Midnight in Paris |
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Un film di Woody Allen.
Con Owen Wilson, Rachel McAdams, Michael Sheen, Nina Arianda, Kurt Fuller.
continua»
Commedia,
durata 94 min.
- USA, Spagna 2011.
- Medusa
uscita venerdì 2 dicembre 2011.
MYMONETRO
Midnight in Paris
valutazione media:
3,42
su
-1
recensioni di critica, pubblico e dizionari.
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l'età d'oro di allen non è finitadi Andrea DFeedback: 435 | altri commenti e recensioni di Andrea D |
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sabato 10 dicembre 2011 | |||||||||||||||||||||||||||||||||||||
New York, Parigi e Venezia. Queste le tre città in cui Allen ha detto di poter vivere (e non a caso quelle in cui ha ambientato il suo musical Tutti dicono I love you). Non la grigia Londra che, dopo averlo ospitato l'ultima volta con Incontrerai l'uomo dei tuoi sogni, aveva dimostrato di non essere l'habitat adatto di un regista fin troppo emotivo. Magari Midnight in Paris servirà pure a sfatare il mito di Match Point, pellicola ben costruita ma fredda (anche i thriller più spietati possono essere "caldi", e Crimini e Misfatti dello stesso Woody, oltretutto molto simile a Match Point, ne è l'esempio). Il film parigino comincia infatti con una sinfonia di immagini e musica che richiama l'inizio di Manhattan, una dichiarazione d'amore alla città che va chiarita da subito, per poter poi passare alla storia di Gil, sceneggiatore californiano insoddisfatto dei suoi lavori e desideroso di scrivere un romanzo. La sensibilità di Gil lo fa essere un costante sognatore, e il fatto di trovarsi in una città-opera d'arte, come lui stesso dice, non può che portarlo ancora più lontano da un presente segnato da una fidanzata attraente ma antipatica, con al seguito un padre conservatore. Sia il personaggio del padre che quello dello pseudo-intellettuale di cui la ragazza si infatuerà rappresentano due approcci poco sinceri al concetto di "conservazione" del passato: quello del padre, un approccio reazionario; quello dello pseudo-intellettuale, un approccio retorico e impressionistico. Gil ama il passato perché invece non si trova bene nel presente, e perciò vorrebbe vivere negli anni '20 lì a Parigi. E così, appena la campana di Mont-Matre suona la mezzanotte, un'auto d'epoca passa a prenderlo, e viene catapultato proprio in quello stupendo mondo in cui Fitzgerald, Hemingway, Picasso, Cole Porter, Bunuel e Dalì lo salutano e gli parlano come ad un amico. Un sogno incredibile, di ognuno di noi, quello di incontrare i nostri miti, i nostri maestri, vederli parlare tra di loro, scoprirli umani e persino avere un loro giudizio sul proprio lavoro (proprio come Allen fece con grandi scrittori quando erano vivi). Il cinema può fare tutto questo, e Allen lo sa, tornando a quel suo filone "magico" che ha il massimo esponente ne La Rosa Purpurea del Cairo, e lo fa anche grazie alla fotografia del grande Darius Khondji, che si ingiallisce come una foto d'epoca per gli anni '20 e va sul rosso quando si finisce nell'Ottocento. A voler andare nella Belle Epoque è Adriana, di cui Gil si innamora follemente (ma attenzione, non è che disdegni la ragazza. Allen non ha una fissazione monogama). Adriana, come Gil, rimpiange il passato e odia il presente, ma il suo presente sono proprio gli anni '20 adorati da Gil. E anche gli abitanti della Belle Epoque si scoprirà essere dei nostalgici del Rinascimento. Come se ogni periodo invidiasse quello precedente e non ci fosse una vera e propria epoca d'oro. Sarà infatti una terza donna, una parigina del presente, a dare una speranza a Gil, a fargli trovare un compromesso tra l'amore sconfinato per i grandi che ci hanno preceduto e da cui possiamo ricavare tanto, e un occhio positivo verso non il futuro, ma almeno quello che il presente può offrirci. E infatti non si può pretendere come fanno molti che un regista, e prima di tutto una persona, non cambi, non maturi. Non si può impedire che il tempo scorra, e rifiutare l'idea che quello che accade adesso possa ancora sorprenderci. Midnight in Paris ne è la prova evidente.
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