giacomogabrielli
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venerdì 22 ottobre 2010
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grigio. ****
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Il regista de LA PROPOSTA, torna in sala con un film bello quanto unico. Il Mondo sta per finire, o, meglio, per morire. Viggo Montersen è un padre che sta cercando di affrontare il disagio con il figlio: sarà una lotta alla sopravvivenza.
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Il regista de LA PROPOSTA, torna in sala con un film bello quanto unico. Il Mondo sta per finire, o, meglio, per morire. Viggo Montersen è un padre che sta cercando di affrontare il disagio con il figlio: sarà una lotta alla sopravvivenza. Per niente banale e senza cadere nei clichet tipici dei film post-apocalittici, quest'opera è un misto di bellissimi scenari e situazioni al cardiopalma. Con Robert Duvall. GRIGIO | ****
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filippomazz
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giovedì 21 ottobre 2010
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il fuoco della speranza non si spegne
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The Road è la storia di un padre (Viggo Mortensen) e di suo figlio (Kodi Smit-McPhee), diventato per lui ormai l'unica ragione di vita..perchè sopravvivere nel cinereo mondo di The Road non avrebbe alcun senso per questo padre se non per proteggere suo figlio, fino all'ultimo alito di vita. Eccolo quindi il cuore, il punto cardine del film: l'indissolubile legame che unisce i due protagonisti. Tutto il resto passa inosservato, non ci viene data alcuna chiara descrizione della catastrofe che ha imperversato sulla terra, nè ci viene raccontato poi granchè del passato dei personaggi..sappiamo solamente che ora si trovano lì, in quell'inferno carbonizzato e che, in un modo o nell'altro, devono andare avanti.
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The Road è la storia di un padre (Viggo Mortensen) e di suo figlio (Kodi Smit-McPhee), diventato per lui ormai l'unica ragione di vita..perchè sopravvivere nel cinereo mondo di The Road non avrebbe alcun senso per questo padre se non per proteggere suo figlio, fino all'ultimo alito di vita. Eccolo quindi il cuore, il punto cardine del film: l'indissolubile legame che unisce i due protagonisti. Tutto il resto passa inosservato, non ci viene data alcuna chiara descrizione della catastrofe che ha imperversato sulla terra, nè ci viene raccontato poi granchè del passato dei personaggi..sappiamo solamente che ora si trovano lì, in quell'inferno carbonizzato e che, in un modo o nell'altro, devono andare avanti. Ma andare avanti a quale scopo? L'uomo spesso se lo domanda e trova risposta tornando con il pensiero alle ultime parole pronunciate da sua moglie prima di andarsene per sempre: ''andate verso sud''..un pò come un'angelico messaggio di speranza su cui fare affidamento, in un mondo dal quale la speranza è stata brutalmente estirpata, come fosse erbaccia. Tratto dall'omonimo romanzo di Cormac McCarthy (uno dei libri più belli che io abbia mai letto in vita mia) che gli valse il prestigiosissimo Premio Pulitzer 2007, The Road (film) non è però all'altezza del suo corrispettivo stampato: la commovente adorazione del figlio per il suo papà, così come l'angoscia che perseguita la mente dell'uomo non sono resi nella pellicola, con la stessa magia che nei poetici versi dello scrittore statunitense. Nonostante ciò, anche la trasposizione cinematografica di questa storia rimane un'opera notevole..dalle grandi virtù e stile affascinante. Una delle migliori performance della carriera per Viggo Mortensen. Emozionante colonna sonora di Nick Cave & Warren Ellis
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peer gynt
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giovedì 14 ottobre 2010
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grigia terra in grigio cielo
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Angosciante viaggio disperato di un padre e un figlio 13enne attraverso
una terra semidistrutta e quasi deserta. Non si sa cosa sia successo, ma
sulla terra non vi sono piu' animali, moltissimi uomini sono morti e
quelli che sono rimasti sono portatori di una violenza cieca, che la fame
implacabile ha reso cannibali.
La fuga dei due superstiti e' da tutto e da tutti, perche' di nessuno ci
si puo' piu' fidare e l'unica traccia di umanita' si e' spenta col tragico
e disperato sacrificio della moglie dell'uomo e madre del ragazzo.
