barracuda argento
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lunedì 3 marzo 2014
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vergognoso per chi ha pagato il biglietto !!!
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Tutto comincia quando si vede un trailer spettacolare e tutto finisce quando si vede il film. E' questa la frase che meglio riassume questo ...
L'inizio è buono, se non eccellente, un'ottima idea sulla quale costruire un film (sono felice di ammetterlo). Durante il primo quarto del film gli ambienti, la scenografia e le battute degli attori attraggono più che mai. Specialmente quest'ultime, alcune delle quali epiche, ti fanno preparare ad un film pieno di azione, onore e gloria quale per esempio il gladiatore o giovani aquile.
Poi il film continua, continua e continua, rimandando sempre più la tanto attesa ribellione all'oppressione da parte del protagonista che qualsiasi persona si aspetterebbe dopo un tale inizio.
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Tutto comincia quando si vede un trailer spettacolare e tutto finisce quando si vede il film. E' questa la frase che meglio riassume questo ...
L'inizio è buono, se non eccellente, un'ottima idea sulla quale costruire un film (sono felice di ammetterlo). Durante il primo quarto del film gli ambienti, la scenografia e le battute degli attori attraggono più che mai. Specialmente quest'ultime, alcune delle quali epiche, ti fanno preparare ad un film pieno di azione, onore e gloria quale per esempio il gladiatore o giovani aquile.
Poi il film continua, continua e continua, rimandando sempre più la tanto attesa ribellione all'oppressione da parte del protagonista che qualsiasi persona si aspetterebbe dopo un tale inizio.
Da quel punto il film diventa monotono, con alternanze continue e stressanti di pianti, lamenti, frustate a non finire e urli che ti fanno venire mal di testa per 3 ore consecutive.
Straordinaria poi la scelta del regista di utilizzare 2 minuti e mezzo, senza mai staccare l'inquadratura, riprendendo il povero protagonista appeso per il collo ad un albero.
Il modo in cui il protagonista viene liberato è poi vergognoso nel vero senso della parola; un uomo libero che diventa uno schiavo, uno schiavo che prima non vuole abbassarsi ai padroni ma che poi (una volta capito come gira la faccenda) diventa il loro leccapiedi, e poi, tanto per sottolineare l'indipendenza del protagonista dal mondo bianco, appare come uno schiavo che viene liberato dal suo precedente padrone...
Ed ecco che dopo 2 ore appare chiaro che il film, se così si può definire, è una specie di documentario con lo scopo di commuovere lo spettatore di basso livello, ma che sfortunatamente, non riesce nemmeno in quello scopo.
D'accordo che si tratta di una storia vera, ma se così è, non annunciate l'arrivo nei cinema di tutto il mondo l'arrivo del miglior film dell'anno.
Sicuramente uno dei film che mi ha deluso maggiormente.
La vergogna di un oscar; non ho parole...
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[+] hai totalmente ragione!
(di jennyve_65)
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shanks91
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lunedì 3 marzo 2014
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capolavoro!
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Finalmente l'ho visto! E non ha deluso! Un capolavoro, un film durissimo, crudo, che lascia il segno! Per 2 ore si resta incollati alla poltrona, soffrendo insieme a Solomon e temendo per le sorti degli schiavi. Arrivati alla fine, si resta in silenzio e si cerca di elaborare quello che si è visto, rendendosi conto che si è appena visto un film eccezionale.
A parte la storia, fortissima, anche le prove attoriali sono eccelse: magistrale Ejiofor, bravissima Lupita Nyong'o, ma, a mio parere, il migliore è il terribile e tormentato Fassbender.
Assolutamente da vedere!!
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ilaria pasqua
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lunedì 3 marzo 2014
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intensissimo
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12 anni schiavo è la storia vera di un uomo, Solomon Northup, nato libero, che una sera apparentemente qualunque viene fatto prigioniero e rapito per poi essere ventuto come schiavo. Passeranno 12 anni terribili, passando da un padrone di piantagioni all'altro. Fino a quando non ritroverà la libertà.
"Ecco il film che vincerà certamente gli Oscar, quest'anno", mi dicevo sabato sera, "aspettavo a dirlo, ma ora ne ho l'assoluta certezza. Il miglior film sarà questo". Sono felice che sia andata esattamente così.
