Anno | 2001 |
Genere | Biografico |
Produzione | Cina |
Durata | 112 minuti |
Regia di | Yang Zhang |
Attori | Xiuling Chai, Fengsen Jia, Hongshen Jia, Tong Wang, Shun Xing . |
Rating | Consigli per la visione di bambini e ragazzi: |
MYmonetro | 3,00 su 1 recensioni tra critica, pubblico e dizionari. |
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Ultimo aggiornamento giovedì 3 gennaio 2013
L'attore Hongshen Jia interpreta se stesso, accanto ai suoi familiari e amici, in un film che rappresenta un testamento personale, prima che artistico. L'attore si suicidò nove anni dopo l'uscita di questo lungometraggio.
CONSIGLIATO SÌ
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Servendosi di vari flashback e flashforward, Quitting rievoca la vicenda di Jia Hongsheng, star del cinema popolare a cavallo tra anni '80 e '90, prima di cedere alle lusinghe dell'eroina e smettere con il cinema. Preda di crisi di rabbia e di un malessere inestinguibile, Hongsheng finisce per allontanare gli amici più cari e tornare in seno alla famiglia: le differenze incolmabili tra l'attore e i suoi parenti più prossimi, coniugate a uno stato sempre più depressivo portano a situazioni sempre più violente, finché i genitori di Jia decidono di farlo ricoverare in una casa di cura nella speranza di una riabilitazione.
Per comprendere appieno il potenziale di uno spunto come quello alla base di Quitting occorre aiutarsi immaginandolo in un contesto forse più familiare. Pensare a cosa sarebbe un film sulle traversie vissute da un Robert Downey jr. - per fare un esempio - interpretate dallo stesso Robert Downey jr. e da chi gli è stato vicino nei giorni più difficili della sua vita; e alle mille possibilità che derivano da un simile intreccio di cinema e vita. Pare quasi di fare dello spoilering rivelando la natura semi-documentaristica del film, dove il regista Zhang Yang attende ben più di metà del tempo a disposizione prima di allontanarsi con un carrello all'indietro dal palcoscenico e praticare una drastica cesura all'illusione filmica, ma è impossibile affrontare le domande poste da Quitting senza dipanarne la matassa dei livelli narrativi.
La cervellotica architettura dell'opera presenta ulteriori doppiezze, specie se si pensa che Zhang Yang era anche il regista originario de Il bacio della donna ragno - ossia l'opera teatrale (più volte citata e ricreata in Quitting) che accompagnò la discesa agli inferi di Hongsheng nell'abisso della tossicodipendenza - e che tutti gli attori principali recitano se stessi, agendo sulla base delle tracce che la memoria ha lasciato. Recitare ricordando e ricordare recitando, un esperimento in cui il cortocircuito tra realtà e finzione si avvolge in una spirale autenticamente destabilizzante; e in cui Yang, demiurgo e osservatore del disfacimento di Hongsheng, rielabora all'infinito una parabola esemplare. Probabilmente basterebbero meno di 112 minuti per esporre l'esperimento alla base di Quitting, ma è tale il fascino dell'operazione che si tende a soprassedere sulle ripetizioni o sui momenti meno convincenti, come pure sulla morale vagamente consolatoria e certamente stereotipata sul connubio tra arte e maledettismo o il contrasto appena abbozzato tra antico e moderno. Un punto fondamentale quest'ultimo, esplicitato dal problematico rapporto padre-figlio dei due Jia, in cui emergono le contraddizioni tanto della Cina contadina del passato che di quella (superficialmente) occidentalizzata della contemporaneità, incarnata da un Jia confusamente maudit, sorta di neo-punk ossessionato dai Beatles (ovvero l'equivalente di una carezza da educande a livello di trasgressione, per i parametri occidentali). Temi che Zhang Yang aveva già affrontato in Shower, con esiti di certo più convincenti, anche se nel contesto di un'opera con differenti ambizioni. In Quitting il centro focale si situa altrove, nella credibilità di un cinema verista ma ingannatore, gravato da un onnipresente presagio di morte - sin dall'originale incipit, su quel che la gente della strada pensa o dice di Jia Hongsheng - che lo accompagna inesorabilmente. Il drago nel cielo, doppio e nemesi del protagonista, che questi scorge fra le nuvole mentre le osserva dal balcone di casa, ha infine vinto la sua battaglia con lo stesso Jia come un novello William Wilson. E nella vita reale, con il suicidio dell'attore, avvenuto nel 2010. Quitting, di ben nove anni precedente, è rimasto il suo ultimo film, la memoria di un dramma a lieto fine trasformatasi in funesta profezia.
nel prologo la voce del regista intervista Jia Hongsheng: "cosa ne pensi di interpretare te stesso?" "nessun problema, mi servirà per meditare sulla mia vita". ho apprezzato molto questo film/biografia, girato molto bene senza diventare noioso. Sullo sfondo un ritratto della Cina, della famiglia cinese. le modalità di discussione, i sacrifici, la frustrazione di [...] Vai alla recensione »