Drammatico,
durata 88 min.
- Italia, Francia 2011.
- 01 Distribution
uscita mercoledì 7settembre 2011.
MYMONETROTerraferma
valutazione media:
3,59
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
Mi sembra un buon prodotto. E' realizzato con cura innegabile, con anche belle scene. Lo scopo di fondo della pellicola è reso molto bene. Da guardare? Direi proprio di si!
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ognuno combatte la propria battaglia,con se stesso e gli altri,nella propria terra d'origine o in quella ospitale,inutile parteggiare per l'uno o per l'altro,qui si tocca con mano la sofferenza e la fatica di vivere,con le disgrazie e la speranza di potercela fare,ho trovato buoni gli attori immedesimati nelle parti, tranne fiorello un pesce fuor d'acqua non solo per la sua parte,qualche incongruenza tipo i profughi africani che parlano bene l'italiano già all'arrivo,e il finale che lascia aperto allo spettatore l'epilogo,come il regista alla fine volesse disfarsi della conclusione,raccontando una storia fin troppo reale in un'isola che c'è.....solidarietà comunque agli abitanti di lampedusa!
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Prima di tutto mi chiedo perché Donatella Finocchiaro si veda così poco sul grande schermo, quando invece è un’attrice molto intensa e sempre diversa (una rarità tra le colleghe italiane più gettonate).
O almeno questo è quello che ho pensato, strabiliata, dopo i primi dieci minuti di questo bel film, che tratta con profondità il tema dell’emigrazione clandestina e dell’accoglienza in una terra povera e desiderosa di benessere, come quella da cui fuggono i profughi.
Una terra invasa nei mesi estivi da turisti nordici bramosi di intrattenimenti da villaggio Valtur e ombrelloni a noleggio su spiagge attrezzate.
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Prima di tutto mi chiedo perché Donatella Finocchiaro si veda così poco sul grande schermo, quando invece è un’attrice molto intensa e sempre diversa (una rarità tra le colleghe italiane più gettonate).
O almeno questo è quello che ho pensato, strabiliata, dopo i primi dieci minuti di questo bel film, che tratta con profondità il tema dell’emigrazione clandestina e dell’accoglienza in una terra povera e desiderosa di benessere, come quella da cui fuggono i profughi.
Una terra invasa nei mesi estivi da turisti nordici bramosi di intrattenimenti da villaggio Valtur e ombrelloni a noleggio su spiagge attrezzate. Nordici che ovviamente giudicano, storcono il naso, si scandalizzano o si mostrano accoglienti, non sapendo e non capendo che cosa voglia dire vivere davvero sulla propria pelle l’invasione dei clandestini che muoiono in mare, che non si sa come aiutare, che approdano su un’isola (Linosa, perché Lampedusa Crialese se l’è giocata in Respiro, e poi perché ci spiega in nota*) dall’economia fragile, dove la pesca non rende più, dove la sacra legge del mare si scontra con una stupida burocrazia, fuori luogo, com’è sempre la burocrazia.
A parte la bellezza estetica dell’immagine dello sbarco dei turisti con un’inquadratura dal basso da manuale, quanto avviene nella sequenza successiva lascia intravedere l’Italia che rischiamo di tornare a essere se non si esce dalla crisi (e non solo economica): a mendicare soldi per necessità, a dare in affitto la propria casa per tirare su due euro.
Pellicola italiana candidata agli Oscar ha buone possibilità di ottenere qualche riconoscimento oltreoceano (a parte che alla Finocchiaro, torno a dirlo, darei la Palma d’oro), anche perché rappresenta quell’Italia meridionale, dimessa e selvaggia, che piace molto all’estero.
