alex i
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lunedì 13 settembre 2010
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minimalismo e dettaglio ok, ma la coppola è ko
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Premesso che ho adorato "Lost in Traslation" con la sua storia, il suo intimismo il suo modo di raccontare due vite in un luogo diverso dalla realtà che conosciamo; ho odiato "Somewhere".
Se fossi stato Fantozzi mi sarei alzato a metà film in sala urlando la celebre frase "...somewhere è una cagata pazzesca!!!" e probabilmente avrei raccolto anche qualche ovazione tra il poco pubblico presente.
Sofia Coppola ha voluto raccontarci in un dettaglio estenuante la noia hollywodiana, senza emozionare e senza raccontare. Ha preferito soffermarsi in superflui dettagli per lunghi minuti senza che questi aggiungessero corpo e anima ai personaggi e alle loro vite.
Ha perso l'ironia presente in "Lost in traslation" scendendo nella banalità di una storia già raccontata tutta nel trailer.
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Premesso che ho adorato "Lost in Traslation" con la sua storia, il suo intimismo il suo modo di raccontare due vite in un luogo diverso dalla realtà che conosciamo; ho odiato "Somewhere".
Se fossi stato Fantozzi mi sarei alzato a metà film in sala urlando la celebre frase "...somewhere è una cagata pazzesca!!!" e probabilmente avrei raccolto anche qualche ovazione tra il poco pubblico presente.
Sofia Coppola ha voluto raccontarci in un dettaglio estenuante la noia hollywodiana, senza emozionare e senza raccontare. Ha preferito soffermarsi in superflui dettagli per lunghi minuti senza che questi aggiungessero corpo e anima ai personaggi e alle loro vite.
Ha perso l'ironia presente in "Lost in traslation" scendendo nella banalità di una storia già raccontata tutta nel trailer.
Alessandro Ibba
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giorgio zannelli
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lunedì 13 settembre 2010
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una solenne fregatura. inaudito!
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siamo rimasti sino alla fine (moltagente s'è alzata e se ne andata) solo ed esclusivamente per cercare di capire la logica della premiazione ed aspettandoci un qualcosa che ci facesse ricredere. Pur essendo di cultura diversa e di diversi gusti.. ci siamo guardati perplessi.... Delusione totale e tanti tanti dubbi (o certezze?) sulla giuria
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larrykind
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lunedì 13 settembre 2010
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sofia...l'ha fatta fuori dalla coppola
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Personalmente non mi piacciono i film in cui la maggior parte del lavoro è lasciata allo spettatore. Lunghi primi piani, inquadrature lunghe e insistenti, la ferrari che è amore e nemesi del protagonista. Cosa vuoi dire sofia? che la macchina è una scatola (di latta) dei desideri? banale. Vuoi dire che la sua vita è vuota pure se piena di donne? banale. La morale è, come quella di tanti altri film meglio fatti e molto più godibili, che la riscoperta dei valori veri e naturali, la famiglia, l'amore per una figlia, ti riempiono il cuore d'amore. Il punto centrale del film è mostrare che il protagonista ha tutto quello ch gli uomini vogliono: fama, successo, donne, macchine, ma... a lungo andare, dopo un iniziale godimento, ci si stufa anche di quello.
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Personalmente non mi piacciono i film in cui la maggior parte del lavoro è lasciata allo spettatore. Lunghi primi piani, inquadrature lunghe e insistenti, la ferrari che è amore e nemesi del protagonista. Cosa vuoi dire sofia? che la macchina è una scatola (di latta) dei desideri? banale. Vuoi dire che la sua vita è vuota pure se piena di donne? banale. La morale è, come quella di tanti altri film meglio fatti e molto più godibili, che la riscoperta dei valori veri e naturali, la famiglia, l'amore per una figlia, ti riempiono il cuore d'amore. Il punto centrale del film è mostrare che il protagonista ha tutto quello ch gli uomini vogliono: fama, successo, donne, macchine, ma... a lungo andare, dopo un iniziale godimento, ci si stufa anche di quello. Secondo me la morale del film è molto semplice e molto banale: "anche i ricchi pinagono". E non serve un film "mattonata" per dirlo.
