greatsteven
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domenica 18 marzo 2018
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restare sull'isola o fuggire in cerca di meglio?
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TERRAFERMA (IT/FR, 2011) diretto da EMANUELE CRIALESE. Interpretato da FILIPPO PUCILLO, DONATELLA FINOCCHIARO, GIUSEPPE FIORELLO, MIMMO CUTICCHIO, MARTINA CODECASA, TIZIANA LODATO, CLAUDIO SANTAMARIA, TIMNIT T., FILIPPO SCARAFIA
Due donne adulte, una siciliana che vive in una piccola non segnata sulle mappe geografiche l largo di quella maggiore del Mediterraneo e un’etiope con un bimbo piccolo e una neonata che ha viaggiato dall’Etiopia alla Libia per raggiungere l’Italia: la seconda mette a soqquadro la vita della prima, ma ciò non toglie che entrambe condividano lo stesso sogno, ossia sperare un futuro migliore per i loro figli (e qui si esplicita in tutta la sua spietata e disarmante chiarezza la Terraferma del titolo).
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TERRAFERMA (IT/FR, 2011) diretto da EMANUELE CRIALESE. Interpretato da FILIPPO PUCILLO, DONATELLA FINOCCHIARO, GIUSEPPE FIORELLO, MIMMO CUTICCHIO, MARTINA CODECASA, TIZIANA LODATO, CLAUDIO SANTAMARIA, TIMNIT T., FILIPPO SCARAFIA
Due donne adulte, una siciliana che vive in una piccola non segnata sulle mappe geografiche l largo di quella maggiore del Mediterraneo e un’etiope con un bimbo piccolo e una neonata che ha viaggiato dall’Etiopia alla Libia per raggiungere l’Italia: la seconda mette a soqquadro la vita della prima, ma ciò non toglie che entrambe condividano lo stesso sogno, ossia sperare un futuro migliore per i loro figli (e qui si esplicita in tutta la sua spietata e disarmante chiarezza la Terraferma del titolo). Ernesto è un settantenne ancora restio a far rottamare il peschereccio che gli ha dato da lavorare per una vita intero. Suo nipote Filippo, ventenne, perse il padre in mare e divide il suo tempo fra il nonno e lo zio Nino che, da pescatore, è diventato bagnino e animatore turistico su una spiaggia. Giulietta, madre vedova di Filippo e sorella di Nino, avverte che il tempo immutabile di questa isola li ha resi tutti stranieri e che su quell’atollo non potrà sussistere alcuna speranza di futuro, né per lei né per il giovane figlio. Per cambiare e migliorare il tenore di vita, è necessario prendere il toro per le corna e andarsene via. Un giorno il mare fa sbarcare sulle loro spiagge un’imbarcazione carica di clandestini, fra cui la già citata Sara e la sua prole. Ernesto, uomo saggio e tollerante, li ospita in casa propria, come prevede l’antica legge del mare. Ma la nuova legge dell’uomo, razzista, insicuro e sospettoso, non permette che le cose funzionino così e la famiglia Pucillo è destinata ad essere sconvolta e si ritrova costretta a cambiare rotta in men che non si dica. A cinque anni di distanza da Nuovomondo, per cui la Giuria di Venezia si inventò un Leone d’Argento-rivelazione per premiarlo (questo film, invece, conquistò il Premio Speciale della Giuria al Festival 2011), Crialese torna a parlare del tema che gli è più caro: l’immigrazione. Da terra di migranti, e questo lo afferma inequivocabilmente e incontestabilmente la Storia, l’Italia è diventata un Paese che i migranti li accoglie. Ma volentieri o preferirebbe rimandarli indietro? L’opera si pone molte domande, ma non fornisce risposte definitive o secche, e proprio qui sta la sua intrinseca bellezza. Dapprima la vita sull’isola è a base di pescatori che pescano ciò che loro occorre per sopravvivere a livello materiale, figliano parecchio per avere braccia che sappiano maneggiare, una volta adulte, le barche, si accontentano di quanto il mare mette loro a disposizione e accettano il turismo come una risorsa fondamentale da affiancare alla pesca come fonte di introiti. Finché non giungono i clandestini. E a tal proposito, sia per la situazione di omeostasi iniziale sia per quella di squassamento successiva, due sequenze si rivelano