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Angosciante viaggio disperato di un padre e un figlio 13enne attraverso
una terra semidistrutta e quasi deserta. Non si sa cosa sia successo, ma
sulla terra non vi sono piu' animali, moltissimi uomini sono morti e
quelli che sono rimasti sono portatori di una violenza cieca, che la fame
implacabile ha reso cannibali.
La fuga dei due superstiti e' da tutto e da tutti, perche' di nessuno ci
si puo' piu' fidare e l'unica traccia di umanita' si e' spenta col tragico
e disperato sacrificio della moglie dell'uomo e madre del ragazzo. Resta
soltanto un deserto di fame e di fango, e sempre la morte dietro l'angolo.
E la cocciuta resistenza del ragazzo, che non vuole accettare che
dell'umanita' (come gli dice suo padre) non ci sia piu' nulla da salvare.
Film grigio sulla terra e nel cielo, notturno e cupissimo, dove il mare
non e' blu come sulla carta geografica ma anch'esso inesorabilmente
grigio, e dove la speranza compare, quasi inaspettata, in un finale
struggente ma non banale, tragico ma aperto ad un'umanita' che ha in
progetto di ricostruirsi basandosi sulla fiducia reciproca.
Splendido.
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ficrome
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mercoledì 13 ottobre 2010
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forse.....
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non c'è bisogno di un disastro , di una guerra, forse l'umanità è questa , forse noi siamo tutti i mostri descritti in questo film , e questo è ciò fa veramente paura.....
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filippaccio
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giovedì 23 settembre 2010
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crudeltà.
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In senso primitivo, l’atto di crudeltà consiste nel lacerare la carne e farne colare il sangue, ed è dunque un atto impietoso. Film tratto dal romanzo di Cormac McCarthy. L'autore del libro racconta la storia piu' banale del mondo, ovvero la terra si ribella all'uomo, che di fronte alla morte e miseria mostra le sue carte piu' instintive, o piu' adatte alla sopravvivenza. Difesa a oltranza della propria vita, della vita dei propri cari, del cibo, difesa strenua disperata della speranza anche quando la consapevolezza di sopravvivere a una simile catastrofe e' mera utopia. L'uomo mangia l'uomo se ne avra' bisogno, mors tua vita mea, senza ragionamenti.Se rimane un proiettile in un mondo del genere e si e' in due non si perde la una possibilita' di offendere ma una possibilita' di suicidarsi.
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In senso primitivo, l’atto di crudeltà consiste nel lacerare la carne e farne colare il sangue, ed è dunque un atto impietoso. Film tratto dal romanzo di Cormac McCarthy. L'autore del libro racconta la storia piu' banale del mondo, ovvero la terra si ribella all'uomo, che di fronte alla morte e miseria mostra le sue carte piu' instintive, o piu' adatte alla sopravvivenza. Difesa a oltranza della propria vita, della vita dei propri cari, del cibo, difesa strenua disperata della speranza anche quando la consapevolezza di sopravvivere a una simile catastrofe e' mera utopia. L'uomo mangia l'uomo se ne avra' bisogno, mors tua vita mea, senza ragionamenti.Se rimane un proiettile in un mondo del genere e si e' in due non si perde la una possibilita' di offendere ma una possibilita' di suicidarsi. Forse la sola cosa che rimane, l'ultima via di fuga, quasi agognata. Quanti simboli in 1 e 45 minuti di film. La storia piu' banale del mondo resa imponente dalla grazia della scrittura di un genio, e riprodotta su pellicola in modo da rendergliene merito.La luce della vita anche quando sembra non valerne la pena. La speranza e' in mano ai buoni e ai bambini.La speranza rimane anche quando il mare perde il suo blu. Emozionante e commovente.
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paride86
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martedì 21 settembre 2010
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esperiento interessante
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Interessante riflessione sugli archetipi umani che parte da una non meglio precisata catastrofe ambientale.
Cupo e poco appetibile, è sicuramente un film fuori dal coro che si fregia, però, della partecipazione di due attori che più hollywoodiani non si può: Viggo Mortensen e Charlize Theron.
