nigel mansell
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domenica 25 settembre 2011
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storie di mare, storie di gente
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Storie di mare, storie di gente tutta uguale... perchè non è poi che il destino degli isolani protagonisti del film sia poi tanto diverso da quello degli immigranti africani. E' sempre la solita storia in effetti, la lotta tra quelli che appaiono come gli sconfitti del mondo, che vengono messi gli uni contro gli altri: ma non sempre finisce così.
Ottimo davvero il cast, soprattutto la Finocchiaro che appare sempre più come la nuova Magnani e Fiorello, che finalmente libero dai rigidi e innaturali schemi della fiction, si rivela quel grande attore che è.
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francesca meneghetti
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domenica 25 settembre 2011
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neo-neoreliasmo in salsa aimbolica
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Il nuovo film di Crialese presenta tanti punti in comune con "Io sono Li" così che una recensione "contrastiva" può aiutare la lettura del testo e del contesto. Entrambi si svolgono in località di mare, abbastanza chiuse e isolate, in cui si innestano elementi “estranei”. E' la nuda verità del presente, che i due film riprendono con una spiccata vocazione realistica, come già aveva fatto per un contesto montano Giorgio Dirittti (Il Vento fa il suo giro).
In entrambi i casi, di fronte agli stranieri (da una parte in odore di clandestinità, dall'altra di mafia), si delinea un conflitto nella comunità originaria: se i refrattari prevalgono, due figure solitarie non rinunciano all'umanità e al buon senso: sono due vecchi(e bellissimi) pescatori dalle “lanose gote”, quasi due incarnazioni del pescatore della canzone di De Andrè.
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Il nuovo film di Crialese presenta tanti punti in comune con "Io sono Li" così che una recensione "contrastiva" può aiutare la lettura del testo e del contesto. Entrambi si svolgono in località di mare, abbastanza chiuse e isolate, in cui si innestano elementi “estranei”. E' la nuda verità del presente, che i due film riprendono con una spiccata vocazione realistica, come già aveva fatto per un contesto montano Giorgio Dirittti (Il Vento fa il suo giro).
In entrambi i casi, di fronte agli stranieri (da una parte in odore di clandestinità, dall'altra di mafia), si delinea un conflitto nella comunità originaria: se i refrattari prevalgono, due figure solitarie non rinunciano all'umanità e al buon senso: sono due vecchi(e bellissimi) pescatori dalle “lanose gote”, quasi due incarnazioni del pescatore della canzone di De Andrè.
Entrambi sanno il valore delle cose e perciò sfidano i pregiudizi di amici e parenti e persino le leggi dello stato (nel caso di Terraferma) trovandosi a proteggere due giovani madri, sole, in balia di ferree regole dettate dall'organizzazione che ne ha favorito l'immigrazione.
Se il confronto fa emergere degli archetipi (il vecchio ovvero l'eroe, gli antagonisti, la “principessa” da salvare, l'allontanamento, il divieto, la trasgressione, la punizione) ciò non deve far dimenticare un'intenzione realistica, se non documentaria. Il punto interessante però è il seguente.
Si può parlare di neo-neo-realismo in relazione alla volontà di essere in presa diretta con la vita reale della gente più umile?
Qui bisogna fare delle distinzioni. Una simile interpretazione si addice di più a “Io sono lì”, là dove i modelli di riferimento neorealistici sono alti (si pensi a Rossellini, che conduce alla tragedia con mano lieve, senza escludere qualche sprazzo di comicità; che focalizza le collettività, ma anche gli individui, con primi piani e gli occhi a parlare, e a raccontare i sentimenti delicatamente).
Invece in “Terraferma”al registro realistico si alterna quello onirico-simbolico. Si ricorderanno del resto in “Nuovomondo” due scene magistrali: la lama di mare che separa la folla sulla nave da quella sul molo, e il mare lattiginoso da cui emergono nuotando i nuovi cittadini americani, con una ripresa dall'alto, in allontanamento, che li fa sembrare rondini.
