Skeleton Key

Rita Celi

Una casa infestata da fantasmi. Una stanza che nasconde tragici segreti. Una giovane curiosa che vuole scoprire il mistero che si cela dietro una porta proibita. Ma non sono solo questi semplici ingredienti da horror per teenager che condiscono The Skeleton Key. Stregoneria, riti magici, incantesimi, maledizioni e superstizioni fanno da sfondo al thriller soprannaturale diretto da Iain Softley e sceneggiato da Ehren Kruger, autore anche del remake americano di "The Ring". Il film, da venerdì nelle sale americane e dal 9 settembre in quelle italiane, in 250 copie distribuite da Uip, è interpretato da Kate Hudson, Gena Rowlands, John Hurt e Peter Sarsgaard. Ambientato in una villa fatiscente tra le paludi e i bayou della Louisiana del Sud, The Skeleton Key racconta la storia di un'infermiera, Caroline, esperta nell'assistenza ai malati terminali, che viene assunta tramite un giovane avvocato da un'anziana signora per accudire il marito colpito da ictus. Caroline accetta l'incarico e si trasferisce da Violet e Ben Devereaux, i suoi nuovi datori di lavoro, in una vecchia costruzione che sembra nascondere molti misteri, tra cui una stanza segreta da cui provengono strani rumori. Per muoversi nella casa, Violet le dà un passepartout che apre tutte le porte, ovviamente sempre chiuse a chiave, tranne quella della soffitta. Caroline riesce ad aprire la porta proibita e lì scopre resti di sangue, capelli e altri accessori necessari per un rito di magia nera. La giovane vuole andare a fondo, perché è convinta che dietro la malattia di Ben ci sia qualcosa di strano e comincia a sospettare della moglie, Violet. Passando da quella porta, Caroline entra nel mondo magico e misterioso dei riti hoodoo, un genere di magia tuttora praticato in alcune zone rurali. "Più dei film dell'orrore mi piacciono i thriller" dice Kate Hudson, "perché credo nel soprannaturale e perché parlano di paure reali, quelle con le quali dobbiamo fare i conti quotidianamente e che per noi donne possono essere il timore di invecchiare e di rimanere sole. Personalmente sono solo leggermente superstiziosa, non passo sotto le scale ma adoro il numero 13 e i gatti neri. Credo comunque nelle forze soprannaturali e che intorno a noi ci sono spiriti e campi energetici". La giovane attrice, figlia di Goldie Hawn, ha solo parole di grande stima per i due mostri sacri con cui divide la scena. John Hurt l'ha colpita "per la capacità di comunicare tutto attraverso gli occhi", mentre di Gena Rowlands sottolinea la disponibilità sul set. "Quando mi chiedono a quale attrice mi ispiro non so mai cosa rispondere perché voglio fare un percorso mio, ma molte delle interpretazioni di Gena, specie nei film di Cassavetes, mi hanno profondamente influenzato". E aggiunge: "Goldie Hawn aveva 25 anni quando vinse l'Oscar per Fiori di Cactus, ma ne aveva trentuno quando girò Soldato Benjamin. Io ho ventisei anni e devo ancora trovare la parte della mia vita". Kate Hudson, sposata al musicista Chris Robinson, ex leader dei Black Crowes, ha girato The Skeleton Key a due mesi e mezzo dalla nascita del suo primo figlio: "Era un momento di continua transizione, in cui stavo entrando in una nuova vita, dovevo essere presente sia come madre che come donna che lavora. Sono ancora giovanissima, piena di energie e l'esperienza della maternità è stata la più importante della mia vita: sicuramente condizionerà anche il mio lavoro di attrice". Intanto con il prossimo film tornerà alla commedia: s'intitolerà "You, me and Dupree" e sarà interpretata anche da Owen Wilson. The Skeleton Key è uno dei pochi film in cui Gena Rowlands non sia stata diretta dal marito John Cassavetes o dal figlio Nick. "Per me recitare in famiglia è naturale" dichiara l'attrice, "anche se la prima volta che è accaduto mi ha fatto un certo effetto sentir dire a mio figlio 'Action, Mom!'. Per John Hurt, che interpreta l'anziano malato e colpisce per la sua recitazione fatta di sguardi spaventati, con i quali riesce a comunicare senza pronunciare mai una parola, non c'è molta differenza fra un corpo posseduto da un fantasma e il mestiere dell'attore. "Essere posseduti da un'altra personalità è quello che facciamo ogni giorno. Come i fantasmi noi attori siamo eterni? Personalmente non ho mai pensato che il mio lavoro fosse un biglietto per l'eternità".
Da La Repubblica , 10 agosto 2005



di Rita Celi, 10 agosto 2005