di dare più pepe alla trama, e con dialoghi di una retorica banale e fine a se stessa. Non certo un prodotto innovativo.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a il gabbiano »
[ - ] lascia un commento a il gabbiano »
|
|
d'accordo? |
|
anglee
|
domenica 12 aprile 2015
|
tra pathos e abitudine, una regia straordinaria
|
|
|
|
"12 anni schiavo", il film trionfatore degli Oscar 2014 aggiudicandosi ben tre oscar, ha confermato quelle che erano le sottili e ricorrenti (inevitabili, aggiungerei) aspettative che vengono fuori non appena le "info" di un film osannano premi e riconoscimenti come gli Oscar. La storia di un uomo che da libero diventa schiavo e dopo dodici anni riacquisisce la libertà è una splendida prova per Steve Mcqueen, che sembra abbracciare le difficoltà con orgoglio mostrandoci quella che è un'organicità espositiva impressionante, sebbene il racconto, frammentato, privo di crescendo narrativo e altalenato tra ellissi temporali forse un po' dissonanti, potesse rivelarsi un ostacolo.
[+]
"12 anni schiavo", il film trionfatore degli Oscar 2014 aggiudicandosi ben tre oscar, ha confermato quelle che erano le sottili e ricorrenti (inevitabili, aggiungerei) aspettative che vengono fuori non appena le "info" di un film osannano premi e riconoscimenti come gli Oscar. La storia di un uomo che da libero diventa schiavo e dopo dodici anni riacquisisce la libertà è una splendida prova per Steve Mcqueen, che sembra abbracciare le difficoltà con orgoglio mostrandoci quella che è un'organicità espositiva impressionante, sebbene il racconto, frammentato, privo di crescendo narrativo e altalenato tra ellissi temporali forse un po' dissonanti, potesse rivelarsi un ostacolo. Ma Mcqueen ci ha dato prova della cura dei dettagli. Mcqueen si preoccupa dell'analisi delle singole scene, dove un preciso taglio artistico, pensato e spettacolare delle inquadrature sposa una recitazione sempre credibile, patetica, che rimbalza su tutto il cast (chi più chi meno), riflesso di una regia attenta, scrupolosa,che vuole fare le cose bene.
Ma soprattutto 12 anni schiavo è il film delle riflessioni, delle sospensioni, della meditazione, del pathos che sembra costantemente sospeso tra culmine, spannung, e fredda abitudine. La narrazione aritmica frammenta anche il pathos ma non ci permette di staccare gli occhi dal film. Perchè in questa dimensione temporale quasi labirintica ci sono spiragli di silenzio, di sospiri, in cui l'attenzione vola via e ci rimane solo l'immagine, che lo spettatore ne faccia quel che vuole. Così accade quando il protagonista rimane per ore con un cappio intorno al collo, in attesa che il suo padrone torni a ripenderselo.
Non un perenne sdegno come per l'Olocausto e la privazione della dignità. Qui lo sdegno viene contrastato dall'abitudine, che allevia le sofferenze, da un padrone più caritatevole rispetto a un altro, per cui quest'oscillazione mi sembra il modo migliore per inquadrare bene in un solo film più prospettive, più punti di vista con cui guardare alla schiavitù dei neri.
Rimangono degne di memoria delle scene di violenza, in cui la recitazione raggiunge livelli altissimi e si mantiene alta, rigida, sorretta da un regista determinato che ci regala piani sequenza STRAORDINARI (la fustigazione di Patsey) dove conflitto psicologico, dolore fisico e la supervisione di una donna bianca senza pietà confluiscono in un'unica, satura, atmosfera.