Ma il film è stato pure additato per la presenza di un’attrice non professionista, la vera protagonista della storia cui si ispira Crialese, chiamata a interpretare il ruolo di se stessa. E poi per un riferimento a una legge, che – grazie a Dio – ancora (ma forse per poco) non esiste: ovvero quella che impone di non prestare soccorso in mare ai naufraghi clandestini. Svista forse voluta e comunque funzionale alla storia, ma che ha scatenato alcuni puristi, perché si sa che le cose ben riuscite alimentano invidia e l’invidia rende le lingue biforcute.
Un film sociale dunque, ma nella giusta misura: i temi trattati non sono mai presi di petto, ma “circumnavigati” (già che siamo su un’isola), così da portarci a riflettere senza avere mai la sensazione di stare assistendo a un film che tratta di… o che voglia denunciare questo e quello.
Osanna! quando il cinema è così, quando parla a tutti con lo stesso linguaggio semplice e poetico a un tempo (è sufficiente l’inquadratura del fondale marino ricco, non più di pesci, ma di tubetti di dentifricio, di indumenti e papier di extracomunitari naufragati).
Anche se poi in sala c’è sempre il coglione che borbotta per un’ora e mezza e commenta i fichi d’India e quanto è azzurro il mare e sul finale, di un’intensità pazzesca, con un crescendo musicale (pregnante ed essenziale anche la colonna sonora) che incalza e accompagna nell’“ultimo tratto del viaggio” (perché Terraferma va visto anche come un “romanzo di formazione”), rimbrottato risponde: “Starei anche zitto, se dicessero qualcosa!”.
Miseria di un povero idiota, che non riesce a sentire nemmeno le dolci parole che gli sussurrano all’orecchio.
*Emanuele Crialese, Note di regia: “A Lampedusa ho trovato un luogo molto diverso da come lo ricordavo durante le riprese di Respiro… Il mio scoglio sperduto in mezzo al mare è adesso terra di frontiera. Relitti di barche mezze affondate, in attesa di essere cancellate dal mare, motovedette con cannoni e mitragliatrici, confusione e disperazione”.
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La fotografia poteva essere più delicata e affascinante. Crialese è bravo a narrare ma c'è qualcosa che mi ha lasciato perplesso. Scarsa la recitazione della Finocchiaro. Fiorello da buon siciliano sembra non avere problemi e si ritrova ad interpretare se stesso. Cuticchio simpatico e interessante. La sceneggiatura non è male, ma sembra un film ben costruito. Trovo esagerata la candidatura agli oscar. In poche parole ci doveva andare il film "Miracolo a Le Havre" di Aki Kaurismaki. Quel film è tutto e Crialese lo sa benissimo.
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L'idea di parlare dell'argomento dei clandestini è valida per la messa in evidenza delle problematiche legate alla migrazione clandestina.
Il film provoca la riflessione sui vari aspetti umani, regolamentari, l'aspetto della sicurezza delle persone, i contrasti di valori del mondo ricco ed il mondo povero
Il film sfiora i problemi, non suggerisce una soluzione, ma si limita a far pensare su l' esistenza del problema immigrazione clandestina.
Crialese presenta la problematica con un miscuglio tra denuncia, cronaca, e film (inteso come racconto); non è possibile! troppa carne al fuoco per dire tutto e bene.
Secondo me si esce dal cinema con qualche dubbio in più piuttosto che in meno, come detto prima, su tutte e tre le facce del film stesso.
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L'idea di parlare dell'argomento dei clandestini è valida per la messa in evidenza delle problematiche legate alla migrazione clandestina.
Il film provoca la riflessione sui vari aspetti umani, regolamentari, l'aspetto della sicurezza delle persone, i contrasti di valori del mondo ricco ed il mondo povero
Il film sfiora i problemi, non suggerisce una soluzione, ma si limita a far pensare su l' esistenza del problema immigrazione clandestina.
Crialese presenta la problematica con un miscuglio tra denuncia, cronaca, e film (inteso come racconto); non è possibile! troppa carne al fuoco per dire tutto e bene.
Secondo me si esce dal cinema con qualche dubbio in più piuttosto che in meno, come detto prima, su tutte e tre le facce del film stesso.
