Holy Motors

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Un film di Leos Carax. Con Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Elise Lhomeau.
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Drammatico, durata 110 min. - Francia, Germania 2012. - Movies Inspired uscita giovedì 6 giugno 2013. MYMONETRO Holy Motors * * * - - valutazione media: 3,00 su -1 recensioni di critica, pubblico e dizionari.
   
   
   

IL CORPO DEL CINEMA, AMEN. Valutazione 5 stelle su cinque

di giugy3000


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venerdì 7 giugno 2013

Un inno d’amore verso il cinema, una preghiera per la settimana
arte rivolta ai secoli passati e a quelli a venire, una foresta di dettagli e metafore in cui districarsi da cui si esce tutt’altro che frastornati o intontiti…è questo e molto altro il nuovo film di Leos Carax, uno dei pochi film applauditi a Cannes all’unisono da tutti, che ha fatto convergere la critica italiana, francese e statunitense come non si vedeva da tempo in una sola parola finale: capolavoro. E’ proprio il caso di dirlo questa volta, Caprax ha dato vita ad una pellicola splendida ed audace, con quella giusta punta d’ingegno sopra le righe che però non sfora mai verso l’incomprensibile, l’inguardabile o l’inaccettabile ed è grazie a ciò che si fa ricordare ed entra dentro con adrenalinica potenza nel cuore e nella testa. Carax si dimostra un cinefilo ad hoc e interrogandosi al contempo con fare antropologico sul difficile mestiere dell’attore, ci mostra in una veste enciclopedica tutta nuova il susseguirsi eterogeneo di gender e generi cinematografici che lo hanno forse da sempre formato, nonché gli autori che ha più seguito nella sua carriera. Tanto il protagonista del film, un emblematico Mr Oscar, rimane offuscato nel più completo mistero, tanto Mr Carax si mostra senza remore agli occhi dello spettatore, facendoci indossare le lenti attraverso cui vedere il suo mondo, mostrandoci il suo amore per il cinema. La trama che spaventava a priori per la sua complessità è ben lontana dagli imbrogli del buon prestigiatore semiotico alla David Lynch e si dipana in una sua logica meta- cinematografica assolutamente lineare, tant’è che la struttura par essere quella di una somma epopea: prologo, capitoli centrali ed epilogo. Mr Oscar si sveglia al mattino, sale sulla sua bianca limousine in cui alla guida vi è Cèline, la sua assistente, e si parte…via verso ventiquattro in cui la sua identità cambierà ben nove volte, in cui dovrà presentarsi a nove appuntamenti diversi con altrettanti “io” dissimili. Egli avrà modo di scoprirsi mendicante,attore di performance capture, vagabondo mezzo cieco soprannominato “Monsieur Merde”, allegro suonatore di fisarmonica, padre premuroso assassino, gangster incallito, anziano in punto di morte e padre di una famiglia di scimpanzé. Cosa accumuna questi episodi e questi ruoli così diversi? Attraverso queste figure così insolite ma al contempo così note dal primo cinema anni ’20 ad oggi, il regista coglie l’occasione per proporci una triste realtà del mondo dietro le quinte di una pellicola, di quanto in un’epoca in cui la verità scarseggia e i valori vacillano, il rapporto con la cinepresa sia mutato e abbia condizionato la vita delle persone che da sempre prestano il loro volto e non solo alle parti più disparate dell’industria più famosa del mondo, quelle dei produttori di storie. Ognuna delle nove vite che vive Oscar potrebbe essere l’inizio di un coinvolgente plot di un diverso genere: musical, noir, melodramma o ancora essere la storia già vissuta da un precedente personaggio nel tempo (il riferimento più marcato che ho colto è quello a Jhon Woo in “Face/Off “nell’episodio del criminale, ma di rimandi ve ne sono a non finire), quel che conta è che vediamo il nostro protagonista