Un ottimo modo di presentare al mondo questa parte oscura dell'umanità. E adesso lo posso dire, tutti riconoscimenti meritatissimi.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a anglee »
[ - ] lascia un commento a anglee »
|
|
d'accordo? |
|
cress95
|
mercoledì 8 aprile 2015
|
un uomo ridotto a schiavo, uno schiavo elevato a leggenda
|
|
|
|
Nel (lontanissimo) luglio del 1853 viene pubblicato un libro scritto da un uomo all'apparenza comune (ma con un'incredibile storia vera da raccontare), Solomon Northup. Il manoscritto, destinato a smuovere le coscienze di più di 30.000 americani, appare a prima vista una tra le tante autobiografie presenti sul mercato, distinguendosi soltanto per via del nome crudo e lapidario: Twelve Years a Slave, "12 anni schiavo".
[+]
Nel (lontanissimo) luglio del 1853 viene pubblicato un libro scritto da un uomo all'apparenza comune (ma con un'incredibile storia vera da raccontare), Solomon Northup. Il manoscritto, destinato a smuovere le coscienze di più di 30.000 americani, appare a prima vista una tra le tante autobiografie presenti sul mercato, distinguendosi soltanto per via del nome crudo e lapidario: Twelve Years a Slave, "12 anni schiavo". Nessun giro di parole, nessuna squallida né artificiosa prosopopea che "indolori" l'amara realtà: la storia di Solomon Northup, violinista di colore dello Stato di New York, è la tragedia di un uomo nato libero e ad un certo punto della sua vita ridotto in catene per servire come schiavo. Non per 1, non per 2, bensì per 12 anni della sua vita.
Esattamente 160 anni dopo esce nelle sale un film, destinato anch'esso a smuovere le coscienze (anche se questa volta di diversi milioni di spettatori), ma in aggiunta a cambiare per sempre la storia del cinema. Anche questa volta è il titolo a non lasciare spazio ai dubbi: Twelve Years a Slave, "12 anni schiavo".
Nella mastodontica creatura di Steve McQueen, dopo più di un secolo e mezzo, "torna alla luce" l'odissea di Northup, e lo fa con un'impetuosità ai limiti della prepotenza. Lo spettatore è "scaraventato" letteralmente nella tragedia del protagonista (magistralmente interpretato da un grandissimo Chiwetel Ejiofor), ed è costretto a viverla in prima persona, tutta d'un fiato, senza tregue o finto buonismo. McQueen mette a nudo l'orribile realtà della schiavitù, toccando probabilmente ferite ancora aperte, per lo meno nell'animo americano (peraltro esprimendo il regista un dramma anche personale, essendo egli stesso discendente di schiavi).
Non è comunque mia intenzione soffermarmi in una lunga e faticosa trattazione circa la schiavitù (tema altamente complesso che merita attenzioni e trattazioni diverse e più accurate di questa). In questa sede infatti preferisco tessere le lodi di un ottimo film, magistralmente realizzato sia in termini di recitazione, che di location che di vestiario. Non c'è, a mio avviso, alcuno tra i numerosi premi conseguiti da "12 anni schiavo" che non sia stato meritato a pieni merito. Il prodotto messo insieme da McQueen è di una qualità superlativa anche sotto il profilo storico, mantenendosi infatti abbastanza fedele alla storia narrata nell'omonimo testo. Volendo essere pignoli l'unico neo sembra essere la scelta di Brad Pitt (nel film l'abolizionista canadese Samuel Bass), che sa troppo di espediente per pubblicizzare la pellicola. Infatti la recitazione del Pitt è ben lontana dai fasti di un Achille di Troy, per citare un esempio, nel quale la sua persona rendeva l'anima al personaggio interpretato. Parliamoci chiaro: in "12 anni schiavo" la parte di Pitt poteva essere interpretata da chiunque, per la pochezza di battute (ed anche di carattere) del personaggio (fondamentale tuttavia ai fini della trama).
