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La più bella storia di sport mai raccontata

Race - Il colore della vittoria è più di un film, è un'opera generale del Novecento. Di Pino Farinotti.
di Pino Farinotti

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Stephan James (31 anni) 16 dicembre 1993, Toronto (Canada) - Sagittario. Interpreta Jesse Owens nel film di Stephen Hopkins Race - Il colore della vittoria.
giovedì 6 febbraio 2025 - Focus

RaiMovie ha trasmesso Race-Il colore della vittoria, diretto da Stephen Hopkins. Il film è incentrato su Olimpia firmato da Leni Riefenstahl. E’ più di un film, è un'opera generale del novecento. È del 1938 e racconta le Olimpiadi di Berlino del 1936. Olimpia sublima la Germania ed è, di fatto, apologetico del nazismo. Eppure viene considerato, unanimemente, un capolavoro. Ci sarebbe di mezzo un equivoco tragico, ma il cinema è la disciplina delle grandi licenze e dei paradossi. Si fa perdonare tutto, persino il nazismo. Furono quelle di Berlino le Olimpiadi di Jesse Owens, il nero di Alabama che vinse quattro medaglie d'oro, 100, 200, 4x100 e salto in lungo. Una corrente di opinione, autorevole, continua a ritenere quella la più grande performance di un atleta, in tutte le epoche. Poi le leggende si combinano all'infinito, una legata all'altra. Una è quella che vuole Hitler furibondo per la vittoria del non-ariano, proprio in casa sua. Ci sono tante immagini, proprio nel film della Riefenstahl, che rappresentano i trasalimenti e gli imbarazzi del führer. Anche se poi lo stesso Owens raccontò che non era proprio così, che Hitler gli aveva dedicato un piccolo, impercettibile saluto con la mano. 

Ma se qui, dopo il "coro" di premessa, devo cantare un solo canto, è quello di Carl Ludwig Long, detto Lutz Long. Nacque a Lipsia nel 1913, in aprile. In settembre a Oakville, Alabama, sarebbe nato Owens, suo compagno di destino. Lutz fu il migliore saltatore europeo dell'epoca. Si era consacrato a Torino, agli europei, vincendo la medaglia di bronzo nel lungo. Ma la sua leggenda appartiene a Berlino 1936. Il regime contava molto su Long, alto, bello, biondo, iridi azzurre, ariano perfetto. Faceva parte di una famiglia della buona borghesia, non era nazista. Guai se non avesse battuto quel nero americano. E Long avrebbe vinto, se fosse stato meno... eroe. Successe che nelle qualificazioni Owens sbagliasse i primi due salti. Un terzo errore e sarebbe stato fuori. In quei giorni i due atleti erano già amici, per affinità e istinto, certo non per razza e politica. Giravano per le vie di Berlino insieme, si facevano fotografare sorridenti. Long notò che il rivale prendeva una ricorsa un po' breve. Gli disse "ti manca mezzo passo". Owens fece quel mezzo passo in più e si qualificò. La finale fu una delle più intense della storia di tutto lo sport. I due si alternarono in testa salto dopo salto. Alla fine vinse Owens con una misura davvero oltre quel tempo, 8,06, un salto che ti fa vincere anche ai nostri giorni. 
Lutz e Jesse si strinsero la mano dopo la gara. Stretta autentica, non da cerimonia. Il regime controllava tutto, e stava attento a queste cose, quel gesto veniva considerato un insulto, così la Riefensthal fu invitata a tagliare l'episodio nel film. Ma quella stretta di mano rimase al di fuori della fiction, per nobiltà e coraggio. Un'istantanea che, per simbolo e significato, è fra le più belle e potenti del secolo scorso. Un segnale ideale di come lo sport superi tutto, e di tutto sia migliore. Long era perfettamente conscio che quel gesto, quel suo sentimento davvero olimpico, gli sarebbero costati cari. 

Hitler non era uno che lasciasse correre e allo scoppio della guerra Lutz venne richiamato e spedito su un fronte pericoloso, l'Italia. Il 10 luglio del '43, gli alleati, al comando del generale Patton, sbarcarono in Sicilia. Long era là, aggregato a un comando italiano. Venne ferito gravemente in uno scontro a fuoco. Morì quattro giorni dopo, ma per anni non si ebbero notizie precise. Fino a quando, nel 1961, una giornalista tedesca scoprì che la tomba di Lutz Long era nella fossa comune 2, piastra E, del cimitero militare tedesco di Motta Sant'Anastasia, Catania, dove il corpo era stato traslato dal cimitero americano di Gela. La sicurezza derivava dalla data di nascita dell'atleta-soldato, 27 aprile 1913. La data di morte certa è dunque 14 luglio 1943. La notizia della fine dell'antico rivale fu per Owens un dolore infinito. "Non c'è dubbio" disse "che sarebbe stato il mio migliore amico per sempre. E lo sarà". Owens è un eroe grandissimo, ma Long, sconfitto e caduto per il suo coraggio, è un eroe altrettanto grande. Sì, questa storia è la più bella delle Olimpiadi e di tutto lo sport.
Meritava il canto. 


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