ioedie
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domenica 12 settembre 2010
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a dir poco sconvolta
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ma io mi chiedo,come ha fatto questo film a vincere il leone d'oro?
è orrendo,privo di senso...
per chi non ha nulla da fare e ha soldi da spendere in futilità!
boh,non so che dire,è talmente mediocre che anche la parola stessa non rende l'idea per far capire quanto sia brutto!
Coppola decisamente OUT!
voto 4
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giulinet
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sabato 11 settembre 2010
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film sopravvalutato
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Torno ora dalla visione di questo film e apprendo che ha vinto il Leone d'oro a Venezia...stupefacente! Io lo trovo un film davvero imbarazzante per una che di cognome si chiama Coppola. Storia esilina esilina, sceneggiatura annacquata, il protagonista principale è totalmente inverosimile, dovrebbe essere un attore di successo, ma il suo cellulare non squilla mai e la sua quotidianità è talmente spenta e fatta solo di mezzi toni (a parte le ballerine di lap-dance a domicilio!) che non sarebbe credibile neanche per un professore di filosofia della provincia italiana. Però arriva in Italia per ritirare un "prestigioso premio" (udite! udite!) ai...telegatti! E viene scortato dalla polizia in grande spolvero con le sirene spiegate, cosa che non viene praticata neanche con i capi di stato in visita ufficiale! Morale della favola: racconto insensato e di una noia mortale.
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Torno ora dalla visione di questo film e apprendo che ha vinto il Leone d'oro a Venezia...stupefacente! Io lo trovo un film davvero imbarazzante per una che di cognome si chiama Coppola. Storia esilina esilina, sceneggiatura annacquata, il protagonista principale è totalmente inverosimile, dovrebbe essere un attore di successo, ma il suo cellulare non squilla mai e la sua quotidianità è talmente spenta e fatta solo di mezzi toni (a parte le ballerine di lap-dance a domicilio!) che non sarebbe credibile neanche per un professore di filosofia della provincia italiana. Però arriva in Italia per ritirare un "prestigioso premio" (udite! udite!) ai...telegatti! E viene scortato dalla polizia in grande spolvero con le sirene spiegate, cosa che non viene praticata neanche con i capi di stato in visita ufficiale! Morale della favola: racconto insensato e di una noia mortale. Si esce dal torpore di questi 98 minuti che sembrano non finire mai solo quando nelle location italiane appare per pochi minuti la Valeriona Marini in uno dei suoi ridicoli pseudo-balletti, e lei si che è verosimile nella patetica interpretazione di se stessa! Così come è tristemente vera l'italietta dei lustrini berlusconiani che dalle brevi scene italiane viene fuori da questo inutile film di cui non si sentiva davvero la necessità :-) Spero che il Leone d'argento assegnato a Alex de la Iglesia possa riscattare l'insensata assegnazione del premio massimo della Mostra di Venezia...ma non l'ho ancora visto!
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wakefield
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sabato 11 settembre 2010
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l'anossia delle idee
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Un non-film derivante da un non-soggetto, cioè da una non idea, e da una non-sceneggiatura. E' evidente la scopiazzatura di Antonioni, peraltro del tutto banalizzata e decontestualizzata. La Coppola non riesce a rendere credibile neppure per un momento il suo protagonista, dipinto in un quadretto di banale e non verosimile decadenza; su questi presupposti resistere venti minuti è già un record di stoicismo...
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domenico a
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sabato 11 settembre 2010
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caduta in stile libero
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Abbiamo visto “ Somewhere “ regia di Sofia Carmina Coppola.
Sofia Coppola è al suo quarto film, i precedenti sono state tre opere di notevole maestria e intelligenza. Nel 1999 ha debuttato con “ Il giardino delle vergini suicide “, film meno conosciuto dal pubblico, un ritratto di famiglia fuori dal comune: cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono la loro crescita tormentate da una madre integralista e sorda e un padre assente e senza personalità, rinchiuso nella costruzione di modellini. Il secondo film è stato “ Lost in Traslation “ storia e sviluppo fuori dai clichè, splendidamente scritto, diretto e interpretato e ha ottenuto l’oscar come migliore sceneggiatura.
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Abbiamo visto “ Somewhere “ regia di Sofia Carmina Coppola.
