Nel libro firmato da Franco Nero e Lorenzo De Luca, l'attore immagina di confrontarsi col suo leggendario Django e si racconta. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti
È il titolo del libro firmato da Franco Nero e Lorenzo De Luca. Nero immagina di confrontarsi col suo leggendario Django e si racconta. Quasi tutti gli episodi riportati li conosco, perché con Franco siamo molto amici, da quando ero nella Commissione Consultiva del cinema e approvammo una sua sceneggiatura western. Un assunto, certo mio personale ma che ho sempre illustrato e difeso: trattasi di un attore da podio (3 posti) e per quanto mi riguarda, appunto, lo inserisco al vertice. Qualche ruolo: Lancillotto, un detective alla Marlowe, il capitano Seblon in Querelle de Brest di Fassbinder, Giacomo Matteotti, Walter Audusio-Valerio, il partigiano in Mussolini ultimo atto, John Reed il giornalista che racconta la Rivoluzione di Ottobre in I dieci giorni che sconvolsero il mondo, l’ecologico Jonathan degli orsi, Claudio Toscanini
nel Giovane Toscanini, Sant’Agostino. E naturalmente Django, ripescato poi da Quentin Tarantino.
Roba enorme direi un unicum.
Mi riferisco subito al nome appena fatto. Al Grand Hotel di Venezia mi sentii chiamare da Franco Nero, era seduto a un tavolo con Tarantino. Mi presentò come suo amico e critico importante. L’altro disse “Guarda che è un onore per te essere amico del più grande attore italiano”. Non sono il solo dunque. Domenica era presente a Verissimo su Canale 5. Franco è del 1941, ma davvero non sembra. E poi quegli occhi, sempre gli stessi, due folgori blu. Ha raccontato episodi della sua vita, soprattutto privata, molti li conoscevo. Ha detto che sua Moglie Vanessa, che una volta mi ha presentato, sta “abbastanza bene”, ha parlato dei figli e molto altro. Ha ricordato l’incontro con Paul Newman che gli chiese un autografo per sua figlia che aveva visto Lancillotto. E così, ecco speculari, le più belle iridi del mondo.
Una decina di anni fa lo invitai a Milano per una giornata al teatro Oberdan, si spese, la gente lo amava. Ricordo che dopo il pranzo, tornando verso il teatro era assediato dalle donne e non solo. Una ragazza lo abbracciò e lo baciò, più che amichevolmente.
Ho scritto molto di lui e con lui ho molto parlato. Si diverte a raccontare aneddoti. Come quando, a una cena a Hollywood con Laurence Olivier e la moglie Joan Plawright, l’inglese bevve troppo e si addormentò. Nero racconta “Per fortuna era il ristorante dell’albergo, così mi sono caricato sulle spalle il più grande attore di tutti i tempi e l’ho portato a letto.”
Concludo, ma non finirei più, con qualcosa di imprevedibile e curioso. Ero dal dentista, nelle mani di Ludovica, ventitreenne. Appassionata di cinema le ho chiesto: “Dimmi il tuo titolo del cuore, di getto.” Rispose Django. Ventitré anni, impossibile. Così mi sono allontanato di qualche metro e ho chiamato Franco. Gli ho detto di quella ragazzina e del suo titolo del cuore. Sono tornato da Ludovica: “Ti passo Franco Nero”. Lui è stato squisito non si è limitato a un saluto veloce, ha voluto sapere dettagli della vita della ragazza. Davvero è mancato poco che svenisse. Il giorno dopo questa vicenda aveva già fatto il giro del San Raffaele. Ludovica dice “È stata la più grande emozione della mia vita”. Certo, con Franco Nero.