Detto ciò, contrapponendosi ad un infelice Brad Pitt un fantastico Chiwetel Ejiofor, non si può che chiudere un occhio sul suddetto difetto ed assegnare a pieni voti il titolo di capolavoro all'ultima fatica di Steve McQueen Twelve Years a Slave, "12 anni schiavo", un film che farà parlare di sé per ancora molti anni, essendosi di diritto guadagnato, almeno per il sottoscritto, un posto in prima fila tra le migliori pellicole della filmografia del nuovo millennio.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a cress95 »
[ - ] lascia un commento a cress95 »
|
|
d'accordo? |
|
paolp78
|
domenica 22 marzo 2015
|
poco convincente sul piano narrativo
|
|
|
|
Il film è interamente dedicato alla descrizione delle terribili condizioni in cui dovevano vivere i neri ridotti in schiavitù negli stati americani nei quali ancora tale pratica inumana era consentita, prima della sua abolizione avvenuta oltre venti anni dopo i fatti narrati nella pellicola: vengono messi a fuoco gli aspetti più odiosi e truci.
Ad aggiungere ulteriore dose di ingiustizia c'è la peculiare storia del protagonista: un uomo libero, padre di famiglia, istruito e ben inserito nella comunità in cui vive, che viene ridotto in schiavitù illegittimamente e di fatto rapito alla propria esistenza libera e tranquilla per essere sottoposto ad un inferno.
[+]
Il film è interamente dedicato alla descrizione delle terribili condizioni in cui dovevano vivere i neri ridotti in schiavitù negli stati americani nei quali ancora tale pratica inumana era consentita, prima della sua abolizione avvenuta oltre venti anni dopo i fatti narrati nella pellicola: vengono messi a fuoco gli aspetti più odiosi e truci.
Ad aggiungere ulteriore dose di ingiustizia c'è la peculiare storia del protagonista: un uomo libero, padre di famiglia, istruito e ben inserito nella comunità in cui vive, che viene ridotto in schiavitù illegittimamente e di fatto rapito alla propria esistenza libera e tranquilla per essere sottoposto ad un inferno.
Si tratta di un film storico, quasi didascalico.
La storia risulta tuttavia piatta, priva di un finale e notevolmente ripetitiva. Alla fine del film si ha la sensazione di aver assistito quasi ad un documentario un po’ romanzato e certamente ben curato, ma non ad un’opera cinematografica vera e propria.
Nella parte iniziale lo spettatore si appassiona alle sorti del protagonista, ma poi l'attenzione ed il coinvolgimento vengono meno a causa della completa assenza di una evoluzione narrativa.
Il senso di frustrazione che viene accumulato durante la pellicola abbisognava di un riscatto finale sul quale era utile soffermarsi maggiormente; viceversa le sequenze finali sono marginali e molti fatti non vengono neppure messi in scena, ma semplicemente riferiti con delle scritte prima dei titoli di coda. A mio parere si tratta di una scelta infelice che fa perdere molto ad una storia da cui si poteva trarre una pellicola certamente più avvincente.
Risulta stucchevole anche la rappresentazione eccessivamente ideale ed aggraziata della vita quotidiana del protagonista quando era ancora libero; è chiaro che si sono voluti enfatizzare questi aspetti per evidenziare maggiormente il contrasto con la vita infernale dello schiavo, ma il risultato è comunque poco convincente.
Troppo manichea pare anche la scelta di rappresentare tutti i bianchi che accettavano e praticavano la schiavitù come persone totalmente insensibili, spregevoli e malvagie; questi sono tutti descritti come individui affetti dai peggiori vizi, infedeli, facili a scatti d’ira, amorali, infantili, ipocriti, violenti, sadici ed incapaci di qualsiasi atto di pietà (incapaci persino di comprendere il dolore di una madre strappata ai propri figli). Anche questa scelta indebolisce il film, sottraendone forza narrativa e riducendolo ad un mero esercizio di rappresentazione formale dell’inumanità di una pratica terribile.
Sicuramente era possibile tagliare diverse scene; il film risulta troppo lungo.
Resta comunque un film ben girato e molto apprezzabile nella forma.
L'interpretazione del protagonista, che non conoscevo, è particolarmente toccante.
