Il cinema torna a Lucca con un’edizione ibrida che metterà insieme eventi in carne e ossa nelle sale cittadine e un’ampia offerta digitale gratuita sulla piattaforma piùCOMPAGNIA. Dal 25 settembre al 4 ottobre, il programma vedrà due selezioni di corti e lungometraggi, disponibili on demand per tutto il periodo.

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La rassegna principale sarà quella dedicata ai 12 lungometraggi, con titoli scelti sul circuito del cinema internazionale e presentati nei festival più prestigiosi.

Si parte dalla Cina con Spring Tide, in cui la documentarista Yang Lina passa alla finzione e racconta la vicinanza tra tre generazioni di donne (figlia, madre e nonna) costrette a vivere nella stessa casa ed espressione di periodi molto diversi della cultura cinese.

Dalla Germania, No Hard Feelings è reduce da un buon successo di pubblico e critica all’ultimo festival di Berlino, con una storia queer che coinvolge immigrati iraniani in Germania. Il regista Faraz Shariat, all’esordio, ci mette molto di personale e tratta in modo tenero anche di ribellione giovanile e ricerca di identità. Sempre tedesco ma incentrato su una fascia d’età differente è What might have been, che segue una coppia in un viaggio romantico a Budapest che finirà però per rinfocolare ricordi e forse rimpianti attraverso l’incontro con un ex della protagonista Astrid.

Si passa poi al documentario francese Little ballerinas, in cui la regista Anne-Claire Dolivet va a indagare sulla vita delle piccole promesse del ballo: bambine sotto ai dieci anni che dedicano la loro infanzia al sogno di far parte del Teatro dell’opera di Parigi.

Ancora francese ma con l’occhio lungo oltreoceano è l’interessante soggetto di Towards the battle, per la regia di Aurélien Vernhes-Lermusiaux: storia di un fotografo che riesce a farsi spedire in Messico per documentare la guerra d’intervento coloniale, facendosi però risucchiare dalle circostanze e stringendo amicizia con un uomo del posto.

Premesse simili quelle di Mosquito, diretto da João Nuno Pinto. Stavolta la traiettoria coloniale porta un giovane ragazzo portoghese appena arruolatosi nell’esercito fino in Mozambico, durante la Prima guerra mondiale. Trovandosi però solo e sperduto, deve attraversare gli incredibili paesaggi naturali del luogo.

Il dramma turco Chronology fa invece la dissezione di un matrimonio, messo in crisi all’improvviso dall’abbandono della moglie, che ha appena scoperto di non poter avere figli. Hakan, rimasto solo, non può che lanciarsi in un percorso di auto-indagine.

Summer White è la storia di un adolescente messicano, molto legato alla madre, il cui equilibrio viene però sconvolto dall’arrivo di un nuovo compagno di lei. Romanzo di formazione notevole, presentato al Sundance da un regista all’esordio nel cinema di finzione, Rodrigo Ruiz Patterson.

Altro debutto è quello di Heather Young in Murmur, indicato per gli amanti degli animali con il suo emozionante racconto di una donna che adotta un cane malato.

Tutto particolare è poi Last and first men, che viene dall’Islanda, vanta Tilda Swinton come narratrice, ed è l’unico film realizzato dal compositore Jóhann Jóhannsson. Si tratta di un ipnotico saggio per immagini incentrato sul futuro dell’umanità.

Parte di quello che sarebbe dovuto essere Cannes 2020 è l’israeliano The Death of cinema and my father too, che mescola verità e finzione, e cinema nel cinema, nell’esplorare un rapporto tra padre e figlio. Regia di Dani Rosenberg.

Per chiudere, una straniante opera olandese, Boy Meets Gun (unico film disponibile in proiezione unica, il 30 settembre), che racconta di un professore di filosofia e di un rapporto morboso e inquietante con una pistola di cui si ritrova in possesso in seguito a una rapina. Lo firma Joost van Hezik, anch’egli regista all’esordio.