Intenso, disturbante, mette completamente con le spalle al muro. Sei costretto a seguire i 12 anni di prigionia di un uomo che prima era un violinista, un marito e padre di famiglia.
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12 anni schiavo è la storia vera di un uomo, Solomon Northup, nato libero, che una sera apparentemente qualunque viene fatto prigioniero e rapito per poi essere ventuto come schiavo. Passeranno 12 anni terribili, passando da un padrone di piantagioni all'altro. Fino a quando non ritroverà la libertà.
"Ecco il film che vincerà certamente gli Oscar, quest'anno", mi dicevo sabato sera, "aspettavo a dirlo, ma ora ne ho l'assoluta certezza. Il miglior film sarà questo". Sono felice che sia andata esattamente così.
Intenso, disturbante, mette completamente con le spalle al muro. Sei costretto a seguire i 12 anni di prigionia di un uomo che prima era un violinista, un marito e padre di famiglia. Si prova prima di tutto incredulità, la sua stessa incredulità che si trasforma presto in istinto di sopravvivenza ma mai accettazione. Solomon dovrà tenere per lui il suo nome, stare attento a ciò che dice, e anzi meglio non parlare per nulla.
Il primo proprietario prova per lui una gran stima, ma questo non è abbastanza, non lo spinge ad andare contro le regole. L'unica buona azione che fa è salvargli la vita che verrà messa nelle mani di un'altro proprietario, il peggiore in assoluto: Edward, un Michael Fassbender che fa accapponare la pelle, di certo l'interpretazione della vita per lui. Da qui in avanti le cose peggioreranno gradualmente. E entrerà in scena una ragazza, Pets, la preferita del padrone, che aprirà altre ferite nel cuore di tutti loro (e di tutti noi).
Solomon è un personaggio magnifico, pieno di dignità, di intelligenza, che non abbassa mai la testa e se lo fa è solo allo scopo di sopravvivere, per un fine più alto, la libertà. Non perde mai le speranze, non si lascia mai andare. Guarda oltre. Sempre oltre.
"Sto sopravvivendo, non mi farò prendere dalla disperazione. Mi manterrò in salute finché non verrà l'occasione di riprendermi la libertà!"
Descrivere ciò che questo film mi ha trasmesso è molto complesso. È un film tagliente, che in molte parti si fa fatica a seguire per la crudeltà, mai edulcorata. È ciò che ho apprezzato, questo è un film schietto, non indora la pillola, colpisce senza sembrare mai inverosimile. E il fatto che sia anche una storia vera stordisce, perchè mette ancora più in sintonia con il personaggio. Empatizzare è molto semplice, lo si fa sin da subito.
E si soffre, si soffre moltissimo durante tutta la visione, non c'è un attimo di respiro, nemmeno quando gli schiavi cantano le loro canzoni ad alta voce per trovare sollievo. Moltissime saranno le scene che ricorderò, perchè moltissime sono quelle che non vanno dimenticate.
Per Steve McQueen posso spendere solo parole di ammirazione ed elogio. Ho amato Hunger, un po' meno Shame, ma questo, questo fino a ora (e per ora) è il suo capolavoro. È illuminato, e visivamente è splendido, la regia è brillante, elegante come sempre. Nonostante la storia cruda è delicata, sensibile nel tratteggiare quei momenti silenziosi, nel catturare quegli sguardi. Nel catturare il dramma profondo di una parte di storia che si fatica a credere sia davvero esistita.
Chiwetel Ejiofor è un magnifico Solomon, appena ho visto il suo viso ho ricordato all'istante dove l'avevo già visto, Kinky Boots, film indipendente inglese che consiglio a tutti di recuperare. Una grande interpretazione lì, un'altrettanta qui. Ne sentiremo parlare. E mi dispiace, ancora una volta, perché quest'anno, almeno per quanto riguarda gli Oscar, non avrà il riconoscimento che merita quanto un DiCaprio e un McConaughey.
Ma non è il solo, il cast è davvero ricchissimo. Oltre a una piccola apparizione di Brad Pitt, fondamentale e allo stesso tempo superflua, troviamo anche Benedict Cumberbatch, quest'anno super prezzemolino, è davvero ovunque, Paul Giamatti e Paul Dano. Due parole anche sulla colonna sonora, magnifica, suggestiva, perfetta, non a caso, dietro c'è lo zampino di Hans Zimmer (ultimamente al cinema con Rush) e si sente.
