
I momenti più emozionati sono stati quelli regalati dagli attori, quelli sorpresi dal riconoscimento ottenuto e quelli come Servillo che applaudono genuinamente i rivali diretti. Ecco il resoconto della serata.
di Paola Casella
“Un David classico e giovanissimo, che ha messo insieme grandi maestri e giovani rivelazioni”: così Piera Detassis, Presidente e Direttore Artistico dell’Accademia del Cinema Italiano, riassume la cerimonia di premiazione della 67esima edizione. Ed effettivamente ci sono state conferme e sorprese, queste ultime segnalate da reazioni di autentica incredulità da parte dei premiati: da Eduardo Scarpetta, che omaggia il padre Mario scomparso quando lui aveva 11 anni e mezzo e augura “tanta merda a tutti gli altri candidati”, e Swamy Rotolo, rispettivamente miglior attore non protagonista e miglior attrice per Qui rido io e A Chiara, al veterano Silvio Orlando, premiato come miglior attore protagonista per Ariaferma, che ringrazia commosso la moglie come “la persona migliore che abbia mai conosciuto in vita mia” e invita gli attori a “muovere il culo”, attribuendo alla sua lunga gavetta fatta di chilometri di tournée teatrali il premio appena conquistato.
Il maggior numero di riconoscimenti di prestigio è andato a È stata la mano di Dio, che conquista i titoli di Miglior film, Miglior regista a Paolo Sorrentino, Miglior attrice non protagonista a Teresa Saponangelo, Miglior fotografia a Daria D’Antonio e David giovani. In qualche modo è un premio al film anche il David speciale ad Antonio Capuano, che Sorrentino descrive come “maestro di quella libertà e vitalità che contano molto più della bellezza o bruttezza di un film” in uno dei momenti più commoventi della serata.
Freaks Out fa invece incetta di premi “tecnici”: Miglior scenografia a Massimiliano Sturiale e Ilaria Fallacara, Miglior acconciatura a Marco Penna, Miglior trucco a Pietro Prestopino ed Emanuele e Davide De Luca, Migliori effetti visivi a Stefano Leoni e Miglior team di produzione composto da Andrea Occhipinti, Stefano Massenzi, Mattia Guerra e Gabriele Mainetti: e Mainetti ricorda quando, alla “mano seduttiva della piattaforma, con tutte le perline” ha risposto “Noi andiamo in sala”.
Ennio invece conquista il premio al Miglior documentario, al Miglior suono di Fabio Venturi e al Miglior montaggio di Massimo Quaglia e Annalisa Schillaci. E il regista Giuseppe Tornatore attribuisce il successo del film all’essere “rivolto al pubblico come ad un amico”.
Fra i grandi esclusi il monumentale Toni Servillo che, nonostante il triplo carpiato con avvitamento delle interpretazioni in Qui rido io, Ariaferma ed È stata la mano di Dio, resta a mani vuote, ma le usa per applaudire con genuino entusiasmo tutti gli altri vincitori, in particolare i suoi “rivali diretti” (e conterranei) Eduardo Scarpetta e Silvio Orlando: chapeau; l’altrettanto monumentale Marco Bellocchio con l’inarrivabile Marx può aspettare e Mario Martone con Qui rido io, che avrebbe meritato molti più riconoscimenti; e la “giovane rivelazione” Michele Braga, che vede il premio al Miglior compositore andare a Piovani per I fratelli De Filippo invece che alla magnifica colonna sonora di Freaks Out.