giuli
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giovedì 17 aprile 2008
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l'inferno di lumet
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I soldi. Tra i personaggi di Onora il padre e la madre (ma è molto meglio il titolo originale Before the Devil Knows You’re Dead) di Sidney Lumet non si parla praticamente d’altro. Per denaro ci si macchia di colpe per le quali non c’è redenzione possibile. Per denaro – che serva a mantenere la dignità agli occhi della propria figlia o a pagarsi l’illusione di una nuova vita a Rio – i due fratelli Hanson, (novelli Caino e Abele con la variante che Abele diventa complice di Caino) magistralmente interpretati da Philip Seymour Hoffman e Ethan Hawke, decidono di rapinare la gioielleria dei genitori, certi che la cosa non avrà conseguenze negative per nessuno (l’assicurazione rifonderà mamma e papà e le armi usate saranno giocattolo).
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I soldi. Tra i personaggi di Onora il padre e la madre (ma è molto meglio il titolo originale Before the Devil Knows You’re Dead) di Sidney Lumet non si parla praticamente d’altro. Per denaro ci si macchia di colpe per le quali non c’è redenzione possibile. Per denaro – che serva a mantenere la dignità agli occhi della propria figlia o a pagarsi l’illusione di una nuova vita a Rio – i due fratelli Hanson, (novelli Caino e Abele con la variante che Abele diventa complice di Caino) magistralmente interpretati da Philip Seymour Hoffman e Ethan Hawke, decidono di rapinare la gioielleria dei genitori, certi che la cosa non avrà conseguenze negative per nessuno (l’assicurazione rifonderà mamma e papà e le armi usate saranno giocattolo). Il destino però non si governa e le cose non vanno come previsto.
Attraverso un abile gioco di inquadrature che riflettono punti di vista diversi, una ricostruzione a incastro degli eventi che, senza far mai perdere il filo del loro svolgersi, ogni volta chiarisce e approfondisce, e l’intensità dei dialoghi, Lumet ci fa apprezzare la differenza che corre tra un buon film di un bravo regista e quello di un maestro. E intanto ci racconta l’inferno.
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pier93
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lunedì 14 aprile 2008
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una famiglia "distrutta"...
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ottimo film,ben diretto....i protagonisti(tutti premio oscar) sono stati bravissimi....mi è piaciuto questo film xkè invita a riflettere su molte cose!!!!vedetelo....
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valeriamonti
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domenica 13 aprile 2008
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la voragine della colpa
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Quando il valore assoluto viene dato al denaro tutto il resto viene ridimensionato. Anche la vita. Così succede che il reato non è che una sciocchezza “facile” e senza complicazioni perché il bisogno di denaro lo giustifica appieno. Lo si può pianificare davanti a un drink con la leggerezza di un gioco e con risate isteriche.
Solo un attimo di alienata lucidità porta il protagonista a questa consapevolezza: quando fatto di eroina parla della sua vita e si rende conto che non è come stilare un bilancio immobiliare; la vita non è la somma delle parti da far quadrare. Ti sfugge di mano e diventa altro.
Così fare una rapina nella gioeilleria di famiglia è una “passeggiata” che però può risolvere e coprire una serie di buchi: buchi metaforici si intende, ma neanche tanto: i buchi nel braccio per farsi di eroina sono reali, per esempio.
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Quando il valore assoluto viene dato al denaro tutto il resto viene ridimensionato. Anche la vita. Così succede che il reato non è che una sciocchezza “facile” e senza complicazioni perché il bisogno di denaro lo giustifica appieno. Lo si può pianificare davanti a un drink con la leggerezza di un gioco e con risate isteriche.
Solo un attimo di alienata lucidità porta il protagonista a questa consapevolezza: quando fatto di eroina parla della sua vita e si rende conto che non è come stilare un bilancio immobiliare; la vita non è la somma delle parti da far quadrare. Ti sfugge di mano e diventa altro.
Così fare una rapina nella gioeilleria di famiglia è una “passeggiata” che però può risolvere e coprire una serie di buchi: buchi metaforici si intende, ma neanche tanto: i buchi nel braccio per farsi di eroina sono reali, per esempio.
La rapina riesce male e i buchi diventano voragini che trascinano l’anima in un infinito baratro
Sidney Lumet racconta con il suo “Onora il padre e la madre” un’amara storia senza speranza.
E lo fa con una geniale divisione di piani narrativi. Gli stessi episodi si ripetono ma cambia il punto di vista soggettivo. Questo permette allo spettatore di entrare piu’ a fondo nella testa dei protagonisti e nelle loro squallide e desolate vite. Nessuno di loro riesce a riscattare e riscattarsi, neanche il pater familias anche se forse è l’unico ad averne la possibilità.. Nessuna pietà, dunque. La voragine rimane aperta.
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dome
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domenica 13 aprile 2008
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3stelle
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il film è crudo e rende bene le incomprenzioni familiari che spesso consumano durante l arco della propria vita i rapporti familiari e avolte restanno addirittura irrisolti sino alla fine.
In questo caso il tutto si risolve in un tragico finale, forse improbabile e che lascia quasi in sospeso tutto quanto il film ha sviluppato nel suo corso.
resta un buon film che però non merita le 4stelle, ma a mio parere3stelle. Forse troppo generosamente le 3 stelle vengono nel Vs. sito troppo facilmente elargite (vedi scandaloso film di Rubini inguardabile di fatto eppure da voi avallato come opera significativa). Buone interpretazioni degli attori e alcune lacune nel racconto lasciano lo spettatore non completamente soddisfatto a fine visione.