Ah, anche se è inutile dirlo, in originale è tutta un'altra cosa.
In conclusione un film che lascia certamente il segno.
Recensione pubblicata originariamente su: www.ilariapasqua.net
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az123bcd
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lunedì 3 marzo 2014
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film duro e crudo
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Questo film ha lasciato sgomenti molti spettatori,che all'uscita dalla sala cinematografica avrrebbero preferito aver visto tutt'altro.
il problema della schiavitù è stato affrontato in modi diversi da molti registi,ma in tal caso MC Qeen ha superato se stesso.
ottimo cast e ambientazione,ma scene troppo cruente e dure.
ancora oggi in certi paesi del mondo si concepiscono forme di sfruttamento,basti pensare alla Cina;le persone lavorano senza orario,non hanno copertura sanitaria e se accade qualcosa sul posto di lavoro,le persone vengono fatte sparire senza troppi problemi.
il razzismo è cosa non ancora sotterrata,ma emergente,soltanto che le leggi razziali hanno apparentemene cambiato il clima e la parità tra le persone.
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Questo film ha lasciato sgomenti molti spettatori,che all'uscita dalla sala cinematografica avrrebbero preferito aver visto tutt'altro.
il problema della schiavitù è stato affrontato in modi diversi da molti registi,ma in tal caso MC Qeen ha superato se stesso.
ottimo cast e ambientazione,ma scene troppo cruente e dure.
ancora oggi in certi paesi del mondo si concepiscono forme di sfruttamento,basti pensare alla Cina;le persone lavorano senza orario,non hanno copertura sanitaria e se accade qualcosa sul posto di lavoro,le persone vengono fatte sparire senza troppi problemi.
il razzismo è cosa non ancora sotterrata,ma emergente,soltanto che le leggi razziali hanno apparentemene cambiato il clima e la parità tra le persone.
l'umanità ha tanti colori di pelle e tante culture,ma ahimè la mediocrità della cultura ipocrita non consente di vedere al di là del proprio naso.
dovremmo tutti imparare qualcosa da questo film.
imparare il rispetto del prossimo come di noi stessi.
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luigi chierico
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lunedì 3 marzo 2014
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una triste e vera storia della storia d’america
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Non è un colossal, non è una lunga narrazione di fatti, eventi e personaggi, non c’è un dialogo serrato, una musica da ricordare (Mission o L’uomo che sapeva troppo, ad esempio), una presenza femminile dominante, c’è invece il protagonista di una storia umana, quanto disumana : Solomon Northup, magistralmente interpretato da Chiwetel Ejiofor, ma soprattutto una straordinaria fotografia, immagini eccezionali, l’autore un vero artista. Anche ogni trascurabile dettaglio assurge all’importanza di essere mirabilmente fotografato, fotografia da premio Oscar in assoluto.
Solomon è vissuto qualche anno prima che l’America si liberasse dell’accusa di schiavista con la guerra di secessione (1861-1865 anni in cui anche in Italia si combatteva contro il dominio di stati stranieri per l’unità proclamata nel 1861).
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Non è un colossal, non è una lunga narrazione di fatti, eventi e personaggi, non c’è un dialogo serrato, una musica da ricordare (Mission o L’uomo che sapeva troppo, ad esempio), una presenza femminile dominante, c’è invece il protagonista di una storia umana, quanto disumana : Solomon Northup, magistralmente interpretato da Chiwetel Ejiofor, ma soprattutto una straordinaria fotografia, immagini eccezionali, l’autore un vero artista. Anche ogni trascurabile dettaglio assurge all’importanza di essere mirabilmente fotografato, fotografia da premio Oscar in assoluto.
Solomon è vissuto qualche anno prima che l’America si liberasse dell’accusa di schiavista con la guerra di secessione (1861-1865 anni in cui anche in Italia si combatteva contro il dominio di stati stranieri per l’unità proclamata nel 1861).
Viveva al Nord, America industriale, in cui non vigeva la schiavitù, era un negro libero. Con l’inganno si ritrova nell’America dei ricchi coltivatori di grandi piantagioni, al Sud dove ogni negro è schiavo, anche l’indimenticabile Mamy di Via col Vento, anche se assurta al compito di nutrice.