Il racconto filmico è molto carente nel suo svolgimento in quanto esso appare incerto nel ritmo, incerto nella sceneggiatura, incerto nell'affrontare il tema, incerto nell'arrivare ad una conclusione.
La scena finale del film è emblematica, in quanto non si capisce dove va a parare, sia per la donna che sbarcherà (FORSE) sulla terraferma, sia cosa succederà al peschereccio (SEQUESTRATO) una volta che tornerà al porto di partenza.
Per finire: se il film è denuncia non nessuna conclusione alternativa; se è cronaca è molto poco completa; se è un film di racconto è confezionato male.
Terraferma non è un film artistico, infatti se paragono il film "Nuovo Cinema Paradiso" (ad esempio), siamo lontani Km dal' espressione dell'arte nel film.
Gli Italiani però non credo abbiano bisogno di questi richiami demagogici, il popolo italiano, per la sua storia, è già testimone, di civiltà ed umanesimo nel mondo, inoltre per una ragione naturale: il suo DNA.
Se si vuole, pensare individualmente, un pò di più sul problema immigrazione, si può vedere il film, va bene, ma niente di più.
Grazie, Luigi Di Giovine
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I soliti maligni diranno che è un film buonista, un film retoricamente sinistroide, persino ruffiano. E già, quando si mettono in scena i sentimenti verso il "diverso", lo "straniero", finisce sempre così. E' giusto bollare Terraferma in questi termini? secondo il sottoscritto, si tratta di uno stupido quanto madornale errore. Eppoi tutto questo buonismo cattocomunista manco c'è, a guardar bene. Sfumature, personaggi cattivi ce ne sono, e non parlo solo del cattivissimo finanziere (uno straordinario Santamaria, sguardo gelido da ufficiale nazista), ma anche del bunga-bunghiano Beppe Fiorello, così stronzo, così dannatamente berlusconiano.
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I soliti maligni diranno che è un film buonista, un film retoricamente sinistroide, persino ruffiano. E già, quando si mettono in scena i sentimenti verso il "diverso", lo "straniero", finisce sempre così. E' giusto bollare Terraferma in questi termini? secondo il sottoscritto, si tratta di uno stupido quanto madornale errore. Eppoi tutto questo buonismo cattocomunista manco c'è, a guardar bene. Sfumature, personaggi cattivi ce ne sono, e non parlo solo del cattivissimo finanziere (uno straordinario Santamaria, sguardo gelido da ufficiale nazista), ma anche del bunga-bunghiano Beppe Fiorello, così stronzo, così dannatamente berlusconiano. E qualcuno magari dirà che ha ragione lui, che i clandestini danno fastidio, che bisogna rispettare le regole dello Stato, dei La Russa e dei Bossi. Qualcuno invece starà dalla parte dei vecchi, i pescatori, quelli che rispettano un'altra legge, quella del mare, quella degli uomini che non lasciano a mare chicchessìa, fossero anche clandestini. Qual è la legge giusta allora? forse il punto di vista di Crialese è evidente, però in fondo si tratta di una storia che può offrire diversi spunti di riflessione. Certo, la spontaneità fin troppo spontanea e bambinesca di un Mimmo Cuticchio potrà disturbare gli spettatori più cinici, così come l'iper-umanità della madre nera potrà apparire patetica e pre-confezionata ai nemici del buonismo, ma rappresentano l'antidoto più sano al dilagare appunto del cinismo e dell'anti-buonismo a tutti i costi, come se i buoni siano tutti falsi e i clandestini siano tutti cattivi. No, Crialese non ci sta e fa un gran film, vero, toccante, emozionante. E se non si è più capaci di emozionarsi, di commuoversi davanti ad un dramma del genere, davanti ai sentimenti umani di solidarietà, accoglienza, allora vuol dire che ci stiamo ammalando. Il cinismo porta solo al proprio rendiconto, ai propri interessi personali. Non è il vero sentimento prevalente dell'uomo, ma solo un modo per proteggersi senza curarsi di ciò che ci circonda, senza guardare in faccia la vita. La legge del mare è una legge universale. [-]
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Il mare di Crialese: cupo, misterioso, profondo, magico, evocativo. Bello, proprio bello questo film che tratta molti temi di attualità, forse troppi per non apparire talvolta didascalici. Ma nel ritmo della narrazione cinematografica non mi pare che guasti, perchè ti dà l'idea di una moviola "accellerata", così fai in tempo a seguire le vicende, a saperne di più di quelle vite spezzate, di quegli occhi pieni di speranza, e di quelli che l'hanno perduta la speranza. Bianchi, neri, insieme in un microcosmo spesso carico di tensione, in un intreccio di storie che riescono ad emozionare veramente.
