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Il lunedì del cinema: Un'ombra sulla verità, thriller che scandaglia paure e debolezze dell'Occidente. Online il 1° luglio

Per il decimo appuntamento de 'Il lunedì del cinema', Repubblica e BiM Distribuzione presentano il thriller psicologico di Philippe Le Guay con François Cluzet e Bérénice Bejo. Da vedere insieme su MYmovies ONE lunedì 1° luglio dalle 20:00 a mezzanotte. PRENOTA GRATIS UN POSTO » 
di Giovanni Bogani

martedì 25 giugno 2024 - mymoviesone

Lunedì 1° luglio continua l'iniziativa Il lunedì del cinema a cura di Repubblica e MYmovies per il cinema di qualità in streaming. Una sala cinematografica virtuale pronta ad accogliere gli iscritti di MYmovies con una selezione ricercata di titoli da vedere (o rivedere) insieme dalle 20:00 a mezzanotte.

Il film della settimana è Un’ombra sulla verità (prenota un posto gratis), thriller psicologico che scandaglia le paure dell'Occidente, con un cast d'eccezione: François Cluzet, Jérémie Renier, Bérénice Bejo. Alla regia c'è Philippe Le Guay.

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Parigi. Una normale, normalissima piccola vendita. La cessione di una cantina, un buco in un sottoscala: una stretta di mano con un signore dal cappotto stropicciato, dai lunghi capelli grigi e arruffati, ma dai modi gentili. Da una parte, una famiglia francese che vive serena in un palazzo del centro, lui di origine ebraica, lei cattolica, una figlia adolescente sveglia e vivace. Dall’altra, un insegnante di Storia in pensione. Ha bisogno di quella cantina, dice, per sistemare un paio di cartoni, due cose appartenute alla madre, scomparsa da poco. Il padrone di casa gli dà le chiavi della cantina, e gli fa anche un po’ di sconto.

Poi, l’incubo. L’uomo della cantina, con i capelli grigi e il cappotto stropicciato, non si limita a sistemare un paio di cartoni, ma in quel sottoscala umido ci va a vivere. Fa i suoi bisogni nel cortile, o nel bagno del minuscolo bar lì accanto. E, già che c’è, ne insulta il proprietario, un vecchio arabo.

Perché l’uomo della cantina è un razzista. Che si è insediato in quell’edificio, dove c’è una portiera vietnamita, un inquilino di origine italiana, dove l’uomo che gli ha venduto la cantina è ebreo, e il proprietario del bar lì accanto è un arabo.


In foto François Cluzet in una scena del film Un'ombra sulla verità.

Quel condominio è lo specchio della Francia di oggi. Ma anche il personaggio dell’ex professore ci dice molto sulla Francia di oggi, e sulle tensioni che la attraversano. E non soltanto in Francia. Il professore, restituito da François Cluzet – era il tetraplegico cinico, ironico e colto di Quasi amici – con una interpretazione superba, è morbido e insinuante, parla a voce bassa, ma non per questo è meno agghiacciante. Anzi. È un negazionista dell’Olocausto, disprezza ebrei e arabi, è legato a gruppi neofascisti che operano in tutta Europa.

Non possiamo non provare orrore per le sue idee, ma allo stesso tempo, umanamente, siamo colpiti dalla sua fragilità. E con le loro reazioni violente, sono i giusti, democratici, liberali protagonisti del film quelli che rischiano di ritrovarsi dalla parte del torto. Il professore, con i suoi modi suadenti, con il vittimismo, con la manipolazione, riesce a convincere più di uno degli inquilini del palazzo. Che sono, è chiaro, la metafora della Francia tutta intera.

Un’ombra sulla verità racconta un contagio che parte da qualche negazionista che delira, chiuso in qualche cantina. Ma che si sparge nella Francia intera, e non soltanto in quella. François Cluzet è relegato al buio della cantina, polvere sotto il tappeto della società francese. Ma da lì emerge, infetta, inquieta. L’Europa ha ancora dentro di sé i virus dell’antisemitismo e del negazionismo.

Hannah Arendt parlava della “banalità del male”, riferendosi al criminale di guerra nazista Adolf Eichmann, l’organizzatore dei treni della morte che trasportavano gli ebre nei lager. Qui, in questo film, si mostra l’ “umanità del male”. Il vecchio professore è genuinamente gentile con la ragazzina, la figlia dei coniugi che gli hanno venduto la cantina. Ma non è meno pericoloso.
 


In foto Jérémie Renier e Bérénice Bejo in una scena del film Un'ombra sulla verità.

Un’ombra sulla verità parla di noi, noi borghesi bene accomodati nelle nostre verità, e incapaci di affrontare la diversità incommensurabile di pensieri per noi abnormi, ma che pure esistono. E la cui esistenza non possiamo ignorare. Perché sono come virus che iniettano i media. La storia che il film racconta, non a caso, è tratta da una vicenda realmente accaduta.

Cinematograficamente, Philippe Le Guay la modella come un thriller tenace, ad andamento lento, ma implacabile. Che ricorda, per certi versi, Cape Fear, il film 1962 con Gregory Peck e Robert Mitchum, che ebbe uno splendido remake, diretto da Martin Scorsese, nel 1991, con Nick Nolte e Robert De Niro. Anche in quel caso, chi stava dalla parte del giusto perdeva la calma, le coordinate, l’equilibrio, la ragione di fronte ad un uomo che arrivava, dal passato, a minacciare le sue certezze e la sua vita. E allo stesso modo, l’adulto maligno e inquietante seduceva la figlia adolescente del protagonista.

Il film di Philippe Le Guay ha vinto il premio del pubblico all’ultima edizione del festival France Odéon di Firenze.


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