Un'altra distinzione sta nel sistema dei personaggi. “Io sono lì” la comunità dei pescatori (interpretata dalla triade veneta Paolini- Battiston-Citran), è sostanzialmente compatta, statica e poco solidale nei confronti dell'eroe Bepi, per altro di origine istriana, il quale rivive forse attraverso Li il suo “peccato originale” di diversità etnica. In “Terraferma” invece la scelta del nonno Ernesto è motivo di divisione all'interno della sua stessa famiglia, le cui posizioni tuttavia non rimangono statiche, ma divengono. Di particolare significato la trasformazione del nipote Filippo (Filippo Pucillo, già interprete di Nuovomondo), che si troverà, in un momento drammatico del film, ad essere un crocevia vivente di messaggi opposti: il senso etico e una legge dello stato che sembra al di fuori delle regole di umanità. Da questo punto di vista “Terraferma” è anche una storia di formazione.
Pregevole la fotografia in entrambi i casi, che restituiscono una Chioggia fascinosa e un'innominata isola siciliana di selvaggia bellezza.
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renato volpone
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sabato 24 settembre 2011
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grande maestria
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Grande maestria del regista, splendide le inquadrature, magnifica la fotografia, bravi gli attori: quasi l'affacciarsi su finestre che dipingono paesaggi. Il film, che racconta del contrasto tra gli zatteroni che portano a spasso i turisti e le zattere, più leggere, che portano la speranza e la disperazione dei profughi africani, lascia il suo messaggio, ne centra il contenuto, anche un po' con ansia. Il tutto però è edulcorato, troppo bello, troppo sani i profughi, troppo eleganti gli attori....solo, bellissimi, i vecchio pescatori. Il tutto è come un dipinto dai forti colori con una cornice sottile.
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luceva
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venerdì 23 settembre 2011
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terraferma gran bel film
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Ottimo film molto attuale e toccante, ottima l'interpretazione degli attori,compresi i nuovi, grande fotografia con dei splendidi ritratti.
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alex2044
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giovedì 22 settembre 2011
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un film tenero e sensibile
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Un buon film . Una storia tenera e sensibile piena di malinconia e tristezza. Tristezza per una società che troppo spesso gira la testa da una altra parte di fronte alle difficoltà. Il film però stenta a decollare e non raggiunge il patos di films che trattano lo stesso tema come "Welcome".
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bonzus
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giovedì 22 settembre 2011
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la dura legge del mare e delle istituzioni
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Dopo Nuovomondo, Crialese apre una scena di Terraferma con una ricercatezza stilistica raffinata;nel suddetto film, infatti, il ponte della nave si alza e porta via dalla Sicilia i suoi figli in una scena suggestiva.
In quest ultimo invece la ripresa avviene al contrario, il ponte della nave si abbassa e scendono i turisti.
Un ritorno alla terra madre, una parvenza di tranquillità.
un film che da subito lancia frecciatine alle istituzioni come la caserma della finanza invasa dai pesci per la protesta dei pescatori.
uno scontro tra la fame e le esigenze di chi, abituato da sempre all'autoregolamentazione in un regno di favole, si trova a fare i conti con la realtà della lontana società di regole.
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Dopo Nuovomondo, Crialese apre una scena di Terraferma con una ricercatezza stilistica raffinata;nel suddetto film, infatti, il ponte della nave si alza e porta via dalla Sicilia i suoi figli in una scena suggestiva.
In quest ultimo invece la ripresa avviene al contrario, il ponte della nave si abbassa e scendono i turisti.
Un ritorno alla terra madre, una parvenza di tranquillità.
un film che da subito lancia frecciatine alle istituzioni come la caserma della finanza invasa dai pesci per la protesta dei pescatori.
uno scontro tra la fame e le esigenze di chi, abituato da sempre all'autoregolamentazione in un regno di favole, si trova a fare i conti con la realtà della lontana società di regole.
una doppia coppia di persone: lo zio e la madre spinti verso la modernità, il nonno e il nipote radicati alla tradizione e al mare.
questo film è pura poesia.
l'eloquenza di immagini silenziose risponde con grande capacità a chi il problema cerca solo di evitarlo.
Mors tua vita mea sembrano dire gli occhi del giovane filippo ma la scena più bella è forse l'abbraccio strappalacrime dei turisti verso i naufraghi in un gioco di colori e luci che solo un'isola come linosa può offrire.
questo film è un omaggio a chi in passato è stato migrante e ora l'ha dimenticato.
