Trabalhar Cansa

Film 2011 | Drammatico 100 min.

Regia di Marco Dutra, Juliana Rojas. Un film con Helena Albergaria, Marat Descartes, Naloana Lima, Gilda Nomacce. Genere Drammatico - Brasile, 2011, durata 100 minuti. - MYmonetro 2,84 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari.

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Ultimo aggiornamento lunedì 16 maggio 2011

La drogheria di Helena, unica fonte di sostentamento per la famiglia, va incontro ad ogni tipo di problema.

Consigliato sì!
2,84/5
MYMOVIES 2,50
CRITICA
PUBBLICO 3,17
CONSIGLIATO SÌ
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Cinema
Trailer
La fragile barriera tra le angosce professionali e quelle esistenziali.
Recensione di Marianna Cappi
venerdì 13 maggio 2011
Recensione di Marianna Cappi
venerdì 13 maggio 2011

Helena ha la possibilità di realizzare un vecchio sogno: ha trovato un locale dimesso dove aprire un piccolo supermercato, lo stesso giorno in cui suo marito Ottavio ha malauguratamente perso il lavoro. Mentre l'uomo perde fiducia in se stesso e nella possibilità di reinserirsi in tempi brevi, il negozio rivela non pochi problemi: prodotti che spariscono, fluidi maleodoranti che emergono dal pavimento, un minaccioso cane randagio che abbaia la sera davanti alla porta, una macchia su una parete che non cessa di allargarsi. Il clima in famiglia si fa sempre più fragile e perturbato...
Membri di un gruppo di giovani cineasti brasiliani che produce i propri film collettivamente, Juliana Rojas, 29 anni, e Marco Dutra, 31, si sono fatti conoscere e apprezzare con alcuni cortometraggi vagamente hitchcockiani e cronenberghiani e qui, alla prova del primo lungometraggio, non smentiscono i loro gusti.
Trabalhar cansa presenta con nitore documentaristico un contesto ultraquotidiano che poi sporca progressivamente di orrorifico attraverso una sequenza di elementi paradigmatici, per collocarsi, infine, in quel genere "fantastico" che è anche uno degli abiti del cinema sociologico. Gli elementi posizionati e reperiti sul luogo del mistero, rigorosamente sempre più buio e freddo nella fotografia, sono un dente, una mano... pezzi di un organismo che cresce fuori vista, alimentato prima dalla fragilità poi dalla paura e infine dall'angoscia dei protagonisti, e macabra proiezione degli oscuri sommovimenti dei loro animi. L'esorcismo, a questo punto, è intonato ma anche prevedibile.
Il pregio del film è indubbiamente nel legame tra le convenzioni del genere utilizzate e il soggetto del racconto: un legame per nulla arbitrario e costruito con cura fino all'ultima scena -probabilmente la più bella e originale del film- in cui la bestialità esplode tra gli umani in giacca e cravatta, costretti a lottare come fiere per un posto di lavoro mentre nelle scuole si festeggia ironicamente l'anniversario dell'abolizione della schiavitù. Eppure in questa chiusa si rivela anche la meccanicità del percorso, la cosiddetta "tesi": un rischio che attende spesso al varco i prodotti di questo genere e che il materiale di questo film non è sufficientemente sorprendente da contrastare.

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