significative: la riunione dei pescatori che discutono animatamente sulle decisioni assunte da Ernesto in seguito all’arrivo dei poveri uomini e delle povere donne esteri, collegandola a come si svolgeva il mestiere in questione un tempo quando tali problemi sembravano remoti, e la gita notturna in cui Filippo ruba una barca per portare al largo una turista sua coetanea per poi veder affiorare, grazie al chiarore del lumicino, innumerevoli braccia di carnagione scura che annaspano nell’acqua nel tentativo di montare sul mezzo di locomozione marittimo, provocando lo sdegno e una subitanea reazione sprezzante da parte di Filippo che, governando la barca, riporta la ragazza in porto e si allontana rabbioso in motorino. Un’altra importante scena, non a caso scelta per illustrare il manifesto di locandina, è quella in cui, a bordo dell’ennesima barca, i turisti si gettano in mare per una gara di tuffi, con sottofondo musicale caraibico e Fiorello (in una straordinaria interpretazione in cui le sue origini sicule lo aiutano a costruire un personaggio forte e credibile) in costume da bagno che balla agitando il microfono: è l’illusione di una vacanza tranquilla in cui nessuno viene informato della clandestinità che invade le strade del paese, esclusi i Carabinieri, che però se ne infischiano, salvo quando si tratta di far rimontare sugli scafi i viaggiatori africani e costringerli a rimpatriare. I primi venti minuti sono leggermente fiacchi e l’opera fatica un po’ a spiccare il volo, ma nei restanti settanta si riprende alla grande e assolve il suo significato ampio e profondo di apologo sulla condizione umana del bisognoso, sulla necessità di lasciare una terra cui si è affezionati per giungere in un’altra che non ci vuole e sull’indifferenza dilagante di chi dovrebbe ospitare e mostrarsi clemente e invece quasi sempre esplode nella xenofobia più cruda. Nel repertorio maschile, M. Cuticchio e F. Pucillo (già comparso in Nuovomondo nel ruolo del figlio all’apparenza muto che parla solo nel finale rivelatorio) eccellono, il primo per una recitazione elegante e controllata che è quasi un contraltare alla sua folta barba bianca e il secondo per il carattere del suo personaggio, sconsiderato ma pur sempre intraprendente, mentre fra le donne spicca su tutte D. Finocchiaro interpretando uno dei personaggi migliori della sua carriera, la cui dinamicità narrativa ma anche emotiva funge da contrappeso tra l’accettazione del diverso (scelta che fatica a fare, ma per la quale alla fine opta) e il rifiuto dello stesso. Anche C. Santamaria fa una breve apparizione, nei panni di un capitano dei Carabinieri: essenziale ma efficiente. Musiche: Franco Piersanti. Montaggio: Simona Paggi. Co-prodotto da Cattleya e Rai Cinema in collaborazione con la casa cinematografica francese Canal + e altre sue omologhe di medesima nazionalità.
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bomber89
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venerdì 6 novembre 2015
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l'isolano e l'immigrato
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In un'isola (immaginaria) del Mediterraneo, troppo piccola per essere segnata sulla mappa, vive un'intera famiglia; il mare è tutto per loro e anche se non più rigoglioso di pesci come una volta e se ha portato via una vita che gli apparteneva, è parte della loro esistenza. Una famiglia dalle mille sfaccettature che è "ancorata" alla sua isoletta, che vive il mare quotidianamente, quello stesso mare che vuol dire ostacolo e morte per l'immigrato che vede la terraferma come sua unica salvezza. L'incontro tra isolano sul peschereccio e immigrato in mare è in realtà l'incontro tra il cuore del primo che, pur essendo a tratti combattuto e spaventato, è pronto ad andare contro la legge (che gli impedisce di intervenire) pur di salvare quelle vite; e la disperazione del secondo che vede improvvisamente negli occhi dell'uomo bianco un porto sicuro, una salvezza insperata.