La schiavitù è una piaga, uno status da cui ogni Stato d’ogni tempo e luogo non si è sottratto, dagli egizi ai romani, dalla Grecia agli Incas, dagli arabi ai turchi. ed ancora oggi presente in alcuni paesi africani. Era schiavitù anche quella nel periodo medievale in cui vigeva il diritto del principe noto come lo “iure pimae noctis”, non si sottraeva il mondo contadino sfruttato dai padroni terrieri, e forse può dirsi schiavo il forzato, la donna obbligata a vendere il proprio corpo, il titolare di un esercizio obbligato a pagare un prezzo alla malavita. Lo schiavo in America non veniva affrancato come a Roma dove poteva diventare cittadino romano.
La libertà è un bene insopprimibile dice Brad Pitt nei panni del canadese Bass, ma purtroppo non è proprio così perché non sempre i principii corrispondono alla realtà, ed il film ne dà ampia prova. Vi è anche tanta crudeltà espressa in una violenza inaudita, vi è la violenza minorile.
Questo il film di Steve McQueen che sta raccogliendo tanti consensi di pubblico e critica forse perché si sente ancora oggi tanto bisogno di libertà in senso assoluto.
Uomini e donne di ogni età sono stati acquistati per raccogliere il cotone nelle piantagioni dei loro padroni o per solcare la terra anche a colpi di frusta, quella usata di solito per gli animali, infatti lo schiavo perdendo la libertà e la dignità di uomo conserva solo quello di animale, anzi di bestia. Loro non si ribellano, non piangono, non urlano, ma intonano canti di lavoro (work songs), che sono anche di speranza.
Ascoltiamole religiosamente quindi queste magnifiche voci in coro con didascalie durante la proiezione e non cerchiamo di capire il perché di tutto quello che vediamo e di sapere quel che non vediamo…. chigi
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arfui
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domenica 2 marzo 2014
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c'era una volta, ma ci sarà sempre
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I temi? 1)l'indifferenza di fronte all'atrocità per paura della propria incolumità, 2) lunghe sequenze sulla meditazione del se e del tutto,3) ricorrere alla volontà divina per giustificare le nostre perversioni 4)ricordare tutto, sempre
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diomede917
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domenica 2 marzo 2014
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io voglio vivere
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Con 12 anni schiavo il regista Steve Mc Queen fa il grande salto verso Hollywood (alle spalle c'è la casa di produzione di Brad Pitt) dopo i due precedenti intensi e più autoriali Hunger e Shame......
Un salto riuscitissimo visti i trionfi a Montreal e ai Golden Globes......e visto che è in Pole Position per la corsa agli Oscar.
12 anni schiavo è la storia vera di Solomon Northup uomo di colore nato libero, colto musicista che viene raggirato, rapito e venduto come schiavo, il film ne segue tutto il percorso per uscire fuori da questa incredibile situazione ( e lui fu uno dei pochi che riuscì a raccontarlo nella sua autobiografia che è la base del film), una lotta verso la vita che è perfettamente sintetizzata nella frase "Io non voglio sopravvivere io voglio vivere".
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Con 12 anni schiavo il regista Steve Mc Queen fa il grande salto verso Hollywood (alle spalle c'è la casa di produzione di Brad Pitt) dopo i due precedenti intensi e più autoriali Hunger e Shame......
Un salto riuscitissimo visti i trionfi a Montreal e ai Golden Globes......e visto che è in Pole Position per la corsa agli Oscar.
12 anni schiavo è la storia vera di Solomon Northup uomo di colore nato libero, colto musicista che viene raggirato, rapito e venduto come schiavo, il film ne segue tutto il percorso per uscire fuori da questa incredibile situazione ( e lui fu uno dei pochi che riuscì a raccontarlo nella sua autobiografia che è la base del film), una lotta verso la vita che è perfettamente sintetizzata nella frase "Io non voglio sopravvivere io voglio vivere".
Il film racconta la piaga della schiavitù da una nuova angolazione, esistevano uomini di colore nati liberi che venivano plagiati e annullati da persone senza scrupoli.
12 anni schiavo rappresenta questa storia con piglio duro, sbattendo in faccia allo spettatore tutta la violenza subita rispettando i canoni del grande filmone Hollywoodiano da Oscar.