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Il mare di Crialese: cupo, misterioso, profondo, magico, evocativo. Bello, proprio bello questo film che tratta molti temi di attualità, forse troppi per non apparire talvolta didascalici. Ma nel ritmo della narrazione cinematografica non mi pare che guasti, perchè ti dà l'idea di una moviola "accellerata", così fai in tempo a seguire le vicende, a saperne di più di quelle vite spezzate, di quegli occhi pieni di speranza, e di quelli che l'hanno perduta la speranza. Bianchi, neri, insieme in un microcosmo spesso carico di tensione, in un intreccio di storie che riescono ad emozionare veramente. E non è poco. Voglio testimoniare dell'atmosfera della sala: un silenzio carico di attenzione e di attesa, scorrono i titoli di coda, ma nessuno cerca di guadagnare subito l'uscita, e poi un lungo applauso che mi ha colta alla sprovvista. Crialese, bravo! Non volevo uscire, era tardi, n'è valsa la pena. [-]
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Visto ieri ( colpevolmente in ritardo) l'ultimo lavoro di Crialese. Un film bello e drammatico che mette a nudo un problema umano e sociale che tutti ( ma proprio tutti) noi conosciamo, ma che frettolosamente dimentichiamo: l’immigrazione. E anche stavolta il regista “del mare” ( Nuovo Mondo) , ripropone, in sostituzione della nave, un (non ) luogo, un Giano bifronte che accoglie uomini e drammi, decisamente polari tra loro ma con un ‘unico scopo: la fuga. Che sia dallo stress quotidiano o dalla povertà poco importa , entrambi vengono descritti come “invasori” e devastatori dell’ abituale vita quotidiana degli abitanti di un’isola ( volontariamente) senza nome.
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Visto ieri ( colpevolmente in ritardo) l'ultimo lavoro di Crialese. Un film bello e drammatico che mette a nudo un problema umano e sociale che tutti ( ma proprio tutti) noi conosciamo, ma che frettolosamente dimentichiamo: l’immigrazione. E anche stavolta il regista “del mare” ( Nuovo Mondo) , ripropone, in sostituzione della nave, un (non ) luogo, un Giano bifronte che accoglie uomini e drammi, decisamente polari tra loro ma con un ‘unico scopo: la fuga. Che sia dallo stress quotidiano o dalla povertà poco importa , entrambi vengono descritti come “invasori” e devastatori dell’ abituale vita quotidiana degli abitanti di un’isola ( volontariamente) senza nome. Spaurita popolazione che si ritrovano costretta a lacerare le proprie tradizioni delle leggi del mare (non salvando dei disperati) o della moralità (per divertire superbi turisti). In questo crogiolo di rabbia e impotenza è difficile capire chi anela di più alla “terraferma”, se gli abitanti che “non sanno nemmeno parlare l’italiano” ma vogliono ugualmente fuggire dalla prigione(sociale) isolana o gli immigrati che hanno venduto tutto con il rischio di non ottenere nulla. Sontuoso il confronto tra il dramma "bianco" e "nero" delle due donne, culturalmente lontane ma "disperatamente" vicine.Ovviamente da vedere. [-]
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Quando si hanno molte aspettative su un film di cui tanto si parla si rischia di restare delusi.Mi sembra che i temi affrontati siano troppi e poco approfonditi. Sono stata a Lampedusa in Giugno e durante il giro in barca nessuno si è comportato.come Beppe Fiorello che porta ( e prende.. ) in giro i turisti in una specie di parodia dell'animatore da Club Méditerrané. Specialmente i propretari della barca che ci aveva ospitato erano più occupati a fare simpaticamente le guide turistiche e preparare il pranzo piuttosto che a danzare e cantare senza nessuna preoccupazione per l'incolumità dei passeggeri .