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In un'isola (immaginaria) del Mediterraneo, troppo piccola per essere segnata sulla mappa, vive un'intera famiglia; il mare è tutto per loro e anche se non più rigoglioso di pesci come una volta e se ha portato via una vita che gli apparteneva, è parte della loro esistenza. Una famiglia dalle mille sfaccettature che è "ancorata" alla sua isoletta, che vive il mare quotidianamente, quello stesso mare che vuol dire ostacolo e morte per l'immigrato che vede la terraferma come sua unica salvezza. L'incontro tra isolano sul peschereccio e immigrato in mare è in realtà l'incontro tra il cuore del primo che, pur essendo a tratti combattuto e spaventato, è pronto ad andare contro la legge (che gli impedisce di intervenire) pur di salvare quelle vite; e la disperazione del secondo che vede improvvisamente negli occhi dell'uomo bianco un porto sicuro, una salvezza insperata. Un film che tratta un tema attuale e delicato, la tragedia immane che si consuma ogni giorno nel Mediterraneo, affrontata con immensa dignità da quell'isolano che indubbiamente rappresenta un esempio, per tutti.
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achab50
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giovedì 26 febbraio 2015
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urticante per chi non vuol vedere
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Prima di vedere questo film è d'obbligo ripassare mentalmente qual'era la situazione giuridica dei migranti clandestini in quel preciso momento storico (non che ora le cose siano miracolosamente risolte); le opere che vogliono rappresentare una situazione sono particolarmente difficili ed irti di trappole sia ideologiche che culturali. Diciamo che qui il regista è dotato di buone sospensioni per cui il viaggio attraverso la vicenda avviene senza troppi scossoni. Inizio dalla fine parlando della splendida fotografia, che non di rado raggiunge la magnifica saturazione di un Caravaggio, e la statica e statuaria bellezza della migrante di colore, e la profondità dolorosa del suo sguardo.
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Prima di vedere questo film è d'obbligo ripassare mentalmente qual'era la situazione giuridica dei migranti clandestini in quel preciso momento storico (non che ora le cose siano miracolosamente risolte); le opere che vogliono rappresentare una situazione sono particolarmente difficili ed irti di trappole sia ideologiche che culturali. Diciamo che qui il regista è dotato di buone sospensioni per cui il viaggio attraverso la vicenda avviene senza troppi scossoni. Inizio dalla fine parlando della splendida fotografia, che non di rado raggiunge la magnifica saturazione di un Caravaggio, e la statica e statuaria bellezza della migrante di colore, e la profondità dolorosa del suo sguardo. E' un film che, mutatis mutandis, avrebbe potuto girare Luchino Visconti o (non sembri un contrasto troppo stridente) un grande regista del neorealismo italiano.
Quello della migrazione è un problema tutt'ora irrisolto e per il quale nonostante la canea di commenti ed alti lai non si stanziano adeguati fondi e nemmeno si impegna l'intelligenza per una strategia politica di lunga gittata. Ed intanto il Mare Nostrum diventa sempre di più un cimitero.
Al limite dell'insopportabile la scena del respingimento a colpi di remo, assolutamente verosimile la compiacenza di alcune forze dell'ordine.
Ecco, "il problema" ci viene sparato in faccia senza infingimenti: stiamo parlando di uomini che sono costretti a respingere altri uomini. Che speranza possiamo avere nel futuro?
E d'altronde non è di un film l'immagine di bagnanti che prendono il sole incuranti degli annegati, a pochi metri, coperti da lenzuola di fortuna, come impietosamente hanno pubblicato tutte le riviste. E allora di cosa ci scandalizziamo?
Ciechi che guidano ciechi.
Attori generalmente nella parte, Beppe Fiorello un po' sopra le righe come gli capita sovente, isola di Linosa affascinante.
Pagheremo, pagheremo cara la nostra ottusità.
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mat74
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mercoledì 25 febbraio 2015
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emozionante
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Fotografia, tecnica cinematografica, soggetto e sceneggiatura, si distinguono e si raccolgono brillantemente descrivendo un incubo continuo che tutti i giorni si ripete....tutti dovrebbero vedere questo racconto filmato.
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ginoantoniomario
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giovedì 3 ottobre 2013
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parlare con le immagini.
