Gloria Mundi

   
   
   

gloria mundi Valutazione 4 stelle su cinque

di sergio dal maso


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venerdì 8 ottobre 2021

“Eravamo diventati adulti. Disillusi e cinici. Un po' amari, anche. Non avevamo niente. Nessun futuro. Solo la vita. Ma la vita senza futuro è meno di niente.”   Jean-Claude Izzo (scrittore marsigliese)
 
Sta nascendo la piccola Gloria. Attorno alla culla della neonata si riunisce la famiglia della giovane mamma Mathilda.
Oltre al marito Nicolas ci sono sua madre Sylvie con il patrigno Richard, e la sorellastra Aurore con il compagno Bruno. Come ogni nascita l’arrivo di Gloria porta gioia e commozione.
Per un po' ci si può distrarre dai problemi di tutti i giorni. Solo per poco. Poi si torna alla dura realtà quotidiana, alle ristrettezze economiche, all’incertezza di un lavoro precario e malpagato.    
Siamo nel cuore di Marsiglia. Quartieri popolari caotici, un tempo fieri e solidali, oggi scossi da una dura crisi economica.
Mathilda fa la commessa con contratti a termine, Nicolas si reinventa, indebitandosi, autista privato nel circuito Uber, attirandosi l’ostilità dei taxisti. Sylvie lavora in un’impresa di pulizie col turno di notte negli hotel e nelle navi da crociera, mentre Richard guida autobus pubblici. Solo Bruno e Aurore non hanno problemi economici, il negozio di compravendita di merce usata rende molto, lucrando come “monte dei pegni” sulla disperazione e sulla difficoltà di arrivare alla fine del mese di migliaia di famiglie.      
E poi arriva a Marsiglia, per conoscere la nipotina, il vero padre di Mathilda, Daniel, appena scarcerato dopo aver scontato vent’anni di detenzione. Silenzioso e assorto non riconosce più la “sua” Marsiglia, cambiata radicalmente negli anni per la frenetica trasformazione urbanistica. Soprattutto non ne riconosce più gli abitanti, imbruttiti e individualisti, senza più quell’umanità e quel senso di solidarietà che una volta caratterizzavano la vita quotidiana nei rioni popolari.     
La crisi sociale non è solo economica, c’è anche una mutazione antropologica, uno scarto generazionale tra i genitori e i figli. Una contrapposizione che appare netta tra gli adulti cinquantenni come Sylvie e Richard e la generazione di Aurore e Bruno, ragazzi cinici e senza idealità, se non l’ansia di arricchirsi. Una generazione di giovani avidi e senza scrupoli, contrapposta a quella degli adulti che, seppur disillusi e piegati dalle difficoltà, hanno conservato la dignità e i valori con cui erano cresciuti.
Con una narrazione corale Guediguian pian piano “mette a fuoco” i personaggi, in un gioco ad incastro dove gli eventi precipitano di scena in scena. La piccola Gloria, sorridente e serena, passa quasi di mano in mano tra i componenti della famiglia, preoccupati e immersi nelle loro miserie quotidiane. Solo il nonno Daniel sembra essere in grado di prendersene cura, l’unico che considera la neonata come la cosa più importante della sua (nuova) vita, anche a costo di pagarne un prezzo altissimo.
In Gloria mundi c’è una visione cupa e rassegnata del mondo contemporaneo, un senso di sconfitta e un fatalismo senza possibilità di riscatto. Nella microstoria che ruota attorno alla famiglia di Sylvie e Richard, paradigma della deriva sociale odierna, sembrano tutti invischiati come in una tela di un ragno, impotenti e rassegnati senza neppure un residuo di nostalgia dei tempi passati.
Nel regista francese si ritrova il pessimismo senza appello degli ultimi film di Ken Loach, come il bellissimo e straziante Sorry, we missed you. Come Loach anche Guediguian fa fatica a riconoscersi nei suoi “eroi”, in quella classe operaia che aveva ancora una idea di riscatto, di giustizia e di uguaglianza. Le tematiche dei film sono le stesse di sempre, ma se prima l’amarezza con cui narrava le sue storie era accompagnata da una fiducia di fondo e da una pacatezza ai limiti dell’ottimismo, ora sembra non credere più nel futuro.
Usando le parole del regista, la cultura consumista e l’egoismo individuale, valori dominanti del liberismo economico, “hanno distrutto l'amicizia fraterna e le relazioni di mutuo sostegno lasciando come unico legame tra le persone il freddo interesse e il denaro, tutti i nostri sogni di uguaglianza e solidarietà sono annegati nelle gelide acque del calcolo egoistico".
Forse nella scrittura di Gloria Mundi alcuni passaggi sono un po' forzati, qualche sventura può apparire eccessiva. Sono sbavature perdonabili, giustificate da un’urgenza narrativa e da una sincerità di fondo che caratterizzano fin dall’esordio tutte le opere del cineasta francese. Anche in questo film i bravissimi protagonisti sono i tre attori-feticcio di sempre: la moglie del regista Ariane Ascaride, coppa Volpi a Venezia come miglior attrice, e i sodali Jean-Pierre Darroussin e Gérard Meylan.   
Non resta niente da salvare, allora? Non proprio. La generazione di Sylvie e Richard, malgrado l’amarezza e la rassegnazione, non ha perso l’umanità e la dignità di chi credeva in un mondo migliore. 
E poi c’è l’esempio di Daniel, col suo sacrificio smisurato per salvare il futuro della piccola Gloria. Perché, come dice la locuzione latina che dà il latino al film, se le glorie del mondo passano e vengono dimenticate, la vera gloria è lasciare una speranza a chi verrà dopo di noi.

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