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nino quincampoix
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giovedì 22 settembre 2011
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la legge del mare
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"Ma se vedo un uomo in mare, allora lo lascio morire?" - chiede il vecchio pescatore ai suoi colleghi radunati per prendere una decisione. Perchè in un'isola in cui vige la legge del mare (soprattutto per gli anziani) è inaccettabile lasciare un uomo al suo destino per evitare problemi con la giustizia (se di giustizia si può parlare). E allo stesso tempo è difficile accettare la legge del soldo facile che nasce dal turismo, accettata dai più giovani, che vorrebbe demolire le barche in rovina o farne traghetti con tormentoni "da spiaggia" per il divertimento dei villeggianti. Un film toccante, molto attuale, che mette di fronte alla continua domanda se sia più giusto far prevalere l'umanità o l'adempimento alla legge.
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"Ma se vedo un uomo in mare, allora lo lascio morire?" - chiede il vecchio pescatore ai suoi colleghi radunati per prendere una decisione. Perchè in un'isola in cui vige la legge del mare (soprattutto per gli anziani) è inaccettabile lasciare un uomo al suo destino per evitare problemi con la giustizia (se di giustizia si può parlare). E allo stesso tempo è difficile accettare la legge del soldo facile che nasce dal turismo, accettata dai più giovani, che vorrebbe demolire le barche in rovina o farne traghetti con tormentoni "da spiaggia" per il divertimento dei villeggianti. Un film toccante, molto attuale, che mette di fronte alla continua domanda se sia più giusto far prevalere l'umanità o l'adempimento alla legge. Bravi gli attori. Bellissime le scene in mare, complici scorci siciliani mozzafiato. Il tentativo di riscatto finale mi ha fatto uscire dal cinema con la speranza che qualcosa di nuovo e di buono ci possa essere all'orizzonte.
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karlito74
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mercoledì 21 settembre 2011
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solidarietà calpestata dalla becera politica
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Con stile asciutto, essenziale, scevro da facili sentimentalismi e retorica, il film ci sbatte in faccia quella che è l'Italia di oggi, un Paese ha sacrificato il diritto naturale di prestare soccorso in mare, sull'altare del becero scambio tra forze politiche che vogliono far approvare leggi demagogiche (qual è quella sull'immigrazione) in cambio dell'appoggio a leggi che interessano una persona sola. Il problema immigrazione è solo un problema di ordine pubblico, quelli che riescono a sfuggire alla Libia dell' "amico" Gheddaffi, (quando non li ributtava a morire nel deserto o non li affondava in mezzo al mare) si trovano in un Paese incapace di gestire il problema. E così da un lato c'è la faccia feroce dello Stato e dall'altra la solidarietà sofferta del popolo isolano.
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Con stile asciutto, essenziale, scevro da facili sentimentalismi e retorica, il film ci sbatte in faccia quella che è l'Italia di oggi, un Paese ha sacrificato il diritto naturale di prestare soccorso in mare, sull'altare del becero scambio tra forze politiche che vogliono far approvare leggi demagogiche (qual è quella sull'immigrazione) in cambio dell'appoggio a leggi che interessano una persona sola. Il problema immigrazione è solo un problema di ordine pubblico, quelli che riescono a sfuggire alla Libia dell' "amico" Gheddaffi, (quando non li ributtava a morire nel deserto o non li affondava in mezzo al mare) si trovano in un Paese incapace di gestire il problema. E così da un lato c'è la faccia feroce dello Stato e dall'altra la solidarietà sofferta del popolo isolano. L'unica cosa che si può rimproverare è che non si è dato il meritato spazio a quegli uomini dello Stato che rischiano anche le loro vite per prestare soccorso e che magari, da uomini di mare, trovano questa legge indegna. Il peso del sacrificio che sopportano si aggrava della loro mancata considerazione. Questo è un po' fuori dalla realtà. A parte questa ultima osservazione e qualche sbavatura in alcune scene, il film merita sicuramente di essere visto, ha il merito di smuovere le nostre coscienze (tanto quella dei politici è inesistente), ha un finale che non sorprende ma coinvolge, suggellato da una splendida inquadratura e da un brano ("le vent nous portera") azzeccatissimo. DA VEDERE
Carlo
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barbaradejavu
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lunedì 19 settembre 2011
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terraferma. secondo la legge degli uomini
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Terraferma di Crialese. Per una volta la retorica resta zitta e fa parlare le immagini. Linosa, un'isola italiana del Mediterraneo tanto piccola che il mappamondo non la registra, abbandonata dal tempo, dimenticata dalla storia. La vita è ancora (per poco?) scandita dal lavoro dei pescherecci. Un paese di vecchi pescatori, dove il turismo sembra essere l'unico destino per i giovani come Filippo che parla solo in dialetto. Le dinamiche di un nucleo familiare, le scelte da prendere ("bisogna rottamare il peschereccio del nonno"). L'estate, la casa messa in affitto per i turisti.