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giorgio zannelli
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lunedì 13 settembre 2010
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se questo è il migliore,cosa saranno mai gli altri
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un film povero smozzicato inconcludente che non scende nelle problematiche che si mantengono solo accennate. Una regista che interpreta il vuoto e l'esteriorità dell'ambiente affidandosi a una ridondante "apparizione" frammentata di tette e gambe ecc. La problematica della solitudine appena sfiorata e priva di consistenza (espressa in due sole frasi dei protagonisti). Poverissima la caratterizzazione dei personaggi. Scene tronche che non comunicano quanto appena si percepisce. Il microfono di registrazione che appare in un paio di scene, se vuole rappresentare (come altre piccole cose del genere) un segnale, non ha altre scelte consimili che ne supportino la validità od il messaggio. Mancando un vero profilo "intimista", la rappresentazione psicologica dei personaggi così delocalizzata e scialba, svanisce in una conduzione descrittiva lenta e completamente priva di un lessico accettabile e comunicativo.
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un film povero smozzicato inconcludente che non scende nelle problematiche che si mantengono solo accennate. Una regista che interpreta il vuoto e l'esteriorità dell'ambiente affidandosi a una ridondante "apparizione" frammentata di tette e gambe ecc. La problematica della solitudine appena sfiorata e priva di consistenza (espressa in due sole frasi dei protagonisti). Poverissima la caratterizzazione dei personaggi. Scene tronche che non comunicano quanto appena si percepisce. Il microfono di registrazione che appare in un paio di scene, se vuole rappresentare (come altre piccole cose del genere) un segnale, non ha altre scelte consimili che ne supportino la validità od il messaggio. Mancando un vero profilo "intimista", la rappresentazione psicologica dei personaggi così delocalizzata e scialba, svanisce in una conduzione descrittiva lenta e completamente priva di un lessico accettabile e comunicativo. Un film che non ha carattere e dialoga con lo spettatore.
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metacritic
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lunedì 13 settembre 2010
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lentezza necessaria
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Analisi intensa di ciò che può accadere a chi, entrato nello Star Sistem, non ha più nulla da chiedere alla vita poiché intellettualmente vuoto, privo di profondità interiore e di alti o anche semplicemente di "altri" ideali, che non siano i soliti e molto terreni propositi di sesso, alcol, festini, e altre immense vacuità. Il sesso diventa troppo facile, tutto diventa troppo facile, i rapporti con l'altro completamente vuoti: il protagonista ha dei minimi scambi dialettici con gente che non conosce o che conosce a malapena e se l'arrivo di una persona più vicina a lui regala dei connotati diversi alla sua esistenza, la partenza della figlia svuota completamente il suo universo già iperatomizzato.
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Analisi intensa di ciò che può accadere a chi, entrato nello Star Sistem, non ha più nulla da chiedere alla vita poiché intellettualmente vuoto, privo di profondità interiore e di alti o anche semplicemente di "altri" ideali, che non siano i soliti e molto terreni propositi di sesso, alcol, festini, e altre immense vacuità. Il sesso diventa troppo facile, tutto diventa troppo facile, i rapporti con l'altro completamente vuoti: il protagonista ha dei minimi scambi dialettici con gente che non conosce o che conosce a malapena e se l'arrivo di una persona più vicina a lui regala dei connotati diversi alla sua esistenza, la partenza della figlia svuota completamente il suo universo già iperatomizzato.
I tempi lunghi fano parte della costruzione cinematografica della Coppola, come rendere meglio un certo tipo di disagio morale? Necessaria (x tutti?) la fuga dall'Italia, addirittura peggiore del suo mondo "incantato".