deturpato appuntamento dopo appuntamento di un pezzetto della sua vera identità, che il film non ci mostra mai. Straordinario è difatti il rapporto tra finzione e la realtà, labile confine che forse mai come in nessuna pellicola prima d’ora infrange i divieti del cinema classico in maniera esponenziale: non solo si percepisce la presenza di dirette telecamere, ovunque e in perenne movimento su Oscar, ma ci viene mostrata anche tutta la parte del “backstage” alle diverse interpretazioni, al lavorio diretto che si fa su se stessi, oltre che imparare un copione, anche sul proprio corpo, mutandolo e plasmandolo di volta in volta, guardandosi allo specchio fino a non riconoscersi più. Il corpo e la sua fisicità sono forse i tema più presenti di tutti questi centoventi minuti di pellicola; Carax sottolinea tantissimo la dinamicità costante dell’essere umano, la sua espressività, il suo inebriante volteggiare nello spazio, simile ad una danza d’amore verso l’esterno. Il corpo e le sue congetture, il corpo e le sue unioni, desideri, passioni. Gli episodi più belli dell’intero film sono secondo me non a caso proprio quelli dedicati a questa sfera in tutto il suo pahos: la sequenza incredibile in motion capture in cui il corpo è ridotto ad emettitori di luci sferiche riflettenti e l’inequivocabile erezione primigenia di Monsieur Merde dinanzi alla prorompente bellezza della modella Eva Mendes…prese a sè queste parti valgono già tutto il prezzo del biglietto. Sullo sfondo il più pirandelliano degli interrogativi: siamo condannati ad essere uno, nessuno e centomila? Durante una delle innumerevoli scene recitate da Mr Oscar si ode la frase “la tua punizione è essere come sei, è dover vivere tutti i giorni con te stesso”; l’identità e la sua storia nel tempo: prima la voglia terribile di disfarsi di essa con l’avvento del cinematografo e di assumere sembianze così distanti dal nostro modo di essere e oggi eccoci qui, in questo millennio contorto, a volercela riprendere con ogni mezzo possibile, stringendo i denti, sicuri che qualcosa cambierà ancora perché ogni cosa nasce, si sviluppa e perisce…e la morte effimera è solo sui grandi schermi, da sempre e per sempre. E ancora pregi e difetti di un’era in cui le telecamere sono diventate sempre meno ingombranti e si sono fatte strada nella mente più che sul set, dove un atto di fede nella realtà non basta più, cosa è davvero sinonimo di “vero”, chi siamo noi nella vita di tutti i giorni?Un po’ come nel più comico e leggero “The Mask” , Mr Oscar ogni giorno si mette e si toglie la maschera troppe volte, troppo velocemente, fino ad essere completamente risucchiato e vittima di un sistema che forse in un tempo lontano era puro intrattenimento, ma che ora è pura condanna. In ultimo, ma non per importanza, il ruolo della bianca Limousine, specchio di un mondo in auge ormai decaduto, vecchio ammasso ingombrante di ferraglia sorpassato, simbolo di un’età d’oro sorpassata. Come in “Cosmopolis”di Cronenberg anche Mr Oscar si aggira per la città bevendo, mangiando e parlando sul suo comodo sedile di pelle, guardando la vita vera attraverso uno specchio oscurato.
Ottimo montaggio, ottima scenografia e fotografia. Indimenticabile presenza scenica di Denis Lavant, semplicemente immenso in ogni ruolo. Sequenza finale strepitosa, da togliere il fiato per originalità e perfezione. Un brindisi finale alla vita risvegliata in ognuno dI noi, passati da spettatori dormienti del prologo ad attivi protagonisti nel viaggio della nostra vita, un viaggio che forse è più comodo fare alla guida di un’auto, ricordandoci sempre però che il vero "motore sacro" nel mondo è solo il nostro corpo con tutte le sue pulsazioni, la più perfetta delle macchine di cui siamo i conducenti più affidabili.

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