Da vedere.
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nalipa
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martedì 21 settembre 2010
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angosciante!
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E' la fine del mondo?
IL film é tratto da un libro di Corman McCarty.
Una qualche catastrofe ha devastato la Terra, gli uomini superstiti sembrano animali e cercano di sopravvivere in condizioni critiche.
Padre e figlio attraversano un paese desolato e pericoloso.
Non ci sono action post-apoclittici ma l'angoscia della lotta quotidiana per l'acqua, il cibo, per ogni cosa si respira dallo schermo attraverso un ottimo cast, su tutti Mortensen.
L'umanità messa alle strette, anzi alle strettissime, si può ancora definire tale?
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andaland
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martedì 14 settembre 2010
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inquietante, commovente...bello!
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La fotografia, il trucco, la regia sono superlativi. Gli attori bravissimi e convincenti, la storia abbastanza originale, atmosfere cupe apocalittiche e che fanno riflettere. Bellissimo film!
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meltdown
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martedì 31 agosto 2010
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film che perde la "road" e non sa dove andare
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In un futuro grigio post-atomico o post-catastrifico un padre e un figlio vanno in pellegrinaggio verso la costa sperando di trovare chissà che. Il figlio è un idealista che spera ancora nell'umanità resa crudele - e cannibale - dall'assenza di cibo. Il padre cerca di conciliare la "bontà" di cui si parla spesso nel film con l'istinto di conservazione.
Questa in soldoni la trama, e i primi minuti del film sembrano saperla sfruttare. Non stonano i flashback, così come è lodevole l'assenza di pretendere di fornire una spiegazione scientifica alla catastrofe verificatasi; poteva essere un film descrittivo e psicologico, incentrato sui personaggi e con quella dose di azione o simbolismi appena necessari a forgiare i caratteri dei personaggi e lo spirito del film.
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In un futuro grigio post-atomico o post-catastrifico un padre e un figlio vanno in pellegrinaggio verso la costa sperando di trovare chissà che. Il figlio è un idealista che spera ancora nell'umanità resa crudele - e cannibale - dall'assenza di cibo. Il padre cerca di conciliare la "bontà" di cui si parla spesso nel film con l'istinto di conservazione.
Questa in soldoni la trama, e i primi minuti del film sembrano saperla sfruttare. Non stonano i flashback, così come è lodevole l'assenza di pretendere di fornire una spiegazione scientifica alla catastrofe verificatasi; poteva essere un film descrittivo e psicologico, incentrato sui personaggi e con quella dose di azione o simbolismi appena necessari a forgiare i caratteri dei personaggi e lo spirito del film. Questo dicevo, è ciò che sembra essere il film nei primi minuti, senza tralasciare le scenografie decisamente suggestive.
Purtroppo però non ci vuole molto a capire la direzione verso la quale il regista ci sta portando, e fa tutto per edulcorare la pillola. Chenesò a suo posto avrei fatto una scena con loro due che stanno morendo di fame, trovano un cadavere ancora fresco, il padre convince il figlio che si deve fare ciò che va fatto, gli tagliano un braccio e se lo mangiano, ovviamente con tutto il rispetto dovuto, per esempio provvedendo alla sua seppellitura. Invece no, abracadabra trovano un rifugio antiatomico con tutti i possibili ben di dio e se la spassano alla grande.
Anche il finale è scioccante. arrivano al mare, non c'è niente, tuttavia il viaggio è stato importante, il bambino ha capito qualcosa in più del mondo e della vita, il padre muore, amen. Speri che finisca lì, invece se ne arriva dal nulla una nuova classica famigliola con cagnolino al seguito (gli mancava solo il pickup) che adotta il bambino.
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federinik
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giovedì 26 agosto 2010
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strada del dolore
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La strada è lunga, livida di dolore e squarciata dal cupo del cielo.
Un uomo e un bambino, padre e figlio, percorrono le strade deserte e ricche d’insidie con un carrettino di sopravvivenza.