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ilpredicatore
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lunedì 13 settembre 2010
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un insulto verso chi paga il biglietto
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Giacché non è facile digerire questa pellicola, ci tengo a chiarire subito una cosa: Sofia Coppola è una regista mediocre. Un bluff per meglio dire, perché Il giardino delle vergini suicide e Lost in Translation sono due film notevoli, specie il secondo. Già da Marie Antoinette qualcuno, come me, ha cominciato a storcere il naso. Somewhere non è un campanellino d'allarme, bensì la prova. Qualcuno avrà di che controbattere, ma, francamente, cos'è questo film? E' appropriato innanzitutto chiamarlo film? Analizziamolo fin dal principio. Abbiamo una Ferrari che fa il giro di una strada per quattro o cinque volte, poi un uomo, che si scopre che fa l'attore, si fa male a una mano, si addormenta davanti a una strip dance di due gemelle che sembra interminabile, poi la mattina si sveglia, va di qua, va di là, poi arriva la figlia e il film allora dovrebbe prendere il decollo, crescere e maturare nel mostrare un rapporto difficile e complicato.
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Giacché non è facile digerire questa pellicola, ci tengo a chiarire subito una cosa: Sofia Coppola è una regista mediocre. Un bluff per meglio dire, perché Il giardino delle vergini suicide e Lost in Translation sono due film notevoli, specie il secondo. Già da Marie Antoinette qualcuno, come me, ha cominciato a storcere il naso. Somewhere non è un campanellino d'allarme, bensì la prova. Qualcuno avrà di che controbattere, ma, francamente, cos'è questo film? E' appropriato innanzitutto chiamarlo film? Analizziamolo fin dal principio. Abbiamo una Ferrari che fa il giro di una strada per quattro o cinque volte, poi un uomo, che si scopre che fa l'attore, si fa male a una mano, si addormenta davanti a una strip dance di due gemelle che sembra interminabile, poi la mattina si sveglia, va di qua, va di là, poi arriva la figlia e il film allora dovrebbe prendere il decollo, crescere e maturare nel mostrare un rapporto difficile e complicato. E invece no, niente di tutto questo, ancora Ferrari sull'autostrada, alberghi, squallori di ragazze, feste, poi ancora la Ferrari, e le donne squallide, e la Ferrari, e la Ferrari... Cosa vuole mostrarci Sofia Coppola? Cos'è che vuole dirci? O forse ha dimenticato il vero scopo per cui si fa un film? E cioè raccontare, mostrare, indicare, rappresentare, dare qualcosa. Vorrebbe farci vedere la squallida esistenza di un apatico ignorante nel modo più realistico possibile? Bene, ma dopo? Qui non c'è niente, Somewhere è sorprendentemente vuoto, fiacco e piatto in un modo irritante come il suo protagonista, uno Stephen Dorff (talento a lungo trascurato da Hollywood) davvero sprecato. Come sono sprecate tutte le comparsate, un Benicio Del Toro che sembra capitato lì per caso e una Michelle Monaghan senza senso, priva di concretezza come lo è tutto il resto. Ma la cosa più imbarazzante è la parte in Italia: Simona Ventura e Valeria Marini sono inguardabili, Sofia Coppola non poteva trovare di peggio per rappresentare il nostro paese. Non intendo certo difendere la televisione italiana, ma la Ventura e la Marini non possono che peggiorare la già difficile situazione di questa pellicola subdola, irrisolta, senza ispirazione, senza spessore, senza un senso, senza scelte. Non c'è un filo logico, non ci sono personaggi veri, non c'è una storia e fin qui potrebbe anche andare bene, ma alla fine il tutto non conduce a niente, non ci sono risvolti, e il film finisce per essere una piattissima linea che non si agita mai, come un foglio bianco senza inchiostro, una sinfonia senza musica. Mi chiedo come sia riuscito a vincere il leone d'oro. E' questo il tipo di cinema che Venezia e la critica vorrebbero promuovere? Un film senza vita e senz'anima? Sofia Coppola continua a far film solo grazie al suo cognome, un produttore che le dà i soldi purtroppo ce l'avrà sempre (è suo padre), altrimenti la sua carriera non avrebbe vita lunga e questo semplicemente perché non la merita. E può fare tutti i film che vuole, ma non venga a insultare gli spettatori, che entrano in sala con un biglietto da 7,50 euro per il Cinema, quello vero, quello appunto con la c maiuscola. Qui siamo davanti a un vero e proprio imbroglio, un insulto da parte di una figlia d'arte che non ha talento, non quello che sembrava avere in Lost in Translation. Un film spaventosamente inutile e inconsistente.