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A costo di apparire ingenuo vi dirò che vorrei vedere ogni sera film che, come questo, ci mostrano che uomini e donne che non hanno perso il senso del valore della viita e della solidarietà esistono ancora e sono molte di più di quante a volte pensiamo.
Avevo visto a suo tempo Nuovomondo e qui Crialese conferma di possedere una grande sensibilità espressiva e di saper parlare molto bene con le immagini.
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gianleo67
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venerdì 13 settembre 2013
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parabola turistico-umanitaria ai tempi della bossi
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Famiglia di pescatori lampedusani riconvertono la loro tradizionale attività marittima nelle più redditizie attività dell'accoglienza turistica ma vengono coinvolti, loro malgrado, nella tragedia degli sbarchi clandestini sull'isola, facendosi carico di dare ospitalità e di nascondere alle autorità una giovane madre che aiutano prima a partorire, poi a fuggire per raggiungere il marito da anni immigrato nel nord dell'Italia. Finale emblematico.
Dire che Crialese sia un cattivo regista sarebbe quanto meno ingeneroso anche per via di una indiscussa abilità tecnica e nella capacita di tradurre in una effica messa in scena le affabulazioni narrative di storie che si dipanano sapientemente tra realismo dei caratteri e universalità delle tematiche (l'insularità, la condizione sociale e umana, l'emigrazione, le radici culturali, etc.
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Famiglia di pescatori lampedusani riconvertono la loro tradizionale attività marittima nelle più redditizie attività dell'accoglienza turistica ma vengono coinvolti, loro malgrado, nella tragedia degli sbarchi clandestini sull'isola, facendosi carico di dare ospitalità e di nascondere alle autorità una giovane madre che aiutano prima a partorire, poi a fuggire per raggiungere il marito da anni immigrato nel nord dell'Italia. Finale emblematico.
Dire che Crialese sia un cattivo regista sarebbe quanto meno ingeneroso anche per via di una indiscussa abilità tecnica e nella capacita di tradurre in una effica messa in scena le affabulazioni narrative di storie che si dipanano sapientemente tra realismo dei caratteri e universalità delle tematiche (l'insularità, la condizione sociale e umana, l'emigrazione, le radici culturali, etc.). Tuttavia, come spesso accade nel cinema 'nostrum', le velleità produttive e artistiche di singoli autori riducono l'originalità di soggetti interessanti ad una modesta elaborazione cinematografica per via di un controverso accentramento di ruoli e professionalità che altre realtà produttive tendono più saggiamente a tenere separate. Anche questa co-produzione italo francese, nata sotto l'egida di un sostanzioso contributo governativo, non fa difetto a questa regola dove soggetto, sceneggiatura e regia sono curate direttamente dall'autore romano (di origini siciliane) e dove si ravvisa un evidente scarto tra le ottime intenzioni di una vicenda esemplare e la sua messa in opera secondo un registro che asseconda furbesche banalità ideologiche, irrilevanza psicologica dei personaggi e una irritante propensione verso un simbolismo d'accatto tra elegia e metafora ad uso e consumo del pubblico festivaliero (migranti spiaggiati come cetacei agonizzanti tra gli ombrelloni e i cocktails dei turisti, il tuffo di gruppo da una imbarcazione stracolma di festanti e spensierati gitanti, la scena della misericordiosa natività di una dolente Madonna nera, poveri migranti boccheggianti battuti come tonni nella disperata mattanza di un soccorso negato). Questa incongruenza formale tra cronaca (e critica) politica e sociale, banalità da fiction televisiva e le velleità di un cinema 'alto' sono il principale difetto di un film che predica bene e razzola malissimo, finendo con l'improbabile e didascalico epilogo di un primitivo e giovane autoctono orfano di padre che non spiccica l'italiano (strano che i suoi parenti lo parlino correntemente) e che fa ammenda della sua crudele disumanità portanto in salvo la giovane madre e i suoi bambini dall'altrettanto disumana empietà della burocratica applicazione di una legge xenofoba; una fuga verso una Terraferma quale insicuro porto da cui salpare o miraggio di salvezza verso cui approdare. Tra attori impresentabili (un Claudio Santamaria fuori ruolo), grossolane promesse (il 'verghiano' personaggio di Filippo Puccillo) e un significativo recupero professionale (Beppe Fiorello torna finalmente a fare l'animatore turistico!) è un film che ha goduto di una scontata quanto immeritata ribalta 'iridata' vincendo il Leone d'argento (Gran premio della giuria) alla 68° edizione della Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia e due Nastri d'Argento. Bella comunque la fotografia di Fabio Cianchetti. Parabola turistico-umanitaria ai tempi della Bossi-Fini.