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Quando si hanno molte aspettative su un film di cui tanto si parla si rischia di restare delusi.Mi sembra che i temi affrontati siano troppi e poco approfonditi. Sono stata a Lampedusa in Giugno e durante il giro in barca nessuno si è comportato.come Beppe Fiorello che porta ( e prende.. ) in giro i turisti in una specie di parodia dell'animatore da Club Méditerrané. Specialmente i propretari della barca che ci aveva ospitato erano più occupati a fare simpaticamente le guide turistiche e preparare il pranzo piuttosto che a danzare e cantare senza nessuna preoccupazione per l'incolumità dei passeggeri .Quella con Fiorello è una scena estremamente improbabile di folcklore a basso livello. Può essere una sequenza volutamente sopra le righe ma allora quanto risulta poi credibile quello che ci viene mostrato ? Sopra le righe anche l'assalto notturno dei naufraghi alla barca, respinti violentemente da Filippo il cui comportamento sembra riprovevole ma, riflettendoci, era l'unica cosa da fare per non rischiare un ulteriore naufragio. Posso dire per esperienza personale che a Lampedusa le vedette della Capitaneria di Porto appena avvistato un gommone ( attraverso elicotteri che perlustrano la zona in continuazione ) si recavano a soccorrere i profughi facendoli salire sulle proprie imbarcazioni e scene come quelle di superstiti che arrivano su una spiaggia affollata "amorevolmente" accuditi dai turisti che da indifferenti diventano soccorritori non le ho mai viste.
Quest'isola, presumibilmente Linosa per via della sabbia vulcanica, non può che essere, proprio per la sua indefinibilità, che un luogo simbolico come i personaggi che la abitano benchè, specialmente all'inizio il taglio sembra voler essere realistico. Bella, quanto improbabile, la scena dei vecchi pescatori " a consiglio" e della vendetta a base di pesce ( così scarso e prezioso ! ) scaricato davanti agli uffici come improbabile è l'atteggiamento dell'ufficiale della Guardia di Finanza, chiaramente del Nord e apertamente poco incline alla comprensione degli usi e costumi degli isolani. Che dire poi dei tre giovani che affittano la casa, così distanti, asettici poco credibili anch'essi, specialmente la ragazza che si limita a piangere non si sa se per terrore o pietà ma senza tentare una riflessione profonda su quanto avvenuto? Insomma , qualcosa sfugge, qualcosa non quadra e mi impedisce di assegnare più di 3 stelle.... Peccato perchè "Nuovomondo" mi era veramente molto piaciuto.
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CERBIATTI SPERDUTI di Matilde Perriera. L’Italia in attesa del 25/01/’12.Sarà inserito dall’Academy Award nella “rosa dei cinque” come probabile candidato all’Oscar del 26/02/’12? Il regista, pur riconoscendone le difficoltà, ritiene fruibile la pellicola per i forti simboli che mettono a fuoco messaggi universali. Emanuele Crialese coinvolge per 88 minuti,meritando il Premio Speciale della Giuria alla 68° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e il Premio Pasinetti 2011.TERRAFERMA,un titolo evocativo che richiama il fulcro del film,incentrato sulla perenne insoddisfazione dei giovani,l’insanabile conflitto tra radici e modernità,i rapporti interpersonali tra Giulietta e Sara.