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slpsh
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domenica 13 aprile 2008
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il ritorno di un grande lumet
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Chi non capisce di film e meglio che non voti
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daniele71
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venerdì 11 aprile 2008
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due minuti che valgono il biglietto
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capita a volte che di un film ti resti una sequenza, che nella tua memoria assume un significato proprio, e quasi si stacca dal resto del film; magari una sequenza minore, senza dialoghi degni di nota, "laterale" rispetto alla trama, che per qualche motivo ti risulta suggestiva, densa di significati impalpabili, estremamente evocativa... E' una faccenda individuale, che naturalmente ha a che fare col rapporto tra un film e i suoi spettatori, in ognuno dei quali esso rivive con sfumature, profumi, significati diversi, tanto piu' vari quanto piu' il film e' ricco. Bene, per me i due minuti che valgono il film sono quelli che riprendono Hoffman nella sua prima visita all'appartamento dello spacciatore "d'alto bordo", al piano alto di un grattacielo, durante i quali la telecamera segue silenziosamente i lenti, ovattati movimenti del protagonista da una stanza alla successiva, accompagnati da una curiosa musica di sottofondo, indugiando sui moderni componenti d'arredo, sul vertiginoso panorama al di la' delle ampie vetrate, sui quadri grigi, sull'ordine irreale che regna nell'appartamento, fino a rivelare, inquadrando un apparecchio al plasma appeso a una parete, che quel sottofondo musicale anomalo e quasi grottesco altro non e' che la colonna sonora di un cartone animato anni '40 trasmesso alla tv.
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capita a volte che di un film ti resti una sequenza, che nella tua memoria assume un significato proprio, e quasi si stacca dal resto del film; magari una sequenza minore, senza dialoghi degni di nota, "laterale" rispetto alla trama, che per qualche motivo ti risulta suggestiva, densa di significati impalpabili, estremamente evocativa... E' una faccenda individuale, che naturalmente ha a che fare col rapporto tra un film e i suoi spettatori, in ognuno dei quali esso rivive con sfumature, profumi, significati diversi, tanto piu' vari quanto piu' il film e' ricco. Bene, per me i due minuti che valgono il film sono quelli che riprendono Hoffman nella sua prima visita all'appartamento dello spacciatore "d'alto bordo", al piano alto di un grattacielo, durante i quali la telecamera segue silenziosamente i lenti, ovattati movimenti del protagonista da una stanza alla successiva, accompagnati da una curiosa musica di sottofondo, indugiando sui moderni componenti d'arredo, sul vertiginoso panorama al di la' delle ampie vetrate, sui quadri grigi, sull'ordine irreale che regna nell'appartamento, fino a rivelare, inquadrando un apparecchio al plasma appeso a una parete, che quel sottofondo musicale anomalo e quasi grottesco altro non e' che la colonna sonora di un cartone animato anni '40 trasmesso alla tv...
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franci
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giovedì 10 aprile 2008
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grande lumet
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un capolavoro che non può non far riflettere!!!!
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chevron
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martedì 8 aprile 2008
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tutto e' lecito per far soldi ????? grande film
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capolavoro di film .
LUMET un vecchietto di 83 anni alla regia di questo film
la diagnosi perfetta di quanto sia perversa la mente umana ,
da vedere .
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apocalypse
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domenica 6 aprile 2008
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commando
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io propongo di organizzare un commando per rapire ed esiliare su un'isola lontanissima la nuova gneerazione di doppiatori italiani.
Non solo siamo nel declino senza via d'uscita nei vari ambiti creativi, ma riusciamo ad insozzare e rendere insopportabili anche grandi film come questo.
Noi che avevamo i più grandi doppiatori al mondo...andatevi a rivedere per esempio "UN DOLLARO D'ONORE", chiudete gli occhi (se lo avete già visto!) e lasciatevi cullare da quelle voci meravigliose.
Mi viene da piangere pensando a cosa siamo diventati.
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(di namuris)
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vanni
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domenica 6 aprile 2008
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questo è grande cinema
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Sidney Lumet riprende il discorso di "Quel pomeriggio di un giorno da cani", ma ne decuplica la durezza, in un film asciutto e sconvolgente, trascinato da una regia magistrale e da una bella, dolente colonna sonora. "Tragedia greca" sì, ma non nelle unità di tempo, spazio e azione, sapientemente violate con un continuo gioco di flashback, rimandi, incroci fra vicende di personaggi diversi: tessere di varia umanità che si compongono in un terribile mosaico finale. Ottimi tutti gli attori, ma una menzione particolare spetta ad Albert Finney e a Philip Seymour Hoffman, semplicemente straordinari. A ottantatre anni suonati, Lumet ha ancora voglia di sperimentare e di raccontare: il risultato è da par suo.
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Sidney Lumet riprende il discorso di "Quel pomeriggio di un giorno da cani", ma ne decuplica la durezza, in un film asciutto e sconvolgente, trascinato da una regia magistrale e da una bella, dolente colonna sonora. "Tragedia greca" sì, ma non nelle unità di tempo, spazio e azione, sapientemente violate con un continuo gioco di flashback, rimandi, incroci fra vicende di personaggi diversi: tessere di varia umanità che si compongono in un terribile mosaico finale. Ottimi tutti gli attori, ma una menzione particolare spetta ad Albert Finney e a Philip Seymour Hoffman, semplicemente straordinari. A ottantatre anni suonati, Lumet ha ancora voglia di sperimentare e di raccontare: il risultato è da par suo.
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