Paradossalmente quello che è il punto di forza è al tempo stesso la cosa a mio parere che gioca contro al film.....l
Il regista è quasi intimidito dalla grandezza del progetto che lo rispetta pure troppo, si vede poco la mano dell'autore Mc Queen.....l
Nei film precedenti c'è una totale identificazione sia psicologica che (e sopratutto) fisica tra lo spettatore e il protagonista, qui è decisamente a sprazzi come lo si può notare nella scena più bella del film dove il Solomon si trova costretto a frustare la sua amica schiava.
Gli stessi cattivi sono perfettamente tratteggiati (Paul Dano su tutti con uno sguardo che racchiude tutta la follia razzista) ma escono di scena forse troppo presto quasi a dover rispettare una tempistica da cameo per poi dare scena al fedele Fassbender.
Ripeto sono tutti peccatucci veniali che non privano il film di un voto alto come 7,5 ma nella corsa alle statuette mi hanno più colpito la personalità di film come American Hustle o The Wolf of Walk Street......ma le regole di Hollywood seguono altri percorsi più politically correct con il benestare del presidente Obama......
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mickey97
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domenica 2 marzo 2014
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io non voglio sopravvivere, voglio vivere
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Stati Uniti, 1841. Salomon Northup è un abile musicista e un uomo libero con una moglie e due figli, la vita gli sorride sino a quando non viene ingannato da chi credeva amico e venduto come schiavo a un ricco proprietario del Sud Agrario per giunta schiavista. Strappato dalla sua vita e da tutti i suoi affetti, Salomon entra a far parte di un terribile ed interminabile incubo lungo ben dodici anni, provando sulla sua stessa pelle la crudeltà degli uomini e la tragedia della sua gente. Steve McQueen scrive appunto una sceneggiatura forte per effettuare una trasposizione di grande impatto specialmente emotivo all'unico scopo di rendere più consapevoli gli spettatori della vergona dell'essere umano.
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Stati Uniti, 1841. Salomon Northup è un abile musicista e un uomo libero con una moglie e due figli, la vita gli sorride sino a quando non viene ingannato da chi credeva amico e venduto come schiavo a un ricco proprietario del Sud Agrario per giunta schiavista. Strappato dalla sua vita e da tutti i suoi affetti, Salomon entra a far parte di un terribile ed interminabile incubo lungo ben dodici anni, provando sulla sua stessa pelle la crudeltà degli uomini e la tragedia della sua gente. Steve McQueen scrive appunto una sceneggiatura forte per effettuare una trasposizione di grande impatto specialmente emotivo all'unico scopo di rendere più consapevoli gli spettatori della vergona dell'essere umano. La vicenda di Salomon Northup coinvolge sempre più uno spettatore inorridito da tali atti barbarici ma apprezza costantemente la lucidità del protagonista nell'affrontare la schiavitù, dal momento che ritiene sia meglio non sprofondare nella depressione e nel dolore ma riprendersi la propria vita, il prorio nome. Io non voglio sopravvivere, voglio vivere, in questa frase è naturalmente insito il grande desiderio di vivere e conquistare tutto ciò che ha perduto ma al momento del contatto con la schiavitù Salomon si rende conto, che in questo caso non si può vivere se prima non si sopravvive e la liberazione rappresenta il mezzo attraverso il quale si passa dalla sottomisione all'indipendenza, al recupero della propria identità e dei propri affetti. Siamo tutti esseri umani e coe può un uomo fare del male a un altro uomo? Steve Mcqueen apre anche delle riflessioni a riguardo sviluppando di conseguenza il tema della discriminazione, i bianchi odiavano i neri e visto che serviva manodera nei campi decisero di renderli schiavi e parallelamente si affiancano ai tedeschi che consideravano gli ebrei come il male della patria. Quanta crudeltà c'èra nel mondo, quanto dolore, perchè ricordare?. Per evitare che tutto ciò avvenga nuovamente. Steve Mcqueen con 12 anni schiavo ci rende memori della tragedia, il film che sotto tutti i punti di vista si mostra un capolavoro fa capire quanto sia importante ricordare.
