Prossima ai novanta anni ed inattiva nel cinema da oltre venti, Lilliana Cavani torna sul grande schermo regalandoci una storia bella e profonda. Tre coppie di amici, insieme a tre single e una colf, si ritrovano in una villa in riva al mare mentre si fanno sempre più concrete le probabilità che un asteroide colpisca nella notte la terra, con effetti nefasti per l’intera umanità. L’incredulità del mattino lascia il posto gradualmente all’accettazione della sera riguardo a ciò che appare sempre più ineluttabile e, mentre scorrono le ore, a prevalere non è la disperata emotività, bensì una quieta consapevolezza di se stessi e delle proprie vite: gli errori commessi, le fragilità nascoste, l’apparenza ingannatrice, l’importanza degli affetti, la considerazione del tempo sperperato diventano oggetto dei loro discorsi e, come se ognuno di loro diventasse sempre più chiaro a se stesso, la sincerità ha il sopravvento su tutto. Nelle parole che si scambiano e che diventano il vero valore di questa storia, si mischiano richiami all’eroismo dei personaggi delle tragedie classiche greche (“Alcesti” di Euripide, su cui si innestano riflessioni davvero profonde) e teorie della fisica quantistica (la concezione del tempo che si dilata e dello spazio che si curva), riflessioni sull’esistenza di Dio (bellissimo il dialogo tra Francesca Inaudi e Angela Molina) e tesi sul presunto primato della finanza rispetto a tutto il resto (ma la reazione finale del magnate della finanza è chiarificatrice), rimpianti su ciò a cui si è rinunciato nel corso della vita e rimorsi per gli errori commessi. Soprattutto un concetto viene spesso ribadito: il tempo noi lo percepiamo in maniera relativa e, quanto più è intenso uno stato d'animo, tanto più il tempo è capace di dilatarsi o di ridursi nella nostra mente. E' proprio così, non si dice forse che "la felicità è un attimo?". La storia è dunque scandita da un ritmo sereno, quasi calmo, sono assenti i momenti adrenalinici di “Don’t Look Up”, che pure trattava della caduta imminente di un asteroide sulla terra, ma questo è un bene perché la profondità delle riflessioni rifugge dall’ansia o dall’emotività impulsiva. E qui è un altro punto di forza del film: oramai abituati ai ritmi concitati dei film d’oltreoceano, rischiamo di perdere la capacità della ferma riflessione, che dà significato alle cose che ci circondano ed aumenta la nostra attitudine all’arricchimento interiore. Il valore dell’opera di Liliana Cavani è anche nella sua capacità di rappresentare la differenza che c’è tra l’apparenza delle vite e ciò che invece spesso si cela dietro esse, avendo cura di spiegare che, spesso, quest’apparenza la si vive persino all’interno della coppia, nella quale capita che non si conoscano affatto stati d’animo o situazioni importanti dell’altra persona o, cosa ancora più grave, che si giri la testa altrove preferendo ignorarli. Gli attori sono tutti eccellenti, ognuno ha una luce negli occhi che ben si combina con l’attesa e la speranza, ma Francesca Inaudi riesce a dare sfumature eccezionali ad una donna che, pur nella relativa marginalità del suo personaggio, vive in maniera matura dubbi e consapevolezze. Come nel famoso “Grande freddo” di Lawrence Kasdan, al mattino gli amici troveranno cambiate per sempre le proprie vite: nuovi amori rinasceranno, nuove famiglie composite si formeranno e nuova linfa consoliderà convivenze prossime all’avvizzimento, il tutto mentre essi guardano sulla riva del mare le onde che li lambiscono.
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