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rita branca
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lunedì 9 settembre 2013
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a pesca di umanità
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Terraferma, film (2011) di Emanuele Crialese con Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, Timnit T, Claudio Santamaria, Martina Codecasa
Bellissimo film ambientato in un’isola sperduta del Mediterraneo, al largo della Sicilia, dove si svolge una vita tranquilla anche se molto povera per gli stenti che la popolazione dedita alla pesca, in un mare ormai avaro, deve affrontare.
L’attenzione si concentra su una famigliola, già privata del padre morto precedentemente, costituita da una giovane madre, il figlio diciottenne che aiuta l’anziano nonno paterno nella pesca a traino con un vecchio peschereccio che, secondo la mamma, andrebbe venduto per ricavarne qualche soldo, trasferirsi nella terra ferma, cercare lavoro e dare una svolta positiva alla loro misera vita.
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Terraferma, film (2011) di Emanuele Crialese con Donatella Finocchiaro, Beppe Fiorello, Mimmo Cuticchio, Filippo Pucillo, Timnit T, Claudio Santamaria, Martina Codecasa
Bellissimo film ambientato in un’isola sperduta del Mediterraneo, al largo della Sicilia, dove si svolge una vita tranquilla anche se molto povera per gli stenti che la popolazione dedita alla pesca, in un mare ormai avaro, deve affrontare.
L’attenzione si concentra su una famigliola, già privata del padre morto precedentemente, costituita da una giovane madre, il figlio diciottenne che aiuta l’anziano nonno paterno nella pesca a traino con un vecchio peschereccio che, secondo la mamma, andrebbe venduto per ricavarne qualche soldo, trasferirsi nella terra ferma, cercare lavoro e dare una svolta positiva alla loro misera vita.
Nonno e nipote non condividono tale progetto perché sentimentalmente legati al barcone appartenuto al figlio e padre rispettivamente.
In questa fase di indecisione arriva l’estate e madre e figlio si danno da fare per dare in affitto la loro casa a tre turisti venuti in vacanza dal nord, assicurandosi così un po’ di danaro per sbarcare il lunario, almeno temporaneamente.
C’è un altro componente della famiglia, lo zio paterno, che molto attivamente cerca di offrire un minimo di servizi e di intrattenimento ai turisti sulla spiaggia e offre al nipote anche qualche lavoretto nella sua piccola azienda turistica, mentre rassicura i clienti sull’assenza assoluta di immigranti nell’isola.
Però quando una mattina il giovane Filippo sta navigando col nonno, avvista un barcone di disperati di colore che chiedono aiuto ed alcuni di essi si tuffano in mare cercando di avvicinarsi al peschereccio. Il vecchio non esita ad aiutarli a salire a bordo, forte della consutudine di andare in aiuto di chiunque ne abbia bisogno in mare.
Il grosso dei migranti è intercettato dalle forze dell’ordine e una donna, ormai a termine di gravidanza, con un bambino intorno ai dieci anni, sono ospitati per decisione del generoso nonno, con immenso disappunto della nuora, la quale teme rappresaglie che in effetti arrivano subito col sequestro del peschereccio.
L’atteggiamento ostile nei confronti dei migranti da parte dei più giovani è molto bene delineato e fa riflettere. Assai più umana invece la posizione assunta dagli anziani, ai quali sembra inaccettabile l’idea che si debbano respingere dei disperati perché la loro presenza costituirebbe una pessima pubblicità dal punto di vista turistico per l’isola.
Insomma il tema trattato è di grande attualità e presentato attraverso una bella fotografia, dialoghi ben recitati e ottima colonna sonora.
Da non perdere e far circolare nelle scuole.