Impeccabile la ricostruzione dell'America del tempo, ottimi i costumi e l'ambientazione scenografica.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a paolp78 »
[ - ] lascia un commento a paolp78 »
|
|
d'accordo? |
|
emili83
|
sabato 14 marzo 2015
|
un capolavoro
|
|
|
|
Bè che dire, 5 stelle le merita seppur non un capolavoro assoluto...La storiA, L'AMBIENTAZIONE, la tragedia...meritano davvero
|
|
[+] lascia un commento a emili83 »
[ - ] lascia un commento a emili83 »
|
|
d'accordo? |
|
toty bottalla
|
martedì 10 marzo 2015
|
storia tra le storie del delirio dell'uomo!
|
|
|
|
Una pagina del racconto dell'uomo e dei suoi deliri, mi viene in mente l'olocausto per esempio: l'uomo che fa questo ad un altro uomo purchè non sia lui, il film di McQueen racconta una storia fra le storie, chissà quante, cariche di angoscia come questa furono vissute, sofferte e mai raccontate, 12 anni schiavo è un lavoro biografico "pulito" forse troppo, "radici" una serie tv di fine anni 70 soffocava di più, qui, la sceneggiatura veste di cinismo le immagini che ci mostrano: cattiveria, indifferenza e ignoranza di chi si credeva migliore, bravo Ejiofor nei panni di solomon. Saluti.
|
|
[+] lascia un commento a toty bottalla »
[ - ] lascia un commento a toty bottalla »
|
|
d'accordo? |
|
flynetz
|
sabato 7 marzo 2015
|
dopo django la triste verità sulla schiavitù
|
|
|
|
CI scommetto quello che volete che l'idea di fare questo film è partito dal film tarantino Django (che a me è piaciuto molto), ma che forse un pò a ragione ha trattato la schiavitù in maniera un pò troppo semplicista.
Ecco quindi un film che ha le sue stesse ambientazioni ma un accuratezza storica e una storia da racconta che è a differenza di Django è davvero successa.
Il film sinceramente non mi ha entusiasmato, si è lasciato guardare ma dubito che lo guarderò di nuovo , gli attori molto bravi ma forse la sceneggiatura è un po' troppo lenta e noiosa .
Ecco forse questo è il punto, un buon film ma non si ricordano scene cult , o dialoghi che passeranno alla storia.
[+]
CI scommetto quello che volete che l'idea di fare questo film è partito dal film tarantino Django (che a me è piaciuto molto), ma che forse un pò a ragione ha trattato la schiavitù in maniera un pò troppo semplicista.
Ecco quindi un film che ha le sue stesse ambientazioni ma un accuratezza storica e una storia da racconta che è a differenza di Django è davvero successa.
Il film sinceramente non mi ha entusiasmato, si è lasciato guardare ma dubito che lo guarderò di nuovo , gli attori molto bravi ma forse la sceneggiatura è un po' troppo lenta e noiosa .
Ecco forse questo è il punto, un buon film ma non si ricordano scene cult , o dialoghi che passeranno alla storia.
Comunque alla fine mi sento di consigliarlo perchè si possono vedere degli aspetti che storici sulla schiavitù che io ignoravo totalmente.
[-]
|
|
[+] lascia un commento a flynetz »
[ - ] lascia un commento a flynetz »
|
|
d'accordo? |
|
aldo marchioni
|
venerdì 6 marzo 2015
|
vero, verosimile, ed impressionante
|
|
|
|
Uno dei film emotivamente più coinvolgente che ho visto ultimamente.
Non è solo una bella storia, comunque appassioante: è un bel film, le immagini del profondo sud americano sono spettacolari.
L'esplorazione delle meschinità umane, e delle grandezze umane, è profonda, ma non va a detrimento del ritmo.
Da vedere e rivedere.
|
|
[+] lascia un commento a aldo marchioni »
[ - ] lascia un commento a aldo marchioni »
|
|
d'accordo? |
|
epassp
|
giovedì 19 febbraio 2015
|
non male, ma non perfetto
|
|
|
|
Bel film, ben recitato, ma non troppo originale
|
|
[+] lascia un commento a epassp »
[ - ] lascia un commento a epassp »
|
|
d'accordo? |
|
|