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Terraferma di Crialese. Per una volta la retorica resta zitta e fa parlare le immagini. Linosa, un'isola italiana del Mediterraneo tanto piccola che il mappamondo non la registra, abbandonata dal tempo, dimenticata dalla storia. La vita è ancora (per poco?) scandita dal lavoro dei pescherecci. Un paese di vecchi pescatori, dove il turismo sembra essere l'unico destino per i giovani come Filippo che parla solo in dialetto. Le dinamiche di un nucleo familiare, le scelte da prendere ("bisogna rottamare il peschereccio del nonno"). L'estate, la casa messa in affitto per i turisti. Tre ragazzi a pensione che vogliono divertirsi, fare le vacanze. Maura. Poi lo scontro con la realtà: gli sbarchi clandestini. Il problema-dilemma della politica italiana ed internazionale in un vis à vis tanto prossimo quanto toccante con la realtà dei fatti. L'umanità dei personaggi, delle singole storie e vicende. Una donna di colore incinta, accolta in casa e nascosta. La sua fuga, il suo dramma personale incontra quello di Giulietta, più modesto. Un garage dove avviene il dialogo sacro tra due madonne piangenti. La pietà. Sempre attraverso una narrazione scabra che ha fatto della lima la sua chiave vincente. Pulito, silenzioso, vivido come la fotografia immersa nel blu di un mare senza compromessi, dove non è possibile temporeggiare ma bisogna prendere una decisione. Romanzo di formazione, intimo, quanto collettivo e sociale. Diversi i filoni: la crescita, le madri, la storia e l'attualità. Unica pecca? Il ritratto del capitano di finanza che, come in uno scivolone, cade nel luogo comune e lo rende stereotipo perdendo la complessità che caratterizza gli altri personaggi. Verghiano per taluni aspetti, simbolista per altri. Resta impressa l'immagine-locandina dei turisti che si tuffano senza pensieri a ritmo di Maracaibo a cui si sovrappone inevitabilmente quella dei migranti che, disperati, si buttano a mare. Nessuna posizione preconcetta. Un solo interrogativo. Quello che ognuno di noi si pone quando si trova a tu per tu con la vita degli altri. E Filippo ha imparato la lezione: vince chi parte per primo.
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amici del cinema (a milano)
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domenica 18 settembre 2011
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forza visiva e forza emotiva
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Era la prima volta che mi cimentavo con un film di Crialese e sono rimasto molto colpito dalla grande forza visiva delle sue immagini.
Sia che si soffermi su grandi paesaggi naturali, sia che punti il suo obiettivo sui volti dei protagonisti, il regista romano riesce a generare una fortissima espressività, quasi tirando fuori a forza il sottostrato emozionale dalla vicenda.
Alcune scene per me esemplificatrici: il dialogo di voci e occhi tra Donatella Finocchiaro e la ragazza di colore che ospitano illegalmente, la scena del parto con le sue luci quasi caravaggesche e il finale con la barca di Filippo che si allontana nello sconfinato mare verso una promessa di speranza e di riunione familiare.
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Era la prima volta che mi cimentavo con un film di Crialese e sono rimasto molto colpito dalla grande forza visiva delle sue immagini.
Sia che si soffermi su grandi paesaggi naturali, sia che punti il suo obiettivo sui volti dei protagonisti, il regista romano riesce a generare una fortissima espressività, quasi tirando fuori a forza il sottostrato emozionale dalla vicenda.
Alcune scene per me esemplificatrici: il dialogo di voci e occhi tra Donatella Finocchiaro e la ragazza di colore che ospitano illegalmente, la scena del parto con le sue luci quasi caravaggesche e il finale con la barca di Filippo che si allontana nello sconfinato mare verso una promessa di speranza e di riunione familiare.
La forza emotiva di "Terraferma" ha il suo apice proprio nei momenti piu' intimi (la rabbia della Finocchiaro, l'angoscia di Filippo, l'abbordaggio degli immigrati alla barca dello stesso Filippo) mentre quando Crialese tenta di allargare il campo visivo del film, volendo mostrare ad esempio le terribili condizioni degli africani trascinati in spiaggia dal mare, la tensione cala sensibilmente come se in fondo la dimensione piu' affine al regista fosse quella piu' personale.
Gli attori tutti molto bravi.
Un bel film davvero.
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