Rita Branca
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fabiana dantinelli
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martedì 11 giugno 2013
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così distanti, così vicini
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Che a Crialese sia caro il tema dell’emigrante lo si evince in modo chiarissimo dalle sue splendide pellicole, dal film d’esordio Once we were strangers al bellissimo Nuovomondo, tematica questa che ritorna nell’altrettanto affascinante Terraferma, vero capolavoro d’autore, dove il regista romano ma di formazione statunitense, ritorna con stile poetico e raffinato. Storia semplice e delicata come un racconto di mare, questo mare tremendamente azzurro da cui il ventenne orfano di padre Filippo, trova la sua unica fonte di guadagno: una pesca sempre più magra assieme al nonno Ernesto, un Mimmo Cuticchio irriducibile e spigoloso vecchio alla Hemingway.
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Che a Crialese sia caro il tema dell’emigrante lo si evince in modo chiarissimo dalle sue splendide pellicole, dal film d’esordio Once we were strangers al bellissimo Nuovomondo, tematica questa che ritorna nell’altrettanto affascinante Terraferma, vero capolavoro d’autore, dove il regista romano ma di formazione statunitense, ritorna con stile poetico e raffinato. Storia semplice e delicata come un racconto di mare, questo mare tremendamente azzurro da cui il ventenne orfano di padre Filippo, trova la sua unica fonte di guadagno: una pesca sempre più magra assieme al nonno Ernesto, un Mimmo Cuticchio irriducibile e spigoloso vecchio alla Hemingway. Lungo assolate giornate estive trascorse fra reti e ombrelloni, dando una mano al tamarrissimo zio Nino, un Beppe Fiorello in stato di grazia attoriale, il giovane protagonista interpretato da Filippo Pucillo, già visto in Respiro e Piede di Dio, altri due film decisamente azzeccati, si ritrova a confrontarsi improvvisamente con la dura realtà dei profughi che cominciano a sbarcare sulle coste di Lampedusa. Fra questi una giovane madre, Sara, che nella realtà sono gli occhi inquieti ed onesti di Timnit T, vera rifugiata sopravvissuta ad uno sbarco dalle coste dell’Africa centrale, nascosta in casa da Giulietta, madre di Filippo, un’Angela Finocchiaro al top che prova a risollevare le finanze casalinghe inventandosi alberghiera. È lei il perno su cui trova il suo equilibrio la storia, donna fanciullescamente ostinata, dallo sguardo un po’ distratto, ma in fondo sempre attenta, solidale mai pietosa. E proprio lì, in quella sua casa di mobili antichi e centrini, piombano tre giovani turisti, così invidiabilmente ignari delle sofferenze della vita, nel gruppetto Martina Codecasa, reduce dall’intensissimoSul mare, anche lì in veste di “forestiera”, la cui gioventù diversa e cittadina non riesce però a scalfire la deliziosa ingenuità di Filippo. Eppure qualcosa in lui finisce per smuoversi, anche in senso forte, violento, come l’Arturo della Morante, in una buia notte Conradiana, dove il nostro piccolo eroe, immortalato in quel ritratto di sabbia nera che gli sporca il viso angelico, è costretto a crescere, a superare la sua linea d’ombra. Ottimo film, stregante la colonna sonora di Franco Piersanti, fascinosa la tematica dell’altrove che ci spinge a cambiare, ad andare oltre i nostri stessi limiti, tanto fisici quanto mentali. Unico neo forse il finanziere polentone un po’ troppo macchiettistico, ma in fondo non così fastidioso. Crialese simply the best!
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roberto bracciante
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domenica 9 giugno 2013
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i malavoglia 2.0
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Bel film. da vedere. Più che ottimo Mimmo Cuticchio. Bravi gli altri. Mi è molto piaciuto, anzi mi ha arricchito. Non aggiungo altro. Invito tutti a vederlo.
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christo77
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venerdì 7 giugno 2013
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la mediocrità regna sovrana
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Un film che avrebbe potuto aspirare a diventare interessante, se soltanto fosse stato recitato in maniera perlomeno accettabile. L'idea di quest'isola utopica, folcloristica, intrisa di spensieratezza e gravità, in mano a un degno regista e altrettanti degni attori sarebbe risultata vincente. Sinceramente mi sono rifiutato di terminare la visione.
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