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Bertolucci imbocca la via del Leone

Il regista di Novecento a Venezia per ritirare il Leone speciale per il 75esimo anniversario della mostra.
di Pierpaolo Simone

L'incontro

sabato 8 settembre 2007 - News

L'incontro
Prima la rivoluzione, dopo la consegna del leone. Sorridente e visibilmente commosso, Bernardo Bertolucci ha ricevuto poco fa un premio speciale per l'anniversario di questa sessantaquattresima edizione del Festival del cinema di Venezia, un premio fortemente voluto dal direttore Marco Müller per consacrare e omaggiare il grande regista italiano con un premio che riassumesse il percorso svolto dalla Mostra del cinema dalla sua nascita ad oggi. Ed è con una sorpresa dello stesso Muller che si apre la conferenza, comunicando a Bertolucci l'intenzione della Cina di finanziare il sessanta per cento del suo prossimo film.

Maestro, come si sente a essere qui a Venezia?
Innanzitutto devo ringraziare Marco Müller per essere riuscito a portarmi qui, credo siano quasi vent'anni che ci prova. Inizialmente non ero molto convinto della sua riscoperta de La via del petrolio (film che è passato ieri alla Mostra in una nuova edizione rimasterizzata), il documentario che feci molto giovane e che avevo quasi dimenticato. Poi, ieri, rivedendolo, sono rimasto colpito da due sensazioni. La prima era che ne La via del petrolio ci fossero già i semi dell'epicità dei miei lavori successivi come Novecento. La seconda era che il film dovesse molto a Enrico Mattei, che avevo incontrato nel palazzone dell'Eni qualche tempo prima e che mi aveva molto influenzato.

Che cos'è il cinema, oggi, per Bernardo Bertolucci?
Difficile rispondere. Direi che è molto strano rivedersi dopo tanti anni in film realizzati quando ero ancora un ragazzino di vent'anni, ma credo che nell'evolversi del mio cinema ci siano state due figure fondamentali, due padri putativi: Pier Paolo Pasolini e Jean-Luc Godard. Due uomini e due registi profondamente diversi che spesso cercavo di mettere in competizione. Quello che Pier Paolo è stato per me è ormai noto. Iniziai a sperimentare quella nuova forma di linguaggio che è il cinema, facendo da assistente al suo primo film Accattone. Per Godard invece è diverso. Credo che nel cinema esista un prima e un dopo il suo passaggio. Mi piace pensare ancora oggi che in quel particolare momento in cui un'inquadratura prende vita, in quell'attimo di bella confusione, ci siano ancora le tracce dell'insegnamento che Jean-Luc Godard ha dato al cinema.

Lei fu presidente della Giuria della Mostra del cinema di Venezia nel 1983.
A dire il vero non avevo voglia di farlo, ero molto confuso. Poi a Salsomaggiore incontrai Godard che mi lasciò un bigliettino in cui c'era scritto di accettare la proposta. Fu un episodio di "mafia" culturale. Così dissi a Rondi che avrei accettato a patto che la giuria del Festival fosse composta da soli registi. Cosa che è puntualmente avvenuta e che Marco Müller ha riproposto anche in questa edizione.

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