Questo nuovo mondo è fatto di distruzione, forse un disastro naturale o una guerra nucleare hanno cancellato l’ordine apparente delle cose e quel sole che tanto riscaldava le belle gambe della moglie di quel padre che ora con immenso coraggio decide di prendersi cura del figlio attraverso sentieri di tragico dolore, hanno cessato di palpitare
Il regista australiano, John Hillcoat, fa una trasposizione d’innegabile forza e potenza visionaria, del breve romanzo di Cormac McCarthy.
Hillcoat rimane molto fedele al libro ed innesta nel racconto tutti gli eventi imprevisti del romanzo.
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La strada è lunga, livida di dolore e squarciata dal cupo del cielo.
Un uomo e un bambino, padre e figlio, percorrono le strade deserte e ricche d’insidie con un carrettino di sopravvivenza.
Questo nuovo mondo è fatto di distruzione, forse un disastro naturale o una guerra nucleare hanno cancellato l’ordine apparente delle cose e quel sole che tanto riscaldava le belle gambe della moglie di quel padre che ora con immenso coraggio decide di prendersi cura del figlio attraverso sentieri di tragico dolore, hanno cessato di palpitare
Il regista australiano, John Hillcoat, fa una trasposizione d’innegabile forza e potenza visionaria, del breve romanzo di Cormac McCarthy.
Hillcoat rimane molto fedele al libro ed innesta nel racconto tutti gli eventi imprevisti del romanzo. Ricco di scene di suspense e di dolore emotivo, oltre che visivo ed uditivo, il film funziona a tutti i livelli.
A partire da una fotografia (dell’ottimo Javier Aguirresarobe) plumbea e livida, in grado di regalare alla vicenda un sentore perpetuo di morte che aleggia per tutto il corso del film, fino allo straordinario lavoro di gruppo per quanto riguarda il trucco che trasforma, imbolsisce e scolpisce i segni di sofferenza sui volti dei sopravvissuti, in maniera scioccante. Scenografia di Chris Kennedy e Robert Greenfield, costumi di Margot Wilson, montaggio di Jon Gregory, e musiche avvolgenti di Nick Cave e Warren Ellis, insomma quanto di più azzeccato e tuonante.
Sentimenti, umori, colori, sensazioni, ricordi: ogni cosa fusa nell’altra, tant’è grande l’impatto del film sull’occhio dello spettatore che quasi si sente oppresso da quelle luci opache e da quei colori che avvolgono d’ignoto padre e figlio.
Il film è tanto Romero quanto Cronenberg, i cattivi che si aggirano per la infinita strada del dolore non somigliano né agli zombi del film The Night Of The Living Dead di Romero né ai personaggi autodistruttivi di molto dei film di Cronenberg, bensì il film assimila la lezione di due grandi maestri, specie il secondo, per portare sul grande schermo un profluvio di forti emozioni, dure come un macigno che si abbatte col peso della gravità delle cose sul tuo stesso corpo, affaticato ancor prima della mente in costante esercizio rivelatorio.
Completano il quadro di un capolavoro indiscutibile gli attori, tutti calati nella parte, partendo da un Viggo Mortensen mai così intenso e convincente persino nelle sfumature, negli accenti e nei toni d’interlocuzione a fil di respiro; la piacevole sorpresa del bambino interpretato dal prodigio di sicuro avvenire Kodi Smit-McPhee (un gemellino, terza decade, proveniente da una famiglia di attori); fino a giungere ad una sofferente e convincente Charlize Theron (anche se già vista in un ruolo uguale in The Burning Plain e Monster, donna di grande fisicità in contrasto con un viso carezzevole e delicato), e ad un gruppo di caratteristi fra cui sono da evidenziare quella del veterano Robert Duvall (nel ruolo di un vecchio vagabondo che sta per perdere la vista) e del sempre più bravo Guy Pierce (L.A. Confidential e Memento, su tutti, e in The Road in un piccolo ruolo significativo).
E quando l’ultimo respiro, esala accanto alla brezza del mare, allora capirai che il salato ha sempre accompagnato il tuo lungo viaggio e che l’unico dolce ti è cresciuto accanto, troppo in fretta.
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