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maurizio meres
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domenica 2 marzo 2014
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la vergogna dell'essere umano
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Questo film rappresenta quello che l'essere umano anche essendo credente, di qualsiasi fede è stato ,e in una forma camuffata lo è ancora "egoisticamente crudele del rispetto della libertà ",l'alto contenuto di crudeltà soprattutto nella prima parte del film raggiunge limiti da vergognarsi di essere umani,un imbarazzo crescente ,tematica quella della schiavitù sempre attuale in tutte le sue forme ,mai dimenticare e soprattutto non far dimenticare a tutte le persone distratte ,il regista bravissimo ,volutamente secondo il mio punto di vista lancia questo messaggio molto profondo che va a colpire la coscienza dello spettatore. Film strutturalmente ben costruito ,attori tutti bravi soprattutto nelle varie individualità ,in particolare l'attore Fassbender ritengo che la sua parte dal punto di vista interpretativo sia stata la più difficile, personificava la crudeltà , significativa la breve apparizione di Brad Pitt , ottime le riprese che con molta accuratezza rimarcano particolari importanti sia nei gesti ,che nei sguardi.
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Questo film rappresenta quello che l'essere umano anche essendo credente, di qualsiasi fede è stato ,e in una forma camuffata lo è ancora "egoisticamente crudele del rispetto della libertà ",l'alto contenuto di crudeltà soprattutto nella prima parte del film raggiunge limiti da vergognarsi di essere umani,un imbarazzo crescente ,tematica quella della schiavitù sempre attuale in tutte le sue forme ,mai dimenticare e soprattutto non far dimenticare a tutte le persone distratte ,il regista bravissimo ,volutamente secondo il mio punto di vista lancia questo messaggio molto profondo che va a colpire la coscienza dello spettatore. Film strutturalmente ben costruito ,attori tutti bravi soprattutto nelle varie individualità ,in particolare l'attore Fassbender ritengo che la sua parte dal punto di vista interpretativo sia stata la più difficile, personificava la crudeltà , significativa la breve apparizione di Brad Pitt , ottime le riprese che con molta accuratezza rimarcano particolari importanti sia nei gesti ,che nei sguardi.Finale scontato ,un po'da libro Cuore ,ma non poteva essere differente,film da vedere.
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andrea giostra
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sabato 1 marzo 2014
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twelve years a slave
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Steve McQueen, in collaborazione con John Ridley, scrive una sceneggiatura puntigliosa che riporta agli onori del successo contemporaneo il best seller di Solomon Northup, “Twelve Years a Slave” pubblicato negli USA nel 1853, che racconta la terribile disavventura dell’uomo nero libero Solomon, artista newyorkese di successo, ridotto con l’inganno in schiavitù da bianchi americani del sud del paese dove il negro, per volontà divina, non era concepito come uomo ma come essere prossimo alla scimmia di proprietà del bianco cristiano, da sfruttare e usare fino allo stremo delle forze ora come servo, ora, se negra attraente, come sottomessa bagascia per soddisfare con violenza e prepotenza i piaceri della carne.
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Steve McQueen, in collaborazione con John Ridley, scrive una sceneggiatura puntigliosa che riporta agli onori del successo contemporaneo il best seller di Solomon Northup, “Twelve Years a Slave” pubblicato negli USA nel 1853, che racconta la terribile disavventura dell’uomo nero libero Solomon, artista newyorkese di successo, ridotto con l’inganno in schiavitù da bianchi americani del sud del paese dove il negro, per volontà divina, non era concepito come uomo ma come essere prossimo alla scimmia di proprietà del bianco cristiano, da sfruttare e usare fino allo stremo delle forze ora come servo, ora, se negra attraente, come sottomessa bagascia per soddisfare con violenza e prepotenza i piaceri della carne.
Ancora oggi, agli albori del ventunesimo secolo e a quasi centocinquant’anni dalla fine della schiavitù americana sancita con il XIII emendamento della Costituzione degli Stati Uniti d’America del 1865 voluto fortemente da Lincoln, la catarsi dell’uomo bianco americano non si è ancora compiuta appieno e McQueen ce lo ricorda con questo bel film, apparentemente anacronistico.
Le emozioni che si susseguono durante tutta la proiezione sono violente e crude, impietose e ciniche, sadiche e sanguinarie, vigliacche e codarde, e in fondo rappresentano prospettive diverse di prigionia e schiavitù: per gli uomini “negri”quella fisica e psicologica; per i bianchi cristiani quella del carnefice compulsivo, “vittima” di miserabili ed erudite convinzioni religiose e scientifiche di chi, in verità, seppur bianco è rimasto ad uno stadio assai primitivo dell’evoluzione umana e culturale.
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