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CERBIATTI SPERDUTI di Matilde Perriera. L’Italia in attesa del 25/01/’12.Sarà inserito dall’Academy Award nella “rosa dei cinque” come probabile candidato all’Oscar del 26/02/’12? Il regista, pur riconoscendone le difficoltà, ritiene fruibile la pellicola per i forti simboli che mettono a fuoco messaggi universali. Emanuele Crialese coinvolge per 88 minuti,meritando il Premio Speciale della Giuria alla 68° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia e il Premio Pasinetti 2011.TERRAFERMA,un titolo evocativo che richiama il fulcro del film,incentrato sulla perenne insoddisfazione dei giovani,l’insanabile conflitto tra radici e modernità,i rapporti interpersonali tra Giulietta e Sara.I personaggi si scontrano, si osservano, infine comprendono che tutti devono collaborare per il bene comune.Il plot narrativo si sovrappone inizialmente ai “Malavoglia” di Verga.Entrambi, ambientati in Sicilia,parlano di barche,pescherecci,persone e,su tutto,si distinguono una casa,una famiglia,la legge della tradizione,il darwinismo sociale; lì la “Provvidenza”, qui la “Santuzza”; lì Bastianazzo naufraga e qui il figlio è stato divorato da onde fameliche; lì Ntoni entra nel contrabbando, qui Nino cerca l’alternativa nel turismo; lì Alessi ricostruisce il nucleo familiare, qui Filippo si rivela degno del patriarca;lì Padron ‘Ntoni, qui Ernesto, smarriti fra due mondi ormai inconciliabili.Anche Crialese,come Verga,si eclissa nel mondo rappresentato,riproduce dialoghi scarni, mima gesti elementari, fa parlare silenzi pregnanti.Presto, però, la memoria incipitaria cede il posto alla memoria generativa e il film si carica di significanti più complessi.La scenografia, curata da Paolo Bonfini, è quella di un'isola mai specificata, tanto piccola da non risultare sui mappamondi, appena lambita dal turismo, che modifica la mentalità degli abitanti; il regista ha scelto di chiamarla ISOLA perché voleva raccontare una realtà metaforica riferibile a qualsiasi luogo separato da tutto il resto verso cui tende chi è in disperata ricerca della terraferma. Ernesto vive insieme alla nuora vedova; quest’ultima propone di riadattare la casa per affittarla ai turisti, un’opportunità che Nino abbraccia con impeto, appoggiato,peraltro, da Giulietta.Questo paradiso naturale èinvestito dai clandestini che minacciano il fatturato turistico, inaspriscono la regola nuova del respingimentoe cambiano l’esistenza di tutti.Ernesto, seguendo la connaturata etica della cultura del mare, salva un manipolo di personee porta a casa Titti-Timnitche è incinta e ha con sé un altro figlio.L’allargamento della famiglia crea incomprensione,ma la nascita di Giulietta pone le basi per un’alleanza tra ospitanti e ospitati,consentendo ai più riflessivi di trovare la propria terraferma interiore.Nel film,tra personaggi di finzione e altri realmente esistiti,si distingue Titti-Timnit, alias Sara,che, non attrice di professione, ma, comunque, protagonista di quella vita,raccontando alcuni momenti della sua avventura sconvolgente,dà a Crialese il “la”per stigmatizzare le ferite dell'immigrazione e delle prevaricazioni.Nel finale profonde riflessioni di carattere gnomico,secondo cui la vita di ogni uomo deve scorrere come un fiume che rassicuri gli sguardi smarriti di cerbiatti sperduti nel caos della vita e apra i cuori sordi incapaci di ascoltare umili preghiere.Solo con tali presupposti,la storia che stiamo scrivendo con la nostra esistenza non sarà più intrisa solo di sangue e di morte.
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