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saint loup
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lunedì 13 settembre 2010
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leone "placcato"d'oro
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E'una vergogna premiare con il Leone d'oro un film così noioso,scontato e stereotipato.Ho sentito dire che uno dei motivi di tanto riconoscimento sia stato il fatto che il film avrebbe commosso tutti i membri della giuria(!)...francamente non supponevo potesse esistere una soglia tanto bassa della commozione..
Cosa dire di più..dal nulla ontologico si salva,forse,l'idea:ma non devo essere io a dire come questa idea vada sviluppata in una forma che,se non raggiunge i crismi del capolavoro,abbia almeno la decenza di non annoiare e di non far rimpiangere il costo del biglietto.
P.S. E nessuno si meravigli del triste inserto dei telegatti:ognuno ha la tv che si merita!
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laulilla
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lunedì 13 settembre 2010
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anche i ricchi piangono, ma non fanno molta pena
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Da qualche parte (somewhere), forse, il nostro eroe, Johnny, potrà trovare la pace dei sensi, agitati e turbati oltremisura dalle ballerine di lap dance che si esibiscono ammiccanti solo per lui o dalle donne che gli si infilano nel letto senza troppi complimenti o da quelle che lo insidiano stazionando in permanenza davanti alla porta della camera d'albergo che lo ospita, o che lo tentano scoprendosi il seno non appena lo vedono apparire al balcone. Chi sarà mai questo signore così ambito e concupito? E', innanzitutto, il protagonista di Somewhere, il film di Sofia Coppola che ha trionfato a Venezia. Egli è un uomo senza qualità, per sua stessa ammissione, non riconoscendosi alcun merito di studio o di talento personale per il successo raggiunto come divo del cinema, prigioniero nella dorata gabbia del crudele ingranaggio dello Star System che lo rinchiude, Questo sistema lo ha sottratto agli affetti familiari, ma gli ha offerto, nell'ordine: 1)una Ferrari che gli piace, ma che non gli serve; 2)un telegatto che farebbe orrore a qualsiasi essere pensante e raziocinante, soprattutto per l'orripilante cornice entro la quale gli viene assegnato, con tanto di promessa (o minaccia?) di essere ricevuto dal sindaco di Milano in compagnia di un panciuto e azzimato signore con smoking dai rossi revers; 3)alberghi di prestigio che spaziano dallo storico Chateau Marmont di Los Angeles, al pacchiano hotel milanese con piscina annessa esclusivamente alla suite che egli occupa.