Sofia Coppola è al suo quarto film, i precedenti sono state tre opere di notevole maestria e intelligenza. Nel 1999 ha debuttato con “ Il giardino delle vergini suicide “, film meno conosciuto dal pubblico, un ritratto di famiglia fuori dal comune: cinque sorelle fra i quindici e i diciannove anni vivono la loro crescita tormentate da una madre integralista e sorda e un padre assente e senza personalità, rinchiuso nella costruzione di modellini. Il secondo film è stato “ Lost in Traslation “ storia e sviluppo fuori dai clichè, splendidamente scritto, diretto e interpretato e ha ottenuto l’oscar come migliore sceneggiatura. Nel 2006 dirige “ Marie Antoinette ” sulla regina della Rivoluzione Francese, ma dove tutto è leggero, giovanile e post moderno; con uno stile innovativo, fresco, pop. Per parte della critica i tre film, per le affinità tematiche, sono definiti come la trilogia della giovinezza inquieta. Va da ricordare che per una giovane donna ( oggi ha circa quarant’anni ) non deve essere stato facile trovare una sua strada fatta di originalità e intelligenza, avendo come padre Francis Ford Coppola, come madre Eleanor documentarista e scrittrice di un bel libro sulle disavventure sul set di Apocalypse Now, per non dimenticare un fratello Roman regista, una zia l’attrice Talia Shire ( ricordate: Adriana, urlato da Stallone in Rochy ? ), cugina di Nicolas Cage e Robert Carmine ( attore e leader dei Rooney ). Da alcuni anni oramai Sofia Coppola non è solo figlia o cugina o nipote di qualcuno, è una regista affermata, ha il suo pubblico affezionato ed è nello star sistem hollyvoodiano nel senso più pieno ed anche snob del termine.
Il suo quarto film è presente al Festival di Venezia, in gara, ed è uscito nelle sale in questi giorni. Col suo solito stile ci racconta di Johnny Marco, un divo di Hollywood che ha recitato anche con De Niro, Meryl Streep e Al Pacino. E’ bello, pieno di donne e con una vita apparentemente piena. Vive in una suite del leggendario Hotel Chateau Marmont, dove hanno vissuto Greta Garbo, Marylin Monroe, Alan Delon; dove ha trovato la morte John Belushi e Jim Morrison è finito in ospedale. Scorazza in giro sulla sua Ferrari nera quasi alla ricerca di un istinto di libertà che non sembra possederlo lucidamente e nella sua suite ci sono sempre feste, splendide ragazze in attesa e le solite pasticche. Johnny sembra a proprio agio in questa situazione di torpore, fra ballerine di lap dance di notte e conferenze stampa, interviste e lavori vari di giorno. Fino a quando la ex moglie con una telefonata gli lascia per alcuni giorni la figlia undicenne, Cleo ( Elle Fanning ). Questo avviene alla fine del primo tempo, troppo in ritardo perché questo sia la naturale storia. L’incontro con la figlia non è conflittuale o presago di piccoli screzi, anzi è sereno e spensierato, e lo stare assieme si svolge tra camere d’albergo con piscina a Milano, mangiate di gelato notturne, aerei e auto con autista, gare di videogiochi e il ritiro di un premio a Milano tra la Ventura nazionale e la Marini che canta e sgambetta ( questa italietta patetica raccontata da Sofia Coppola è sì triste e provinciale ma è troppo banale e superficiale ). Quando Johnny e sua figlia ritornano a Los Angeles devono dividersi, la bambina deve andare in un centro estivo e lui resta all’improvviso da solo, spinto a fare bilanci e riflessioni esistenziali, sulla sua posizione nel mondo e affrontare domande che prima o poi tutti dovrebbero porsi. E l’ennesima fuga in auto gli permette anche un sorriso finale liberatorio.
Una trama molto semplice, sulla futilità e fragilità di certe vite che viste da lontano sembrano splendide e appaganti e invece sono vuote e deprimenti ( io banalmente farei a cambio di corsa ). L’elemento narrativo che sconquassa ( ? ) questa vita è Cleo, che dovrebbe smuovere
la ‘ calma piatta ‘ del divo e portarlo a cercare “ il vero “ oltre il suo mondo “ di finzione “. Ma purtroppo non accade nulla di importante o di significativo, si segue il film senza interesse o curiosità, forse in attesa di un finale forte che mitigherebbe la fiacchezza e la poco originalità di molti passaggi. Insomma film non risolto, che gira a volte in maniera lenta e fastidiosa su se stesso. La cifra stilistica dei precedenti film della Coppola che era la sua forza, in questo sembrano mostrare tutti quei limiti derivati anche da contiguità esistenziale dell’autrice con il suo ambiente. Viene d’istinto da dire che fare un film alla Wenders o all’Antonioni senza avere l’età e lo spessore è rischioso e sbagliato.
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buganvilea
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venerdì 10 settembre 2010
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pessimo !
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buganvilea
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venerdì 10 settembre 2010
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film talmente vuoto ... che è meglio non vederlo !
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Brava a rappresentare il vuoto interiore... esistenziale...
emotivo...culturale... di un milionario attore di Holliwood,
talmente brava che è meglio non vedere questo film !
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film talmente vuoto ... che è meglio non vederlo !
