Babel

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Un film di Alejandro G. Iñárritu. Con Brad Pitt, Cate Blanchett, Gael García Bernal, Kôji Yakusho, Adriana Barraza.
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Drammatico, durata 144 min. - USA, Francia, Messico 2006. uscita venerdì 27 ottobre 2006. MYMONETRO Babel * * * - - valutazione media: 3,04 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

Atto III della Trilogia della Morte Valutazione 3 stelle su cinque

di Danko188


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mercoledì 9 marzo 2016


Marocco. Un pastore acquista un fucile per tenere lontani gli sciacalli dal suo gregge, affidandolo ai suoi due giovanissimi figli i quali, per testare la validità dell’arma, si apprestano a far fuoco da un monte dell’Atlante ai primi bersagli umani che si trovano sotto i loro occhi. Una donna americana (Cate Blanchett) che si trova su un pullman di turisti assieme al marito (Brad Pitt),  rimane gravemente ferita.
Stati Uniti. Una badante messicana (Adriana Barraza) che ha sotto la propria custodia due bambini, decide irresponsabilmente di portarli con sé in Messico per prendere parte al matrimonio del figlio con la promessa da parte di suo nipote (Gael Garcìa Bernal) di riportarli negli USA una volta celebrato l’evento.
Giappone. Un appassionato di caccia (Koji Yakusho) rimasto recentemente vedovo della moglie suicida ha una figlia adolescente affetta da sordomutismo (Rinko Kikuchi): la si vede frequentare oltre alle consuete amiche della pallavolo, un gruppetto di ragazzi cercando di attirarne l’attenzione e l’interesse, dei coetanei così come di uomini più maturi, con metodi più che disinibiti.

Un film, tre trame diverse, pronte a sposarsi l’un l’altra una volta che il puzzle del drammaturgo Guillermo Arriaga sarà giunto al termine. Se lo schema di narrazione e di montaggio non cambia, peculiarità dello sceneggiatore di Inarritu, rispetto ai due precedenti episodi della Trilogia della Morte, cambia invece la veduta di coinvolgimento, che si estende stavolta a tre nazioni diverse, nel film sono parlate 4 lingue diverse + 1 (il linguaggio dei segni), quindi una visione che intacca l’intero mondo globalizzato con una critica sferzante ai sensi dell’incomunicabilità umana. Babel,  (titolo dai chiari rimandi biblici) pur riproponendo lo stesso schema ad intreccio dei capitoli precedenti, i protagonisti vengono posti sullo stesso piano, eguagliati non dal proprio ceto sociale ma dalla stessa inadeguatezza e dallo stesso senso di smarrimento davanti alla morte, una ed universale. Tutti in questa pellicola piena di lacrime, hanno avuto a che fare con la morte. Resta il film che personalmente mi ha colpito meno della trilogia per la facilità con cui scade al melodramma gratuito, per l’artifizio di dover far combaciare tutti gli eventi con marchingegni di sceneggiatura quasi inverosimili, l’ho trovato anche un po’ carico di retorica piagnona hollywoodiana, fattore che accomuna generalmente film abbastanza ruffiani e di facile commercio, cosa che Babel non è in quanto frutto della mente di due autori veri ma che sembra strizzare l’occhio a quella filosofia lì. Non ho gradito alcune soluzioni di sceneggiatura, il personaggio di Gael G. Bernàl che parte in quarta dopo che un poliziotto gli ha detto di accostare, peggiorando solo la propria situazione e quella di chi aveva in auto con sè. Poi poliziotti che sparano con una facilità tanto sdegnosa contro la famiglia di marocchini senza la certezza che si trattassero di veri terroristi mi ha lasciato un po’ interdetto, così come la violenza fisica della polizia in generale manifestata durante tutta la pellicola. Presumo avessero voluto indirizzare una forma di critica verso le forze dell’ordine ma non è questo il modo. Tra le note positive oltre alla splendida fotografia che in alcune scene riesce a farci respirare il caldo soffocante del Marocco e l’alienazione desolante di Tokyo, anche le interpretazioni di tutto il cast. Certi dialoghi davvero ben scritti e fanno ben capire di quanto siamo lontani anche dagli affetti che ci sono più vicini.
La ragazza di Tokyo con il suo ricercatissimo bisogno di amore, di contatto fino a spingersi ad assumere tali comportamenti incarna tutto lo spirito e il messaggio di questo film. Nella scena della discoteca giapponese regia e fotografia danno quanto di meglio poteva dare, facendoci capire di come la ragazza sordomuta sia immersa in una dimensione a lei del tutto estranea, tutto attorno a lei si muove e si dimena mentre lei, sublimazione della solitudine, se ne sta al centro ad osservare i suoi amici finchè comprende che è arrivato il momento di dileguarsi. Questa scena insieme alla carrellata all’indietro finale che inquadra Tokyo di notte sono i punti di più alto valore artistico/espressivo di questo film.
La regia di Inarritu e la scrittura di Arriaga avevano in maniera eccellente disegnato i tratti di una metropoli come Città del Messico con il suo caos e la sua stratificazione sociale in Amores Perros, in cui tra l’altro si era celebrata la violenza degli scontri cinofili, in una scena pazzesca di Babel Bernàl stacca il collo ad un pollo davanti ad un gruppo di bambini, per gioco.
Innegabile dar merito al regista di Birdman per la capacità che attualmente in pochissimi hanno, di catapultare lo spettatore in realtà così grandi e fuori dalla portata di un’ immaginazione provinciale, realtà in cui si intrecciano e spesso si scontrano uomini di etnie e culture diverse. Successo che avrebbe egregiamente replicato con la Barcellona di Biutiful.
Voto 7.5

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