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Da qualche parte (somewhere), forse, il nostro eroe, Johnny, potrà trovare la pace dei sensi, agitati e turbati oltremisura dalle ballerine di lap dance che si esibiscono ammiccanti solo per lui o dalle donne che gli si infilano nel letto senza troppi complimenti o da quelle che lo insidiano stazionando in permanenza davanti alla porta della camera d'albergo che lo ospita, o che lo tentano scoprendosi il seno non appena lo vedono apparire al balcone. Chi sarà mai questo signore così ambito e concupito? E', innanzitutto, il protagonista di Somewhere, il film di Sofia Coppola che ha trionfato a Venezia. Egli è un uomo senza qualità, per sua stessa ammissione, non riconoscendosi alcun merito di studio o di talento personale per il successo raggiunto come divo del cinema, prigioniero nella dorata gabbia del crudele ingranaggio dello Star System che lo rinchiude, Questo sistema lo ha sottratto agli affetti familiari, ma gli ha offerto, nell'ordine: 1)una Ferrari che gli piace, ma che non gli serve; 2)un telegatto che farebbe orrore a qualsiasi essere pensante e raziocinante, soprattutto per l'orripilante cornice entro la quale gli viene assegnato, con tanto di promessa (o minaccia?) di essere ricevuto dal sindaco di Milano in compagnia di un panciuto e azzimato signore con smoking dai rossi revers; 3)alberghi di prestigio che spaziano dallo storico Chateau Marmont di Los Angeles, al pacchiano hotel milanese con piscina annessa esclusivamente alla suite che egli occupa.
La figlioletta, di cui inaspettatamente dovrà occuparsi per qualche giorno, potrebbe presentargli un modello di vita alternativo per grazia, innocenza e pulizia morale e, quindi, diventare l'occasione per una sua rinascita, ammesso che inaspettatamente egli ritrovi la volontà e la forza per uscire dal torpore mediatico che gli ottunde una chiara e limpida coscienza dello stato di ebetudine ben retribuita in cui si trova. Che dire? Certamente Johnny, nonostante i soldi, piange, non è felice e si annoia tanto. Non mi risulta, però, che qualcuno di coloro che hanno visto il film abbia provato per lui compassione o una qualche forma di simpatia, etimologicamente intesa. Che delusione, Sofia Coppola, così convincente nella storia raccontata in Lost in translation! Anche quella era una storia d'attore, ma quale umano spessore nel bellissimo personaggio interpretato da Bill Murray! Capita anche ai migliori registi di sbagliare un film; non tutti i film sbagliati, però, vincono il Leone d'oro a Venezia.
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paperino
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domenica 12 settembre 2010
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una delusione mai provata prima
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Non riesco a trovare un senso a questo noioso film che non lascia niente allo spettatore tranne lo stupore che abbia potuto essere premiato. E' la prima volta che mi succede che all'uscita da un cinema le poche persone presenti sentano il bisogno di commentare con altri la propria delusione e il proprio disappunto
Nè io nè i miei amici siamo riusciti a trovarvi un senso, un'immagine da ricordare, uno spunto per una riflessione.
Se voleva parlare della vacuità della vita di alcuni attori e del senso di " nonsense" che possono provare in certi momenti della loro esistenza ( unico messaggio che mi viene in mente ) poteva farlo in altro modo.
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Non riesco a trovare un senso a questo noioso film che non lascia niente allo spettatore tranne lo stupore che abbia potuto essere premiato. E' la prima volta che mi succede che all'uscita da un cinema le poche persone presenti sentano il bisogno di commentare con altri la propria delusione e il proprio disappunto
Nè io nè i miei amici siamo riusciti a trovarvi un senso, un'immagine da ricordare, uno spunto per una riflessione.
Se voleva parlare della vacuità della vita di alcuni attori e del senso di " nonsense" che possono provare in certi momenti della loro esistenza ( unico messaggio che mi viene in mente ) poteva farlo in altro modo.
Non so come possa dire Tarantino di essere stato incantato dalla prima scena all'ultima quando proprio dalle prime scene abbiamo cominciato a sospettare di aver buttato i soldi del biglietto.
Allo stesso modo ci sfugge il significato dell'ultima scena, forse è talmente profondo....
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francesca50
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domenica 12 settembre 2010
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ottima rappresentazione dei sentimenti
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Il tema è particolare, ma nel suo genere il film è un capolavoro, che rappresenta ottimamente la realtà di solitutidine di chi è invidiato dai poveracci e l'importanza dei "sentimenti" anche in chi vive in un mondo apparentemente dorato.
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