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Brava a rappresentare il vuoto interiore... esistenziale...
emotivo...culturale... di un milionario attore di Holliwood,
talmente brava che è meglio non vedere questo film !
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?????
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venerdì 10 settembre 2010
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un piccolo pensiero sul film
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Sotto una tiepida pellicola dal sapore californiano dei primi anni 90’,Sofia Coppola segue i suoi personaggi non affidandosi solo all'uso di dialoghi,ma evidenziando l’emotività attraverso il linguaggio dell’anima, la
frustrazione e la dolce solitudine che accompagna il protagonista ad assaporare la noia del “tutto e niente”. La pellicola procede gradualmente donando tenere inquadrature senza tempo e restituendo al protagonista lo stupore di apprendere che le cose profondamente grandi possono essere colte solo da chi sa guardare oltre la carne, rinunciando a tutti gli “escamotage” che ci distolgono da ciò di cui abbiamo veramente bisogno.
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Sotto una tiepida pellicola dal sapore californiano dei primi anni 90’,Sofia Coppola segue i suoi personaggi non affidandosi solo all'uso di dialoghi,ma evidenziando l’emotività attraverso il linguaggio dell’anima, la
frustrazione e la dolce solitudine che accompagna il protagonista ad assaporare la noia del “tutto e niente”. La pellicola procede gradualmente donando tenere inquadrature senza tempo e restituendo al protagonista lo stupore di apprendere che le cose profondamente grandi possono essere colte solo da chi sa guardare oltre la carne, rinunciando a tutti gli “escamotage” che ci distolgono da ciò di cui abbiamo veramente bisogno...come disse Gibran: “ La realtà dell’altro non è in ciò che egli ti rivela, ma in ciò che egli non riesce a rivelarti, Perciò se vuoi capire l’altro non dare ascolto a ciò che dice, ma piuttosto a ciò che egli non dice..”
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storyteller
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venerdì 10 settembre 2010
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splendido e incostante
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Francamente non capisco tutto questo parlare del "senso" nell'ultimo film della Coppola.
Non aveva senso scriverlo? Produrlo? Girarlo?
Forse non è il caso di tutte le persone che l'hanno commentato negativamente, ma ho come l'impressione che il pubblico sia stato addomesticato a sorbire una morale precotta, un "significato alto" e profondo, enunciato con belle parole, che in questo film indubbiamente non c'è: le intenzioni sono chiare, semplici, pulite. È nudità effettiva (attenzione, non pornografia), più che minimalismo.
È splendido perché riesce ad avvicinare la situazione emotiva di un ipotetico VIP, un attore, a quella di un qualunque piccolo borghese odierno: senza scopo, senza speranza, solo inerzia.
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Francamente non capisco tutto questo parlare del "senso" nell'ultimo film della Coppola.
Non aveva senso scriverlo? Produrlo? Girarlo?
Forse non è il caso di tutte le persone che l'hanno commentato negativamente, ma ho come l'impressione che il pubblico sia stato addomesticato a sorbire una morale precotta, un "significato alto" e profondo, enunciato con belle parole, che in questo film indubbiamente non c'è: le intenzioni sono chiare, semplici, pulite. È nudità effettiva (attenzione, non pornografia), più che minimalismo.
È splendido perché riesce ad avvicinare la situazione emotiva di un ipotetico VIP, un attore, a quella di un qualunque piccolo borghese odierno: senza scopo, senza speranza, solo inerzia. Non per sensibilizzare le masse ignoranti sulla presunta umanità di certe star "trasgressive" e multimilionarie(tendenza fin troppo inflazionata), ma solo per dire: "Ehi, siamo sulla stessa barca, è inutile azzuffarsi".
Ë incostante perché, forte proprio della sua omogeneità terra terra, spesso non si capisce dove finisce il film e dove comincia il documentario.
Vero, il film non è forse all'altezza di Lost in Translation e la scena del pattinaggio è un po' didascalica, ma di certo non gli manca un perché.
Concludo con un appunto: a tutti quelli che hanno biasimato la scelta della Coppola di rappresentare l'Italia come un paesello bigotto, monarchico e telestupido-dipendente - gente, non è superficialità: è semplicemente la nostra Italia, l'Italia che molti di noi contribuiscono ad alimentare, fatta di veline, battute scadenti, informazione disinformata e snobismo pacchiano. In questo senso, anche Richard Kelly scelse una strada simile per Southland Tales, ingaggiando attori di bassa lega e facendo loro credere di averli scritturati per riscattarli. Mentre invece l'obiettivo era trasformarli in icone-trash del mondo (filmico o meno) in cui abitiamo.
Purtroppo questi labirinti metafilmici sembrano essere davvero troppo (troppo) complicati per lo spettatore medio cresciuto a pane e Vanzina.
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