12 anni schiavo |
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Un film di Steve McQueen (II).
Con Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender, Benedict Cumberbatch, Paul Dano, Paul Giamatti.
continua»
Titolo originale 12 Years a Slave.
Biografico,
durata 134 min.
- USA 2013.
- Bim Distribuzione
uscita giovedì 20 febbraio 2014.
MYMONETRO
12 anni schiavo
valutazione media:
2,94
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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Un film bello con una sceneggiatura affrettatadi jacopo b98Feedback: 37256 | altri commenti e recensioni di jacopo b98 |
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mercoledì 26 febbraio 2014 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
Nel 1848 Solomon Northup (Ejiofor) è un uomo di colore libero che esercita con passione la sua professione di violinista. Ma due uomini un giorno lo ingannano, lo ubriacano e lo vendono come schiavo. Sperimenterà sulla sua pelle la schiavitù per dodici lunghi anni. È una storia vera quella al centro del terzo film dell’inglese Steve McQueen, sceneggiato da John Ridley. Anzi, è addirittura tratta dalle memorie scritte dallo stesso Northup. Quindi non c’è fonte più autorevole di uno che la schiavitù la vissuta sulla propria pelle per raccontare una storia sul tema già trattato molte volte della schiavitù. E McQueen sembra il cineasta perfetto per fare un film del genere: è un regista eccezionale, ha una grandissima capacità nella messa in scena, dirige divinamente gli attori, sa crearsi un’ottima troupe e per di più, fiore all’occhiello di questo giovane regista inglese, è esterno all’ambiente hollywoodiano. Insomma era l’occasione perfetta per realizzare il film sulla schiavitù definitivo. Quello che mai nessuno avrebbe tentato di eguagliare: un’opera importante, su un tema importante, con un cast stellare e priva dei soliti sentimentalismi hollywoodiani. Detto. Fatto. Dopo quasi un anno di attesa è arrivato in America 12 Years a Slave, presentato al Festival di Toronto, dove ha vinto il prestigiosissimo premio del Pubblico. E infine anche qui in Italia abbiamo potuto goderci il nuovo film di McQueen che arriva dall’America forte di critiche che dire entusiastiche è dire poco: Di film così ce n’è uno ogni mille (Los Angeles Times); Magistrale, strepitoso, un film che rimarrà nella leggenda (The Huffington Post); Potente, magnifico, sbalorditivo (The New York Times); Il film dell’anno (The Independent). Le prime recensioni italiane sono state invece fin da subito più fredde (tanto per cambiare: gli americani esagerano da una parte, noi dall’altra) nei confronti del film. Ora ho visto 12 anni schiavo ieri sera e, che dire? Diciamo subito che il film è bello, molto bello, e si guadagna senza problemi le sue più che onorevoli e meritate tre stelline. Ma veniamo al dunque: com’è veramente questo film? È la storia di un uomo che da libero diventa uno schiavo. E occhio! Non ho detto che diventa un cavallo, non diventa un cane. Diventa uno schiavo: meno di tutto ciò. Uno schiavo non è nulla. È un qualcosa che svolge un lavoro. Solomon all’inizio cerca di essere forte e ribellarsi ma quello che il film mostra è proprio la prostrazione sì fisica, ma soprattutto psicologica del nostro povero Solomon Northup. Perché se per dodici anni si cerca di essere considerati uomini, ma tutti ti considerano un verme, tu diventi un verme. E solo con la ribellione si può mantenere un po’ della propria dignità. Cosa succede se ti ribelli? Ti frustano. E una frustata fa male, è vero. Ti strappa la pelle dalla schiena, d’accordo. Ma soprattutto ti distrugge l’anima. Distrugge la tua dignità. E un uomo senza dignità diventa un verme: uno schiavo. Ed è a questo che punta il sadico schiavista Edwin Epps, interpretato da un terrificante Michael Fassbender. La scena più forte del film è proprio quella in cui a venire frustata è Patsie (Lupita Nyong’o), oggetto della contesa tra Epps, che la violenta per divertimento, e la signora Epps (Sarah Paulson) che la picchia, la taglia, le lancia una bottiglia in un occhio, come segno di tutto il suo odio. Ebbene tornando alla scena della fustigazione lì si vede davvero la totale umiliazione, fisica e psicologica. Si vede una persona la cui dignità è stata strappata via (simbolico è proprio il fatto che Epps prima di legarla all’albero le strappi tutti i vestiti). E fin qui dieci e lode. Quello che meno funziona è il film nel suo complesso in quanto alla fin fine quella di Solomon è una storia come tante altre che già sono state raccontate, e l’originalità della riflessione che viene fatta da McQueen si perde un po’ in una trama già vista e non così interessante. Insomma l’anello debole della catena è la sceneggiatura di John Ridley che conclude il film in modo troppo frettoloso: neanche cinque minuti prima della fine del film Solomon è ancora più che schiavo e dopo pochissimi minuti partono i titoli di coda. Perché tanta fretta?! Al massimo si sarebbe potuta tagliare qualche fustigazione per poter dare maggior respiro al finale, o senza modificare il prima semplicemente allungare ancora un po’ un film peraltro già abbastanza lungo. Per di più ci sono troppi, troppi personaggi in un film che approfondisce per bene praticamente solo il suo protagonista, lo schiavista Epps e il primo padrone William Ford (un perfetto Benedict Cumberbatch). La stessa Patsie, personaggio di fondamentale importanza nella contesa che ha luogo nella piantagione di Epps, è approfondita molto poco. Lasciamo poi perdere il personaggio (forse andrebbe definito cameo o comparsa) di Brad Pitt, che in fondo è fondamentale: è lui il fautore della libertà di Solomon. E appare in una sola, breve scena in cui non si chiarisce bene neanche chi sia, perché non sia razzista come tutti gli altri, ecc. Per il resto si può ancora discutere un certo sentimentalismo nella scena finale che cerca disperatamente di strappare le lacrime allo spettatore, proprio come nella miglior tradizione di hollywood. Insomma non è affatto brutto 12 anni schiavo solo contraddittorio in molti punti, nel finale, nell’approfondimento dei personaggi… Per il resto la confezione è perfetta: attori in gran forma (oltre a Fassbender e Cumberbatch, bravissimi Chiwetel Ejiofor e la keniota Lupita Nyong’o); stupenda fotografia di Sean Bobbitt, musiche perfette di Hans Zimmer (che quest’anno almeno una nomination agli Oscar l’avrebbe meritata, dati i suoi molti, splendidi lavori nel 2013), scenografie e costumi impeccabili. Insomma 12 anni schiavo è un bellissimo film, che talvolta inciampa, grazie soprattutto ad una sceneggiatura mediocre. Meno male che a salvare tutto ci pensa Steve McQueen, che quest’anno un Oscar al miglior regista lo meriterebbe davvero.
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